Type de texte | source |
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Titre | Pensieri diversi, libri dieci |
Auteurs | Tassoni, Alessandro |
Date de rédaction | |
Date de publication originale | 1620 |
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Editeur moderne | |
Date de reprint | Rééd. Pensieri diversi, corretti, ampliati, e arrichiti per tutto dall’autore di nuove curiosità, 1665, libro X, cap. XIX, « Statue, e pitture antiche e moderni ». |
, « Statue, e pitture antiche e moderni » (numéro libro X, cap. XIX) , p. 387
Egli fu il primo, che ritrovasse la vernice, che si da alla pittura, e la maniera del tirarre in profilo, avendo così ritratto il Re Antigono guercio da un’occhio per occultar quella parte.
Dans :Apelle, le portrait d’Antigone(Lien)
, « Statue, e pitture antiche e moderni » (numéro libro X, cap. XIX) , p. 387
Con lui[[5:Apelle.]] da prima contese Protogene anch’egli famoso di quella età, e dura ancora la memoria di quella tavola loro dipinta solamente d’alcune sottilissime linee, che tirarono a concorrenza; ma divennero poscia amici stretissimi. [[4:suite Apelle mourants]]
Dans :Apelle et Protogène : le concours de la ligne(Lien)
, « Statue, e pitture antiche e moderni » (numéro libro X, cap. XIX) , p. 387
Ma di tutti quest’eccellenza dell’arte, e’l favor d’Alessandro Macedone fecero Apelle più inominato, e famoso, la pulitezza, e grazia delle cui pitture niuno antico agguagliò. [[4:suite Apelle et Protogène]]
Dans :Apelle supérieur par la grâce(Lien)
, « Statue, e pitture antiche e moderni » (numéro libro X, cap. XIX) , p. 388
[[8:voir aussi fortune de Pline]] E i folgori, e il lampi, e i baleni, e i raggi del sole, che Apelle dipignea per cose impossibili, non danno punto che fare a i nostri pittori ordinarii, i quali si burlano parimente del lustro, e della vernice, che si da alle pitture.
Dans :Apelle et l’irreprésentable(Lien)
, « Statue, e pitture antiche e moderni » (numéro libro X, cap. XIX) , p. 387
Fu avuta per cosa maravigliosa in Apelle, ch’egli ritraesse dal naturale gli atti, e gli affetti di coloro che muoiono.
Dans :Apelle et les mourants(Lien)
, « Statue, e pitture antiche e moderni » (numéro libro X, cap. XIX) , p. 387-388
Pero passiamo a’nostri moderni, tra quali otto ne sceglieremo ancor noi, che se la Grecia gli avesse avuti, son sicurissimo che avrebbe composti otto volumi di romanzi di più. Saranno questi Tiziano, Rafaello da Urbino, Michelagnolo Buonaroti, Andrea del Sarto, il Parmigianino, Antonio da Coreggio, Alberto Duro e Leonardo da Vinci. Questi non furono inventori di far bocche aperte, che mostrino i denti, ne occhi che mirino in tutte le parti, percioché questo sono leggerissime cose. E i folgori, e il lampi, e i baleni, e i raggi del sole, che Apelle dipignea per cose impossibili, non danno punto che fare a i nostri pittori ordinarii, i quali si burlano parimente del lustro, e della vernice, che si da alle pitture. Che Apollodoro facesse bene un ritratto, le donne della nostra età non gli cedono, perché in questa parte Lavinia Fontana è stata eccellentissima. Che Zeusi rappresentasse uva matura naturalissima, anche i nostri moderni il sanno fare, e in tutte le sorti di frutti; ma he volassero uccelli a beccarla nel teatro pieno di gente, o che Parrasio suo emulo dipignesse così al vivo una pernice, che le pernici vere in mirarla cantassero, sono greche romanzerie, perché gli uccelli non volano ne anco a beccar l’uva vera quando veggono gente, e le pernici non cantano ne anco a veder le vere, se non vanno in amore.
Dans :Fortune de Pline(Lien)
, « Statue, e pitture antiche e moderni » (numéro libro X, cap. XIX) , p. 388
[[8:voir aussi Zeuxis et Parrhasios]] Che Zeusi rappresentasse uva matura naturalissima, anche i nostri moderni il sanno fare, e in tutte le sorti di frutti; ma he volassero uccelli a beccarla nel teatro pieno di gente, o che Parrasio suo emulo dipignesse così al vivo una pernice, che le pernici vere in mirarla cantassero, sono greche romanzerie, perché gli uccelli non volano ne anco a beccar l’uva vera quando veggono gente, e le pernici non cantano ne anco a veder le vere, se non vanno in amore.
Dans :Protogène, Satyre et parergia(Lien)
, « Statue, e pitture antiche e moderni » (numéro libro X, cap. XIX) , p. 386-387
Parrasio fu avanzato da Timante, quegli che nel sacrificio d’Ifigenia dipinse, fra l’altra gente mesta, il padre suo Agamennone con la faccia coperta da un lembo della vesta. La quale invenzione fu poi celebrata tanto dalla vanità greca, ne so perché; essendo tal atto naturalissimo, e solito di qualunque padre, che si ritrovi in tal accidente, cioè di coprirsi la faccia, per non vedere così orrendo spettacolo dell’uccisione della figliuola, e per coprirle le lagrime. E’l poeta Euripide anch’egli, che morì pochi anni dopo Timante, nell’Ifigenia così descrisse.
Puellam euntem ad vemus, ut interficeretur,
Ingemuit, et iterum vertens caput,
Emisit lachrymas ex oculis, veste tengens eos etc.
Fu Timante nel giudicio superiore a tutti gli altri di quel secolo, e per questa eccellenza fu mirabilmente lodata una sua pittura di Polifemo, che dormiva, la quale perché era in un quadro piccolo, egli per significare le smisurata grandezza del Ciclope, gli dipinse accanto un satiretto, che con un suo tirso gli misurava un dito d’una mano.
Dans :Timanthe, Le Sacrifice d’Iphigénie et Le Cyclope (Lien)
, « Statue, e pitture antiche e moderni » (numéro libro X, cap. XIX) , p. 388
Che Timante industriosamente significasse la grandezza del Ciclope col tirso del satiretto, non fu gran cosa. E i nostri la saprebbono rappresentare ancor essi, con altri mezzi, il qual si voglia picciolissimo campo. Non biasimo però l’accortezza di Timante in rappresentare al discorso quello, che l’occhio non può vedere: che così fanno anco i nostri moderni, quando a rappresentar la grandezza delle balene, fingono che i pescatori vi salgano sopra con una scala: ma queste non sono cose, che quanto alla pittura levino della schiera comune; perché nonostante quello, si può dipinger male quello, che si dipinge. Oltre che non sempre quegli antichi famosi ebbero ne anch’essi il giudizio, che conveniva; imperoche quella pernice di Parrasio tanto celebre essendo dipinta sopra d’una colonna, non era in luogo, dove naturalmente sogliano volar le pernici. Ed era il medesimo, che s’egli avesse dipinta un’oca sopra d’un pino, o una gallina in mare: così non l’avrebbono dipinta il Caravaggio, e’l Bassano, a’quali nel dipignere al vivo qual si voglia animale, cede l’età moderna, e l’antica.
Dans :Timanthe, Le Sacrifice d’Iphigénie et Le Cyclope (Lien)
, « Statue, e pitture antiche e moderni » (numéro libro X, cap. XIX) , p. 386
Di Zeusi fu concorrente Parrasio, e in un desfida, che fecero, dicono gli scrittori, che Zeusi dipinse certi grapoli d’uva così naturalmente, che alcuni uccelli volarono nel teatro a beccarli, dove era concorso il popolo. Ma Parrasio dipinse un lenzuolo bianco, che copriva un quadro, con tanta industria, che’l medesimo Zeusi ingannato disse, che si levasse, e si scoprisse la pittura ; indi accortosi dell’errore, restò di vergogna confuso, e si chiamò vinto.
Dans :Zeuxis et Parrhasios : les raisins et le rideau(Lien)
, p. 388
[[8:voir aussi fortune de Pline]] Che Zeusi rappresentasse uva matura naturalissima, anche i nostri moderni il sanno fare, e in tutte le sorti di frutti; ma he volassero uccelli a beccarla nel teatro pieno di gente, o che Parrasio suo emulo dipignesse così al vivo una pernice, che le pernici vere in mirarla cantassero, sono greche romanzerie, perché gli uccelli non volano ne anco a beccar l’uva vera quando veggono gente, e le pernici non cantano ne anco a veder le vere, se non vanno in amore.
Dans :Zeuxis et Parrhasios : les raisins et le rideau(Lien)
, « Statue, e pitture antiche e moderni » (numéro libro X, cap. XIX) , p. 386
Questi fù colui, che chiamato da gli Agrigentini, o come hanno altri voluto da i Protoniati (sic), a fare il ritratto di Giunone, il copio dalle fattezze più belle di cinque vergini da loro elette fra un numero infinito, che ne vide d’ignude.
Dans :Zeuxis, Hélène et les cinq vierges de Crotone(Lien)