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TitreIn che siano simili e in che differenti i poeti e i pittori. Terza disputa della lezione della maggioranza delle arti
AuteursVarchi, Benedetto
Date de rédaction1547
Date de publication originale
Titre traduit
Auteurs de la traduction
Date de traduction
Date d'édition moderne ou de réédition1962
Editeur moderneBarocchi, Paola
Date de reprint 

, p. 55-56

E per dichiarare più ampiamente questa materia, devemo sapere che i dipintori, se bene nel ritrarre dal naturale debbono imitare la natura e sprimere il vero quanto più sanno, possono nondimeno, anzi debbono, come ancora i poeti, usare alcuna discrezione ; onde fu molto lodata la prudenza d’Apelle, il quale, dovendo ritrarre Antigono, che era cieco da uno occhio, diede tal sito alla figura, che ascose quell’occhio di maniera che non si poteva vedere ; la qual cosa non arebbe potuto fare uno scultore in tutto rilievo. E quelli che dipinsero Pericle, perché egli aveva il capo aguzzo e, come noi diciamo, alla genovese, lo dipingevano coll’elmetto in testa, il che arebbero potuto fare gli scultori medesimamente.

Dans :Apelle, le portrait d’Antigone(Lien)

, p. 56-57

Sono ancora molte altre somiglianze fra i poeti et i pittori ; et io per me, come non ho dubbio nessuno che l’essere pittore giovi grandissimamente alla poesia, così tengo per fermo giovi infinitamente a’ pittori, onde si racconta che Zeusi, che fu tanto eccellente, faceva le donne grandi e forzose, seguitando in ciò Omero, e Plinio racconta che Apelle dipinse in modo Diana fra un coro di vergini che sacrificavano, ch’egli vinse i versi d’Omero che scrivevano questo medesimo.

Dans :Apelle, Diane(Lien)

, p. 46

E se Alessandro amò grandemente e beneficò Apelle, comandando che niuno il ritraesse, eccetto lui, devemo credere che facesse il medesimo, come testifica il Petrarca, ancora di Pirgotele e di Lisippo.

Dans :Apelle et Alexandre(Lien)

, p. 56

Hanno i pittori e gli scultori, come disce Cicero, ancora questo comune coi poeti buoni, che propongono l’opere loro in publico, accioché, inteso il giudizio universale, possano amendarle, dove fussero ripresi dai più. Onde Apelle, stando dietro le sue opere per interdere quello se ne diceva, racconciò non so che in una scarpa, avendo inteso dove un calzolaio l’aveva biasimata, il quale poi, preso da questo maggiore ardire, lo biasimò ancora in una gamba, ma gli fu risposto da Apelle (il che andò poi in proverbio) : « Non giudichi un calzolaio più su che le scarpette ».

Dans :Apelle et le cordonnier(Lien)

, p. 56

I dipintori, se bene nel ritrarre dal naturale debbono imitare la natura e esprimere il vero quanto più sanno, possono nondimeno, anzo debbono, come ancora i poeti, usare alcuna discrezione [...]. Fu ancora lodata grandemente l’industria et accortezza di Timante, il quale, avendo nel sacrificio d’Efigenia dipinto Calcante mesto, Ulisse doloroso, Aiace che gridava, Menelao che si disperava, e dovendo dipingere Agamennone che vincesse di tristizia e di passione tutti costoro, come padre di lei, lo fece col capo turato ; benché mostro in questo, come riferisce Valerio Massimo, che l’arte non può aggiugnere alla natura, perché potette ben dipignere le lagrime dell’aruspice, il dolor degli amici, il pianto del fratello, ma non già l’affetto del padre.

Dans :Timanthe, Le Sacrifice d’Iphigénie et Le Cyclope (Lien)