Type de texte | source |
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Titre | Felsina pittrice |
Auteurs | Malvasia, Giulio Cesare |
Date de rédaction | |
Date de publication originale | 1678 |
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Date de reprint | rééd. Giampietro Zanotti, Bologne, Tipografia Guidi all’ Ancora, 1841, 2 volumes. |
, t. I, p. 334-335
Di qui vennero quelle paramosche o ventagli curiosi, quattro de’quali fatti nell’ore più calde […]. Di quì que’ biribissi, que’ pelachiù, quell’oche disegnate con sì spiritose figurette e di acquarelle di colori miniate non solo, ma que’ nuovi giuochi, che a simiglianza de’ sudetti e più giudiziosi ancora, ritrovò Agostino, donandole a dame e ad amici. Di qui quegli enimmi, o divinarelli pittorici, che furono fra essi così frequenti e che in poche linee o segni gran cosa racchiudevvano e rivelavano […]. Di quì trassero il principio quelle caricature tanto gustose, delle quali (ancorché la maggior parte da loro stessi e da’ medemi caricati lacere e guaste) tante se ne vedono sparse, oltre le raccolte fattene in libri interi, come quello in Roma del sig. Lelio Orsino ; mentre quanti capitavano nella stanza, parenti, amici, indifferenti, ci andassero o per istudiare, o per commettere opre, o per vederne, o per passatempo, non andavano esenti osservando in ciascuno subito, senza darlo a vedere, o qualche parte riguardevole per approfitarsene, o difettuosa per ridersene ; applicando i loro lineamenti e le fisionomie, non solo a quegli animali a’ quali s’assomigliavano, come a cani, a porci, a somari, ma a cose ancora inanimate, ad uno sgabello, per esempio, ad un orcio, a una gramola da pane e simili. […] Giulini, che così l’origine di esse, il modo con che le ottenne e la cagione perché stampolle ci descrisse : Occupato (dic’egli) Annibale nelle opere più grandi di molto studio e fatica, egli prendeva il suo riposo e ricreazione dall’istesso operare della sua professione, disegnando o dipingendo qualche cosa, come per ischerzo ; e tra le molte, che in tal maniera operò, postosi a disegnare con la penna l’effigie del volto degli artisti e che per la città di Bologna, patria di lui, vanno vedendo e facendo varie cose, egli arivò a disegnarne sino al numero di settantacinque figure intere, in modo che ne fù formato un libro, il quale per alcun tempo, che il maestro se lo tenne presso di se, fù riputato da’ suoi discepoli un esemplare ripieno d’insegnamenti dell’arte utilissimi per loro, e del continuo diligentemente di approfittarsene si studiarono.
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, "Lodovico, Agostino et Annibale Carracci" (numéro Parte terza) , t. I, p. 447-448
Nel capitolo della nostra cathedrale[[6:Malvasia évoque un tableau de Ludovic Carrache placé dans le chapitre de la cathédrale de Bologne, Saint Pierre en larmes devant la Vierge.]], il nuovo capriccio di quel S. Pietro che in compania degli apostoli si genuflette a passar ufficio di consoglienza per la morte del suo Maestro e Signore, con la SS. Vergine Madre ; e dove, dopo averci fatto vedere il detto S. Pietro sì amaramente al solito piangere, la gran Madre del morto Redentore sì addolorata, gli apostoli così lagrimosi, non sapendo come più e meglio rappresentare una sì sterminata maestizia nell’altra Maria, la finse ricopertasi tutto il volto col manto, piangervi sotto ; siccome Timante finse il volto velato ad Agamemnone, per non saperlo far piangere più degli altri (ciò dovendosi a lui come a Padre) la figliuola Ifigenia, vittima già destinata alla mannaia sul altare, e simili che si lasciano, come più proporzionato oggetto alla fortunata vista dei dotti spettatori che all’imperita mia riflessione.
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, t. II, p. 405
Dirò, che questa sottilissima olanda (sic), che veste la nudità della tavola, e che è così vera, che Zeusi, scordatosi le risa dell’emulo Parrasio, diria si levasse, e così nobilmente ordita dal disegno e tessuta dal colorito, che solo potria servir di tele al mostruoso ingegno per nuovi lavori, o più tosto di superbissima corina per degno riguardo de’già fatti.
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, parte terza, « Lodoviso, Agostino et Annibale Carracci », 385
Che vedutesi, che consideratesi le opre più famose del Tentoretto, di Paolo Veronese, e simili da lui date all estampe, e fattone il riscontro da intelligenti, et il paraggio co’gli originali, da’ quali ricavate avevale, s’era trattato di proporre, e far nascere un decreto, o passare, come cola dicono, una parte simile a quell’editto del grand’Alessandro, che altri che Apelle ritrar nol dovesse.
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