Parigi, 20 agosto [1745]
Signore illustrissimo, e padrone colendissimo e reverendissimo,
Quando si è goduto l’ onore della vostra conversazione, non sene perde più la memoria.
Mi do il vanto d’ essere uno di quelli che hanno risentito questo onore colla più parziale stima e coi sensi del più tenero rispetto. Mi lusingo che ella si compiacerà di ricevere colla sua solita benignità l’ omaggio che le porgo d'un libretto, che il re cristianissimo ha fatto stampare nel suo palazzo. Benchè ella sia sotto il dominio d'un principe che non è ancora nostro amico, nondimeno tutti i letterati, tutti gli amatori della virtù sono del medesimo paese.
E veramente l’ Italia è mia patria, giacchè gli Italiani, ma particolarmente i Fiorentini ammaestrarono le altre nazioni in ogni genere di virtù e scienza. La loro stima sarà sempre il più glorioso premio di tutti i miei lavori. Stimolato da un tanto motivo, la supplico di pigliarsi il fastidio d'inviare un esemplare del mio libretto a monsignor Rinuccini, ed un altro al signor Cocchi, la stima di cui ho sempre ambito, ed a cui resterò sempre obbligato. Prego iddio che i vostri occhi siano intieramente risanati, e cosi buoni come sono quelli dell'anima vostra.
Le bacio di cuore le mani; e sono con ogni maggiore ossequio, etc.
Voltaire