1746-01-09, de Voltaire [François Marie Arouet] à Cardinal Domenico Passionei.

Lo scolare dell' eminenza vostra prende l'ardire di scrivere in italiano a chi è suo maestro nella lingua francese.
Veramente non mi maraviglio che v. e. sia d'ogni paese: fu stimata e pregiata da ognuno in Olanda, al tempo della pace d'Utrecht; conseguì poi la stima e l'affetto di Ludovico XIV; s'acquistò in Vienna l'amicizia e l'amirazione di tutta la corte cesarea, e gode ora di tutti questi applausi insieme nella capitale del mondo, della quale ella fu il principale ornamento.

Non niegherò all' eminenza vostra le sue umanissime e pregevolissime lettere aver prodotto in me un avidissimo desiderio di vedere l'alma città di Roma, sede di tutte le belle arti. Pochissimi sono tra noi i mezzi d'istruirsi nella cognizione della lingua italiana. Ho letto alcuni autori del seicento: ma il Marchetti, l'Orsi, il Filicaia e molti altri mi sono noti solamente di nome. Mi sono inoltre ben' accorto della necessità di praticare una lingua, e di fermarsi alcuni mesi almeno nel paese per impossessarsi delle sue delicatezze ed espressioni proprie. Mi rincresce molto d'essere più pratico della lingua inglese che dell' italiana. Ma sono stato un anno intiero in Londra, e vi feci il mio capitale d'ingegnarmi a fare una intima conoscenza colla lingua troppo libera di questo popolo troppo libero. La sua durezza e barbarie, per quanto sia addolcita dai buoni autori inglesi, non è per certo d'essere paragonata colla purità e la naturale eleganza della lingua italiana.

Non posso non chiamare crudele il mio destino, quando rifletto che la continuata infermità, che va distruggendo la mia vita, mi toglie la consolazione di andare a Roma, e di pagare in persona quel tributo di sincera venerazione che unicamente le porgo nelle mie lettere.

Risento colla grande vivezza dell' animo i pregiati suoi favori, e le sarei infenitamente tenuto, se si degnasse d'inviarmi le opere del marchese Orsi2, delle quali vostra eminenza mi parla nella sua ultima riveritissima lettera.

Credo bene che il nostro Boileau fu troppo rigoroso verso il gran Tasso. Sono in esso alcuni concetti, alcune freddure, lo confesso; ma se ne trovano ancora nel Virgilio.

Num capti potuere capi? num incensa cremavit
Troja viros?
Italiam metire jacens.

Ve ne sono ancora in Omero; e questo diffetto si scorge troppo comune in Milton. Ma

… ubi plura nitent in carmine, non ego paucis
Offendar maculis.

Mi lusingo che il Crescimbeni sarebbe di tutti gli autori quello che mi darebbe la più vera e profonda cognizione di cotesta sua bella lingua. La Biblioteca del Fontanini non si trova quì; e giacchè vostra eminenza s'è degnata d'essere tanto umana verso di me di promettermi tai libri, saro intieramente in debito ai suoi favori del poco d'italiano che io potrò imparare; e disperando di poter mettermi in Roma sotto la protezione di vostra eminenza, farò almeno in Parigi alcun profitto della somma sua bontà. Potrebbe ella compiacersi d'inviarmi questi belli regali sotto l'indirizzo dell' eminentissimo signor cardinale di Tencin, o sotto quello del signor marchese d'Argenson, ministro di stato per gli affari stranieri? Intanto bacio umilmente all' eminenza vostra il lembo della sacra porpora; in atto di profondamente inclinarmele, mi rassegno di vostra eminenza

umilissimo, divotissimo ed obbligatissimo servidore,

V.