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Titre | Discorso di Bartolomeo Maranta all’Ill.mo Sig. Ferrante Carrafa marchese di Santo Lucido in materia di pittura, nel quale si difende il quadro della cappella del Sig. Cosmo Pinelli, fatto per Tiziano, da alcune opposizioni fattegli da alcune persone [Biblioteca Nazionale di Napoli, ms. II c. 5] |
Auteurs | Maranta, Bartolomeo |
Date de rédaction | (1571) |
Date de publication originale | |
Titre traduit | |
Auteurs de la traduction | |
Date de traduction | |
Date d'édition moderne ou de réédition | 1971 |
Editeur moderne | Barocchi, Paola |
Date de reprint |
, p. 891
Dal che si vede ancora chiaramente quanto sia maggior artificio il nascondere alle volte i membri che il non mostrarli. Questa fu invenzione di Apelle, di nascondere le brutture et i vizii della persona o de’ gesti, percioché ritrasse dal naturale Antigono re, il quale era privo di uno occhio. Ma egli il dipinse in profilo a uso di medaglia e mostrò solo la parte dell’occhio sano, nascondendo il cieco, acciò paresse che quello che mancava per difetto del vivo paresse che fusse nascosto per ragion della pittura.
Dans :Apelle, le portrait d’Antigone(Lien)
, p. 879
Era la terza cosa[[5:necessaria alla pittura.]] la vivacità del colore. Veggonsi i lumi e le ombre di quell’angelo così attamente poste che danno meravigliosa vivacità all’opera per la rassembranza che hanno le parti ignude con la carnatura umana, e parimenti le vestite con li panni naturali. Talmente che, non già colori o pur tela colorita par vedere, ma veri e vivi membri umani, verissimi e naturalissimi panni. E, quel che pochi ponno asseguire, sono i colori svegliati e vivi, ma non tanto lucenti che offendano la vista; della qual cosa solo si gloriò a’ suoi tempi Apelle, il quale, dopo avere finita ciascuna sua opera, quella con una certa tintura nera dolcemente copriva per affievolire i colori troppo lucidi et eccitare gli smorti, oltre che da niuno fu mai saputo imitare.
Dans :Apelle, atramentum(Lien)
, p. 884
Vi furono eziandio degli altri, co’ quali postosi a gara a dipignere un cavallo, fu il suo così meraviglioso, che ad esso solo i cavalli annitrirono.
Dans :Apelle, le Cheval(Lien)
, p. 884
E quando io volesse far comparazione di Tiziano con alcuno degli antichi, non saprei a chi meglio somigliarlo che ad Apelle, percioché l’uno e l’altro fu felicissimo nel ritrarre dal naturale i viventi. E fu così proprio ad Apelle, che Alessandro Magno vietò per publico editto che niuno altro le potesse ritrarre, ancorché in quel tempo fussino valentissimi uomini, come Protogene, Asclepiodoro, Angione, Aristide, di chi si legge che Attalo re comprò un quadro, dove era dipinto il padre Libero, seimila serterzii.
Dans :Apelle et Alexandre(Lien)
, p. 865
Et essendo la fama di Tiziano conosciuta non solo per la Italia, ma per tutto il mondo, non doviamo noi, che della sua professione non siamo così dotti, riprenderlo se prima non facciamo diligentissima considerazione e muoviamo i nostri dubbi a persone di ciò intelligenti, accioché non si dica a noi quello che Apelle disse a quel cazolaio : che egli non dovea impacciarsi oltre la scarpetta.
Dans :Apelle et le cordonnier(Lien)
, p. 883
E negli viventi si ragiona con grazia, si camina con grazia, si guarda, si ride, si mangia, si bee, si dorme, si muore, et insomma tutti i movimenti si possono fare con una certa leggiadria che addolscice gli occhi de’ riguardanti. Et è ciò di tanto momento che da questo solo acquistò Apelle particolar gloria e vinse tutti gli altri famosissimi pittori, del che egli stesso se ne solea vantare dicendo che le opere di quei famosi pittori del suo tempo erano degne da ammirarsi e da lodarsi assai, ma mancava loro poi quella venere e quella grazia di che abbiamo parlato, et in questo si gloriava di non trovar pari, ancorché nelle altre cose confessava di esser pareggiato e forse anco avanzato.
Dans :Apelle supérieur par la grâce(Lien)
, p. 883
[[4:suit Apelle grâce]] Et è ciò di tanto momento che da questo solo acquistò Apelle particolar gloria e vinse tutti gli altri famosissimi pittori, del che egli stesso se ne solea vantare dicendo che le opere di quei famosi pittori del suo tempo erano degne da ammirarsi e da lodarsi assai, ma mancava loro poi quella venere e quella grazia di che abbiamo parlato, et in questo si gloriava di non trovar pari, ancorché nelle altre cose confessava di esser pareggiato e forse anco avanzato. Anzi invero egli cedeva nella disposizione ad Anfione e nella proporzione ad Asclepiodoro e nella diligenza a Protogene, ancora che in costui fosse ripreso quella soverchia diligenza, dicendosi che non sapea levare la mano dalla tavola.
Dans :Apelle et la nimia diligentia(Lien)
, p. 868
La qual pittura non sarà vera imitazione, ma finta, accettata però per vera, perché migliore non si può fare. Come è la imagine della Guerra, o vogliamo dire la idea, la quale era un uomo ferocissimo con le mani legate dietro le spalle ; descrissela Virgilio aggiugnendovi la bocca sanguinosa e cento catene che li strignevano le mani di dietro con cento nodi, e facendola tutta terribile e fiera, sedente sopra molte armi offensive. Aristide fu il primo che dipinse l’animo e i cinque sensi, cosa certo assai difficile a imaginarsi, non che a farsi, ma come li si facesse non ritrovo io scritto ; e quando altri volesse far questa pruova, potrebbe sicuramente farlo a suo modo e di nuovo fingere la pittura, per non ve ne essere altra per inanzi accettata.
Dans :Aristide de Thèbes : la mère mourante, le malade(Lien)
, p. 872
Parimente per cosa assai rara e di bel soggetto fu la Ifigenia posta al sacrificio, dipinta da Timante ; il quale avendo con diverse effigie di mestizia dipinti tutti i circostanti e per voler mostrar maggior dolore nel padre, il dipinse col viso velato, volendo che ’l pianto suo s’intendesse più che non si mostrasse. Quelli adunque che in tutte le loro pitture si sforzano di mostrare tutto il volto, dimostrano di aver poco animo e, mentre che han paura di non inciampare, si cautelano solo con lo astenersi di non errare. Ma questi, se bene fuggono la colpa, non per questo meritano laude. Et in questo pensiero fu sempre il Pistoia, pittore de’ nostri tempi, il quale fu stimato per uomo raro dal volgo, per aver solo una certa vaghezza nel colorire. Ma nelle sue pitture non vi s’intendea più di quello che mostrava, e di loro potean ugualmente dar giudizio il volgo e gli artefici ; e, veduta una volta, una sua opera non lasciava desiderare alcuno di ritornarvi, non altrimenti che fanno quali che con empir una volta ben bene il corpo di qualche cibo, l’hanno dopo per lungo tempo in abominazione. E fu di bell’arte eziandio appresso l’Ariosto il finire i suoi canti con lasciar il lettore sempre con desiderio di leggere appresso.
Dans :Timanthe, Le Sacrifice d’Iphigénie et Le Cyclope (Lien)