à Paris 7 janvr 1736
Monsieur,
Dopo essermi lusi[n]gato invano finora di rivederla quest'inverno a Parigi, vengo alla fine assicurato che non avrò tal contento.
Non posso dire quanto ciò mi dispiaccia per più ragioni. Quando elle fu qui, io avea la testa così occupata in certo lavoro d'altro genere, che non ho potuto goderla nè conferir seco più e più cose, ch'ho portate nel cor gran tempo, a voce.
Verrà però, sì non spero invano quel giorno ancora: ma fra tanto io non voglio più differire di pregarla d'una gratia efficacemente.
L'altro giorno mi fu portata la terza traduzione fatta in versi della mia tragedia, ma non miglior dell'altre due. Gran fatalità, ch'essa non sia tradotta, se non da chi non è punto inspirato dal vostro Apollinico genio. Per tradurre un poeta ci vuole un poeta. Deh caro amico liberatemi da tal disgusto, e fatene voi al fine una versione, da tolga il pregio anche all'originale. Io saprò ben rendervi la pariglia, perchè sappiate, ch'io penso di tradurre la vostra Henriade in verso sciolto.
Ma di questo non parliamo ora, perchè non è faccenda che si possa da me spedire fin che son a Parigi.
Avrete mai a core di negarmi un favore che vi costerà si poco? Quello che occuperebbe gli altri sei mesi, sarà forse sbrigato da voi in 15 0 20 giorni. Se un amico vi pregasse caldamente di sagrificare alle sue premure une decina di giorni in ozio, o in un viaggio, o in altra occupazion oziosa, lo ricevereste voi? Il vostro spirito superiore in ogni cosa al volgare mi persuade che no. Mi direte forse, che secondo i vostri lumi voi ci fareste delle mutazioni, ma allora voi lo fareste per piacer vostro, e non per mio. Fate ora a me il piacere, e il regalo di tradurla a scelta: ne farete di poi una migliore a vostro genio quando vi piacerà. Questa versione io non la desidero già per darla al Teatro, che anzi non permetterò mai che la mia Tragedia sia rappresentata in Teatro fin ch'io son qui. Dopo la mia partenza ne farete ciò che vi piacerà. Se vorrete ch'io tenga segreto il vostro nome, lo farò. Traducetela a getto di penna, e come se improviserà, che i vostri versi sono sempre migliori di quelli degli altri benchè faticati a lungo. Mons. Freret, che saprete essere il primo oracolo dell'accademia di belle lettere non ha degnato di tradurla in prosa. Voi le avete fatto tanto onore parlando di essa in più opere, che pare siate obbligato a continuarne la prottezione. Se al presente non voleste interrompere qualche vostro lavoro a me basta d'averla prima della mia partenza, cioè innanzi Pasqua. Supponendo che non abbiate con voi la stampa in quarto ch'io vi presentai, vi mando la piccola edizion di Parigi. Se verrà mai qualche occasion grande di nostro servizio, vi accorgerete di aver obligata una persona, che si pregia di sagrificar tutto alle leggi dell'amicizia. Sono di tutto cuore
Vostro Devmo obbmo Servore