1746-02-03, de Voltaire [François Marie Arouet] à François Jacquier.

Mio caro Padre ed amico, non sapeva qual parte del mondo vi ritenesse, se vi foste in compagnia delle piu belle donne di Napoli a la representazione d'un opera, o se foste internato ne' calcoli d'algebra in qualche Academia di Roma, o se insegnaste la geometria in Torino, e mi rincresceva molto di non poter rendervi le debite grazie per tutte le vostre cortesie e singolarmente per m'havere inviato la bella traduzione della Zaira.
L'ho letta con sommo piacere, e credo che la lingua Italiana sia la sola che possa rendere in prosa l'amenità de' versi; cio che sarebbe in un altro linguaggio fiacco ed insipido, diviene piacevole e non senza forza in Italiano tanto e questa lingua pieghevole, ed agevole ad esprimere tutto che vuole. Vi ringrazio di cuore, mio caro Padre, e vi priego di dirmi il nome del traduttore. Sarei io ingrato se potessi trascurare di testificargli il mio riconoscimento.

La Signora Marchese du Chastellet m'ha detto che vi haveva scritto, ella non fu mai piu degna del vostro commercio. E'impiegata adesso a dar l'ultima mano alla sua traduzione francese del Newton. Ha fatto un sagrificio delle metaphisiche ciancie del Leibnits alle geometriche verità, segue ella le vostre orme, ma mi rincresce molto che non habbiamo fatto insieme un viaggio a Napoli. Vedete, caro Padre, quanto un Religioso sia piu fortunato di una povera donna. Egli pùo andare liberamente ove il piacer lo conduce; ella sta incatenata a Casa. Veramente merito la vostra compassione, non posso bacciare i sagri piedi di Sua Santita; non posso abbracciare il caro e Reverendo Padre Jacquier, non posso sentire la Zaira ne il Mahomet in Roma. Vi priego vivamente di farmi il medesimo favore intorno all Mahomet che mi havete fatto intorno alla Zaira. Addio, vi baccio di cuore le mani, vi amero teneramente e vi riverero profondamente tutta la mia vita.

Voltaire