Type de texte | source |
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Titre | Degli errori e degli abusi de’ pittori circa l’istorie |
Auteurs | Gilio, Giovanni Andrea |
Date de rédaction | |
Date de publication originale | 1564 |
Titre traduit | |
Auteurs de la traduction | |
Date de traduction | |
Date d'édition moderne ou de réédition | 1961 |
Editeur moderne | Barocchi, Paola |
Date de reprint | in Trattati d’arte del Cinquecento, Bari, Laterza, tome II, p. 1-116. |
, p. 78
In questi casi dunque io lodo la finzione e anco coloro che l’usano e con qualche bella finzione celano le parti vergognose a le loro figure e spezialmente a le sacre ; imitando Apelle, il quale, dipingendo l’immagine de lo re Antigono cieco da un occhio, lo fece in profilo, che solo mostrava la parte sana, occultandoli la maculata. E non vale a dire : « Sono uomini dipinti », perché anco le pitture edificano e scandelezzano.
Dans :Apelle, le portrait d’Antigone(Lien)
, p. 22
[[4:suit Ludius]] : In queste cose sarà la licenza del pittore : se vorrà anco dipingere il giorno, la notte, il cielo sereno o pieno di nuvoli, il sole, la luna, le stelle, il mare, i fiumi, i laghi, i fonti, chi peschi, chi nuoti ne l’acqua, chi faccia una cosa e chi un’altra. Apelle fu il primo che dipinse le piogge, le tempeste, i folgori, i tuoni, le grandini e le nevi. Pirreico fu il primo che finse ne le città gli artefici d’ogni sorte, le botteghe piene di mercanzia, e simil altre cose. Si puo questa licenza stendere ancora ne’ giuochi de’ fanciulli, il che vagamente si vede ne’ pannetti d’oro de la sala de la publica audienza del Papa, e nel palazzo de la vigna di Papa Giulio, e nel palazzo del Ghisi in Trastevere. Non mancano ai belli ingegni belle e garbate finzioni ; il fatto sta a saperle bene ordinare.
Dans :Apelle et l’irreprésentable(Lien)
, p. 42
Non sarebbe tanto difficile a mostrare le parti tanto sostanziali, quando uno considererà che Apelle tentò mostrare cose difficilissime e non più da altri tentate, come i fulgori, i tuoni, i baleni, le nevi, le grandini, le pioggie et altre cose tali. [[4:suite : Parrhasios Peuple]]
Dans :Apelle et l’irreprésentable(Lien)
, p. 107
Ottaviano Augusto dedicò al tempio di Cesare suo padre la famosa Venere che usciva del mare, opera d’Apelle ; la quelle, come vol Plinio non trovò mai pare.
Dans :Apelle, Vénus anadyomène
(Lien)
, p. 28
Che si possano esprimere quei gesti, di modo che uno, quantunque ignorante, lo sappia conoscere, lo dimostrano le figure degli antichi e di molti moderni pittori. Come si legge che Aristide Tebano (benché l’opere sue avessero del crudo) nel dipingere la ruina de la sua patria aveva fatto un fanciullo che poppava, e la madre, avendo ricevuta una ferita ne la poppa, pareva che temesse che il fanciullo, mancando il latte, non succhiasse il sangue ; onde faceva un atto sì pietoso e pieno di cordoglio, che Alessandro Magno, come cosa rara, mandò quella tavola per memoria di sì degna opera a Pella, sua patria. Questo medesimo pittore dipinse ancora un amalato tanto naturale, che pareva che, languendo, dimostrasse ne la faccia la gravezza de’ suoi dolori e i travagli del suo male. Ma che vo io mendicando gli esempi degli antichi, avendone in Roma tanti di Michelagnolo e di Raffaello da Urbino ? Il quale ne la Trasfigurazione ch’ora si vede in San Pietro Montorio dipinse un vecchio che mena il figliuolo indemoniato agli apostoli, che par proprio che condurre nol possa e dimostra ne la faccia e negli atti la pena grande che ha del male del suo figliuolo ; et il fanciullo con atto sforzato, con la gola gonfia, con le mani storte, come soglione fare i vessati da simil male, par che refiuti gire agli apostoli. Che diremo del San Paolo abbarbagliato di Michelagnolo ? non par egli che dimostri l’estasi, il terrore, lo stupore e l’essere fuor di sé, per il grande accidente che occorso gli era ?
Dans :Aristide de Thèbes : la mère mourante, le malade(Lien)
, p. 18-19
Però queste tali figure finte e favolose sono dilettevoli. E, dato che dagli antichi fussero anco usati quei termini che voi dire, et altre favolose finzioni, nondimeno Vitruvio si duole, e ne suspira, che gli uomini, che doverebbono esser veri imitarori de la natura, abbino auto ardire a dedurre in regola quelle cose che ella non può fare e che in verun modo possono essere né vere né verisimili. Onde Orazio, acciò gli uomini capricciosi non abusassero la poetica licenza di sopra concessa, né si beccassero il cervello in cose vane e fuora del naturale ordine, soggionse ai versi detti di sopra :
Lo sappiamo ancor noi e diamo spesso
Questa licenza ad altri e per noi stessi
La dimandiamo; non ch’i mansueti
Animali si congiungan coi feroci
E con gli augelli gli orridi serpenti
S’accompagnino, e i tigri con gli agnelli.
Perché molte cose mostruose e contra i veri precetti sono state introdotte da l’ignoranza de’ pittori. E, se bene consideriamo il precetto d’Orazio, troveremo che esso comanda che in tutte le cose si deggia servare l’ordine de la natura, e tutto quello che può cadere sotto ben regolata poesia è concesso al pittore et al poeta ; il che potiamo con l’esempio de’ moderni pittori considerare, non avendo esempio degli antichi : e ciò ne le loggie del palazzo del Papa dai moderni fatte. Ne la prima vediamo dipinte ogni sorte di grottesche, et ogni sorte di fiori che possono far vaga con verdura una loggia, con bellissimo ordine distinti ; non però tra quelle verdure vi si vede dipinta cosa repugnante a la natura, come che i gesmini produchino le rose, gli aranci i pruni, et altre cose tali. Oh come si riderebbe di quello che, come dice Orazio, dipingesse ne le selve i delfini e ne l’onde del mare i porci, per l’aria il pesce e per l’onde gli uccelli ! Se di queste ne rideremmo, perché non ci vogliamo ridere dei mostri, ch’abbiamo detto che non sono né possono essere ? Però, quando ogni cosa serverà l’ordine de la sua spezie, farà onore a l’artefice, contento al padrone, e piacere a chi le mira. Si vede ancora ne la loggia del Papa di sopra molte e molte sorti di pesci, d’uccelli, d’animali, di frutti, d’istrumenti da sonare chi in un modo e chi in un altro ; la cui regolata varietà fa parere leggiadra, vaga e bella l’opera. Che convenienza sarà quella d’un pittore, se facesse, contra il precetto di Orazio, che le colombe partorissero i serpenti, le pecore i lioni, o, per il contrario, i lioni le pecore e i serpenti le colombe ? Certo nulla.
Dans :Grotesques(Lien)
, p. 22
E questo passi per ora con pretesto che le cose ch’abbiamo dagli antichi ne sia legge. Però l’artefice sforzar si doverebbe d’imitarli, perché, imitando loro che sono maestri di quest’arte, diremo che non possa errare. Non manca in che possa aver la libertà sua il pennello ne le cose poetiche e finte, come abbiamo detto di sopra dei paesi, dei quali Ludio pittore, che fu al tempo d’Augusto, ne fu inventore. Primamente egli dipinse il mare con le navi : ne le ville, chi arava la terra, chi caminava, chi sedeva, chi stava, chi dormiva. Dipinse ancora le città, i palazzi, le ville, l’amenità de’ paesi ; il che vagamente ora fanno i Fiammenghi. In queste cose sarà la licenza del pittore [[4:suite : Apelle irreprésentable]]
Dans :Ludius peintre de paysages et la rhopographia(Lien)
, p. 105
Nealce [[5:dipinse]] la battaglia navale fra Persi et Egizii (e per mostrare che fu fatta nel Nilo, vi dipinse un asino che beveva et un crocodillo che lo guatava).
Dans :Néalcès et le crocodile(Lien)
, p. 12-13
Non si può certamente sapere chi inventore di sì bell’arte fusse, conciossia che Plinio dica che gran lite fu già di questo tra i Greci e gli Egizzii, i quali si vantavano esserne stati inventori più di sei mila anni prima che i Greci notizia n’avessero. I Greci, ciò negando, dicevano che i Sicionii ne furono inventori gran tempo prima de loro. Altri furono d’opinione che i Corinti inventori ne fussero. Tutti però s’accordano che da l’ombra de l’uomo origine avesse, la quale fu in quei principii grossamente circoscritta. Filocre Egizzio fu il primo che con linee distinguesse le membra de l’uomo. Altri danno questa lode a Cleante Corinzio. I primi, poi, che senza colori l’esercitarono, furono Ardice Corinzio e Telefane Sicionio. Vi fu poi aggiunto un colore, col quale fu gran tempo esercitata.
Dans :Les origines de la peinture(Lien)
, p. 11-12
Quando l’arte era in mano de’nobili, ciò fare non pareva vergogna ; ma ora che gli par aver cangiato artefice, ha scemato anco il credito ai settatori suoi. Né si può dire che appresso gli antichi non fusse in mano de’nobili, conciò fusse che i Sicionii fecero uno decreto, il quale fu da tutta la Grecia accettato ; e questo fu che solo i fanciulli nobili potessero attendere a la pittura, e che questa fusse posta nel primo grado de le liberali discipline. Et in oltre, per più nobilitarla, fu vietata ai servi.
Dans :Pamphile et la peinture comme art libéral(Lien)
, p. 14
Non molto dopo vennero Timagora, Polignoto, Parrasio, Zeusi, Apelle e gli altri famosi, i quali furono tutti liberi e nobili, dotti et ingeniosi, e non erravano (come la maggior parte de’ nostri fanno) nell’istorie, perché avevano le regole de le misure, de le linee e de le prospettive ; conciossia che Eupompo Sicionio diceva nissuno poter essere buon pittore, se non era buon geometra, buono aritmetico e buon poeta. Però tutti si sforzavano avere le parti convenevoli a l’arte per essere perfetto artefice.
Dans :Pamphile et la peinture comme art libéral(Lien)
, p. 42
[[4:suit Apelle orage]] Mirone fece il Demone degli Ateniesi vario, iracondo, incostante, ingiusto ; da l’altra banda, facile, benigno, clemente, glorioso, umile, feroce, fugace.
Dans :Parrhasios, Le Peuple d’Athènes(Lien)
, p. 22
[[4:suit Ludius, et Apelle orage]] Pirreico fu il primo che finse ne le città gli artefici d’ogni sorte, le botteghe piene di mercanzia, e simil altre cose.
Dans :Piraicos et la rhyparographie(Lien)
, p. 78-79
Gli antichi non avevano la religione pura, casta e santa come noi. E che vero sia, considerate che la religione di Giove era fondata ne’stupri, negli adulterii, negli incesti ; quella di Priapo ne l’orribilità del membro ; quella di Venere ne la carnale lascivia ; quella di Cibele ne lo strappare de le membra virili de’suoi Coribanti. E tal diro anco degli altri iddii. I Romani (come scrive Plinio) tolsero a’Greci l’uso di fare le statue e le pitture nude ; come si legge d’Apelle, che fece quella bella figura di Venere nuda che usciva del mare, che con tanta cura fu gran tempo conservata nel palazzo di Agusto. Fidia[[6:Confusion avec Praxitèle.]] anch’esso fece quella bella statua di Venere, la quale non fu sicura da certi lussuriosissimi giovini, de la cui lidibine resto macchiata. I pittori che furono avanti Michelagnolo non fecero mai la figura de la gloriosa Vergine nuda, né quella di alcun santo, ecceto ne’martirii, et allora gli velavano le parti vergognose. Quella del Signor nostro, da la fanciullezza, dal battesimo, da la flagellazione e crucifissione e resurrezzione in poi, non mai. E questo per onestà, la quale deve tenere il primo luogo ne le figure sacre.
Dans :Praxitèle, Vénus de Cnide(Lien)
, p. 107
Ottaviano Augusto dedicò al tempio di Cesare suo padre la famosa Venere che usciva del mare, opera d’Apelle; la quale, come vol Plinio, non trovò mai pare. [[4:suit Protogène Ialysos]]
Dans :Praxitèle, Vénus de Cnide(Lien)
, p. 107
Vespasiano dedicò al tempio de la Pace il Ialisio di Protogene, per la cui eccellenza già Demetrio perdonò a’ Rodiotti.
Dans :Protogène et Démétrios(Lien)
, p. 42
[[4:suit Parrhasios Peuple]] Protogene Ficauno casualmente espresse la bava che fa ansando per la bocca il cane ; un altro il fumo che manda fuora per il naso il cavallo ne l’annasar e ne lo sbufare. Altri ancora hanno con vaghezza mostrate cose difficilissime e poco da altri tentate.
Dans :Protogène, L’Ialysos (la bave du chien faite par hasard)(Lien)
, p. 27
Parrà per aventura al pittore grave di fare isprimere a le figure coi colori l’allegrezza, la malenconia, la languidezza, l’audazia, la timidità, il riso, il pianto e l’altre passioni de l’animo. Ma se rettamente considera il caso e la forza de l’arte, troverà che vagamente e agevolmente far si possono. Dal che Cicerone ne dà l’esempio del grande pittore Timante ; il quale, avendo dipinta Iffigenia figliuola di Agamemnone inanzi a l’altare per esser sacrificata, con faccia tanto afflitta e lagrimosa che pareva movere a gran cordoglio i riguardanti ; dopo’ avendo dipinti i circonstanti lagrimosi, il zio addolorato, di maniera che al padre non gli pareva poter aggiunger più doglia e mestizia, dovendo tutti gli altri di dolore avanzare : lo finse col volto velato, quasi che dimostrasse, con la paterna pietà, per la tenerezza et interna doglia de la figliuola, non poter guardare in faccia, ne star presente al miserabil caso.
Dans :Timanthe, Le Sacrifice d’Iphigénie et Le Cyclope (Lien)
, p. 17
I quali[[5:gli antichi.]] hanno anco vagamente ritrovato l’uso di pingere Fauni e Silvani in cose ingeniose e belle, come fece Timante, il quale, avendo dipinto in una piccola tavoletta un Ciclope che si giaceva con le gambe piegate, e volendo dimostrare la grandezza di quel gigantone, né potendo per la piccolezza de la tavola, finse che i Satiri gli misurassero il deto grosso del piede coi tirsi.
Dans :Timanthe, Le Sacrifice d’Iphigénie et Le Cyclope (Lien)
, p. 106-107
Al tempio di Giunone Lacinia la famosa Venere di Zeusi, ritratta da la cinque vergini crotoniate, come dice Cicerone, Plinio et altri scrittori: e questa non fu statua, ma figura.
Dans :Zeuxis, Hélène et les cinq vierges de Crotone(Lien)