1746-12-11, de conte Francesco Algarotti à Voltaire [François Marie Arouet].

Amico e Sigre mio Riverindmo,

Se cosa alcuna al mondo dee farmi levare in superbia, ella è la v'ra lode, e si è un caso da dover facile ottener l'assoluzione di tal peccato, egli è senza dubbio questo.
Di quai dolci tentazioni non è mai piena la v'ra letta de' 13 del mese passato? Il mio Neutonianismo, del quale voi degnaste parlare con tanto elogio prima ancora ch'e'fusse pubblico, â dunque trovato anche novellae grazia innanzi a voi? Sublimi ferio sidera vertice. Ma ben spero ch'egli sarà meno indegno di tanto, qd͞o io avrò finito di limarlo e di arricchirlo come vo ora facendo. Voi, carisso sigr mio, ne date l'esempio, insieme con Virgilio e con Orazio confratelli vostri, che le produzioni d'ingegno vogliono da noi correzione infinita, se noi vogliamo che le rimangano alla posterità. Io non ardisco per niun conto nè debbo pormi nel bel drappello. Longo sequor et vestigia semper adoro. Ma pur mi giova andar dietro a quelle tracce e seguire i sentieri segnati da voi, che questa certamente è la via brevissa per la immortalità, e il seguire ed imitar voi in quanto un può è poetare more geometrico. Mi piace senza fine che voi abbiate giudicato quella mia dissertazioncella su' Rè di Roma non indegna d'esservi stata trasmessa. Io non ô mai veduto il libro che mi accennate così in confuso, nè p͞ quanto ne abbia domandato qui niuno â saputo darmene conto. Ma che debbo io dire che il Virgilio, il Catullo e il Sofocle del secolo, che Voltaire in soma (non considerandolo se non poeticae) abbia letto sei volte la mia pistola sul Comercio! Io l'ô riletta (vel confesso) con qualche compiacenza dacchè la è tanto piaciuta a voi. Io vorrei pur guarir l'Italia da quella febbre lenta di sonetti che se l'è cacciata addosso da un tempo in quà. E questo si vuol fare non con argomenti e con trattati di poetica, ma col mostrarle cosa migliore di quelle continue rifritture ch'ella fà ora del Petrarca. Gli esempi anno sempre giovato agli uomini infinitae più che i precetti. Quattro bei versi della Eneide o dell'Enriade amaestrano assai più che tanti comenti di Dacier o di Castelvetro. Nè già credo che il mondo si saria mai smorbato abbastanza della fisica antica, per quanto evidenti sieno le ragioni che ne mostrano la vanità, se un Galileo e un Neutono non le ne avessero sostituito un'altra che chiama a se ed alletta lo studio dei filosofi. Ora io crederò di poter giovare tanto o quanto con l'esempio â nostri poeti se voi maestro sovrano dell'arte approvate quel mio saggio di una poesia utile e novella. Ma potrò io sperare che voi approviate simile i versi che troverete qui inchiusi, e che sono intitolati a voi? Questa pistola fu abbozzata fin dal mese di Luglio passato. E già più volte Cynthius aurem vellit et admonuit che io non dovessi essere ardito di tanto di mandare un po dì majolica all'artefice della più fina e nitida porcellana. E forse che questo consiglio era il migliore. Ma che? Una indisposizione che ô avuto questi passati dì, e che mi â impedito di andare a Berlino (secondo che vi scrissi ultimae che io doveva fare) questa indisposizione dico mi â fatto scordare dei migliori avvisi. Io ô terminato la pistola, e la vi mando ora non sanus adhuc per avventura. E ben temo non questi versi sieno velut œgri somnia massime in rispetto alla v͞ra poesia. Ma e'vi diranno almeno quanto io vi stimi ed onori, il che io in certa maniera non aveva detto ancora in versi. Io l'ô ben detto anche ultimae in prosa nel Congo di Citera, di cui dovreste aver ricevuto l'ultima edizione per via della sa Da di Holstein, a cui ne mandai uno esemplare per voi. Questa edizione è molto più limata della prima, e per consequenza più rispondente al gentile argomento e meno indegna del nobilisso giudizio da voi già fatto di questo mio libricciuolo. Ma parliamo oramai di libri, la cui bellezza e autorità è confermata dal giudizio di tutte le nazioni, di libri degni del cedro. Voi ben vedete senza ch'io 'l dica, che questi libri sono i vostri. Il sr Walther, Librajo della corte qui in Dresda, che è un onestisso uomo, amator delle arti, e che nella sua professione và dietro all'onore, quanto ei cerca un onesto profitto, vorria stampare le v͞re opere e mi â pregato di farvi sapere questo suo desiderio. Della correzione e della eleganza delle sue stampe voi potrete giudicare dalla ultima edizione del Congo di Citera fatta nella sua stamperia, e ne giudichereste molto meglio ancora da un' edizione di Boileau ch'egli â fatto da ultimo, la quale â superato per ogni rispetto la espettazione anche de' più ritrosi in materia di stampe. Ora se voi acconsetite, siccome spero, ch'egli ristampi le cose v͞re, sarà bisogno che gl'indichiate quanto siete p͞ desiderare per correzioni da farsi, se voi ne stimaste alcuna necessaria, per aggiunte di cose novelle, nel che vorrei gli fuste liberalissimo, e in soma p͞ la forma tutta dell'edizione. Egli mi â detto, che voi potrete imporgli in ogni cosa quelle condizioni che vorrete. Onde scrivetegli sopra tutto ciò, e farete a me cosa gratissa, il quale vorrei pur vedere nobilitate le sue stampe e accresciuto il suo peculio coll'edizione delle v͞re opere.

Il n͞or Maupertuis, di cui lo stesso librajo ha stampato la state passata la Venere fisica, sputa sangue a Berlino. Non vi so dire quanto mi dolga che quel sublime ingegno nato ad illuminar la Terra debba giacere infermo, mentre sono pure cosi valenti della persona tanti cotali che pesano inutile sulla Terra. E perchè non avete voi ancora un corpo più sano, e più degno di albergare quella bella e vivida anima vostra? che io vi vedrei pur qui fra poco col duca vostro.

Addio uomo divino, amatemi lontano se non posso abbracciarvi presente, e credetemi in qualunque region della terra vostro

Alg.

Alla bella Emilia mille e mille rispetti.