Apelle, atramentum
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Pline l'Ancien (Gaius Plinius Secundus), Naturalis Historia, liber XXXV(redac: 77, trad: 1985) (97)(latin)
Inuenta eius et ceteris profuere in arte ; unum imitari nemo potuit, quod absoluta opera atramento inlinebat ita tenui, ut id ipsum, cum repercussum claritatis colorum omnium excitaret custodiretque a puluere et sordibus, ad manum intuenti demum appareret, sed et tum ratione magna ne claritas colorum aciem offenderet ueluti per lapidem specularem intuentibus, et e longinquo eadem res nimis floridis coloribus austeritatem occulte daret.
Pline l'Ancien (Gaius Plinius Secundus), Naturalis Historia, liber XXXV, (trad: 1985) (97)(trad: "Histoire naturelle. Livre XXXV. La Peinture" par Croisille, Jean-Michel en 1985)(fran)(traduction récente d'un autre auteur)
Ses inventions dans le domaine artistique ont aussi profité aux autres. Mais l’une d’elles n’a pu être imitée par personne : c’est celle qui consistait, une fois ses tableaux terminés, à y passer une couche d’atramentum si légère que, formant une surface réfléchissante, elle produisait une couleur blanche due à l’éclat lumineux, tout en constituant une protection contre la poussière et les saletés ; elle n’était visible que de tout près, mais même en ce cas, grâce à un savoir-faire accompli, elle empêchait que l’éclat des couleurs ne blessât la vue – comme si l’on regardait au travers d’une pierre spéculaire – ; et de loin le même procédé donnait, sans que l’on s’en aperçut, un ton plus sombre aux couleurs trop éclatantes.
Pline l’Ancien; Landino, Cristoforo, Historia naturale di C. Plinio secondo tradocta di lingua latina in fiorentina per Christophoro Landino fiorentino, fol. 241r (italien)(traduction ancienne d'un autre auteur)
Ma una cosa nessuno pote imitare. Imperoche impiastrava l’opere sue gia finite con si sottile atramento che quello per reflexione de lumi excitava lo splendore a gl’occhi e conservava la pictura dala polvere e da ogni bruttura. Ma con grande ingegno acioche lo splendore de colori non offendessi gl’occhi perche cosi era come guattarla dalla lungi per pietra trasparente. Onde la medesima cosa dava occultamente una certa austerita a colori floridi.
Pline l’Ancien; Brucioli, Antonio, Historia naturale di C. Plinio Secondo nuovamente tradotta di latino in vulgare toscano per Antonio Brucioli, p. 992 (italien)(traduction ancienne d'un autre auteur)
Et le sue inventioni giovorno ancora agli altri nell’arte. Una sua inventione, nessuno potette mai imitare, che le opere sue quando erano finite impiastrava con si sottile atramento, che anchora a questo stesso, col ripercotimento degli occhi, eccitassi le clarita, e custodissi dalla polvere, e dalle sporchezze, e finalmente apparisse à quello che dapresso guardava. Ma, e con gran ragione, accioche la clarita degli occhi non offendesse la vista, essendo come se si guardasse da lungi per pietre trasparenti, e la medesima cosa occultamente dava austerita à colori troppo floridi.
Pline l’Ancien; Domenichi, Lodovico, Historia naturale di G. Plinio Secondo tradotta per Lodovico Domenichi, con le postille in margine, nelle quali, o vengono segnate le cose notabili, o citati alteri auttori… et con le tavole copiosissime di tutto quel che nell’opera si contiene…, p. 1101-1102 (italien)(traduction ancienne d'un autre auteur)
Le inventioni sue giovarono a gli altri ancora nell’arte. In una cosa sola non fu niuno che lo potesse imitare; e cio fu, che fornite che egli haveva l’opere, dava loro una tinta nera tanto sottile, che col ripercuotere rilevava in un tempo la chiarezza de’ colori, e parte la difendeva dalla polvere e dalle sporcherie, e finalmente le faceva parere di rilievo a chi le guardava. Ma cio faceva egli con gran ragione, accioche la chiarezza de’ colori non offendesse la vista, essendo come se si guardasse da lunghi per pietre trasparenti, e la medesima cosa dava occultamente austerità a’ colori troppo fioriti.
Pline l’Ancien; Du Pinet, Antoine, L’histoire du monde de C. Pline second… mis en françois par Antoine du Pinet, p. 952-953 (fran)(traduction ancienne d'un autre auteur)
- [1] lapis specularis
En somme, les inventions geniales qu’il controuvoit pour mettre en peinture, ont depuis servi grandement aux sectateurs de cest art. Il avoit un secret de faire un vernix fort subtil dont il vernissoit ses besongnes parachevees, lequel y estoit posé si subtilement, qu’il n’a esté possible à homme de pouvoir atteindre à ceste subtilité, ny à ce vernix : et neantmoins il donnoit lustre par ce moyen à sa peinture, et la contregardoit et de la poudre, et de toute autre ordure : et à toucher ses tableaux, on se trouvoit la main barbouillee dudit vernix. Et certes l’invention de ce vernix servoit grandement en ce temps là, pour garder que la trop grande gayeté des couleurs ne fust fascheuse aux yeux. Et de fait, il sembloit à considerer de loin sa besongne, qu’il y eut de talc [1] devant, car ce vernis meurtrissoit tellement la gaieté des couleurs qu’elles en sembloyent plus rudes et plus obscures.
Pline l’Ancien; Poinsinet de Sivry, Louis, Histoire naturelle de Pline, traduite en françois [par Poinsinet de Sivry], avec le texte latin… accompagnée de notes… et d’observations sur les connoissances des anciens comparées avec les découvertes des modernes, (vol. 11), p. 259 (fran)(traduction ancienne d'un autre auteur)
Ses inventions furent d’une grande utilité aux autres peintres dans leur art. Mais nul d’eux ne put imiter sa méthode d’enduire ses ouvrages les plus parfaits d’un atrament (ou vernis) si subtil, qu’en servant de lustre aux couleurs, par les reflets de lumière, et en les garantissant de la poussiere et des ordures, il étoit d’ailleurs parfaitement diaphane, et impossible à saisir à la vue, mais seulement au tact : invention d’un but vraiment ingénieux, dont l’effet est de rendre moins dures les masses de lumiere, et de les faire voir de près, comme on les verroit de loin par l’entremise d’une lame de pierre spéculaire ; comme aussi de jetter une ombre tendre, propre à brunir et à tempérer les couleurs trop florides.
Dolce, Lodovico, Dialogo di pittura intitolato l’Aretino, nel quale si raggiona della dignità di essa pittura e di tutte le parti necessarie che a perfetto pittore si acconvengono(publi: 1557), p. 183-184 (italien)
Il bruno si legge essere stato frequentato da Apelle ; onde Properzio, riprendendo la sua Cinzia, che adoperava i lisci, dice che egli disiderava che ella dimostrasse una tale schiettezza e purità di colore, qual si vedeva nelle tavole di Apelle.
Borghini, Vincenzio, Selva di notizie(redac: 1564), p. 142 (italien)
Una cosa non si potette imitare da persona, che havendo finite l’opere le copriva d’atramento tanto sottile etc. Nota che questa non era vernice che risuscita i colori morti, et questo abbagliava troppo i vivi, ma ben era u[n] simil modo di fare, et questo suo hoggi, per quello che io creda, è perso.
Adriani, Giovanni Battista, Lettera a m. Giorgio Vasari, nella quale si racconta i nomi, e l’opere de’più eccellenti artefici antichi in Pittura, in bronzo, et in marmo(publi: 1568, redac: 1567), p. 194 (italien)
Trovò nell’arte molte cose e molto utili, le quali giovarono molto a quegli che dipoi le appararono. Questo non si trovò giamai dopo lui chi lo sapesse adoperare, e questo fu un color bruno, o vernice che si debba chiamare, il quale egli sottilmente distendeva sopra l’opre già finite; il quale con la sua riverberazione destava la chiarezza in alcuni de’ colori e gli difendeva dalla polvere, e non appariva se non da chi ben presso il mirava; e ciò faceva con isquisita ragione, acciò che la chiarezza d’alcuni accesi colori meno offendessero la vista di chi da lontano, come per vetro, le riguardasse, temperando ciò col più e col meno, secondo giudicava convenirsi.
Maranta, Bartolomeo, Discorso di Bartolomeo Maranta all’Ill.mo Sig. Ferrante Carrafa marchese di Santo Lucido in materia di pittura, nel quale si difende il quadro della cappella del Sig. Cosmo Pinelli, fatto per Tiziano, da alcune opposizioni fattegli da alcune persone [Biblioteca Nazionale di Napoli, ms. II c. 5](redac: (1571)), p. 879 (italien)
Era la terza cosa[Explication : necessaria alla pittura.] la vivacità del colore. Veggonsi i lumi e le ombre di quell’angelo così attamente poste che danno meravigliosa vivacità all’opera per la rassembranza che hanno le parti ignude con la carnatura umana, e parimenti le vestite con li panni naturali. Talmente che, non già colori o pur tela colorita par vedere, ma veri e vivi membri umani, verissimi e naturalissimi panni. E, quel che pochi ponno asseguire, sono i colori svegliati e vivi, ma non tanto lucenti che offendano la vista; della qual cosa solo si gloriò a’ suoi tempi Apelle, il quale, dopo avere finita ciascuna sua opera, quella con una certa tintura nera dolcemente copriva per affievolire i colori troppo lucidi et eccitare gli smorti, oltre che da niuno fu mai saputo imitare.
Borghini, Rafaello, Il riposo di Raffaello Borghini : in cui della pittura, e della scultura si fauella, de’piu illustri pittori, e scultori, et delle piu famose opere loro si fa mentione ; e le cose principali appartenenti à dette arti s’insegnano(publi: 1584), p. 278 (italien)
Solo in una cosa non si trovò mai chi lo spaessi imitare, cioè in una vernice, che egli sopra l’opere già finite distendea, la quale con la sua trasparentia, e virtù destava i morti colori, e tutti insieme, accioche l’uno più dell’altro la vista non offendesse, gli univa, e dalla polvere difendea.
Montjosieu, Louis de, Gallus Romae hospes. Ubi multa antiquorum monimenta explicantur, pars pristinae formae restituuntur. Opus in quinque partes tributum(publi: 1585), « Commentarius de pictura » (numéro IV) , p. 19 (latin)
Vnum inquit Plinius imitari nemo potuit, quod absoluta opera illinibat atramento ita tenui vt id ipsum repercussu claritatis colorum vim excitaret, custodiretque ad puluere et sordibus, ad manum intuenti demum appareret. Sed haec postrema verba non satis intelligo. Quid enim hoc sibi vult ad manum intuenti demum appareret ? Quae demum hic latet praestantia, quae propria fuerit Apellis ? Ego vero putarim hac claritate effectum fuisse, vt numen quoddam appareret intuenti. Itaque sic malim legere absoluta opera illinibat atramento ita tenui vt idipsum repercussu claritatis, colorum vim excitaret, custodiretque ad puluere, et sordibus, ac numen intuenti demum appareret. Lectoris esto iudicium.
Armenini, Giovanni Battista, De’ veri precetti della pittura(publi: 1587), « De i diversi modi del colorire a olio tratti da i più eccellenti pittori ; qual fu lo inventor di esso […] (numéro II, 9) , p. 141 (italien)
Or ci resta che noi trattiamo distintamente del colorire a oglio, del quale per esser (come si disse) il più perfetto per cagion de l’esprimer meglio ogni suo concetto, perciò egli merita che se ne tratti più diffusamente de gli altri. Ci affermano molti che di questo ne fu inventore un certo Giovanni da Bruggia fiandrese ; si stima che appresso de gli antichi non ci fusse mai questo modo, ancorché alcuni dicono che Apelle usasse nel fine delle opere sue un liquor come vernice, col quale egli ravivava tutti i colori, ricoprendoli col più e col meno, secondo che di quelli egli vedeva esserli di bisogno. Questo si costuma et usasi tuttavia in legno, in tela et in muro.
Possevino, Antonio, Tractatio De Poesi et Pictura ethnica, humana et fabulosa collata cum sacra(publi: 1593), « Quinam pingendi præcepta tradiderint antiqui et recentes » (numéro caput XXIV) , p. 283-284 (latin)
Absoluta opera ita solitum fuisse tenui atramento illinere, vt idipsum repercursum claritates oculorum excitaret, custodiret autem a puluere, et sordibus, ad manum demum intuenti appareret : ratione videlicet magna, ne colorum varietas oculorum offenderet aciem, veluti per lapidem specularem intuentibus e longinquo ; et ea res nimis floridis coloribus austeritatem oculis daret.
Van Mander, Karel, Het leven der oude antijcke doorluchtighe schilders(publi: 1603:1604 ), « Van Appelles, Prince der Schilders », fol. 81v-82r (n)
Summa, de aerdige Inventien, die hy in het schilderen voortbracht, hebben naderhandt grootelijcx ghedient en te passe ghecomen andere, die de Const van schilderen naeghevolght hebben. Hy hadde een secreet, van te maken seer dunne vernis, waer mede hy zijn stucken, alsse opgedaen waren, verniste, het welck daer so dun en glat op lagh, dat het geen Mensch mogelijck en was nae te doen, noch sulck vernis te maken: het gaf zijn Schilderije een schoon glans, en bewaerdese van stof en alle vuylicheyt: en doch als men zijn Tafereelen metter handt aenroerde, men wort van den vernis besmeert, en wislijck diende in sulcken tijdt desen vernis wonder wel, om te verhoeden, dat de sterckheyt der verwen den gesichte niet en verhinderde: dit maeckte dat de verwen veel bruynder gheleken te wesen.
Binet, Étienne, Essay des merveilles de nature(publi: 1621), « Platte peinture » (numéro ch. X) , p. 196 (fran)
Meurtrir la trop grande gayeté des couleurs avec vernix, qui semble du talc, ou du crespe, ou de l’air espars sur le tableau, invention d’Apelles inimitable.
Butrón, Juan de, Discursos apologeticos, en que se defiende la ingenuidad del arte de la pintura, que es liberal, de todos derechos, no inferior a las siete que comunmente se reciben(publi: 1626), « Discurso decimoquinto. Donde se muestra la veneracion en que los antiguos tuvieron la pintura, los principes que la professaron, y algunas de las muchas honras, y mercedes que le hizieron », fol. 110r (espagnol)
Fue muy poco curioso en las cosas que a su persona tocavan, quanto cuidadoso enlas que tocavan a su arte. Nadie igualò su donaire en la pintura, ni el realce que le dava con el barniz, que nadie le imitò.
Carducho, Vicente, Diálogos de la pintura, su defensa, origen, essencia, definicion, modos y diferencias(publi: 1633), “Dialogo quinto. Tratase del modo del juzgar de las Pinturas, singularidad de la Perspectiva; que es Dibujo; y que es Colorido: y pruebase, que los antiguos fueron grandes artifices”, fol.80r (espagnol)
Tambien celebran por cosa peregrina y superiore l barniz que dava Apeles a sus pinturas, siendo cosa tan material, y de tan poca sustancia, para alabar por el tan grande Maestro, como si saltàra materia para alabanças estimativas en la clase del entendimiento.
Félibien, André, Les Reines de Perse aux pieds d’Alexandre(publi: 1663), p. 29-30 (fran)
Anciennement ceux qui representoient la comedie avoient de coûtume de couvrir l’orchestre avec de la laine, afin d’émousser par cet artifice la voix du chœur qui chantoit sur le theatre. Et Alexandre ayant fait bastir dans la ville de Pella un lieu pour la comedie, et voulant pour le rendre plus beau et plus riche que le devant de la scene du theatre fût d’un bronze bien poli, l’architecte l’en empescha, luy remontrant que la voix des comediens paroistroit moins belle et moins douce à l’oreille, parce que venant à fraper contre cette matiere dure et polie, elle se rendroit trop éclatante.
Il en est de mesme dans la peinture, où la trop grande vivacité offense la veuë. C’est pourquoy Appellés cet excellent peintre se servoit d’un vernix dont il couvroit ses ouvrages pour diminuer la force des couleurs. Et l’on peut considerer dans ce tableau[Explication : Les Reines de Perse aux pieds d’Alexandre de Le Brun.] de quelle maniere le peintre les a éteinte et leur a osté de leur éclat et de leur vivacité naturelle, afin de les affoiblir et d’empescher qu’elles n’offensent la veuë par une trop vive lumiere.
Dati, Carlo Roberto, Vite de' pittori antichi(publi: 1667), p. 98 (italien)
- [1] Plin. 35. 6 e 10
[1] Adoprò una certa vernice, la quale niuno seppe imitare. Questa dava egli all’opere dopo averle finite, in modo che la medesima le ravvivava e le difendeva dalla polvere, né si vedeva se non da presso. Mettevala in opera con tanto giudicio, che i colori accesi non offendevan la vista, veggendosi come per un vetro da lungi, e le tinte lascive acquistavano un non so che d’austero.
Scheffer, Johannes, Graphice, id est, de arte pingendi liber singularis, cum indice necessario(publi: 1669), "Quartum est, ut hilares[[5:colores.]], et qui lucis multum habent, non immodice adhibeantur" (numéro §62) , p. 190-191 (latin)
Reprehendunt ambo[Explication : Plinius et Vitruvius.] nimium ejusmodi colorum abusum, perque illum ostendunt deveniri eo, ut ars negligatur, tantaque non fit, quanta cum minoribus pingitur. Nempe quod antiqui insumentes laborem et industriam probare contendebant artibus, id coloribus et eorum eleganti specie pictores novi consequuntur, ait Vitruvius. At Apelles, ne quem tali modo decipere, aut an artis meditatione trahere ad miraculum colorum velle videretur, picturas suas illlinere atramento assueverat. De quo Plin. XXXV, c. 12 : Absoluta opera atramento illinebat ita tenui, ut id ipsum repercussu claritatis colorum excitaret, custodiretque a pulvere et sordibus, ad manum intuenti demum appareret. Sed et tum ratione magna, ne colorum claritas oculorum aciem offenderet, veluti per lapidem specularem intuentibus e longinquo et eadem res nimis floridis coloribus austeritatem occulte daret. Sicut autem ista observatio ad floridos colores pertinet in universum, ita maxime ad candidum. Nam rectissime de eo Cardanus lib. IV. Subt. Cavendum est a candido multum in picturis, est enim veluti illarum venenum : nam splendore suo venustatem primo e gravitatem quandam ab artis opere aufert, colores deinde reliquos obscurat, et umbras rerum vitiat.
Pline (Gaius Plinius Secundus); Gronovius, Johann Friedrich (Johannes Federicus), C. Plinii Secundi Naturalis historiae, Tomus Primus- Tertius. Cum Commentariis & adnotationibus Hermolai Barbari, Pintiani, Rhenani, Gelenii, Dalechampii, Scaligeri. Salmasii, Is. Vossii, & Variorum. Accedunt praeterea variae Lectiones ex MSS. compluribus ad oram Paginarum accurate indicatae(publi: 1669) (vol. 3), p. 587-588 (latin)
Inventa ejus et cæteris profuere in arte. Vnum imitari nemo potuit, quod absoluta opera atramento illinebat ita tenui, ut idipsum repercussu claritates colorum excitaret, custodiretque a pulvere et sordibus, ad manum intuenti demum appareret. Sed et tum ratione magna, ne colorum claritas aciem offenderet, veluti per lapidem specularem intuentibus e longinquo : et eadem res nimis floridis coloribus austeritatem occulte daret.
Hoogstraten, Samuel van, Inleyding tot de hooge schoole der schilderkonst(publi: 1678), « Van der Verwen beteykening » (numéro VI, 4) , p. 223 (n)
- [1] Vernis
[1] De Schilderyen te vernissen was van outs in gebruik: maer zommige zijn zoo verblind, in aen haere onaerdicheden deezen glans meede te deelen, datmenze wel by zotte Kleef mocht vergelijken, die niet alleen zijn bedorve Schilderyen, maer ook zijn kleederen, kap, en bonnet verniste, en zoo al glimmende langs straet ging. Apelles gebruikte tot zijn heerlijke werken een zeer dunne vernis, die zijn Schilderyen voor stof bewaerde, en een schoone glans gaf, ja zoo glad maekte, dat, alsmenze aenroerde, men'er van besmeert meende te zijn. Deeze gaf de verwen een zachte en gloejende luister; en was by niemant dan by hem alleen, bekent. Maer ik houde dat dit op was verwe of liever lakwerk geweest is. Onzen vernis van Terpentijn, terpentijn oly, en gestooten Mastix gesmolten, is bequaem genoeg tot onze werken.
Hoogstraten, Samuel van, Inleyding tot de hooge schoole der schilderkonst, « De la signification des couleurs » (numéro VI, 4) , p. 356-357 (fran)(traduction récente d'un autre auteur)
Il est d’usage depuis longtemps de vernir les peintures. Mais certains se sont tant aveuglés en recouvrant leurs méchantes œuvres de cet éclat que l’on pourrait bien les comparer à Van Cleve le Fou, qui vernissait non seulement ses œuvres corrompues, mais aussi ses habits, son capuchon et son bonnet, et marchait ainsi, tout luisant, dans les rues. Pour ses nobles œuvres, Apelle faisait usage d’un vernis très fin qui préservait ses peintures de la poussière et leur donnait un bel éclat, et même si lisse que, lorsqu’on l’effleurait, on pensait l’avoir enduit de quelque chose. Il donnait aux couleurs un lustre doux et brillant, qui n’était connu que de lui seul. Mais je pense qu’il s’agissait de couleurs à la cire ou plutôt de couleurs à la laque. Notre vernis de térébenthine, d’huile de térébenthine, et de mastic pilé et fondu est assez commode pour nos œuvres.
Hoogstraten, Samuel van, Inleyding tot de hooge schoole der schilderkonst(publi: 1678), « Van verscheiden aert en gedaente van Schildery, en wijze van schilderen » (numéro IX, 2) , p. 338 (n)
- [1] Olyvernis
[1] Na zoo veelerley wijzen van schilderen, die de tijdt of verschoven of verandert heeft, zoo schijnt het, dat eenige vlugge geesten, die de Sijs-en Eyverwe gebruikten, t’onvreeden geweest zijn dat haere werken het water en’t afwafschen zoo wel niet, als van d’aeloude Schilderyen getuigt wort, konden lijden. Dies zoo heeft al vroeg eenen Baldovinetti, eenen Pisello, eenen Antonello, en zelfs onzen Johan van Eyk zijn Ey-en lijmwerk beginnen te vernissen, met eenige olyen daer toe gedistilleert, gelijk’er gezegt wort, dat Apelles plach te vernissen, met een vernis, die zoo dun en glad was, dat, wanneermenze aenroerde, men zich inbeelde dat de hand daer af als besmet wiert: die de Schilderyen voor alle stof bewaerde, en in een schoone luister hielt, en nochtans by niemant als van hem kon gemaekt worden. Ook niemant, als van Eik, is dit vernissen wel gelukt, zoo dat een yder verwondert was over de glans van zijn werk.
Hoogstraten, Samuel van, Inleyding tot de hooge schoole der schilderkonst, « Des différentes natures et sortes de peintures, et des façons de peindre » (numéro IX, 2) , p. 491 (fran)(traduction récente d'un autre auteur)
Après tant de façons variées de peindre que le temps a oubliées ou altérées, il semble alors que quelques esprits prompts, qui utilisaient des couleurs à la résine et à l’œuf, n’aient pas été satisfaits de ce que leurs œuvres ne pouvaient souffrir l’eau et le nettoiement, comme les anciennes peintures dont on a parlé. Ainsi, un Baldovinetti, un Pisanello, un Antonello, et même notre Jan van Eyck ont très tôt commencé à vernir leurs œuvres de couleurs à l’œuf et à la colle, à l’aide de quelques huiles distillées à cet effet, alors que l’on dit qu’Apelle avait coutume de recouvrir ses œuvres d’un vernis si mince et si lisse que, quand on l’effleurait, on avait l’impression que la main en était comme enduite. (Ce vernis préservait ses peintures de toute poussière et les conservait dans un beau lustre dont, toutefois, il avait fait seul le secret. C’est la raison pour laquelle Van Eyck fut le seul à réussir aussi bien ces vernis, si bien que chacun s’émerveilla devant l’éclat de ses œuvres.)
Pline l’Ancien; Hardouin, Jean, Caii Plinii Secundi Naturalis historiae libri XXXVII. Interpretatione et notis illustravit Joannes Harduinus,... in usum Serenissimi Delphini(publi: 1685) (t. V), p. 214 (latin)
Inventa ejus et ceteris profuere in arte. Vnum imitari nemo potuit, quod absoluta opera [1]atramento illinebat ita tenui, ut id ipsum repercussu claritates colorum excitaret, custodiretque a pulvere et sordibus, ad manum intuenti demum appareret. Sed et tum ratione magna : ne colorum claritas oculorum aciem offenderet, veluti per lapidem specularem intuentibus e longinquo : et eadem res nimis floridis coloribus austeritatem occulte daret.
Interpretatio. Sed et. Sed et istud cum ratione ac modo fiebat.
- [1] Atramento illinebat. Galli dicunt, vernir, appliquer le vernis.
Piles, Roger de, Abrégé de la vie des Peintres, avec des reflexions sur leurs ouvrages, et un Traité du Peintre parfait, de la connoissance des Desseins et de l’utilité des Estampes(publi: 1699), p. 110 (fran)
[1] Il est vray qu’ils[Explication : les peintres antiques.] n’avoient pas l’usage de l’huile, laquelle donne tant de force aux couleurs ; mais ils pouvoient avoir des sécrets que nous ignorons, et Pline nous dit qu’Apelle se servoit d’un vernis qui donnoit de la vigueur à ses couleurs, et qui les conservoit. Quoy qu’il en soit, on ne peut pas aller contre le témoignage universel des anciens auteurs qui ont parlé des peintres de ces tems-là, et des écrits desquels on doit inférer que la peinture y étoit dans un haut degré de perfection, et que le nombre des habiles peintres y étoit fort grand.
- [1] voir aussi fortune de Pline
Palomino, Antonio, El museo pictórico y escala óptica(publi: 1715:1724), I, 6, §2, “Pintura a el temple” (numéro Tomo I, Teórica della pintura) , vol. 1, p. 139 (espagnol)
También el baño o barniz, que daba Apeles a sus tablas, para que cobrasen esplendor, con la debida templanza, lo asegura; pues si fuesen todas hechas con cera, no necesitaban de barniz; porque de su naturaleza tiene lustre la cera, y nunca se rebebe, que es lo que se pretende remediar con el barniz especialmente en el temple, donde siempre sucede el rebeberse; que aún hoy se suelen hacer así algunas cosas a el temple, usando del albayalde, para los blancos, porque no los mate el barniz.
Durand, David, Histoire de la peinture ancienne, extraite de l’Histoire naturelle de Pline, liv. XXXV, avec le texte latin, corrigé sur les mss. de Vossius et sur la Ie ed. de Venise, et éclairci par des remarques nouvelles(publi: 1725), p. 76-77 (fran)
- [1] Son vernis et ses utilitez
[1] On conçoit aisément, par tout ce que nous venons de dire d’Apelle, que la peinture profita beaucoup de ses inventions, et que les grandes ouvertures qu’il donna aux princes de son tems, produisirent au public une infinité de belles choses, qui parurent dans la suite. Il eut divers imitateurs, grands et petits : mais une chose en quoi personne n’a pû pénétrer son secret, est la composition d’un certain vernis, qu’il appliquoit à ses tableaux, pour leur conserver, à travers les siècles, cette fraicheur et cette force, que nous y admirons[2] encore. En effet, c’étoit quelque chose de si fin et de si transparent, qu’on ne l’appercevoit que de fort près et en y portant la main, et cependant il en tiroit de grands advantages. Car prémierement, l’ordure et la poussiere n’y avoient aucune prise ; ce qui en faisoit durer la beauté, beaucoup plus longtems qu’elle n’auroit fait naturellement. En second lieu, il soulageoit par là, les yeux du spectateur, plus à portée d’en distinguer les objets par la repercussion du vernis. En troisieme lieu, il adoucissoit beaucoup son ouvrage, et donnoit à ses teintes ce ton moëlleux, qui fait tant de plaisir dans la peinture : d’autant plus que nos yeux, pour l’ordinaire, éblouïs de la force et de la variété des couleurs vives, ne sont pas si en état de se prêter au spectacle et den juger comme il faut : or chacun sçait qu’il n’y a rien qui tempere plus les choses, que de les regarder avec un verre, dans un certain éloignement[3] ; et c’étoit justement l’effet que produisoit le vernis d’Apelle. En un mot, il soulageoit la vuë, il amortissoit les couleurs fleuries, et relevoit les couleurs austeres.
Notes au texte latin, p. 273-274 :
(E) Inventa ejus et ceteris profuere in arte. C’est le caractère des grands ouvriers, en toutes sortes d’arts et de professions, non seulement ils s’ennoblissent eux-mêmes ; mais ils laissent encore des élèves, qui profitent de leurs découvertes. C’est ce qu’on vit en Raphaël ; car s’il a été le maître de l’art et qu’il en ait découvert les trésors, on peut dire qu’il a donné moyen à ses disciples de s’enrichir de sa découverte. FÉLIB. Tom. I p. 214. Combien de gens ont profité des travaux de DESCARTES, qui l’ont égalé ou surpassé ensuite ? Que d’habiles mathématiciens M. NEWTON nous a procurez, dont une partie ont jouï de ses inventions avec ingratitude ! Depuis que TILLOTSON nous a donné un modelle accompli pour la chaire, combien de mauvais sermons sont tombez et tomberont encore de plus en plus ! mais pour lui, il ne tombera point et ses imitateurs seront toûjours goûtez des personnes raisonnables. Il ne faut qu’un habile homme pour donner le ton à plusieurs siécles.
(F) Claritates colorum excitaret. La I. ed. de Venise et la I. de Rome portent, claritates oculorum ; mais c’est une faute, qui ne s’accorde point avec la suite, custodiretque a pulvere et sordibus. Junius a tenté une autre correction : il soupçonne que Pline avoit écrit, claritates colorum occaeceret. L’éxpression est bonne, elle est de notre auteur ; mais elle n’est pas bien appliquée : ce repercussu marque visiblement qu’il s’agit d’exciter, de faire paroître les couleurs, et il est certain qu’un beau vernis leur donne du lustre. Ce qui a trompé les interprètes, c’est qu’ils ont confondu claritates colorum, avec claritas colorum. Je suis fort trompé si ces éxpressions ne sont différentes. Claritates colorum, ce sont les belles couleurs, comme claritates operum, nobilitates operum, les beaux ouvrages : mais claritas colorum, dont il parle dans la suite, c’est la vivacité des couleurs ; ce qui est bien différent. Pline veut donc dire, qu’Apelle tiroit 3 usages de son vernis, I. Il donnoit du lustre aux belles couleurs, quelles qu’elles fussent, il les rendoit plus moëlleuses, plus unies et plus tendres ; c’est l’effet de l’huile. 2. Il garantissoit ses ouvrages de l’ordure et de la poussiere. 3. Il menageoit la vuë du spectateur, qui s’éblouit facilement, en tempérant les couleurs vives et trenchantes, par l’interposition de ce vernis qui tenoit lieu de verre à ses ouvrages : Ut idipsum repercussu claritates colorum excitaret custodiretque a pulvere et sordibus ; voilà les 2 premiers effets : Sed et tum ratione magna, ne claritas colorum aciem offenderet ; et eadem res nimis floridis coloribus austeritatem occulte daret : voilà le dernier effet le reste est facile à entendre. Voyez FELIB. Tom. 3 p. 302.
- [2] Ces sortes de vernis étoient d’autant plus nécessaires qu’on ne peignoit point en huile.
- [3] Il y en a aussi, qui se servent de Verre, pour peindre en petit, ce qu’ils voyent en grand ; ou pour copier, en miniature, les plus belles estampes, ou les plus grands tableaux. Cependant les maîtres de l’art assurent, que cette maniere d’appetisser les objets en ôte l’esprit et la sagesse.
Rollin, Charles, Histoire ancienne, tome XI, livre XXIII(publi: 1730:1738), « De la peinture » (numéro livre XXIII, ch. 5) , p. 184-185 (fran)
Apelle forma plusieurs eleves, qui profitérent de ses inventions : mais, dit Pline, une chose en quoi personne n’a pu pénétrer son secret, est la composition d’un certain vernis, qu’il appliquoit à ses tbaleaux pour leur conserver pendant une longue suite de siécles toute leur fraîcheur et toute leur force. Il tiroit trois avantages de ce vernis. I. Il donnoit du lustre aux couleurs quelles qu’elles fussent, et les rendoit plus moëlleuses, plus unies, et plus tendres : ce qui est maintenant l’effet de l’huile. 2. Il garantissoit ses ouvrages de l’ordure et de la poussiére. 3. Il[1] ménageoit la vûe du spectateur qui s’éblouit facilement, en tempérant les couleurs vives et tranchantes par l’interposition de ce vernis, qui tenoit lieu de verre à ses ouvrages.
- [1] Ne claritas colorum, oculorum aciem offenderet, et eadem res nimis floridis coloribus austeritatem occulte daret. Plin.
Turnbull, George, A Treatise on Ancient Painting(publi: 1740), p. 71-72 (anglais)
But what is worth our attention with regard to the colouring of the ancient Greek masters is, what we are told of their care not to display it too much. They avoided the gaudy, luscious, and florid; and studied chastity and severity in their colours. It was not till painting was in its decline, that luxury and libertinism in colouring, so to speak, came into vogue; or that gorgeous, splendid, expensive colours were esteemed, and the pleasure arising from these preferred to truth or design, unity and simplicity of composition, with due strength of expression[1]. This imitative art, in the sense of al the better Anciens, tho’ it requires help from colours to execute its illusive designs; and uses them as means to render its copies of nature specious and deceiving: though it is indeed only by colours, that painting can attain to that command over the sense, which is its high and distinguishing aim; yet it hath nothing wider of its real scope, than to make a shew of colours, or by their mixture to raise a separate and flattering gratification to the sense. “This pleasure, says an author well acquainted with the Ancients, is plainly foreign and of another kind, as having no share or concern in the proper delight and entertainment which naturally arises from the subject. For the subject, in respect of rational pleasure, is absolutely completed when the design is executed. And thus it was always best, in their opinion, when the colours were most submitted, and made wholly subservient.”
Many authorities might be brought to prove this[2]. Apelles is said, by Pliny, to have invented a kind of varnish which served to preserve his pictures neat and clean: it could not be discerned unless one came very near, and looked narrowly to his pictures: but it gave them a charming transparency at a due distance: it likewise render’d the colouring wonderfully mellow: but it was chiefly intended by him to darken the too florid colours, and to give them a certain austerity[3]. Nicias had likewise discovered a varnish which was of great use to statuaries, as well as painters[4], and had much the same effect in painting, as has been described.
- [1] See Plin. lib. 35. C. 2. Primumque dicemus quæ restant de pictura : arte quondam nobili — Nunc vero in totum marmoribus pulsa, jam quidem et auro, etc. c. 15. Qua contemplatione tot colorum, tanta varietate, subit antiquitatem mirari ! Quatuor coloribus solis immortalia illa opera fecere ; ex albis Melino ; ex filaceis, Attico ; ex rubris, Sinopide Pontica ; ex nigris atramento ; Apelles, Echion, Melanthius, Nicomachus, clarissumi pictores : quum tabulæ eorum singulæ oppidorum venirent opibus. Nunc et purpuris in parietes migrantibus, et India conferente fluminum suorum limum, et Draconum ac Elephantorum saniem ; nulla nobilis pictura est. Omnia ergo meliora tunc fuere, quum minor copia. Ita est, quoniam, ut supra diximus, rerum non animi pretiis excubatur. Quare vincat veritatem ratio falsa non erit alienum exponere. Quod enim antiqui insumentes laborem et industriam probare contendebant artibus, id nunc coloribus et eorum eleganti specie consequuntur ; et quam subtilitas artificis adjiciebat operibus auctoritatem, nunc Dominicus sumptus effficit ne desideretur. Quis enim antiquorum, non uti medicamenta, minio parce videtur usus esse ? At nunc passim plerumque toti parietes inducuntur. Accedit huc Chrysocolla, Ostrum, Armenium. Hæc vero cum inducuntur, etsi non ab arte sunt posita, fulgentes tamen oculorum reddunt visus ; et ideo, quod pretiosa sunt, legibus excipiuntur, ut a domino, non a redemptore, repræsententur. Vitr. lib. 7. c. I.
- [2] To the just mentioned may be added the famous saying of Apelles. Cum vidisset quendam ex suis discipulis pinxisse Helenam multo auro ornatam : O adolescens, inquit, cum non posses pingere pulchram, fecisti divitem. Cl. Alex. — Sic hæc subtilis pictura etiam incompta delectat. Fit enim quiddam in utroque queo sit venustius, sed non ut appareat. Tum removebitur omnis insignis ornatus quasi margaritarum. Ne calamistri quidem adhibebuntur. Fucati vero medicamenta candoris, et ruboris, omnia repellentur : elengantia modo, et munditia remanebit. Cic. Orat. 23. Virgo minime quidem speciosa, formosa tamen, vera pariter atque antiqua pulchritudine referta, qualia sunt antiquæ artis simulacra, quæ ad sui admirationem temporis moram atque accuratiores oculos requirunt. Themistii Orat. 3. De Amicit. Recentiores deorum imagines in admiratione sunt propter operis dignitatem, veteres vero propter operis simplicitatem, magis vero Deorum majestati congruentem. Porphy. De Abst. lib. 2. So Silius Ital. Lib. 14. circa fin. speaking of the ancient images of the gods :
— Simulacra Deorum
Numen ab arte datum servantia.
Non ideo tamen segnius precor, ut quandoque veniat dies ; utinamque jam venerit ; quo austeris illis severisque dulcia hæc blandaque, ut justa possessione decedant. Plin. jun. Lib. 3 Ep. 8. See Cicero de Orat. lib. 3. 25. Quint. lib. 8. c. 3. lib. 12. 10.
- [3] Inventa ejus et ceteris profuere in arte : unum imitari nemo potuit, quod absoluta opera atramento inlinebat ita tenui, ut idipsum repercussum claritates colorum omnium excitaret custodiretque a pulvere et sordibus ; admotum intuenti demum adpareret : sed et tum ratione magna, ne claritas colorum aciem offenderet ; veluti per lapidem specularem intuentibus e longinquo ; et eadem res nimis floridis coloribus austeritatem occulte daret. Plin. 35.
- [4] Hic est Nicias, de quo dicebat Praxiteles, interrogatus quæ maxime opera sua probaret in marmoribus ? Quibus Nicias manum admovisset : tantum circumlitioni ejus tribuebat. Plin. 35. See French notes ad loc.
Caylus, Anne-Claude Philippe de Tubières, comte de, « Réflexions sur quelques chapitres du XXXVe livre de Pline » (publi: 1759, redac: 1752:1753), Seconde partie, « Du genre et de l’espèce des peintures anciennes » (numéro t. XXV ) , p. 180 (fran)
- [1] Chap. X
Nous voyons encore que les Anciens ont connu un vernis, ou un équivalent à ce que nous mettons sur nos tableaux. Voici le passage de Pline, il peut conduire à quelques observations ; il dit donc, au sujet d’Apelle [1]: Unum imitari nemo potuit, quod absoluta opera atramento illinebat ita tenui, ut idipsum repercussu claritatem colorum excitaret, custodiretque a puylvere et sordibus, ad manum intuenti demum appareret. Sed et cum ratione magna : ne colorum claritas oculorum aciem offenderet, veluti per lapidem specularem intuientibus e longuinquo : et eadem res nimis floridis coloribus austeritatem occulte daret. Cette préparation produisoit le même effet que notre vernis, elle garantissoit la peinture de la poussière et des ordures ; on ne s’aperçevoit d’aucune différence quand on regardoit (le tableau ainsi préparé) de près à pouvoir le toucher, ad manum ; mais cette opération avoit cela d’avantageux, que le brillant des couleurs ne pouvoit blesser la vûe, et qu’il sembloit, à ceux qui le regardoient de loin, qu’ils voyoient à travers d’un talc, et par conséquent l’éclat des couleurs étoit adouci. Pline nous assure que personne n’a pû imiter cette pratique d’Apelle ; et comme nous savons, d’un autre côté, que les Anciens aimoient le brillant et l’extrême poli dans toutes les productions de leurs arts, il faut croire qu’ils employoient ordinairement la cire pour frotter leurs ouvrages, et les rendre plus agréables à la vûe. D’ailleurs la cire qu’ils mettoient sur leurs statues de marbre, la poix ou le bitume dont ils couvroient leurs statues de bronze, où ils pouvoient s’en passer plus aisément que sur les tableaux, matières qui produisent leur poli par elles-mêmes, tout cela autorise mon sentiment sur l’emploi de la cire dans toutes les opérations de peinture, dans les tableaux comme dans les enduits. Ce dernier passage nous confirme encore le fréquent usage que les Anciens faisoient du talc ; ils l’employoient sans doute à toutes les choses qui avoient besoin de transparence, et dont il falloit ménager la conversation. Rien ne prouve l’usage commun d’une chose, autant que les comparaisons d’un auteur.
Lacombe, Jacques, Dictionnaire portatif des beaux-arts ou abrégé de ce qui concerne l’architecture, la sculpture, la peinture, la gravure, la poésie et la musique(publi: 1752), art. « Peinture », p. 480 (fran)
Nous avons plusieurs morceaux de peinture antiques ; le plus considérable est à Rome, dans la Vigne Aldobrandine. Il représente un Mariage. Cet ouvrage est d’un grand goût de dessein, mais sans intelligene de groupes, ni de clair-obscur. Cependant on ne peut juger par là du mérite des Anciens dans la peinture : ils n’avoient point la connoissance de la peinture à l’huile ; mais Pline parle d’un vernis dont se servoit Apelle, qui pouvoit peut-être y suppléer.
Lacombe, Jacques, Dictionnaire portatif des beaux-arts ou abrégé de ce qui concerne l’architecture, la sculpture, la peinture, la gravure, la poésie et la musique(publi: 1752), art. « Apelle », p. 29-30 (fran)
Personne n’a pû pénétrer la composition d’un certain vernis dont il faisoit usage ; ce vernis, dit Pline, avoit trois propriétés bien essentielles, il rendoit les couleurs plus unies, plus moelleuses, et plus tendres ; il menageoit la vûe du spectateur, et garantissoit l’ouvrage de la poussiere.
Caylus, Anne-Claude Philippe de Tubières, comte de, « De la peinture ancienne » (redac: 1753/11/10), 253 (fran)
Pline nous dit ensuite, dans le même chapitre[1], qu’Apelle avait une préparation qu’il mettait sur ses tableaux et que personne n’a jamais pu imiter ; elle garantissait la peinture des poussières et des ordures, et l’on ne s’apercevait d’aucune différence quand on regardait le tableau (ainsi préparé) de près à pouvoir le toucher. Mais cette opération, continue Pline, avait cela d’avantageux que le brillant des couleurs ne pouvait blesser la vue, et qu’il semblait à ceux qui regardaient le tableau de loin qu’ils voyaient à travers d’un talc, et par conséquent l’éclat des couleurs était adouci. Pline nous assure que personne n’a pu imiter cette pratique d’Apelle. Mais pour donner au moins une idée de cette opération, nous savons que les anciens aimaient le brillant et l’extrême poli dans toutes les productions de leurs arts. Je croirais volontiers qu’ils employaient le plus ordinairement une cire légère dont ils frottaient leurs ouvrages pour les rendre agréables à la vue, et je suis d’autant plus confirmé dans cette opinion que Pline enseigne, dans le même livre, la manière de vernir, pour ainsi dire, les enduits peints au minium pour les rendre plus durables et plus brillants. Il dit donc que l’on étend, sur leur superficie, une couche de cire avec de l’huile, qu’on la fait fondre en approchant un peu de feu de charbon, qu’ensuite on polit cet enduit ainsi préparé avec une autre cire en promenant le long de la superficie un morceau de cire en forme de cylindre, apparemment comme nos bougies, et pour dernière opération, on frotte le tout avec un linge blanc. Vitruve décrit absolument la même opération pour le même objet[2].
- [1] Chap. 10.
- [2] Liv. VIII, ch. 9.
Jaucourt, Louis de, Encyclopédie, art. « Peintres grecs », tome XII(publi: 1765) (t. XII), p. 255 (fran)
[…] il eut au degré le plus éminent la grace et l’élégance pour caractériser son génie, le plus beau coloris pour imiter parfaitement la nature, le secret unique d’un vernis pour augmenter la beauté de ses couleurs, et pour conserver ses ouvrages.
Nougaret, Pierre Jean Baptiste ; Leprince, Thomas , Anecdotes des beaux-Arts, contenant tout ce que la peinture offre de plus piquant chez tous les peuples du monde(publi: 1776) (t. I), p. 202 (fran)
Personne n’a pu jusqu’à présent retrouver le secret d’un certain vernis, dont Apelle faisoit usage, auquel Pline attribue trois qualités essentielles. 1° Il adoucissoit les couleurs et conservoit leur éclat. 2° Il ménageoit la vue du spectateur. 3° Il garantissoit l’ouvrage de la poussière.
Arnaud, François, Mémoire sur la vie et les ouvrages d’Apelle(redac: 1783/06/02) (t. III), p. 185 (fran)
Apelle trouva ce vernis que personne ne put imiter (ce vernis ne s’apercevait que de fort près, donnait de l’éclat à ses tableaux, et les garantissait de la poussière) ; il l’employait avec beaucoup de dextérité, de sorte que les couleurs fortes et vives n’étant aperçues que comme de loin et au travers d’un verre, ne blessaient jamais la vue, pendant que les teintes suaves et douces prenaient je ne sais quoi de mâle et d’austère. Il y a tout lieu de croire qu’il peignit aussi en cire, et que Pamphile, son maître, l’avait initié dans ce procédé.