Apelle et l’irreprésentable
Bibliographie
Images
Tesauro, Emmanuele, Il cannocchiale aristotelico, o sia idea delle argutezze heroïche, vulgarmente chiamate imprese, e di tutta l’arte simbolica e lapidaria, esaminata in fonte co’ rettorici precetti del divino Aristotele, che comprendono tutta la Rettorica, e Poetica elocuzione(publi: 1654), "Idea delle Argutie Heroiche vulgarmente chiamate Imprese", p. 122-123 (italien)
Ma questi [[: Zeusi et Parrasio]] finalmente dipinser cose, che si potean dipingere. Molto più arguto et ingegnoso fù Apelle, il qual, sicome scrive il medesimo historiografo, pinxit ea quae pingi non possunt. Egli fù il primo à far veder le cose invisibili con visibili simulacri. Laonde volendo spiegare in pittura, che Alessandro non solamente vinse la Persia con la Guerra; ma vinse la Guerra con la Pace; metaforicamente dipinse il Furor bellico in sembianza di un Giovane furibondo o rabuffatto, pieno gli occhi di fuoco, spumoso le labra di sangue: carico di ferite, et di catene: con le armi fracassate, et con le mani a tergo, legate al carro del trionfante. Da questo originale copiò Virgilio il protratto del Furor bellico incatenato da Augusto dentro al Tempio di Iano.
Pline l'Ancien (Gaius Plinius Secundus), Naturalis Historia, liber XXXV(redac: 77, trad: 1985) (95)(latin)
Pinxit et quae pingi non possunt, tonitrua, fulgetra fulguraque; Bronten, Astrapen et Ceraunobolian appellant.
Pline l'Ancien (Gaius Plinius Secundus), Naturalis Historia, liber XXXV, (trad: 1985)(trad: "Histoire naturelle. Livre XXXV. La Peinture" par Croisille, Jean-Michel en 1985)(fran)(traduction récente d'un autre auteur)
il peignit aussi ce qui ne peut se peindre, le tonnerre, la foudre et les éclairs.
Pline l’Ancien; Landino, Cristoforo, Historia naturale di C. Plinio secondo tradocta di lingua latina in fiorentina per Christophoro Landino fiorentino, fol. 241r (italien)(traduction ancienne d'un autre auteur)
Dipinse ancora le cose che non si possono dipignere. Tuoni balleni e saecte lequali chiamano bronte. Astape e Ceraunobolo.
Pline l’Ancien; Landino, Cristoforo; Brucioli, Antonio, Historia naturale di C. Plinio Secondo di latino in volgare tradotta per Christophoro Landino, et novamente in molti luoghi, dove quella mancava, supplito, et da infiniti errori emendata, et con somma diligenza corretta per Antonio Brucioli. Con la tavola…, p. 992 (italien)(traduction ancienne d'un autre auteur)
Dipinse anchora quelle cose che non si possono dipingere, i tuoni, i baleni, i fulgori che chiamo bronte, astrapen, ceraunobolon.
Pline l’Ancien; Domenichi, Lodovico, Historia naturale di G. Plinio Secondo tradotta per Lodovico Domenichi, con le postille in margine, nelle quali, o vengono segnate le cose notabili, o citati alteri auttori… et con le tavole copiosissime di tutto quel che nell’opera si contiene…, p. 1101 (italien)(traduction ancienne d'un autre auteur)
Dipinse ancora alcune cose, lequali non si possono dipignere, si come i tuoni, baleni, e folgori, i quali per altro nome si chiamano Bronte, Astrape, e Ceraunobolo.
Pline l’Ancien; Du Pinet, Antoine, L’histoire du monde de C. Pline second… mis en françois par Antoine du Pinet, p. 952 (fran)(traduction ancienne d'un autre auteur)
Il peignit aussi des choses qui ne se peuvent peindre, comme tonnerres, esclairs, et foudres, lesquels tableaux sont encores aujourd’huy appellez Brontes, Astrapes, et Ceraunobolus.
Pline l’Ancien; Poinsinet de Sivry, Louis, Histoire naturelle de Pline, traduite en françois [par Poinsinet de Sivry], avec le texte latin… accompagnée de notes… et d’observations sur les connoissances des anciens comparées avec les découvertes des modernes, (vol. 11), p. 259 (fran)(traduction ancienne d'un autre auteur)
Il peignit aussi des effets qui excedent l’essor de la peinture, comme le tonnerre bruyant, l’éclair, et le carreau de foudre : noms qui sont restés à ces tableaux.
Ghiberti, Lorenzo, I commentarii(redac: (1450)), p. 75 (italien)
Fece moltissime opere, sono un numero infinito, fece molte opere, come sono gente paiono che spirino, saette, baleni, tuoni, piove venatii, molte cose difficili.
Érasme (Desiderius Erasmus), Laus Dureri(publi: 1528), p. 40 (latin)
Equidem arbitror si nunc uiueret Apelles, ut erat ingenuus et candidus, Alberto nostro cessurum huius palmae gloriam. — Qui potest credi? — Fateor Apellem fuisse eius artis principem, cui nihil obiici potuit a caeteris artificibus, nisi quod nesciret manum tollere de tabula. Speciosa reprehensio. At Apelles coloribus, licet paucioribus minusque ambitiosis, tamen coloribus adiuuabatur. Durerus quanquam et alias admirandus, in monochromatis, hoc est nigris lineis, quid non exprimit ? umbras, lumen, splendorem, eminentias, depressiones : ad haec, ex situ, rei unius non unam speciem sese oculis intuentium offerentem. Obseruat exacte symmetrias et harmonias. Quin ille pingit, et quae pingi non possunt, ignem, radios, tonitrua, fulgetra, fulgura, uel nebulas, ut aiunt, in pariete, sensus, affectus omnes, denique totum hominis animum in habitu corporis relucentem, ace pene uocem ipsam. Haec felicissimis lineis iisque nigris sic ponit ob oculos, ut si colorem illinas, iniuriam facias operi. An non hoc mirabilius, absque colorum lenocinio praestare, quod Apelles praestitit colorum praesidio ?
Il codice Magliabechiano cl. XVII. 17 contenente notizie sopra l’arte degli antichi e quella de’ fiorentini da Cimabue a Michelangelo Buonarroti, scritte da anonimo fiorentino(redac: (1540:1550)), p. 25 (italien)
Dipinse anchora, et fu il primo che cominciassi a dipignere, e tuonj, balenj e saette.
Pino, Paolo, Dialogo di pittura(publi: 1548), p. 110 (italien)
- [1] n
Si legge in Plinio et altri di Apelle cose molto ammirande et appresso di me come impossibili, impero che si dice ch’ei fingeva come propri i raggi del sole, e dipingeva il baleno e’lampi tanto al vero simili, ch’imprimeva timore ne’ riguardanti, come cosa molto difficile, anzi i[1]imitabile, perch’a tal lucidezza non serveno i colori, né anco l’uomo puo affissarsi in quelli sì che ne apprendi buona informazione, per esser tanto i baleni sùbiti.
Varchi, Benedetto, Lezzione. Nella quale si disputa della maggioranza delle arti e qual sia più nobile, la scultura o la pittura, fatta da lui publicamente sulla Accademia Fiorentina la terza domenica di Quaresima, l’anno 1546. In Due lezzioni, di M. Benedetto Varchi, sulla prima delle quali si dichiara un sonetto di M. Michelangelo Buonarroti. Nella seconda si disputa quale sia più nobile arte, la scultura o la pittura, con una lettera d’esso Michelagnolo e più altri eccellentissimi pittori e scultori sopra la questione sopradetta(publi: 1549), p. 37-42 (italien)
Argomento ancora, la pittura essere molto più universale, cioè potere imitare la natura in tutte le cose ; percioché, oltre il potere contrafare tutti gli animali e tutte l’altre cose che si possono toccare, fanno ancora[Explication : i pittori.]tutte quelle che si possono vedere, alle quali non aggiugne la scultura : onde Plinio diceva d’Apelle, ch’egli aveva dipinte quelle cose che non si potevano dipignere, cioè i tuoni, baleni e saette. Fanno ancora fuochi, lumi, aria, fumi, fiati, nugoli, riverberi e altre infinite apparenze, come sarebbe l’apparire del sole, l’aurora, la notte, i colori dell’acque, le piume degli uccelli, i capelli e peli dell’uomo e di tutti gli animali, sudori, spume et altre cose, che non possono fare gli scultori. [...] La pittura fa scorciare una figura, le fa parere tonde e rilevate in un campo piano, facendolo sfondare e parere lontano con tutte le apparenze e vaghezze che si possono disiderare [...] et insomma dicono che fanno parere quello che non è : nella qual cosa si ricerca fatica et artificio infinito. [...] Al che aggiungendo che al dipintore è neccessario la prospettiva per gli scorti delle figure, de’ casamenti, delle città e dei paesi, la quale consiste nella forza di linee misurate, di colori, di lumi et d’ombre, onde nascono cose maravigliose e quasi sopranaturali. [...] Poì soggiungono che la pittura è, come noi diremmo, sofistica, cioè apparente e non vera, non altramente quasi che si vedono le figure negli specchi ; conciossia che quelle cose che appariscono nella pittura, non vi sono in verità, il che non avviene nella scultura. E che questo sia vero nollo negano i pittori medesimi ; onde, se i pittori imitano le medesime cose che gli scultori con più cose, cioè colle figure e co’ colori, e gli scultori colle figure sole, l’imitano però più veramente e più naturalmente.
Ringhieri, Innocenzio, Cento giuochi liberali, et d'ingegno nuovamente ritrovati, libro IX(publi: 1551), gioco della pittura (numéro libro IX) , f. 146v (italien)
saette, incendi, cielo, aurora, terra, monti, selve, prati, giardini, fiumi, citta, et altre cose colorate assai.
Ringhieri, Innocenzio, Cento giuochi liberali, et d'ingegno nuovamente ritrovati, libro IX(publi: 1551), gioco della pittura (numéro libro IX) , f. 146v (italien)
Se può dirsi la pittura della marmoria piu nobile, isprimendo gli occhi neri et azurri con quei raggi amorosi, il color de capelli, lo splendor dell’armi, una oscura notte, una tempesta di mare, lampi, saette, incendi, cielo, aurora, terra, monti, selve, prati, giardini, fiumi, citta, et altre cose colorate assai.
Ringhieri, Innocenzio, Cento giuochi liberali, et d'ingegno nuovamente ritrovati, libro IX, (trad: 1555), « Le jeu de la peinture » (numéro livre IX) , p. 169 (trad: "Cinquante jeus divers d’honnête entretien, industrieusement inventés par messer Innocent Ringhieri" par Villiers, Hubert-Philippe de en 1555)(fran)(traduction ancienne d'un autre auteur)
Si la Peinture se peut preferer a la Sculpture, venant a representer au vif les yeus noirs et vers elançans ces rayons amoureus, la couleur des cheveus, la splendeur des armes, l’obscurité de la nuit, une mer tempetueuse, eclairs, foudres, embrasemens, ciel, aurore, terre, motaignes, forets, prés, jardins, fleuves, cités, et plusieurs autres choses colorées.
Commentaires : Trad. Villiers, 1555, livre IX, « Le jeu de la peinture », p. 169
Gilio, Giovanni Andrea, Degli errori e degli abusi de’ pittori circa l’istorie(publi: 1564), p. 42 (italien)
Non sarebbe tanto difficile a mostrare le parti tanto sostanziali, quando uno considererà che Apelle tentò mostrare cose difficilissime e non più da altri tentate, come i fulgori, i tuoni, i baleni, le nevi, le grandini, le pioggie et altre cose tali.
Gilio, Giovanni Andrea, Degli errori e degli abusi de’ pittori circa l’istorie(publi: 1564), p. 22 (italien)
: In queste cose sarà la licenza del pittore : se vorrà anco dipingere il giorno, la notte, il cielo sereno o pieno di nuvoli, il sole, la luna, le stelle, il mare, i fiumi, i laghi, i fonti, chi peschi, chi nuoti ne l’acqua, chi faccia una cosa e chi un’altra. Apelle fu il primo che dipinse le piogge, le tempeste, i folgori, i tuoni, le grandini e le nevi. Pirreico fu il primo che finse ne le città gli artefici d’ogni sorte, le botteghe piene di mercanzia, e simil altre cose. Si puo questa licenza stendere ancora ne’ giuochi de’ fanciulli, il che vagamente si vede ne’ pannetti d’oro de la sala de la publica audienza del Papa, e nel palazzo de la vigna di Papa Giulio, e nel palazzo del Ghisi in Trastevere. Non mancano ai belli ingegni belle e garbate finzioni ; il fatto sta a saperle bene ordinare.
Borghini, Vincenzio, Selva di notizie(redac: 1564), éd. 1971, p. 671 (italien)
Nasce bene in queste arti la maraviglia da un’altra cagione che da l’artefice stesso, e questo viene dall’arte stessa, nella quale io comprendo così l’artificio come la materia. Questo è quando queste arti faccin cose che passino la natura di quel subietto, di che è disopra molti esempli dell’una arte e dell’altra : come quando Apelle dipigneva i tuoni e’ baleni e le saette, o quell’altro quel soldato che ansava e pure era di bronzo. Queste arrecano maraviglia e per l’ingegno di chi l’à fatte e per la materia di che son fatte : e qui si riduce l’abbaiare de’ cani, l’anitrire de’ cavalli e l’inganno degli uccelli tocchi di sopra ; e se in questo val più la pittura o la scultura, come disse colui a giudicar vuol buon gramatico.
Borghini, Vincenzio, Selva di notizie(redac: 1564), p. 142 (italien)
Dipinse le cose che non si possono dipingere : e tuoni, baleni e le saette, chiamate queste tavole o pitture Bronte, Astrape, Ceraunobole.
Lomazzo, Gian Paolo, Trattato dell’arte della pittura, scultura ed architettura(publi: 1584), « Compositione del pingere e fare i paesi diversi » (numéro VI, 61) , p. 409 (italien)
Il primo che fra gli antichi esprimesse nel far paesi i folgori, i baleni, i mari et i tuoni fu Apelle, e fra i moderni italiani è stato Titiano, che ne i paesi ha espresso tutto quello che con tal arte è possibile a rappresentarsi. Anco molti altri Italiani ci sono riusciti, tra i quali Raffaello, massime nell’esprimere la tenebrosa notte, il chiaro giorno e la vaga aurora. Gaudenzio ne i sassi, grotte, rupi, monti, e caverne, nell’erbette e fiori, investigati nella sua natural bizzaria è stato felicissimo; Giorgion da Castelfranco nel dimostrar sotto le acque chiare il pesce, gl’arbori, i frutti, e cio che egli voleva con bellissima maniera; i duo Dossi nello sfuggimento di boschi con raggi del sole che per entro lampeggiano, il che fece ancora Lorenzo Lotto bergamasco et il Barnazano, che fù raro nel dimostrar, oltre l’altre cose, la munita arena, e con loro Girolamo Muziano, Paris Bordone e Francesco Vicentino il quale espresse talmente la polvere nell’aria che veramente chi la vede non la può stimar altro che da’ venti sia agitata, e massime sopra certe figure alquanto lontane da l’occhio.
Commentaires : éd. 1584, p. 474
Borghini, Rafaello, Il riposo di Raffaello Borghini : in cui della pittura, e della scultura si fauella, de’piu illustri pittori, e scultori, et delle piu famose opere loro si fa mentione ; e le cose principali appartenenti à dette arti s’insegnano(publi: 1584), p. 278 (italien)
Fece ancora Apelle molte altre figure di cui non favellerò per non esser troppo lungo: e si dice ancora, come che sia difficile a credere, che egli dipinse tuoni, folgori e baleni.
Montjosieu, Louis de, Gallus Romae hospes. Ubi multa antiquorum monimenta explicantur, pars pristinae formae restituuntur. Opus in quinque partes tributum(publi: 1585), « Commentarius de pictura » (numéro IV) , p. 18 (latin)
Sed aliud quiddam fuit ab his omnibus Venus illa, quae Apellis opera commendabat. Mirum sane, potuisse artificem oculis subiicere, quod lingua eloqui non posset : nec posse quenquam verbis complecti, quod exigua tabella caperet.
Mazzoni, Jacopo, Della difesa della Comedia di Dante(publi: 1587, 1688, redac: 1587:1598) (t. I, III, 53 ), p. 633 (italien)
Narra medesimamente Plinio, ch’Apelle si mise a dipingere quelle cose, ch’erano stimate non dipingibili. Tonitua, fulgetra, fulguraque ; Et Eliano soggiunge, ch’egli per questo fù stimato più maraviglioso pittore, che non era per l’addietro. E questa gloria non puote nascere per altro, se non per aver voluto imitare cose non imitabili. Per questa medesima ragione credo io, che li poeti prima si mettessero a poetare sopra le cose dell’Inferno.
Lomazzo, Gian Paolo, Idea del tempio della pittura(publi: 1590), “Delle sette parti, o generi, del colorire” (numéro Capitolo XIII) , p. 287 (italien)
- [1] Colorare di Tiziano
[1] Ma fra tutti risplende come sole fra picciole stelle Tiziano, non solo fra gli Italiani, ma fra tutti i pittori del mondo, tanto nelle figure quanto nei paesi, aguagliandosi ad Apelle, il quale fu il primo inventore de i tuoni, delle pioggie, dei venti, del Sole, de i folgori e delle tempeste. E spezialmente esso Tiziano ha colorito con vaghissima maniera i monti, i piani, gli arbori, i boschi, le ombre, le luci e le inondazioni del mare e de i fiumi, i terremoti, i sassi, gli animali e tutto il resto che appartiene a i paesi.
Conti, Natale (dit Noël le Conte); Montlyard, Jean de (pseudonyme de Jean de Dralymont), Mythologiae, sive explicationis fabularum libri decem(publi: 1597), "De Dedalo" (numéro liber VII, cap. XVI) , p. 410 (latin)
Pinxit et quæ penicillo exprimi fere non possunt, fulgura et tonitrua.
Conti, Natale (dit Noël le Conte); Montlyard, Jean de (pseudonyme de Jean de Dralymont), Mythologiae, sive explicationis fabularum libri decem, p. 783 (trad: "Mythologie, c’est à dire Explication des fables, contenant les généalogies des dieux, les cérémonies de leurs sacrifices, leurs gestes, adventures, amours et presque tous les préceptes de la philosophie naturelle et moralle. Extraite du latin de Noël Le Comte... par I. D. M.")(fran)(traduction ancienne d'un autre auteur)
Il peignit aussi ce que le pinceau ne peult bonnement exprimer, les foudres et tonerres.
Guttierez de los Rios, Gaspar, Noticia general para la estimacion de las artes, y de la manera a en que se conocen las liberales de las que son mecanicas y serviles(publi: 1600), « Libro tercero en que se defiende que las artes del dibuxo son liberales, y no mecanicas », cap. V, « Prosiguese la materia passada : tratase de la fama de los professores de la pintura, y dizese tambien de passo de la tapizeria y bordado de matiz, artes conjuntas a ella » (numéro cap. V) , p. 134 (espagnol)
[1] El famosissimo Apeles, aquel que excedio a todos los de antes y despues, pintando lo que parecia impossible pintarse, por quien falio assi mismo aquel edicto de Alexandro Magno, para que sus pinturas no se hiziessen por otro, sino por el, que fue el que hizo grandes libros y volumines sobre el arte de la pintura.
- [1] voir aussi Apelle et Alexandre
Van Mander, Karel, Het leven der oude antijcke doorluchtighe schilders(publi: 1603:1604 ), « Van Appelles, Prince der Schilders », fol. 81v (n)
Eyndelijck wort van Apelles ghetuyght in Plinio, dat hy dingen maecte die niet te schilderen en zijn, gelijck daer zijn, donderen, weerlichten, en blixemen, welcke stucken oock worden genoemt, Brontes, Astrapes, en Ceraunobolus.
Van Mander, Karel, Het Shilder-boeck(publi: 1604) (ch. VIII, §12 ), fol. 35r (n)
- [1] Appelles schilderde maer met vier verwen, soo Plinius seght, en maecte blixem, donder, en sulcke ander dinghen: wy die soo veel verwen hebben, mosten oock lust hebben de natuere in alles te volghen
Nu maeckt my t’bedencken somtijts verwondert, [1]
Hoe soo gheblixemt hebben en ghedondert
Appellis verwen, wesende soo weynich,
Daer wyder nu hebben seer veel en reynich,
Bequamer t’uytbeelden soo vreemde dinghen,
Hoe comt ons lust tot naevolgh oock niet dringhen?
Van Mander, Karel, Het Shilder-boeck, p. 128 (fran)(traduction récente d'un autre auteur)
- [1] Apelle ne peignait qu’avec quatre couleurs, comme le dit Pline, et il faisait avec elles les éclairs, le tonnerre et d’autres choses du même genre. Nous qui avons tant de couleurs, nous devrions aimer suivre la nature en tout.
En y pensant, je suis parfois émerveillé [1]
De voir que les couleurs d’Apelle
En nombre si réduit, ont fulguré et tonitrué avec autant de force.
Nous qui en avons beaucoup, et de très pures,
Plus adaptées à représenter ces choses extraordinaires,
Pourquoi l’envie d’imiter ne nous viendrait-elle pas ?
Commentaires : Trad. J.-W. Noldus, p. 128
Tassoni, Alessandro, Pensieri diversi, libri dieci(publi: 1620), « Statue, e pitture antiche e moderni » (numéro libro X, cap. XIX) , p. 388 (italien)
[1] E i folgori, e il lampi, e i baleni, e i raggi del sole, che Apelle dipignea per cose impossibili, non danno punto che fare a i nostri pittori ordinarii, i quali si burlano parimente del lustro, e della vernice, che si da alle pitture.
- [1] voir aussi fortune de Pline
Binet, Étienne, Essay des merveilles de nature(publi: 1621), « Platte peinture » (numéro ch. X) , p. 203-204 (fran)
Apelles peignoit ce qui ne se pouvoit peindre, on voyoit craquer les tonnerres, et le tintamare des nuées esclattantes et toutes trenchées d’éclairs.
Binet, Étienne, Essay des merveilles de nature(publi: 1621), « Platte peinture » (numéro ch. X ) , p. 196 (fran)
Meurtrir la trop grande gayeté des couleurs avec vernix, qui semble du talc, ou du crespe, ou de l’air espars sur le tableau, invention d’Apelles inimitable ; peindre les conceptions d’esprit sur le tableau, l’ame, les affections, enfin peindre ce qui ne se peut peindre comme les tonnerres, esclairs, la voix, la respiration, etc. Asseoir les couleurs proprement : estre trop rude à la charge des couleurs.
Butrón, Juan de, Discursos apologeticos, en que se defiende la ingenuidad del arte de la pintura, que es liberal, de todos derechos, no inferior a las siete que comunmente se reciben(publi: 1626), « Discurso decimoquinto. Donde se muestra la veneracion en que los antiguos tuvieron la pintura, los principes que la professaron, y algunas de las muchas honras, y mercedes que le hizieron », fol. 110v (espagnol)
Pintò lo que parece impossible, los truenos, y los rayos.
Lebrun, Pierre, Recueil des essaies des merveilles de la peinture(publi: 1849, redac: 1635), p. 825 (fran)
Apelles peignoit ce qui ne se pouvoit peindre : on oyoit craquer les tonnerres et les tintamares des nuées esclattantes et toutes trenchées d’esclaires.
Lebrun, Pierre, Recueil des essaies des merveilles de la peinture(publi: 1849, redac: 1635), p. 775 (fran)
Meurtrir la trop grande gayeté des couleurs avec vernix qui semble du talc ou du crespe ou de lairs espars sur le tableau ; peindre les conceptions d’esprit sur le tableau (invention d’Apellée inimitable), enfin peindre ce qui ne se peut peindre comme les tonnerres, esclairs, la voix, la respiration, etc. asseoir les couleurs propremen, estre trop rude à la charge des couleurs.
Junius, Franciscus, De pictura veterum(publi: 1637) (I, 1), p. 5 (anglais)
: Apelles likewise painted things that can not be painted; thunder and lightning: see Plinie in the same place.
Pacheco, Francisco, Arte de la pintura(publi: 1638) (t. I), p. 261 (espagnol)
La formación de las imágenes, o ideas, camina por los pasos que diré: canto se ofrece a los ojos envía de sí especies a la vista, que forma imágenes de los objetos presentes; lo mesmo hacen los otros sentidos exteriores, si bien no se vale el pintor más que de lo que entra por los ojos: que como no imita sino con líneas y colores, no puede imitar sino lo visible. Y aunque Plinio dice que pintó Apéles lo que no se puede pintar, relámpagos y rayos, no se pintaron sino en la forma que son visibles; el relámpago con luz escasa, el rayo con fuego y humo. A este modo, cuando el artifice pinta la historia o caso que oyó, es debaxo de aquella forma que se dexa ver.
Poussin, Nicolas, Correspondance(redac: 1639:1665), Lettre à Jacques Stella, p. 160 (fran)
J’ai essayé de représenter une tempête sur terre, imitant le mieux que j’ai pu l’effet d’un vent impétueux, d’un air rempli d’obscurité, de pluie, d’éclairs et de foudre qui tombent en plusieurs endroits, non sans y faire du désordre.
Rampalle, Daniel de, L’Erreur combatuë. Discours académique où il est curieusement prouvé, que le monde ne va point de mal en pis(publi: 1641), p. 134 (fran)
Les foudres, les esclairs, et les rayons du soleil qu’Apelle peignoit comme des choses impossibles, sont figurez sans peine par les plus médiocres du temps present ; cet Apollodorus qui est si vanté pour avoir fait le premier des portraits après le naturel, mettroit auiourd’huy son pinceau aux pieds de l’excellente Lavinia romaine, et du célèbre du Moustier, qui en trois coups de crayon trouve la ressemblance des visages les plus difficiles à peindre, et les achève si parfaitement, que la seule parole en fait la différence.
Bisagno, Francesco, Trattato della pittura(publi: 1642), « Avvertimenti nel dipingere i paesi diversi » (numéro cap. XXXIII) , p. 204-205 (italien)
Il primo, che fra gli antichi esprimesse nel far paesi, i fulgori, i baleni, i mari, e i tuoni fù Apelle, e frà moderni Italiani, è stato Titiano, che ne’ paesi ha espresso tutto quello, che con tal’arte è possibile a rappresentarsi, e tra li molti altri fù Raffaello, massime nell’esprimere la tenebrosa notte, il chiaro giorno, e la vaga Aurora, Gaudentio nei sassi, grotte, rupi, monti, e caverne, nell’herbette, e fiori, investigati nella sua natural bizzarria è stato felicissimo, Giorgione da Castelfranco nel dimostrar sotto l’acque chiare i pesci, gli alberi, i frutti, e ciò che gli voleva con bellissima maniera, e così, si potrebbe dire di molti altri eccellenti nelle loro inchinationi, intorno questa materia, nella quale io non tacerò, Francesco Vicentino; espresse egli talmente la polvere nell’aria, che veramente chi la vedeva, che da’venti sia agitata, e massime sopra certe figure alquanto lontane dall’occhio.
Ridolfi, Carlo, Le meraviglie dell’arte, overo le vite de gl’illustri pittori veneti, e dello stato(publi: 1648), p. 7 (italien)
Rappresentò ancora con maraviglia i lampi, et i folgori.
Vossius, Gerardus Joannes, De quatuor artibus popularibus, de philologia et scientiis mathematicis, cui operi subjungitur chronologia mathematicorum, libri tres, cap. V, De Graphice(publi: 1650), De Graphice (numéro cap. V, §49) , p. 84 (latin)
Etiam, ut Plinius ait lib. XXXV cap. X, pinxit Apelles, quae pingi non possunt ; tonitrua, fulgetra, fulguraque : Bronten, Astropen (sic), Ceraunobolon, appelant.
Fréart de Chambray, Roland, Idée de la perfection de la peinture(publi: 1662), p. 253 (fran)
Car si Apelle leur[Explication : les Anciens.]a semblé si admirable d’avoir su représenter le bruit du tonnerre, on peut voir aussi dans ce sujet même, dont je parle, que notre Poussin a peint la voix, laquelle est d’autant plus difficile à exprimer, qu’elle est moins sensible en son effet. J’ai remarqué ce trait ingénieux au premier tableau des Sept Sacrements[Explication : Le Baptême.]
Fréart de Chambray, Roland, Idée de la perfection de la peinture(publi: 1662), p. 253 (fran)
J'ajouterai seulement encore par forme d'avis, que ceux qui auront assez de curiosité pour en venir jusqu'à la preuve décisive, ils la trouveront suffisamment démontrée dans son ouvrage des Sept sacrements qu'on voit à Paris chez Monsieur de Chantelou, maître d'hôtel ordinaire du roi, ami intime de cet illustre Poussin. C'est une suite de sept tableaux uniformes, de grandeur médiocre, mais d'une étude extraordinaire, où ce noble peintre semble avoir fait la dernière preuve, non seulement de la régularité de l'art, selon toutes les parties qui sont expliquées en ce traité, mais encore de sa plus haute excellence, par la nouveauté de ses inventions, par la noblesse de ses idées sur chaque sujet, par la savante et judicieuse observation du costume (en quoi il est presque unique), par la force de ses expressions, et en un mot, par toutes les mêmes qualités de ces grands génies de l'Antiquité, entre lesquels il aurait tenu, à mon avis, un des premiers rangs, puisque nous voyons communément dans ses ouvrages toutes les mêmes parties d'excellence que Pline et les autres ont remarquées de leurs Apelle, Zeuxis, Timanthe, Protogène, et du reste de cette première classe de la peinture. Car si Apelle leur a semblé si admirable d'avoir su représenter le bruit du tonnerre, on peut voir aussi dans ce sujet même, dont je parle, que notre Poussin a peint la voix, laquelle est d'autant plus difficile à exprimer, qu'elle est moins sensible en son effet. J'ai remarqué ce trait ingénieux au premier tableau des Sept Sacrements, où saint Jean conférant le baptême à Notre Seigneur, ceux d'alentour qui se trouvent aussi là présents pour le recevoir après leur maître, font connaître visiblement par la surprise et l'étonnement où ils paraissent, regardant en haut et de tous côtés, qu'ils entendent cette voix céleste qui dit: "Voici mon fils bien-aimé."
Dati, Carlo Roberto, Vite de' pittori antichi(publi: 1667), p. 95 (italien)
- [1] Plin. 35. 10
[1] Dipinse fin quelle cose, che paiono inimitabili, tuoni, fulmini, e lampi.
Pline (Gaius Plinius Secundus); Gronovius, Johann Friedrich (Johannes Federicus), C. Plinii Secundi Naturalis historiae, Tomus Primus- Tertius. Cum Commentariis & adnotationibus Hermolai Barbari, Pintiani, Rhenani, Gelenii, Dalechampii, Scaligeri. Salmasii, Is. Vossii, & Variorum. Accedunt praeterea variae Lectiones ex MSS. compluribus ad oram Paginarum accurate indicatae(publi: 1669) (vol. 3), p. 587 (latin)
Pinxit et quæ pingi non possunt, tonitrua, fulgetra, fulguraque : [1]Bronten, Astrapen, Ceraunobolian appellant.
- [1] Bronten, Astrapen, Ceraunobolian appellant.] Hæc verba Græculi alicujus potius quam Plinii puto. Pint.
Scheffer, Johannes, Graphice, id est, de arte pingendi liber singularis, cum indice necessario(publi: 1669), "Versatur autem circa omnia, et Naturalia et Artificialia, imo ea etiam, quæ excogitantur solo ab ingenio humano, verum quatenus spectari possunt oculis, aut posse videntur" (numéro §8) , p. 36-37 (latin)
Nam quæ penitus spectari nequeunt, ne pingi quidem possunt. Parrhasius ad Socratem apud Xenophontem in memorab. : Quo pacto hoc possit esse imitabile pictori, quod neque proportionem, neque colorem, neque quidquam habet illorum, quæ modo tu commemorabas, ac omnino nemini quidem potest ? Inventi quidem sunt jam olim, qui et ea, quæ non possunt cerni, pinxere, ut spiritus, ventos, sermones, et id genus. De Apelle ipso Plin. lib. XXXV. c. 12 : Pinxit, et quæ pingi non possunt, tonitrua etc. Sed tamen et hæc pinxerunt, non ut sunt, sed ut quandam speciem eorum animo formarunt, putaruntque futuram, si objicienda foret oculis.
Hoogstraten, Samuel van, Inleyding tot de hooge schoole der schilderkonst(publi: 1678), « Van veelerley Licht » (numéro VII, 2 ) , p. 259 (n)
- [1] Van Blixem
[1] Blixemen weerlichten geven somtijts brandige, maer meest blaeuwe lichten, zwaer om uit te beelden, ’t welk nochtans van groote meesters niet ontzien is: want men vertelt van Apelles, dat hy weerlichten, Blixemen, en donderende onweeren overwonderlijk uitbeelde. En deze stukken wierden Brontes, Astrapes, en Cerannobolus genoemt.
Hoogstraten, Samuel van, Inleyding tot de hooge schoole der schilderkonst, « De toutes sortes de lumières » (numéro VII, 2) , p. 398 (fran)(traduction récente d'un autre auteur)
Les éclairs et les foudres donnent des lumières parfois enflammées, mais la plupart sont bleues. Elles sont difficiles à représenter. Toutefois, les grands maîtres ne les ont pas ignorées. On raconte en effet qu’Apelle a représenté très admirablement les foudres, les éclairs et le tonnerre, et que l’on a appelé ces œuvres Brontès, Astéropès et Céraunobolos.
Commentaires : Trad. Jan Blanc, 2006, VII, 2, « De toutes sortes de lumières », p. 398
Hoogstraten, Samuel van, Inleyding tot de hooge schoole der schilderkonst(publi: 1678), « De derde waerneming, in’t uitbeelden van een Historie, is d’omstandige gelegentheit oprecht te vertoonen. En voor eerst op wat tijdt de zaeke geschiet is » (numéro IV, 1) , p. 125 (n)
- [1] Storm en onweer
- [2] Schoon weeder
De tijd geeft ons ook verscheyden weder, ’t welk ook dikwils nootzaeklijk is in Schildery t’onderscheyden, en met goet beleyt op storm en onguere tijdt, als ook op den aert van schoon weder acht te geven. Ambrozius Laurenzetti was d'eerste, die tempeest, regen, en onweer, wederom heeft beginnen na te bootsen. Waer in Apelles by de ouden, door zijn stukken,[1] die Brontes, Astrapes, en Ceraunobolus genoemt wierden, zeer geroemt is geweest. Naderhandt heeft den ouden Jakob Palma, in Sint Mark tot Venetien, een heerlijke Schipstorm een gruwzaem Zee-onweder, met grooten aendacht uitgebeelt; brengende in de beuyige lucht de windgoden al blazende, die den voortgang van’t Schip, dat Sint Markus lijk voert, en door de schuimende golven met kracht van riemen heenen snuift, schijnen te willen beletten. Hier speelt de behendicheyt des Schippers, ’t buigen der riemen door de kracht der roeyers, ’t gewelt der winden, ’t beweegen en breeken der baeren, ’t blixemen uit den Hemel, en des Schilders hooge geest, zoo wonderlijk deur malkander, dat het geheele stuk in’t aenzien schijnt te bewegen. Onzen Aert van Leyden heeft ook in’t schilderen van’t Schipken Petri zijn gedachtenis vereeuwicht: en de brave Rubens heeft het ook zijn arbeyt waerdich geacht, Zee-en Land-onweder vervaerlijk af te beelden
Indie’t u lust een stormwindt te verbeelen,
Zoo buig’t geboomt, en laet de takken speelen,
Laet regenen, laet vry den blixem slaen,
En masteloos een Schip te gronde gaen:
Dat ongeluk en zal toch niemand schaeden,
[2] Maer liever zach ik dartle Nimfjes baeden,
By Zomerdagh, in een Kristalle bron:
Een schoon Paleis staen blikren in de Zon:
Het wit gewolkt in’t schoon Lazuer verspreyen:
En aerdich volk zich in een beemd vermeyen.
Want al wat in natuer het oog vernoegt,
Heeft ook al’t geen een Schildery best voegt.
Hoogstraten, Samuel van, Inleyding tot de hooge schoole der schilderkonst, « Troisième observation pour la représentation d’une histoire : en montrer honnêtement la situation circonstanciée et, tout d’abord, le temps du sujet » (numéro IV, 1) , p. 235 (fran)(traduction récente d'un autre auteur)
Le temps nous offre également des climats très divers. Il est souvent nécessaire de les différencier en peinture et, avec beaucoup de circonspection, de prêter attention à la tempête et au mauvais temps tout comme à la nature du beau temps. Ambrogio Lorenzetti fut le premier à avoir recommencé à imiter la tempête, la pluie et l’orage, après qu’Apelle avait été très célébré chez les anciens pour ses œuvres nommées Brontès, Astéropès et Céraunobolos. Plus tard, à San Marco de Venise, Jacopo Palma l’Ancien a très attentivement représenté un splendide navire dans une tempête, en un abominable orage maritime, amenant dans les airs tempêtueux les dieux du vent qui soufflaient fort et semblaient vouloir entraver le voyage du navire transportant le corps de saint Marc et se frayant un passage à la force des rames à travers des vagues écumantes. On y voyait le marin agile, les rames courbées par la force des rameurs, les vents violents, les mouvements et les brisures des flots, les éclairs du ciel et le grand esprit du peintre, si admirable pour chacun que toute son œuvre semblait se mouvoir quand on la regardait. Le nom de notre Aert van Leyden est également resté éternellement gravé dans la mémoire de chacun parce qu’il avait peint le petit bateau de Pierre. Ce fut aussi le cas de l’honnête Rubens, qui a considéré qu’il était digne de son œuvre de représenter de dangereux orages de mer et de terre.
Si vous désirez représenter un vent tempêtueux,
Courbez les arbres, faites jouer les branches,
Pleuvoir, zébrer les éclairs
Et sombrer des navires sans mât.
Mais que ces malheurs ne nuisent à personne.
Et je verrais volontiers de folâtres nymphes se baigner,
En un jour d’été, dans une source cristalline,
Un beau palais étinceler sous le soleil,
Des nuages blancs se disperser dans le bel azur
Et de charmantes figures gambader dans une prairie.
En effet, tout ce qui dans la nature satisfait l’œil a également
Tout ce qu’il faut pour se joindre au mieux à une peinture.
Félibien, André, Entretiens sur la vie et les ouvrages des plus excellens peintres anciens et modernes, vol. 3(publi: 1679) (Ve Entretien), p. 59-60 (fran)
Lorsque nous y fusmes arrivez nous allasmes aux fenestres, pour considerer plus commodement la pluie qui tomba aussi-tost avec une violence extraordinaire ; et pour remarquer en mesme temps le desordre que causoit dans les arbres et dans la campagne une si furieuse tempeste. Le tonnerre grondoit continuellement autour de nous, et de temps en temps faisoit retentir l’air de bruits épouventables.
Pymandre s’estant approché du lieu où j’estois. Ce seroit, me dit-il, une belle occasion à un peintre de pouvoir observer ce que nous voyons presentement. Ne croyez-vous pas que ce fut dans une pareille rencontre que M. Poussin fit le dessein de ce tableau que vous me montrastes il y a quelque temps, où il a representé un orage presque semblable à celui-ci, et donné lieu à ne le pas moins admirer qu’on faisoit autrefois Appelle ; puisque l’un et l’autre pour avoir si bien peint ces sortes de sujets, on peut dire qu’ils ont parfaitement imité des choses qui ne sont pas imitables.
Germain, Des peintres anciens et de leurs manières(publi: 1681), p. 98 (fran)
On lui donne la gloire d’avoir trouvé l’invention de faire cacher à la peinture les défauts naturels, et de peindre ce que le pinceau ne sçauroit bien exprimer, comme sont les foudres et les tempêtes[1], Pinxit Apelles, quae pingi non possunt ; tonitrua, fulgetra, fulguraque, etc. Pline l. 35, c. 10. Il semble que l’on voyoit dans ses tableaux, ou plutôt que l’on s’imaginoit entendre le bruit des tonnerres, et le choc éclatant des nuées toutes tranchées d’éclairs.
- [1] [1] Note de Cochin, 1760 : On n’apperçoit pas bien pourquoi le pinceau ne pourroit pas imiter les tempêtes, les foudres, etc. Il est vrai qu’il faut une imagination forte pour se bien représenter ces instans qu’on ne peut peindre que de mémoire : mais il est certain que dans nos siecles, où nous n’osons nous comparer à Appelles, ces choses ne passeroient pas pour merveilleuses par elles-mêmes, et qu’elles n’auroient d’estime qu’autant que l’imitation en seroit portée au plus haut degré de perfection.
Pline l’Ancien; Hardouin, Jean, Caii Plinii Secundi Naturalis historiae libri XXXVII. Interpretatione et notis illustravit Joannes Harduinus,... in usum Serenissimi Delphini(publi: 1685) (t. V), p. 214 (latin)
Pinxit et quae pingi non possunt, tonitrua, fulgetraque : [1]Bronten, Astrapen, Ceraunobolian appellant.
- [1] [1] Bronten. Βροντὴν, Ἀστραπὴν, Κερανωβολίαν Sic. Reg. 2.
Junius, Franciscus, De pictura veterum(publi: 1694) (I, 1, 2), p. 3 (latin)
- [1] Pictores quidvis imitantur
[1]. Theophylactus etiam Simocatus epistola 37 : Οἱ ζωγράφοι τοσαῦτα πλαστουργοῦσι τοῖς πίναξιν, ὅσα πράττειν ἡ φύσις οὐ δύναται : Pictores talia per tabulas effingunt, quae natura facere non potest. Plinius libro XXXV, cap. 10 : Pinxit Apelles et quae pingi non possunt, tonitrua, fulgetra, fulguraque ; Bronten, Astrapen, Ceraunobolon appelant.
Junius, Franciscus, De pictura veterum, p. 132 (fran)
Théoplylactus Simocatta dit aussi, lettre 37 : « Les peintres représentent dans leurs tableaux des objets tels que la nature ne les peut fabriquer. » Pline, livre XXV, chap. 10 : « Apelle peignit même ce qu’il est impossible de peindre : le tonnerre, l’éclair et la foudre ; on les appelle Bronté, Astrapé, Céraunobolos. »
Commentaires : Trad. Nativel, 1996, p. 132
Durand, David, Histoire de la peinture ancienne, extraite de l’Histoire naturelle de Pline, liv. XXXV, avec le texte latin, corrigé sur les mss. de Vossius et sur la Ie ed. de Venise, et éclairci par des remarques nouvelles(publi: 1725), p. 76 (fran)
Pour achever de donner une juste idée de ce grand peintre, il faut ajouter ici, qu’il osa peindre ce qui ne se peint point et que personne avant lui n’avait encore tenté, comme la foudre, les éclairs, le tonnerre ; en un mot, tous ces miracles, que les Grecs ont désigné depuis par différens noms[1].
Note au texte latin, p. 273 :
(C) Pinxit et quae pingi non possunt. C’est une façon de parler, pour dire qu’il peignit ce qui ne s’étoit jamais peint, ce qu’on ne peint guere : de même dans Apulée, Métam. l. 2. Hic vitrum fabre sigillatum ; ibi crystallumm inpunctum ; argentum alibi clarum, et aurum fulgurans et suctinum mire cavatum in lapide, ut bibas ; et quiquid fieri non potest, ibi est. À moins que notre auteur ne veuille dire, que la foudre et les éclairs, qu’Apelle entreprenoit de peindre, étoient au-dessus des forces de la peinture. En effet, elle échoue ordinairement dans les grandes lumières, non par le défaut de l’art, mais par celui des couleurs, qui n’ont jamais l’éclat du feu, et qui perdent leur vivacité en peu d’années.
(D) Tonitrua, fulgura, fulgetraque, etc. Nous avons suivi le MSS. de Voss. et la I. ed. qui est appuyée de celle de Rome ; et pour ce qui est des termes grecs, que Pintianus voudroit retrancher comme la gloze d’un interpolateur, il se trompe visiblement, parce que c’est la coutume de Pline d’indiquer en cette langue, les raretez d’alors, qui étoient connuës des curieux, grecs ou latins. C’est ce qu’on a vû pendant tout le cours de cette histoire : et à l’égard de la chose même, voyez de quelle maniere Jules Romain s’est élevé jusqu’à cette partie de la peinture, qui lance la foudre et qui met le ciel et la terre tout en feu ; Félibien vous en donnera une belle description, dans le 2. Tome de ses Entretiens, p. 118. Je suis fâché de n’avoir pas assez d’espace pour la transcrire, et je ne veux pas la gâter en n’en rapportant que des lambeaux.
- [1] Bronten, Astrapen, Ceraunoboliam adpellant. c. à d. la Foudre, les Éclairs, le Tonnerre.
Caylus, Anne-Claude Philippe de Tubières, comte de, « Réflexions sur quelques chapitres du XXXVe livre de Pline » (publi: 1759, redac: 1752:1753), p. 166-167 (fran)
- [1] Chap. X.
Apelle est le peintre sur lequel Pline, ainsi que tous les auteurs, s’est le plus étendu, et dont il a le mieux parlé, peut-être à cause qu’il a eu plus de secours. Voici un passage qui m’a fait quelque peine. [1] Pinxit et quae pingi non possunt[2], tonitrua, fulgura, fulgetraque, bronten, astrapen : ceraunobolian appellant ; inventa ejus et caeteris profuere in arte. Ce passage est un de ceux sur lequel il ne faut point prendre Pline à la lettre ; il le dit lui-même, pinxit et quae pingi non possunt. On pourroit peut-être lui reprocher d’avoir fait usage d’une métaphore trop outrée, qui seroit tolérée tout au plus dans un poète. Mais j’abandonne la critique personnelle, et je demande combien la peinture devoit être resserrée dans les paysages et dans les grands effets de la nature avant Apelle, si elle lui a cette obligation, et combien la froideur et sa contrainte devoient être grandes, lorsqu’elle était privée de ces accessoires. Car dans ce cas, une privation en entraîne nécessairement plusieurs autres. On sent bien que je ne traduirai pas ces effets de la nature par le bruit du tonnerre, et par la lueur subite des éclairs, images propres à l’éloquence, et que la peinture ne peut indiquer à l’esprit que par des moyens fixes. Cependant Pline n’est pas le seul qui ait donné des éloges aux artistes qui ont précédé Apelle. Tout cela n’est donc point exact, et un soupçon fondé en autorise plusieurs autres.
- [2] Les distinctions admises par les Anciens, et que nous ne pouvons plus recevoir avec la simplicité de nos principes physiques, nous mettent hors d’état d’expliquer toutes les différences qui ont engagé à donner autrefois à la foudre cette variété de noms. Si le lecteur est curieux d’en être ennuyé, il peut lire ce que Sénèque en dit, Quest. nat. Dans plusieurs chapitres du livre III.
La Nauze, abbé de, Mémoire sur la manière dont Pline a parlé de la peinture(publi: 1759, redac: 1753/03/20) (t. XXV), p. 242 (fran)
« Apelle, ajoute-t-il ailleurs[1], peignit ce qui est même impossible à peintre, le bruit du tonnerre et la lueur des éclairs. » ce langage pourroit sembler étrange dans la bouche d’un philosophe ordinaire, mais la philosophie de Pline n’étoit point apathique : toujours guidée par le génie et par le savoir, toujours soutenue par l’imagination et par le sentiment, elle admettoit jusqu’à l’enthousiasme poétique en faveur d’une peinture expressive ; et je ne sais si pour lors le langage figuré, le seul qui pût peindre la chaleur de l’expression, comme l’expression peignoit celle de la nature, n’était pas conséquemment le langage le plus vrai, le plus philosophique, le plus naturel. En matière de style comme en matière de peinture, les savantes exagérations, bien loin de donner atteinte à la fidélité de l’imitation, sont quelquefois nécessaires pour lui imprimer le caractère de l’exacte vérité ; et ce grand principe doit être gravé dans l’esprit d’un peintre, s’il veut parvenir à l’intelligence de ce que Pline a écrit, et de ce qu’Apelle avait exécuté.
- [1] [1] Pinxit et quae pingi non possunt, tonitrua fulgetraque.
Jaucourt, Louis de, Encyclopédie, art. « Peintres grecs », tome XII(publi: 1765), p. 255 (fran)
C’est le peintre sur lequel Pline, ainsi que tous les auteurs, s’est le plus étendu, et dont il a le mieux parlé. Voici un de ses passages : Pinxit et qua pingi non possunt, tonitrua, fulgura, fulgetraque, bronten, astrapen : ceraunobolian appellant : inventa ejus, et coeteris proficere in arte. Toutes ces différences de noms données autrefois à la foudre, ne conviennent plus à la simplicité de nos principes physiques ; mais il semble que l’art devoit être bien resserré dans les grands effets de la nature avant Apelle, si elle lui a l’obligation dont parle Pline.
Diderot, Denis ; Falconet, Étienne, Le Pour et le contre. Pline et les anciens auteurs qui ont parlé de peinture et de sculpture(publi: 1958, redac: 1766-1773), Lettre de Diderot à Falconet, 5 août 1766, p. 217 (fran)
Pinxit et quae pingi non possunt, dit de l’éclair, de la lumière, du tonnerre, du silence, de la fraîcheur, de l’air, lorsque l’art fait illusion, loin de me paraître bourgeois, est à mon goût tout à fait laconique et juste. Je reçois en quatre mots une idée nette de l’esprit, de la vérité et de la hardiesse de l’artiste.
Falconet, Etienne, Traduction des XXXIV, XXXV et XXXVI livres de Pline l’Ancien, avec des notes(publi: 1772), t. I, p. 165 (fran)
Il a peint aussi ce qu’on ne peut peindre ; le tonnerre, les foudres, qu’on apelle Bronté, Astrapé, Ceraunobolias (59).
Notes, t. I p. 373 : (59) Dans nos siècles où nous n’ôsons nous comparer à Apelles, ces choses ne passent pas pour merveilleuses ; et loin d’être régardées comme ce qu’on ne peut peindre, elles ne sont estimées qu’autant que l’imitation en est portée au plus haut dégré de perfection.
M. de Jaucourt a judicieusement observé sur ce passage, que la peinture devoit être bien resserrée dans les grands effets de la nature avant Apelles, si elle lui a l’obligation dont parle Pline. Encyclop., tom. 12. pag. 255. Comme il échappa des vérités à l’heure où on y pense le moins !
J’ai beau relire cet endroit dans le texte, il ne m’a jamais été possible d’y découvrir le sens que M. de Caylus y donne. Il assure, tom. 15 p. 167 des Mém. de l’Acad. que Pline dit lui-même qu’il ne faut pas prendre à la lettre ce passage, pinxit et quae pingi non possunt. Je confesse mon ignorance, je n’y ai rien vu de semblable. M. de la Nauze que Pline ne pouvoit pas consulter, voit le bruit du tonnerre dans tonitrua fulgetraque. Si toutes ces manières de voir et d’entendre ne sont pas justes, et si elles sont un motif de plus pour me corriger, elles ont aussi l’avantage d’être un objet de consolation pour moi, si j’ai commis et laissé des fautes.
Arnaud, François, Mémoire sur la vie et les ouvrages d’Apelle(redac: 1783/06/02) (t. III), p. 181 (fran)
enfin il parvint à peindre ce qui avait paru jusqu’alors inaccessible au pinceau, comme la foudre et l’éclair.