Type de texte | source |
---|---|
Titre | Il riposo di Raffaello Borghini : in cui della pittura, e della scultura si fauella, de’piu illustri pittori, e scultori, et delle piu famose opere loro si fa mentione ; e le cose principali appartenenti à dette arti s’insegnano |
Auteurs | Borghini, Rafaello |
Date de rédaction | |
Date de publication originale | 1584 |
Titre traduit | |
Auteurs de la traduction | |
Date de traduction | |
Date d'édition moderne ou de réédition | |
Editeur moderne | |
Date de reprint | Milan, Edizioni Labor, 1967 |
, p. 276
Dipinse etiandio nel tempio di Diana Efesia un’Alessandro Magno col folgore in mano, le cui dita sembravano rilevarsi dalla tavola, e gli fu questa figura pagata venti talenti, benche si dica ancora che à misura, e non annovero gli furon dati i denari.
Dans :Apelle, Alexandre au foudre(Lien)
, p. 278
Solo in una cosa non si trovò mai chi lo spaessi imitare, cioè in una vernice, che egli sopra l’opere già finite distendea, la quale con la sua trasparentia, e virtù destava i morti colori, e tutti insieme, accioche l’uno più dell’altro la vista non offendesse, gli univa, e dalla polvere difendea.
Dans :Apelle, atramentum(Lien)
, p. 280-281
Essendo una volta Protogene per fortuna capitato in Alessandria, che altramente andato non vi sarebbe, havendo anzi che no havuto qualche sdegno con Tolomeo, fu da un domestico del rè, ò suo buffone invitato a mangiare alla mensa regia, il che fu fatto per ingannarlo da’ suoi concorrenti, et egli vi andò. Laonde sdegnato Tolomeo, e domandando chi l’haveva invitato à mangiar seco, Protogene, preso un carbone spento, disegnò subito nel muro l’efficie di colui, che l’haveva invitato, la quale dal rè fu incontanente riconosciuta.
Dans :Apelle au banquet de Ptolémée(Lien)
, p. 37
[[4:suit Zeuxis et Parrhasios]] E le cavalle non anitrirono al cavallo dipinto da Apelle ?
Dans :Apelle, le Cheval(Lien)
, p. 277
Dipinse a concorrenza con altri pittori un cavallo; ma temendo de’ favori de’ suoi aversari appresso à giudici, chiese di gratia, che tene stesse al giudicio degli istessi cavalli: e perciò essendo menati alcuni cavalli vivi attorno a quelli ritratti, solamente quando furono avanti à quel d’Apelle anitrirono.
Dans :Apelle, le Cheval(Lien)
, p. 275
Fu questo artefice piacevole e gratioso molto, contro alla natura di alcuni pittori moderni, i quali quanto più si dimostrano fantastichi e discortesi, tanto più si presumano d’esser stimati valenthuomini: e per questa sua gentilezza e per l’eccellenza dell’arte fu tenuto in gran pregio da Alessandro Magno, in tanto che egli non si sdegnava sovente stare a vederlo lavorare. E fu tanta la domestichezza fra loro, che ragionando un giorno Alessandro sconciamente delle cose del dipignere, ardì Apelle di dirgli con bel modo che si tacesse, perché insino a’ fattorini, che gli macinavano i colori di lui si ridevano. [[4:suite : Apelle et Campaspe]]
Dans :Apelle et Alexandre(Lien)
, p. 33-34
E non concedono[[5:i pittori, dans le paragone peinture/sculpture.]] che ne segua che una cosa per esser comperata maggior prezzo sia più nobile, allegando che molte volte un cavallo molto maggior prezzo si paga, che un uomo, e non perciò ne segue al cavallo maggior nobiltà; oltre à ciò dicono che trovino prezzo, che pareggi il gran dono che fece Alessandro Magno per una sol’opera ad Apelle, donandoli (all’ora che egli era re, giovane, inchinevole a gli amorosi piaceri e di lei innamorato) la bellissima Campaspe, e conosceranno di che prezzo sieno le buone pitture.
Dans :Apelle et Campaspe(Lien)
, p. 276
Grandissimo segno di liberalità e di benivolenza fu quello d’Alessandro verso questo pittore; percioché avendo egli una sua bellissima femina e da lui molto amata detta Campaspe et havendola ad Apelle fatta ritrarre ignuda, accortosi che nel ritrarla egli se ne era fieramente innamorato, spogliandosi della cosa amata e non havendo rispetto a lei, che di donna d’un tanto rè d’un pittore divenir dovea, gliele fece libero dono.
Dans :Apelle et Campaspe(Lien)
, p. 274-275
Soleva Apelle mettere l’opere sue finite in publico, estimando il volgo esser buon conoscitore di molte cose, et egli si stava da parte nascoso per ascoltare quello che altri ne dicesse, per poter poscia ammendare le parti riprese. Avvenne che passando un calzolaio biasimò in una sua figura una pianella à cui non so che fibbia mancava; la qualcosa conoscendo vera Apelle la racconciò: ritornando poi l’altro giorno il calzolaio e vendendo che il maestro havea seguito il suo parere nella pianella, cominciò a voler dire sopra una gamba, onde Apelle sdegnato uscì fuore dicendo; non conviensi al calzolaio giudicar piu sù che la pianella, il qual detto fu poi accettato per proverbio.
Dans :Apelle et le cordonnier(Lien)
, p. 273-274
Fu di vero cosa notabile quella, che passò fra questi due famosi pittori; percioche essendo andato Apelle a Rodi per conoscere Protogene mosso dalla sua fama, e non havendolo trovato in casa, fu domandato da una vecchia chi egli fosse, acciò potesse dirlo al padrone, alla quale egli (preso un pennello e fatto sopra una tavola che era quivi per dipignersi una linea sottilissima) rispose diragli che colui, che ha fatto questa linea il domanda, e partissi. Ritornato Protogene à casa et inteso il seguito dalla vecchia, e veduta la linea, s’imaginò non l’haver potuta far altri che Apelle, et intinto un pennello in un altro colore, sopra la linea fatta ne tirò un’ altra più sottile, e disse alla vecchia mostrandogliele. Se quel buon huomo ci ritorna diragli che colui, che egli va cercando ha fatto questa e sene andò fuore. Poco dopo ritornato Apelle, e veduta la seconda linea, arrossato d’honorata vergogna, preso il pennello con un terzo colore partì quelle linee per lo mezzo d’una linea tanto sottile che non lasciò punto di luogo ad alcun’ altra sottigliezza. Laonde Protogene al suo ritorno, considerata la cosa e chiamandosi vinto, corse tosto al porto, e ritrovato Apelle, il menò à casa honorandolo molto. Fù poi questa tavola senza altra dipintura, come cosa nobile, portata a Roma e posta nel Palagio degli Imperadori, come un miracolo dell’arte; percioche quelle linee erano così sottili, che à gran pena discernere si poteano.
Dans :Apelle et Protogène : le concours de la ligne(Lien)
, p. 273
Nella duodicesima e centesima Olimpiade fiorì Apelle da Coo, il quale trapassò di gran lunga tutti i pittori che furono avanti à lui, e che dopo a lui seguirono, e sopra tutte le cose che il fecero fra gli altri ottenere il primo luogo fu una certa gratia maravigliosa che egli dava alle sue figure. [[4:suite: nimia diligentia]]
Dans :Apelle supérieur par la grâce(Lien)
, p. 278
Fece ancora Apelle molte altre figure di cui non favellerò per non esser troppo lungo: e si dice ancora, come che sia difficile a credere, che egli dipinse tuoni, folgori e baleni.
Dans :Apelle et l’irreprésentable(Lien)
, p. 273
[[4:suit Apelle grâce]] Lodava molto l’opere di Protogene, ma in una sol cosa il biasimava, che egli non sapea mai levare la mano della pittura, volendo dimostrare che la soverchia diligenza nuoce il più delle volte.
Dans :Apelle et la nimia diligentia(Lien)
, p. 275-276
Hebbe costui per costume in tutto il tempo della sua vita non passar mai giorno, come che fosse molto occupato in altri affari, che almen tirando una linea, non esercitasse l’arte sua, dalla qual cose ne nacque il proverbio, che non si passi giorno senza tirare una linea. Di sua mano fu quella celebrata Venere, che usciva del mare, che da quell’atto fu chiamata Anadiomene, la quale Augusto imperadore dedicò nel tempio di Cesare suo padre. Egli medesimo cominciò un’ altra Venere per quelli di Coo, et era per avanzare, secondo che si dice, quella di prima; ma avendone fatto una parte individiosa morte interrope così bell’opera, né si trovò poi chi havesse ardire di por mano a finirla, secondo che il disegno ne appariva. [[4:suite : Alexandre au foudre]]
Dans :Apelle, Vénus anadyomène
(Lien)
, p. 36-37
Ma chi è quello che non sappia che colui più desta gli affetti dell’animo, che meglio gli sa imitare ? La vergogna, il timore, la paura, il dolore e l’allegrezza, passioni dell’animo, che si conoscono per lo mutamento de’ colori nella faccia, che così bene contrafà il pittore, come dimostreranno gli scultori in quella parte che al cangiar di colore s’appartiene ? Sicome si legge d’una pittura d’Aristide in cui si vedea un bambino prendere in bocca la poppa della madre che, per le molte ferite ricevute, era vicina a morte e dimostrava nel viso temenza che il figliuolo in cambio del latte non succiasse il sangue, la qual tavola fu comperata dal Re Attalo cento talenti. [[4:suite : Parrhasios Peuple]]
Dans :Aristide de Thèbes : la mère mourante, le malade(Lien)
, p. 281
Fiorì in questo medesimo tempo Aristide Tebano, il quale dicono esser stato il primo, che dimostrasse nelle pitture le passioni dell’animo, come che fosse alquanto crudo nel colorire. Dipinse nel sacco d’una città una madre vicina a morte per le ferite con un bambino in grembio in atto di voler pigliare la poppa e si conosceva nel viso della madre temenza che il figliuolo, essendosene andato il latte, il sangue non succiasse in vece di quello; la qual tavola fu tenuta in gran pregio e da Alessandro Magno fu fatta portare a Pella sua patria.
Dans :Aristide de Thèbes : la mère mourante, le malade(Lien)
, p. 30
Avertiscano ancora[[6:À propos du paragone peinture/sculpture.]] che egli[[5:Plinio.]] afferma Candaule re di Lidia e l’ultimo degli Eraclidi haver comperato tanto oro quanto ella pesava la tavola dove Bularco pittore havea dipinta la guerra de Magneti et il detto Candaule esser morto nella diciottesima Olimpiade. Per la qual cosa chiaramente si vide i principii della pittura esser stati molto più antichi che essi non si fanno à credere e non si può con vero fondamento cavar dagli scrittori chi prima avesse inizio o la pittura o la scultura […].
Dans :Bularcos vend ses tableaux leur poids d’or(Lien)
, p. 267
Si dice adunque che Candaule rè di Lidia tanto oro quanto ella pesava comperò una tavola, dove Bularco pittore havea dipinta la battaglia de’ Magneti, e ciò venne ad essere al tempo di Romolo primo fondatore di Roma e primo re de’ Romani; percioche Candaule morì nella diciottesima Olimpiade e per la bellezza di detta tavola si vedea l’arte insino a quel tempo essere imperfettione.
Dans :Bularcos vend ses tableaux leur poids d’or(Lien)
, p. 368-369
Laonde Ser Piero la[[5:la rotella di fico.]] diede à Lionardo pregandolo che alcuna cosa vi dipignesse; il quale portatala a una sua stanza vi condusse lucertole, ramarri, grilli, serpi, farfalle, locuste, nottole, et altri strani animali; da’ quali tutti formò un animalaccio molto orribile, e spaventevole, il quale parea che avelenasse col fiato, e spargesse l’aria di fuoco, e finse che egli uscisse d’una pietra oscura spezzata, gittando dalla bocca, e dagli occhi fuoco, e fummo dal naso si stranamente che non si potea rimirare senza terrore: e questa fu la pittura, che egli fece nella rotella, et accomodata in su’ leggio, che ella havesse il lume alquanto abacinato, chiamò il padre, che venisse a veder la rotella, il quale entrato dentro, e non pensando alla cosa, come vide quell’animalaccio, non estimando che fosse dipinto nella rotella; ma vero, e vivo, spaventato volse il passo a dietro per fuggire, all’hora Lionardo arrestatolo gli disse. Questa opera serve per quello che ella è fatta, pigliatela adunque e fatene quello che vi piace, che questo è il fine, che dall’opere s’aspetta.
Dans :Cadavres et bêtes sauvages, ou le plaisir de la représentation(Lien)
, p. 254-255
[[2:Il far di terra quando fu trovato.]] Ma lasciando da parte quello che per la lunghezza del tempo non si può ritrovare; dico, che l’arte del far di terra, tenuta da molti la madre della scultura, fu secondo alcuni primieramente ritrovata in Corinto da Dibutade Sicionio facitor di vasi, consciosia che, essendo una sua figliuola innamorata d’un giovane, il quale dovea per suoi affari allontanarsi da lei, ella al lume della lucerna dintornando con linee l’ombra del suo viso, facesse di quello nel muro apparire il disegno, la qual opera il padre di lei considerando e piacendole molto, vi mise dentro della terra e ne formò una testa, e poi che fu secca la mise à cuocere nella fornace con gli altri suoi vasi e questa, si dice, che poi fu consacrata nel tempio delle Ninfe, dove si vide appesa fin che Mummio consolo Romano disfece Corinto.
Dans :Dibutade et la jeune fille de Corinthe(Lien)
, p. 285-286
Non tecerò ancora d’alcune donne, che in questa arte felicemente adoperarono; perciche Timorate figliuola di Nicone dipinse Diana in una tavola, la quale fu in Efeso con gran laude lungo tempo serbata: et Irene figliuola, e discepola di Cratino dipinse una fanciulla, nel tempio di Cerere, Alcistene, e un salvatore, che tutte furono tenute bellissime. Fù dipintrice di gran nome in sua gioventù Martia di Marco Varrone, laquale ritrasse molte femine dal naturale, e la sua stessa imagine dallo specchio; e si dice che niuna mano fu piu veloce della sua nel dipignere, e trapassò di gran lunga Sopilo, e Dionisio pittori del suo tempo, i quali molte opere fecero degne di laude. Aristarete etiandio figliuola, e discepola di Nearco molto valse nella pittura, e di sua mano si vide un bellissimo Esculapio.
Dans :Femmes peintres(Lien)
, p. 282
Nel tempo d’Augusto fu un Ludio pittore di grande inventione, il quale fu il primo che trovasse il dipignere in muro, faccendo città, ville, campi, selve, fiumi, alberi, frondi, fiori, fontane, et huomini, chi cacciando, chi uccellando, chi pescando, chi navigando e chi altre cose faccendo, che alle bisogne del vivere si appartengono: et oltre a questo donne leggiadre che à donneschi esercitii davan opera e certe, che mostravano di alcuna cosa che sopra le spalle portavano, haver paura; altre facevan vista di cadere et altre, altri vari scherzi, vaga cosa à vedere, e dipinse egli primo allo scoperto città maritime con bell’ordine d’architettura.
Dans :Ludius peintre de paysages et la rhopographia(Lien)
, p. 264-265
Mirone il quale fu eccellentissimo nell’opere di bronzo (come ne fecero fede quella bella giovenca in versi lodati tanto commendata) fece un cane maraviglioso, un giovane, che scagliava in aria il disco, […] e molte altre figure.
Dans :Myron, la Vache(Lien)
, p. 37
Et i corbi ne’ giuochi di Claudio Pulcro non andarono a posarsi su’ tegoli dipinti nella scena pensandosi esser veri ? Gli uccelli non si calarono per beccare l’uva di Zeusi ? E le cavalle non anitrirono al cavallo dipinto da Apelle ?
Dans :Les oiseaux picorent les tuiles du théâtre de Claudius Pulcher(Lien)
, p. 266
[[2:Del principio della pittura.]] Del principio della pittura varie sono l’opinioni. Conciosiacosa che alcuni vogliano che ella appresso à gli Egitii si cominciasse ad esercitare, altri appresso a’ Greci, ò in Sicione, ò in Corinto; ma tutti s’accordano che circondando l’ombra dell’huomo con una sol linea primieramente si facesse, e poi aggiugnendovi un sol colore e ponendovi piu diligenza; ma però con semplice maniera alquanto si migliorasse; il che dicono haver insegnato Filocle d’Egitto, ò Cleante di Corinto.
Dans :Les origines de la peinture(Lien)
, p. 42-43
Nella prima parte pongono avanti l’autorità del conte Baldassarre da Castiglione nel suo Cortigiano, e di M. Leon Batista Alberti huomo nobilissimo, e dottissimo in molte scienze, architetto, e pittore eccellente, nel libro che egli scrive della Pittura; i quali tutti due conchiudono la pittura esser più nobile, la qual cosa in alcun autore non possono mostrare gli scultori: nella seconda parte dicono che gli huomini autorevoli, e di alti gradi, e nobilissimi di virtù, e di sangue son quelli, che danno nobiltà all’arti, che essi esercitano, e che la pittura fu dichiarata appresso a’ Greci per arte liberale, e fu vietato per publico bando a’ servi, et a’ condennati per qualsivoglia misfatto, il potere esercitarla; e che hanno dato opera alla pittura Pacuvio, nipote d’Ennio poeta, Turpilio cavalier romano, che dipigneva con la man manca, Nerone Vantiano, et Alessandro Severo, ambidue imperadori, Socrate, Platone, e Pirro filosofi eccellenti, e che Paulo Emilio etiandio a’ suoi figliuoli fece insegnare tal arte.
Dans :Pamphile et la peinture comme art libéral(Lien)
, p. 272-273
Fu poscia pittor di gran nome Panfilo Macedonico, da cui Apelle apprese l’arte del dipignere e fu il primo dipintore, che nelle lettere fosse scienziato e particolarmente nella aritmetica, e nella geometria, senza le quali scienze, egli diceva, non potersi fare molto profitto nella pittura. Non volle insegnar l’arte per minor prezzo d’un talento in dieci anni per discepolo et à simil ragione il pagarono Apelle, e Melantio. Per l’autorità di costui, in Sicione prima e poi in tutta la Grecia, fu ordinato, che i fanciulli nobili prima d’ogni altra cosa à disegnare apprendessero e fu l’arte del dipignere (essendo proibito a’ servi in essa esercitarsi) messa nel primo grado dell’arti liberali.
Dans :Pamphile et la peinture comme art libéral(Lien)
, p. 270-271
Fu molto lodato nel sapere in brievi dintorni racchiudere una figura. [[4:suite : Parrhasios peuple]]
Dans :Parrhasios et les contours(Lien)
, p. 37
[[4:suit Aristide de Thèbes]] E Parrasio, non dipinse il Demonio, over Genio degli Ateniesi, che si dimostrava in un medesimo tempo collerico, ingiusto, volubile, placabile, misericordioso, glorioso, humile e feroce ? Non si videro volare le pernici in Rodi sopra la colonna alla pernice dipinta da Parrasio ?
Dans :Parrhasios, Le Peuple d’Athènes(Lien)
, p. 271
Dipinse il Genio degli Ateniesi, cioè la natura del popolo in una sol figura in cui si scorgea, sicome dicono gli scrittori l’essere iracondo, placabile, superbo humile, feroce timido, vario, e stabile.
Dans :Parrhasios, Le Peuple d’Athènes(Lien)
, p. 282-283
Non voglio lasciare indietro Pausania Sicionio discepolo di quel Panfilo, che fu ancora maestro d’Apelle. Costui dicono che fu il primo che cominciasse a dipignere i palchi, e le volte, il che avanti à lui non era in uso. Dipigneva volentieri piccole tavolette entrovi fanciulli; laonde dicevano i suoi aversari lui ciò fare, perché quella maniera di lavorare era molto lunga; et egli per acquistàr nome di sollicito dipintore, sempre che gli piacque, in un sol giorno dipinse la figura d’un fanciullo, la quale fu poi chiamata l’opera d’un sol giorno.
Amò egli ardentemente nella sua giovanezza una fanciulletta che facea ghirlande di fiori per vendere e perciò introdusse nell’arte, quasi facendo con lei a gara, mille variati colori; ultimamente dipinse lei a sedere, la quale di fiori intesseva una ghirlanda, la qual tavola fu stimata di gran pregio e dall’attitudine della fanciulla, fu chiamata la ghirlanda tessente, la copia della quale di mano d’un buon maestro comperò Lucullo in Atene due talenti.
Dans :Pausias et la bouquetière Glycère(Lien)
, p. 36
La decima et ultima ragione che le statue muovano più gli affetti umani che le pitture, non consentono in alcun modo e dicono in ciò poco valere l’esempio della figura di Pimmalione e della Venere di Prasitele; percioché da cose tanto stemperate e dishoneste non si può far derivare nobiltà, né perfettione; e che quando ciò vaglia, che le pitture molto più muovono gli affetti delle sculture e che ad essi ancora non mancano gli esempi da recare in campo delle pitture, che a disconvenevoli atti amorosi hanno incitati gli huomini, sicome l’Atalanta, e la Elena dipinte ignude in Lavinio, che mossero a lascivo amore Pontio legato di Gaio imperadore, il quale ogni sforzo fece per portarnele seco.
Dans :Praxitèle, Vénus de Cnide(Lien)
, p. 263
Di marmo scolpì due Venere, una vestita e una ignuda e le mise ad un medesimo prezzo; laonde quei di Coo à cui toccava à pigliare elessero quella vestita per esser più honesta e l’altra nuda per li medesimi denari; ma per differente gloria di fama, comperarono quei di Gnido, la quale il re Nicomede tentò di comperare, offerendo di pagar tutti i debiti della città, che erano grossa somma; ma gli huomini soffersero prima di patire ogni disagio, che privarsi di così bella figura, la quale veramente nobilitò Gnido; percioche da varie parti del mondo vi concorrevono le genti, tratti dalla fama della bellezza di questa Venere, la quale era accomodata in un picciol tempio, che da tutte le bande si apriva talmente che la Dea intorno, intorno rimirar si potea e non havea parte, che a rimirarla non empiesse altrui di maraviglia: e dicono essere stata cotale la sua bellezza che un giovane essendone caldamente innamorato, nascososi una notte nel tempio, abbracciandola sfogò il suo amoroso disiderio e della sua dolcezza ne mostrò il marmo poi lungo tempo il segno.
Dans :Praxitèle, Vénus de Cnide(Lien)
, p. 280
Questa figura[[5:Ialiso.]] fu quella, che difese Rodi dal re Demetrio; percioché potendo pigliar la città da quella parte, dove era questa tavola, temendo che i soldati non l’abbruciassero, rivolse l’impeto suo altrove et in tanto gli passò l’occasione della vittoria. Durante la guerra si stava Protogene fuor della città poco lungi dalle mure in un suo poderetto sotto le forze di Demetrio, non lasciando mai d’esercitar l’arte sua; laonde chiamatolo il re gli domandò in sù che egli si fidasse à dimorare così sicuro fuor della mura; rispose perché egli sapeva che Demetrio faceva guerra a’ Rodiani e non all’arti, la qual risposta piacque molto al rè et ordinò che egli da alcuno non fosse noiato: e sovente tralasciando la cura dell’armi si prendea piacere di stare a vederlo dipignere [[4:suite : Protogène satyre]].
Dans :Protogène et Démétrios(Lien)
, p. 278-279
Era[[5:Protogene.]] tardo nell’operare, ma diligente molto e delle cose sue non bene si sodisfacea, laonde venne poscia al colmo di gloria nella pittura. Sopra tutte l’altre sue opere, fu celebrata quella del Ialiso che fu poi dedicato in Roma nel tempio della Pace e dicono che mentre egli fece tal opera non mangiò se non lupin dolci, perché a un tratto cacciano la fame e la sete, accioché non mangiando altri cibi non se gli ingrossassero i sensi : diede sopra questa figura quattro mane di colori, acciò che se col tempo ne cadesse uno vi restassero gli altri e così molto tempo dalle ingiurie del tempo si difendesse. Era in questa tavola un cane mirabilmente fato, come quello che era dall’arte e dalla sorte parimente stato dipinto. Conciosiacosaché avesse Protogene dipinto un cane che ansava et avesse benissimo, come che difficil cosa sia, espresso tal atto, nondimeno non gli riusciva a suo modo il fargli la schiuma alla bocca che da un ansante deriva e più volte si era riprovato, né mai gli pare ache naturale apparisse ; per la qual cosa sdegnato avendo la spugna in mano, alla quale aveva nettato più volte i pennelli de’ colori, la trasse in quella parte della pittura che non gli sodisfaceva, la quale percotendo nella bocca del cane, vi lasciò il segno de’ colori in forma di schiuma naturalissima e così gli venne fatto a caso quello che con istudio e con arte non aveva prima potuto fare. Dicono che egli penò sette ani a conducere a fine questa opera e che come Apelle la vide, disse con gran maraviglia che il maestro era eccellente e l’opera sua bellissima, ma che le mancava una certa grazia, la quale s’ella avesse avuta sarebbe stata immortale. [[4:suite : Protogène et Démétrios]]
Dans :Protogène, L’Ialysos (la bave du chien faite par hasard)(Lien)
, p. 280
[[4:suit Protogène Ialysos]] nel qual tempo egli fece un Satiro di maravigliosa bellezza, il quale mirava una sampogna, che haveva in mano et appoggiandosi à una colonna parea che si riposasse, dal quale atto fu chiamato Anapovamene, cioè il Satiro riposantesi e sopra alla colonna fece una quaglia tanto pronta e naturale che le vere quaglie veggendola col canto a cantare l’invitavano. [[4:suite : Apelle au banquet de Ptolémée]]
Dans :Protogène, Satyre et parergia(Lien)
, p. 271-272
Fù[[5:Parrasio.]] nondimeno, si come dicono, vinto da Timante famoso pittore nel medesimo tempo, il quale dipinse l’Ifigenia dagli autori tanto celebrata; haveva egli finto la fanciulla avanti all’altare per dover esser uccisa nel sacrificio, e molti all’intorno havea dipinti in atti dolenti à così fiero spettacolo; ma piu di tutti il zio della fanciulla; laonde avendo consumata tutta l’arte nel fare attitudini dolorose, e vegnendo à dipingere il padre di lei, ne potendo in esso far conoscere maggior dolore, gli fece coperto il capo con un lembo del mantello, quasi non potesse soffrir di vedere la morte della figliuola. Dipinse in una tavoletta un Ciclope, che dormiva, e volendo far conoscere la sua grandezza gli fece alcuni satiri intorno che con il tirso gli misuravano il dito grosso della mano.
Dans :Timanthe, Le Sacrifice d’Iphigénie et Le Cyclope (Lien)
, p. 269
[[4:suit Zeuxis richesse]] Dipinse una bellissima Penelope, la quale oltre alle membra ben composte, dimostrava pudicitia, vergogna et altri bei costumi ad honesta donna dicevoli: ancora fece un atleta ò vogliamo dir campione, in cui tanto si compiacque, che egli stesso vi scrisse sotto quel famoso verso, che diceva. Chi l’invidi ben sia, non chi l’imiti.
Dans :Zeuxis, l’Athlète(Lien)
, p. 37
Et i corbi ne’ giuochi di Claudio Pulcro non andarono à posarsi su’ tegoli dipinti nella scena pensandosi esser veri ? Gli uccelli non si calarono per beccare l’uva di Zeusi ? E le cavalle non anitrirono al cavallo dipinto da Apelle ? Che diranno gli scultori che Plinio, che scrive queste cose, dice ancora che ad alcuni cavalli di marmo e di bronzo i vivi anitrirono, esempio solo in tutte l’opere loro ; ma che risponderanno quando si mostrerà che la pittura non solo ha ingannati gli occhi degli animali, ma degli huomini ancora, et huomini nell’arte eccellentissimi ? Come quando Zeusi famoso pittore ingannato dai colori, e dall’ombre, comandò che si levasse via il telo dipinto da Parrasio, per vedere la pittura, che sotto quello nasconder si pensava.
Dans :Zeuxis et Parrhasios : les raisins et le rideau(Lien)
, p. 270
Dipinse ancora di bianco solamente altre figure molto lodate e un fanciullo, che portava dell’uve, alle quali essendeo volati gli uccelli, Zeusi seco stesso si adirava, dicendo, s’io havessi ben dipinto il fanciullo, gli uccelli di lui temendo, non volerebbono all’uve. [...] Nel medesimo tempo, e suo concorrente fu Parrasio d’Efeso città d’Asia, il quale, secondo che si dice, fece à dipignere à concorrenza con Zeusi, et il vinse. Percioche havendo Zeusi, dipinto uve tanto naturali che gli uccelli vi volavano, egli[[5:Parrasio.]] addusse un lenzuolo dipinto in una tavola, come se fosse stato una tela, che coprisse la pittura, et era fatto con tant’arte, che Zeusi credendolo vero, disse che si togliesse via il lenzuolo, acciò si potesse vedere la pittura, ma accortosi dell’inganno, tinto di nobil vergogna, si chiamò perdente.
Dans :Zeuxis et Parrhasios : les raisins et le rideau(Lien)
, p. 269-270
Questi dovendo fare una figura a’ Crotoniati per mettere nel tempio di Giunone, volle vedere ignude le più belle fanciulle della città, delle quali ne scelse cinque le meglio formate, e togliendo da ciascuna le più belle parti, ne venne a formare la sua bellissima imagine.
Dans :Zeuxis, Hélène et les cinq vierges de Crotone(Lien)
, p. 269
Fu dopo Zeusi famosissimo pittore, il quale con l’arte sua acquistò grandissime richezze; laonde per gloria e per esser da ciascuno conosciuto, andando in Olimpia à veder le feste publiche, dove concorrea la maggior parte della Grecia, portava scritto sopra il mantello in lettere d’oro il nome suo. Estimando non si dover trovar prezzo, che l’opere sue pagar potesse, si mise in animo non di venderle, ma di donarle; e perciò al comune di Gergento donò un Atalanta et ad Alessandro re, Pane dio de’ pastori.
Dans :Zeuxis et la richesse(Lien)