Type de texte | source |
---|---|
Titre | Lezzione. Nella quale si disputa della maggioranza delle arti e qual sia più nobile, la scultura o la pittura, fatta da lui publicamente sulla Accademia Fiorentina la terza domenica di Quaresima, l’anno 1546. In Due lezzioni, di M. Benedetto Varchi, sulla prima delle quali si dichiara un sonetto di M. Michelangelo Buonarroti. Nella seconda si disputa quale sia più nobile arte, la scultura o la pittura, con una lettera d’esso Michelagnolo e più altri eccellentissimi pittori e scultori sopra la questione sopradetta |
Auteurs | Varchi, Benedetto |
Date de rédaction | |
Date de publication originale | 1549 |
Titre traduit | |
Auteurs de la traduction | |
Date de traduction | |
Date d'édition moderne ou de réédition | 1960 |
Editeur moderne | Barocchi, Paola |
Date de reprint |
, p. 37-42
Argomento ancora, la pittura essere molto più universale, cioè potere imitare la natura in tutte le cose ; percioché, oltre il potere contrafare tutti gli animali e tutte l’altre cose che si possono toccare, fanno ancora[[5:i pittori.]]tutte quelle che si possono vedere, alle quali non aggiugne la scultura : onde Plinio diceva d’Apelle, ch’egli aveva dipinte quelle cose che non si potevano dipignere, cioè i tuoni, baleni e saette. Fanno ancora fuochi, lumi, aria, fumi, fiati, nugoli, riverberi e altre infinite apparenze, come sarebbe l’apparire del sole, l’aurora, la notte, i colori dell’acque, le piume degli uccelli, i capelli e peli dell’uomo e di tutti gli animali, sudori, spume et altre cose, che non possono fare gli scultori. [...] La pittura fa scorciare una figura, le fa parere tonde e rilevate in un campo piano, facendolo sfondare e parere lontano con tutte le apparenze e vaghezze che si possono disiderare [...] et insomma dicono che fanno parere quello che non è : nella qual cosa si ricerca fatica et artificio infinito. [...] Al che aggiungendo che al dipintore è neccessario la prospettiva per gli scorti delle figure, de’ casamenti, delle città e dei paesi, la quale consiste nella forza di linee misurate, di colori, di lumi et d’ombre, onde nascono cose maravigliose e quasi sopranaturali. [...] Poì soggiungono che la pittura è, come noi diremmo, sofistica, cioè apparente e non vera, non altramente quasi che si vedono le figure negli specchi ; conciossia che quelle cose che appariscono nella pittura, non vi sono in verità, il che non avviene nella scultura. E che questo sia vero nollo negano i pittori medesimi ; onde, se i pittori imitano le medesime cose che gli scultori con più cose, cioè colle figure e co’ colori, e gli scultori colle figure sole, l’imitano però più veramente e più naturalmente.
Dans :Apelle et l’irreprésentable(Lien)
, p. 30
Credono alcuni che il detto d’Agatone si debba intendere e riferire per quei pittori i quali, non possendo fare alcuna cosa con l’arte, la fecero a caso, non pensando di farla, come si legge, et in Plinio et in Valerio Massimo, di Nealce, che, non potendo contraffare la spuma d’un cavallo, gittata via stizzosamente la spugna e colto a punto il cavallo nella bocca, fece quello a sorte, senza pensarvi, che non avea potuto fare, pensando, coll’ industria.
Dans :Protogène, L’Ialysos (la bave du chien faite par hasard)(Lien)
, p. 38
Ma che ci devemo maravigliare degli animali bruti, se gli uomini medesimi, anzi i medesimi pittori eccellentissimi, rimangono ingannati dalla pittura? Come avvenne quando, contendendo Zeusi con Parasio, non conobbe un telo dipinto, giudicandolo vero e comandando che si levasse, per poter vedere la figura che egli credeva che vi fusse sotto. E di simili essempi hanno avuti pure assai i tempi nostri, come ultimamente nel ritratto di mano di M. Tiziano di papa Pagolo terzo.
Dans :Zeuxis et Parrhasios : les raisins et le rideau(Lien)
, p. 46
E concederebbero che imitano bene più, cioè in più cose, la natura, ma non già meglio, cioè più perfettamente, come si disse di sopra. Et all’uve d’Apelle et ai cani che abbaiarono a’ cani dipinti, et a tutti gli altri essempi antichi e moderni risponderebbero prima il medesimo, il che è maggior cosa, essere avvenuto alle sculture, onde il medesimo Plinio, che raconta degli uccelli e de’ cani, racconta ancora nel medesimo luogo de’ cavalli che anitrirono a’ cavalli di marmo e di bronzo. Ma che più ? Non dice egli che gli uomini medesimi si sono innamorati delle statue di marmo, come avvenne alla Venere di Prassitele ? Benché questo stesso avviene ancora oggi tutto il giorno nella Venere che disegnò Michelagnolo a M. Bartolomeo Berrini, colorita di mano di M. Iacopo Puntormo.
Dans :Zeuxis et Parrhasios : les raisins et le rideau(Lien)
, p. 37
Dicono dunche che i pittori grandi furono sempre in grande onore appresso i grandi principi, come ebbe Alessandro il grande Apelle, e le tavole loro furono pagate grandissimi pregi e stimate tanto, sì da’ pittori medesimi, che vollero piuttosto donarle, alcuni di loro, che riceverne prezzo, giudicandole maggiori di qualunche pregio, e sì da l’altri uomini grandi, che, per non guastarne una, s’astennero di pigliare le città intere intere.
Dans :Zeuxis et la richesse(Lien)