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TitreSaggio sopra la pittura, saggio sopra l’Academia di Francia che è in Roma
AuteursAlgarotti, Francesco
Date de rédaction
Date de publication originale1763
Titre traduit
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Date d'édition moderne ou de réédition
Editeur moderne
Date de reprint 2e éd. Livourne, Marco Coltellini

, « Della importanza del giudizio del pubblico », p. 67-69

È necessario che il pittore s’imprima fortemente nell’animo che niuno è migliore giudice dell’arte sua, quanto è il vero dilettante, ed il pubblico. […] Quello che si dice dell’artefice può dirsi ancora di un’Accademia, dove i capi sono finalmente artefici, e collocati il più delle volte in quel grado da pratiche secrete e dal favore più che dal proprio merito. Dalle tante Accademie d’Italia e di Francia non è uscito ancora alcuno allievo da potersi paragonare con Raffaello, con Tiziano, o col Pussino ; perché ivi appunto gli scolari mirano, e naturalmente mirar debbono, a gradire al Direttore dell’Accademia, e non all’universale. Né per altra ragione è da credere sia stato ultimamente preso in Parigi di esporre i quadri degli Accademici in un Salone al giudizio del pubblico. Così il Tintoretto e altri gran pittori de’ nostri esponevano le opere loro alle viste di tutti, sentivano il giudizio imparziale e giusto del popolo ; come lo sentiva anticamente Apelle, e come lo sentì Erodoto leggendo le sue storie in Olimpia. Il popolo guidato da un certo natural senso, e fortificato dal giudizio di poche che si trovano sempre mescolati con esso quasi spranghe nel muro, sentenzia benissimo tanto del valor delle parti, quanto del risultato del quadro : e nulla sapendo né del combattimento dei lumi con l’ombre, né del sapor delle tinte, né dei ricercamenti dei nudi, né di belle appiccature, né d’altro, pronunzia, senza che vi sia appello, che i più fedeli discepoli della natura sono i più grandi maestri dell’arte.

Dans :Apelle et le cordonnier(Lien)

, « Della importanza del giudizio del pubblico », p. 123-128

È necessario che il pittore s’imprima fortemente nell’animo che niuno è migliore giudice dell’arte sua, quanto è il vero dilettante, ed il pubblico[[3:Omnes enim tacito quodam sensu, sine ulla arte aut ratione, quae sunt in artibus ac rationibus recta ac prava dijudicant ; idque cum faciunt in picturis et in signis etc. Cic de Oratore Lib. III. N. L.Mirabile est cum plurimum in faciendo intersit inter doctum et rudem, quam non multum differat in judicando. Ars enim cum a natura profecta sit, nisi natura moveat ac delectet, nihil sane egisse videtur. Id. Ibid. N. LI. Ut enim pictores, et ii qui signa fabricantur, et vero etiam poetae, suum quisque opus a vulgo considerari vult, ut si quid reprehensum sit a pluribus, id corrigatur : hique et secum, et cum aliis quid in eo peccatum sit exquirunt : sic aliorum iudicio permulta nobis et facienda et non facienda, et mutanda et corrigenda sunt. Id. de Off. Lib. I. N. XLI.Ad pictura probandam adhibentur etiam inscii faciendi cum aliqua sollertia iudicandi. Id. De optimo genere Orat. N. IV.

Namque omnes homines, non solum architecti quod est bonum possunt probare. Vitr. Lib. VI. Cap. XI.]]. Guai alle opere dell’arte, che hanno solamente di che piacere agli artisti, dice un grand’uomo, che vola come aquila per le regioni dello scibile[[3: Malheur aux productions de l’art, dont toute la beauté n’est que pour les artistes. M. D’Alembert dans l’Eloge de Montesquieu.]]. Una assai inetta storia racconta il Baldinucci di un pittore Fiorentino, al quale, nel vedere non so che sua opera, disse un gentiluomo parergli che una mano di una tal figura non potesse stare in quell’attitudine, e sembragli alquanto storpiata. Il pittore allora preso il matitatoio glie lo porse perch’ei la disegnasse come la voleva. E il gentiluomo dicendo come volete voi che io segni, se io non sono del mestiere ? Il pittore, che appunto l’aspettava a quel passo, or se voi non sete del mestiere, soggiunse, a che sindacare le opere de’ maestri dell’arte[[3:Notizie de’Professori del Disegno da Cimabue in qua, che contengono tre Decennali dal 1580 al 1630, nella Vita di Fabbrizio Boschi.]]? quasi che bisognasse saper disegnare una mano come il Pesarese, per conoscere se altri nel disegnarla l’abbia storpiata sì o no[[3:Non milita sempre quel detto di Donatello a Filippo. To’ del legno, e fa’ tu. Perchè l’altro potrà rispondere. Io non so far meglio, ma tuttavia so distinguer che tu fai male. Bellissimo a questo proposito è un luogo di Dionigi Alicarnasseo nel Giudicio sopra la Storia di Tucidide. Non per questo (dic’egli) perchè a noi manca quella squisitezza, e quella viveza d’ingegno, la quale ebbero Tucidide, e gli altri scrittori insigni, saremo egualmente privi della facoltà, che essi ebbero nel giudicare. Imperciochè è pur lecito il dar giudicio di quelle professioni, in cui furono eccellenti Apelle, Zeusi, e Protogene anche a coloro, i quali ad essi non possono a verun patto agguagliarsi : nè fu interdetto agli altri artefici il dire il parer loro sopra l’opere di Fidia, di Policleto, e di Mirone, tuttoché ad essi di gran lunga fossero addietro. Tralascio che spesso avviene, che un uomo idiota, avendosi a giudicare di cose sottoposte al senso, non è inferiore a’ periti. Carlo Dati Postilla IX. alla Vita di Apelle.]]. Assai meglio avvisava quel pittor Veneziano, il quale quando un qualche buon uomo veniva alla sua stanza gli domandava che gli paresse del quadro, che avea sul cavaletto : E se il buon uomo, dopo di averlo considerato, gli rispondeva, non s’intendere di pittura, era per cancellare il quadro, e rifarlo da capo. Ognuno, se non può entrare nelle sottiglieze dell’arte, può ben conoscere se una figura ne’ suoi movimenti è impedita ovvero sciolta, se le carnagioni ne sian fresche, se è ben contenuta dentro a’ panni che la rivestono, se opera ed esprime quanto dee operare ed esprimere. Ognuno, senza altrimenti entrare in sottili considerazioni e in lunghi ragionamenti, può fare un retto giudizio intorno alla rappresentazione di cose, che sente egli medesimo, che pur ha tutto giorno dinanzi agli occhi. E forse non così rettamente ne può giudicare l’artefice, che ha certi suoi modi favoriti di atteggiare, di vestire, di tingere, che si è fatto una certa sua pratica così di vedere come di operare, e tutte le cose suole indrizzarle ad una sola forma, biasimando chiunque si discosta da quella. Il pittore, lasciando andare la invidia che talvolta lo accieca, giudica piuttosto secondo Paolo, o il Guercino ; lo scrittore secondo il Boccaccio, o il Davanzati, che secondo il sentimento e la natura. Non così il dilettante, ed il pubblico, che è libero da qualunque pregiudicata opinione della scuola[[3:Je ferois souvent plus d’etat de l’avis d’un homme de bon sens, qui n’auroit jamais manié le pinceau, que de celui de la plus part des peintres. M. de Piles Remarq. 50 sur le Poeme de Arte graphica de M. Du Fresnoy.]]. E di vero non componeva glià versi quel Tarpa, senza il cui beneplacito non era lecito a’libri di poesia aver l’ingresso nella biblioteca di Apollo Palatino : Non è già un’assemblea di autori quella udienza, la quale nel teatro Francese ha saputo tra tutte le composizioni drammatiche coronare l’Armida, il Misantropo, l’Atalia. […] Si accorsero in Francia, non è gran tempo, del gran detrimento, che ne veniva all’arte dall’essere sotto la dettatura e quasi tirannia di un directtore, che in pochi anni avea diffuso la particolar sua maniera nelle opere della gioventù, e ne avea infetta quella scuola. Nè per altra ragione è da credere vi sia stato novellamente  preso il savio partito di esporre in un salone i quadri degli Accademici alle viste e al giudizio della moltitudine, a cui sottomettevano le opere loro Fidia[[3:ἐπεὶ καὶ φειδίαν φάσιν ὄυτω ποιῆσαι etc. Lucian. De Imaginibus.]] e Apelle[[3:Idem [Apelles] perfecta opera proponebat pergula transeuntibus, atque post ipsam tabulam latens vitia, quae notarentur, auscultabat, vulgum diligentiorem iudicem quam se praeferens. C. Plin. Hist. Lib. XXV. Cap. X.]], il Tintoretto, e altri de’ più rinomati antichi, e moderni maestri. Al lume della piazza, diceva non so chi, si scuopre ogni neo d’imperfezione, e quivi ancora risalta ogni vera bellezza. La moltitudine e traviata talvolta, è vero, o dall’insolito della novità, o dai sofismi di taluno, ma guidata dipoi da un certo natural sentimento, dall’autorità dei sani ingegni, e da niuna parzialità impedita reca finalmente un retto giudizo (sic) del valore degli artefici.

Dans :Apelle et le cordonnier(Lien)

, p. 136

Benché Raffaello potesse vantarsi, come l’antico Apelle, a cui fu simile in tante altre parti, che non fu chi lo eguagliasse nella grazia[[3:Praecipua eius (Apellis) in arte venustas fuit, cum eadem aetate maximi pictores essent : quorum opera cum admiraretur, collaudatis omnibus, deesse illam suam Venerem dicebat, quam Graeci Charita vocant : cetera omnia contigisse : sed hac sola sibi neminem parem. C. Plin. Nat. Hist. Lib. XXXV. Cap. X. Ingenio, et gratia, quam in se ipse maxime jactat, Apelles est præstantissimus. Quintil. Inst. Orat. Lib. XII cap. X.]] ; vi ebbe nondimeno per rivali il Parmigianino, e il Correggio. Ma l’uno ha oltrepassato il più delle volte i termini della giusta simmetria, l’altro nella gastigatezza del dintorno non è giusto a toccare il segno.

Dans :Apelle supérieur par la grâce(Lien)

, p. 211-212

Quoique Raphaël pût se vanter de même que l’ancien Apelle à qui il ressemblait dans beaucoup de parties de n’avoir jamais été égalé par personne pour les grâces[[3:Praecipua ejus (Apellis) in arte venustas fuit, cum eadem aetate maximi pictores essent; quorum opera cum admiraretur, omnibus collaudatis deesse illam suam Venerem dicebat, quam Graeci Charita vocant; cetera omnia contigisse, sed hac sola sibi neminem parem. C. Plin. Nat. Hist. Lib. XXXV. Cap. X. Ingenio, et gratia, quam in se ipse maxime jactat, Apelles est præstantissimus. Quintil. Inst. Orat. Lib. XII cap. X.]], il eut cependant le Parmesan et le Corrège pour rivaux. Le premier est sorti plusieurs fois des bornes d’une juste symétrie (proportion) et le second manque de cette grande pureté de dessin.

, p. 60

Nei vestimenti si vuol avere avvertenza tanto di sfuggire la povertà onde tal pittore fa gran caro di panni alle sue figure, quanto la ricchezza o sia quel lusso che l’Albani imputava al Guido, chiamandolo addobbatore non pittore. Un gran maestro per le pieghe è Alberto Durero, e lo studiò Guido medesimo ; ma è duopo studiarlo a quel modo che un giudizioso scrittore fa gli autori del trecento. Gli ornamenti nei vestimenti delle figure vogliono essere sparsi con sobrietà, e fa di bisogno ricordarsi di colui che diceva a certo pittore : Tristo a te, non sapesti far Elena bella, la facesti ricca.

Dans :Apelle : Hélène belle et Hélène riche(Lien)

, « Della invenzione », p. 64

Che se nei vestimenti si vuol fuggire la miseria, onde tal maestro fa gran caro di panni alle sue figure, è anche da fuggarsi quel soverchio lusso, che a un suo rivale imputava l’Albani chiamandolo, addobbatore e non pittore. Gli ornamenti non meno vogliono esser messi con sobrietà negli abiti delle figure, e fa bisogno ricordarsi di Apelle, che diceva a quel suo discepolo : Tristo a te non sapesti fare Elena bella, la facesti ricca[[3:Ἀπελλῆς ὁ ζωγράφος θεασάμενός τινα τῶν μαδητῶν Ἑλένην ὀνόματι πολύχρυσον γράψαντα, Ὦ μειράκιον, εἶπεν, μὴ δυνάμενος γραψαι καλὴν, πλουσίαν πεποιήκας. Clem. Alexandrinus Paedag. Lib. II cap. 12. apud Junium de Pictura Veterum. Apelles in catalogo.]].

Dans :Apelle : Hélène belle et Hélène riche(Lien)

, « L’invention », p. 150

Le peintre doit éviter avec autant de soin la pauvreté des vêtements. On a vu certains artistes donner à cet égard dans une œconomie sordide et d’autres dans un luxe superflu. C’est ce que l’Albane reprochoit au Guide en le regardant comme plus propre à parer les figures qu’à les peindre. On doit orner les habillemens avec sobriété et le peintre doit se ressouvenir de ce que l’on disoit jadis à un artiste, maladroit, tu n’as pû réussir à rendre Helene belle, mais tu l’as fait riche[[3:Ἀπελλῆς ὁ ζωγράφος θεασάμενος τινα τῶν μαδητῶν Ἑλένην ὀνόματι πολύχρυσον γράψαντα, Ὦ μειράκιον, εἶπεν, μὴ δυνάμενος γραψαι καλὴν, πλουσίαν πεποιήκας. Clem. Alexandrinus Paedag. Lib. II cap. 12. apud Junium de Pictura Veterum. Apelles in catalogo. 

Poetry like painters thus unskill’d to trace

The naked Nature and the living grace,

With gold and jewels cover ev’ry part,

And hide with ornaments their want of art. 

Pope Essai on criticism.

Un poëte de même qu’un peintre ne pouvant point rendre les beautés et les graces de la simple nature la couvre d’or et de diamans. Il a recours aux ornemens et à la parure pour cacher son ignorance et son manque d’art. 

Pope Essai sur la critique.]] .

, « Della espressione degli affetti », p. 122

Grandi cose si raccontano degli antichi pittori della Grecia in riguardo alla espressione : di Aristide tra gli altri. Arrivò costui a rappresentare una madre, la quale ferita a morte nella espugnazione di una terra mostrava temenza non un figliuolo, che carpone le si traeva alla poppa, dovesse per alimento bere il sangue in vece di latte[[3:Is omnium primus (Aristides) Thebanus animum pinxit, et sensus hominis expressit, quae vocant Graeci ethe ; item perturbationes, durior paulo in coloribus. Huius pictura est oppido capto, ad matris morientis ex volnere mammam adrepens infans : intellegiturque sentire mater et timere, ne emortuo e lacte, sanguinem lambat. C. Plin. Hist. Lib. XXXV. Cap. X.]]. [[4:suite Timomaque]]

Dans :Aristide de Thèbes : la mère mourante, le malade(Lien)

, « De l’expression des passions », p. 159-160

On raconte des choses merveilleuses des anciens peintres de la Grece relativement à l’expression et au caractère qu’ils donnoient à leurs figures. On dit entr’autres d’Aristide que cet artiste ayant à peindre une mere blessée à mort à l’attaque d’une ville, elle paroissoit craindre que l’enfant qui se trainoit à quatre pattes pour atteindre ses mameles, ne s’abreuvât plutôt que de son sang que de son lait[[3:Is omnium primus (Aristides) Thebanus animum pinxit, et sensus hominis expressit, quae vocant Graeci ethe ; item perturbationes, durior paulo in coloribus. Huius pictura est oppido capto, ad matris morientis ex volnere mammam adrepens infans : intellegiturque sentire mater et timere, ne emortuo e lacte, sanguinem lambat. C. Plin. Hist. Lib. XXXV. Cap. X.]].

, « Del costume », p. 83-84

Allora solamente altri crederà do trovarsi come presente al soggetto, quando tutte le cose, ch’entrano nella rappresentazione di esso, si trovino d’accordo tra loro, quando non venga dalla scena del quadro contraddetta in niun punto l’azione. Le circostanze, o sia gli accessori, che porranno sotto gli occhi la trovata di Mosè dentro alle acque del Nilo, non saranno già le rive di un canale con dei filari di pioppi, con dei casamenti all’Italiana ; ma bensì le sponde di un gran fiume ombrate di gruppi di palme, una sfinge o un Dio Anobi che si vegga nel paese, una qualche piramide che spunti qua e là nello indietro[[3:Nealces… ingeniosus et solers in arte. Siquidem cum prælium nauale Aegyptiorum et Persarum pinxisset, quod in Nilo cuius est aqua maris similis, factum uolebat intelligi, argumento declarauit, quod arte non poterat. Asellum enim bibentem in litore pinxit, et crocodilum insidiantem ei. C. Plin. Hist. Lib. XXXV. Cap. XI.]]. E generalmente parlando prima di por mano sulla tela o sulla carta, il pittore ha da trasferirsi con la fantasia in Egitto, a Tebe, a Roma ; e immaginando abiti, fisonomie, fabbriche, siti, piante quali si convengono al soggetto che intende di esprimere e al luogo dell’azione, ha poi da trasferirvi lo spettatore con la magia della rappresentazione.

Dans :Néalcès et le crocodile(Lien)

, « Du costume », p. 103-104

Le spectateur croira pour lors se trouver présent au sujet du tableau lorsque tout ce qui entrera dans sa composition se trouvera d’accord; enfin, si l’on peut parler ainsi, quand la scène ne contredit pas l’action. Que les circonstances particulieres et les accessoires qui pourroient orner un tableau représentant, par exemple Moyse trouvé sur les eaux, ne soient point les bords d’un canal environné d’allées de peupliers avec des maisons à l’italienne, mais les rives d’un grand fleuve ombragé par des groupes de palmiers? Qu’un sphinx, un Dieu Anubis se fassent remarquer dans le paysage, et que quelques pyramides paroissent s’élever dans le fond du tableau[[3:Nealces… ingeniosus et solers in arte. Siquidem cum prælium navale Aegyptiorum et Persarum pinxisset, quod in Nilo cuius est aqua maris similis, factum volebat intelligi, argumento declaravit, quod arte non poterat. Asellum enim bibentem in litore pinxit, et crocodilum insidiantem ei. C. Plin. Hist. Lib. XXXV. Cap. XI.]]. A parler sincerement, l’artiste devroit avant que de composer un sujet d’histoire ancienne se transporter en idée en Egypte, à Thebes, à Rome et imaginer des habillemens, des caracteres de têtes, des édifices et des plantes telles qu’elles conviennent au sujet qu’il se propose de représenter et au lieu où s’est passée l’action. C’est ensuite à la magie de son art à y transporter le spectateur.

, p.36-37

[[4:suit Pamphile]] Si sa che gli antichi praticavano l’arte di dipingere su per li muri prospettive, comme anche oggigiorno si costuma, e nel teatro di Claudio Pulcro una ne fu condotta  con tal maestria, che le cornacchie, animale non tanto grosso, credendo vere certe tegole ivi dipinte, volavano per sopra posarvisi[[3:Habuit et scena ludis Claudii Pulchri magnam admirationem picturæ, cum ad tegularum similitudinem corvi decepti imagine advolarent. C. Plin. Nat. Lib. XXXV. Cap. IV.]]: a quel modo che da certi gradini dipinti in una prospettiva  dal Dentone fu ingannato un cane, che volendo salirgli in piena corsa, diede fieramente contro al muro, e nobilitò con la sua morte l’artifizio di quell’opera.

Dans :Les oiseaux picorent les tuiles du théâtre de Claudius Pulcher(Lien)

, p.37-38

On sçait encore que les anciens peignoient des perspectives sur les murs, comme cela se pratique encore aujourd’hui. On en voyoit jadis dans le théâtre de Claudius Pulcher qui étoient peintes avec tant d’art que les corneilles, oiseaux fins et rusés, venoient pour se reposer sur les tuiles des bâtimens qui y étoient représentés[[3:Habuit et scena ludis Claudii Pulchri magnam admirationem picturæ, cum ad tegularum similitudinem corvi decepti imagine advolarent. C. Plin. Nat. Lib. XXXV. Cap. IV.]].

, « De la prospettiva » , p. 35-36

Mostrano parimenti di poco o nulla conoscere la natura dell’arte del dipingere coloro,i quali si danno ad intendere, che agli antichi maestri della Grecia fosse una scienza del tutto ignota la perspettiva. E ciò in sul fondamento, che nella maggior parte degli antichi dipinti ne sono violate le regole ; quasi che, colpa i vizii dei mediocri artefici, si dovessero porre in dubbio, e negare le virtù degli eccellenti. La virtù si è che gli antichi praticavano l’arte di dipingere su per li muri prospettive, come anche oggigiorno si costuma. [[4:suite : oiseaux de Claudius Pulcher]]

Dans :Pamphile et la peinture comme art libéral(Lien)

, p. 181-182

A tutti è oggimai noto, e sarebbe superfluo il ricordarlo, qualmente agli schiavi era proibito lo adoperarsi intorno a quest’arte tra le liberali la prima[[3:Et huius (Pamphili) auctoritate effectum est Sicyone primum, deinde et in tota Graecia, ut pueri ingenui omnia ante graphicen, hoc est picturam in buxo docerentur, recipereturque ars ea in primum gradum artium liberalium. Semper quidem bonos ei fuit, ut ingenui eam exercerent, mox ut honesti : perpetuo interdicto ne servitia docerentur. Ideo neque in hac, neque in toreutice ullius qui seruierit opera celebrantur. C. Plin. Nat. Hist. Lib. XXXV. Cap. X.]], che utile e dilettevole a un tempo insieme colla grammatica, colla musica, colla ginnastica insegnavasi agl’ingenui fanciulli[[3:Ἔστι δὲ τέτταρα σχεδὸν ἃ παιδεύειν εἰώθασι, γράμματα, καὶ γυμναστικὴν καὶ μουσικὴν, καὶ τέταρτον ἔνιοι γραφικήν. Τὴν μὲν γραμματικὴν καὶ γραφικὴν ὡς χρησίμους πρὸς τὸν βίον οὔσας καὶ πολυχρήστους… ὁμοίως δὲ καὶ τὴν γραφικὴν, οὐχ ἵνα ἐν τοῖς ἰδίοις ὠνίοις μὴ διαμαρτάνωσιν, ἀλλ´ ὦσιν ἀνεξαπάτητοι πρὸς τὴν τῶν σκευῶν  ὠνήν τε καὶ πρᾶσιν, μᾶλλον δ´ ὅτι ποιεῖ θεωρητικὸν τοῦ περὶ τὰ σώματα κάλλους. Τὸ δὲ ζητεῖν πανταχοῦ τὸ χρήσιμον, ἥκιστα ἁρμόττει τοῖς μεγαλοψύχοις καὶ τοῖς ἐλευθερίοις. Aristot. de Repub. Lib. VIII. Cap. III.]], qualmente in grandissima onoranza, che per li gentili spiriti è la più dolce mercede, tenuti già furono gli antichi pittori dall’erudito popolo della Grecia, o da coloro, che con la virtù e con l’armi signoreggiarono il mondo.

Dans :Pamphile et la peinture comme art libéral(Lien)

, p. 241-242

Tout le monde sçait, et il est même inutile de le repeter ici, qu’il étoit défendu aux esclaves de s’appliquer à la peinture qui est le premier des arts libéraux[[3:Et huius (Pamphili) auctoritate effectum est Sicyone primum, deinde et in tota Graecia, ut pueri ingenui omnia ante graphicen, hoc est picturam in buxo docerentur, recipereturque ars ea in primum gradum liberalium. Semper quidem bonos ei fuit, ut ingenui eam exercerent, mox ut honesti : perpetuo interdicto ne servitia docerentur. Ideo neque in hac, neque in toreutice ullius qui servierit opera celebrantur. C. Plin. Nat. Hist. Lib. XXXV. Cap. X.]] et qu’on l’enseignoit aux jeunes gens de distinction dans le même temps que la grammaire, la musique et la gymnastique comme une connoissance également utile et agréable.

, p. 67

La scuola di Atene che è nel Vaticano, è una vera scuola per l’espressione. Questa è la meta ultima del pittore come mostra Socrate a Parrasio, questa che fa che l’anima e il volto rimangono sospesi dinanzi a una pinta tavoletta, questa è la muta poesia.

Dans :Parrhasios et Socrate : le dialogue sur les passions(Lien)

, p. 110

Intorno alla espressione ha singolarmente da affaticarsi il pittore, che vuol prendere il più alto volo. Essa è la mete ultima dell’arte sua, come mostra Socrate, a Parrasio[[3:Senofonte cose memorabili di Socrate. L. III.]], in essa sta la muta poesia, e ciò che chiamato è dal nostro primo poeta un visibile parlare.

Dans :Parrhasios et Socrate : le dialogue sur les passions(Lien)

, p. 70-71

Ché al sommo ha da mirare l’artefice, come quegli che dee essere idealista, non naturalista. Il naturalista, come lo storico, rappresenta le cose quali esse sono ; il pittore le rappresenta come il poeta, quali esser dovrebbono. Tutto è natura, dice della poesia uno scrittore inglese, e lo stesso è da dirsi della pittura, ma una natura ridotta a metodo[[3:‘Tis nature all, but nature methodized.]]. Di modo che il Regolo di Policleto, l’Apollo di Belvedere, l’Elena di Zeusi, la S. Cecilia di Rafaello, il quadro in somma benché verisimile non si troverà mai in verità : siccome la collera di Achille è verisimile non vera ; tanto ella è cosa perfetta. Onde la poesia è più filosofica e più istruttiva della storia[[3:Διὸ καὶ φιλοσοφώτερον καὶ σπουδαιότερον ποίησις ἱστορίας ἐστίν, ἡ μὲν γὰρ ποίησις μᾶλλον τὰ καθόλου, ἡ δὲ ἱστορία τὰ καθ᾽ ἕκαστον λέγει. Arist. in Poet.]]. E così il pittore omerizza come facevano Zeusi e Fidia, e danteggia come Michelangelo. In una parola bisogna mirare alle idee esemplari delle cose, e avvicinarsi a quelli con l’imitazione per quanto uom può ; e le cose che ne sono dattorno, saranno scala alle idee chi ben le estima.

Dans :Le portrait ressemblant et plus beau(Lien)

, p. 132-133

Egli ha molto del probabile, che dalla tragedia di Euripide fosse suggerito a Timante quel bel pensiero di coprire con un lembo del mantello il viso ad Agamemnone nel sacrifizio d’Ifigenia[[3:Ὡς δ’ἐσεῖδεν Ἀγαμέμνον αναξ

Ἐπὶ σφαγὰς σείκουσαν εἰς ᾶλσον κόρην,

Ἀνεσέναξε· κἄμπαλιν σρέψας κάρα,

Δάκρυα προῆγειν, ὀμμάτων πέπλον προθεις.

Eurip. Nella Ifigenia in Aulide verso la fine.]]. Da que’ versi del suo poeta

Vergine madre figlia del tuo figlio

Umile ed alta più che creatura,

Termine fisso d’eterno consiglio,

Tu se’ colei, che l’umana natura

Nobilitasti sì, che’l suo Fattore

Non si sdegnò di farsi tua fattura,

fu spirato Michelagnolo a rappresentar Nostra Donna nella Passione riguardante il Figlio in croce ad occhio asciutto, non di lagrime atteggiata né di dolore, come è costume degli altri pittori rappresentarla. E il sublime concetto di Raffaello, quando figura Iddio nello spazio immenso, che l’una mano distende al Sole, e l’altra alla Luna, è come un parto di quelle parole di Davide : I cieli narrano la gloria d’Iddio, e le opere delle sue mani annunzia il firmamento[[3:Male a proposito viene da uno Inglese (Webb an Inquiry into the Beauties of Painting Dialog. VII) per questa sua invenzione criticato Raffaello. Un Dio, che stende l’una mano al Sole, e l’altra alla Luna, fa andare in niente la idea d’immensità, che accompagnar dovrebbe l’opera della creazione, riducendola a un Mondo, dic’egli, di pochi pollici. Da noi non vedesi altrimenti in quella pittura un Mondo di pochi pollici ; ma un Mondo di una scala molto maggiore, un Mondo, che si stende a millioni e millioni di miglia : e in virtù di quell’atto di Domeneddio, che con l’una mano arriva al Sole, e con l’altra alla Luna, si concepisce, come un tale vastissimo Mondo rispetto a Dio è un niente ; che è tutto quello, a che può guidare nostro intelletto la facoltà pittoresca. Tale invenzione, benché in senso contrario, è del genere di quella di Timante, il quale, per mostrare la disonesta grandezza di un Polifemo dormiente, gli mise appresso alcuni satiri, che col tirso gli misuravano il dito grosso della mano. Al qual proposito Plinio, che racconta il fatto, aggiunge, come nelle opere di costui s’intendeva sempre più che l’arte vi fosse grande ; Atque in ejus operibus intelligitur plus semper quam pingitur, et cum ars summa sit ingenium tamen ultra est. Nat. Hist. Lib. XXXV. cap. X.]].

Dans :Timanthe, Le Sacrifice d’Iphigénie et Le Cyclope (Lien)

, p. 173-174

Il est très-probable que la tragédie d’Euripide suggéra à Timanthe la belle pensée de couvrir le visage d’Agamemnon avec un bout de la draperie dont il était vetu, dans le Sacrifice d’Iphigenie[[3:Ὡς δ’ἐσεῖδεν Ἀγαμέμνον αναξ

Ἐπὶ σφαγὰς σείκουσαν εἰς ᾶλσον κόρην,

Ἀνεσέναξε· κἄμπαλιν σρέψας κάρα,

Δάκρυα προῆγειν, ὀμμάτων πέπλον προθεις.

Euripide dans Iphigenie en Aulide vers la fin de la piece.]], et que les vers suivants produisirent le même effet :

Vergine madre figlia del tuo figlio

Umile ed alta più che creatura

Termine fisso d’eterno consiglio

Tu se’ colei, che l’umana Natura

Nobilitasti sì, che’l suo fattore

non si sdegnò di farsi tua fattura

« O Vierge, mere fille de ton fils, plus humble et plus élevée que toutes les autres créatures, tu fus l’objet sur lequel l’Eternel jeta les yeux. Tu es celle qui as annobli la nature humaine au point que ton Créateur ne dédaigna point de devenir ta créature. »

Ces vers inspirerent à Michel-Ange l’idée de représenter la Vierge dans un tableau de la Passion, qui regarde son fils en croix sans répandre des larmes et sans donner des marques sensibles de sa douleur contre l’usage de tous les artistes. Il paroit encore que l’idée sublime de Raphael qui dans son tableau de la création du monde représenta Dieu dans l’immensité des airs mettant une main sur le soleil et l’autre sur la lune, lui a été inspirée par les mots du pseaume, Cæli enarrant gloriam Dei et opera ejus annuntiat firmamentum. Les cieux annoncent la gloire de Dieu et le firmament manifeste l’ouvrage de ses mains[[3:Cette pensée a été critiquée mal-à-propos par un Anglois. Un Dieu, dit-il, qui étend sa main sur le soleil et l’autre sur la lune fait disparoître l’idée de l’immensité qui devroit accompagner l’ouvrage de la création en réduisant le monde à une étendue de quelques pouces. Nous voyons bien différemment ce monde si borné, nous le mesurons avec une échelle beaucoup plus grande et nous le regardons comme ayant des millions de milliards de pouces. Dieu atteignant le soleil et la lune avec ses deux mains nous fait voir que le monde dans son immensité n’est rien vis-à-vis de lui ; c’est à quoi les ressources de la peinture doivnet alors élever notre esprit. Cette pensée est dans le genre de celle de Timanthe quoique dans un sens contraire. Cet artiste grec voulait donner une idée de la grandeur de Poliphême endormi, plaça quelques satyres qui mesuroient son pouce avec leurs thyrses. Pline qui nous raconte ce trait ajoute que les ouvrages de ce peintre donnoient encore plus de choses à entendre qu’ils n’en montroient, quoique Timanthe eut beaucoup de talens pour la peinture, on voyoit encore qu’il avait beaucoup d’esprit. Atque in ejus operibus intelligitur plus semper quam pingitur, et cum ars summa sit ingenium tamen ultra est. Nat. Hist. Lib. XXXV. cap. X.]].

, « Della espressione degli affetti », p. 122-124

[[4:suit Aristide]] : Di Timomaco ancora fu celebratissima la Medea trucidante i propri figliuoli, nella cui faccia seppe il dotto artefice figurare il furore, che la spigneva a tanto delitto, e la tenerezza insieme di madre, che sembrava ritenernela. Un consimile doppio affetto tentò di esprimere il Rubens nel volto di Maria de’ Medici addolorata ancora pel fresco parto, e lieta insieme per la nascita del Dolfino. E nel volto di Santa Polonia dipinta dal Tiepolo pel Santo di Padova, pare che si legga chiaramente il dolore della ferita fattagli dal manigoldo misto col piacere del vedersi con ciò aperto il Paradiso.

Dans :Timomaque, Ajax et Médée(Lien)

, p. 159-161

La Medée massacrant ses propres enfants par Timomaque fut encore très-célebre. Cet habile peintre sçut exprimer sur son visage la fureur qui la portoit à commettre un crime si atroce et la tendresse maternelle qui sembloit en même tems la retenir[[3:Medeam vellet cum pingere Timomachi mens

Volventem in natos crudum animo facinus,

Immanem exhausit rerum in diversa laborem,

Fingeret affectum matris ut ambiguum.

Ira subest lachrymis ; miseratio non caret ira,

Alterutrum videas ut sit in alterutro.

Cunctantem satis est. Nam digna est sanguine mater

Natorum, tua non dextera, Timomache. Ausonius ex Anthologia.]]. Rubens essaya d’exprimer deux sentimens différens dans le visage de Marie de Médicis nouvellement accouchée. On voit sur le visage de cette princesse la douleur qui est la suite de l’enfantement et la joie d’avoir donné le jour au Dauphin. On remarque clairement sur celui de sainte Appolonie peinte par Tiepolo pour l’église del Santo de Padoue (c’est-à-dire de saint Antoine qu’on appelle le Saint par excellence). La douleur qu’elle ressent du coup que le bourreau lui avait porté et le plaisir de voir le ciel entre-ouvert. A dire le vrai, les exemples de finesse d’expression sont rares dans les ouvrages sortis des Écoles de Venise, de Flandre et de Lombardie, parce qu’elles ont été privées de la vue de l’antique qui est la source la plus pure du dessin, le modele le plus parfait de l’expression et du caractère.

, “La bilancia pittorica”, p. 140

Il quel medesimo tempo tanto alla pittura propizio si distinse Jacopo Bassano per la forza del tingere. Pochissimi seppero al pari di lui fare quelle giusta dispensazione di lumi dall’una all’altra cosa, e quelle felici contrapposizioni, per cui gli oggetti dipinti vengono a realmente rilucere. Egli si potè far vanto di avere ingannato un Annibale Caracci, come già Parrasio ingannò Zeusi[[3:Vedi lo stesso [Bellori] nella vita di Annibale Caracci.]].

Dans :Zeuxis et Parrhasios : les raisins et le rideau(Lien)

, « La balance des peintres », p. 216

Le Bassan se distingua à peu-près dans le même tems[[5:que Titien.]] par la force de sa couleur. Peu de peintres sçurent mieux que lui, faire une juste distribution des lumieres et connoître ces heureuses oppositions qui font ressortir les objets. peut se vanter d’avoir trompé Annibal Carrache comme Parrhasius trompa Xeusis (sic)[[3:Bellori.]].

, p. 70-71

Il naturalista, come lo Storico, rapppresenta le cose quali sono ; il pittore le rappresenta come il poete, quali esser dovrebbono. Tutto è natura, dice della poesia uno scrittore Inglese, e los tesso è da darsi della pittura, ma una natura ridotta a metodo[[3:’Tis nature all, but nature methodized.]]. Di modo che il Regolo di Policleto, l’Apollo di Belvedere, l’Elena di Zeusi, la S. Cecilia di Raffaello, il quadro in somma benché verisimile non si troverà mai in verità : siccome la collera di Achille è verisimile non vera ; tanto ella è cosa perfetta.

Dans :Zeuxis, Hélène et les cinq vierges de Crotone(Lien)

, «Della simmetria», p.46-47

La Natura, la quale nella formazione delle specie, ha toccato il segno ultimo della perfezione, non fa lo stesso nella formazione degl’individui. Dinanzi agli occhi di essa pare, che siano un  niente quelle cose che hanno un principio ed un fine, che appena nate hanno da morire. Abbandona in certo modo gl’individui alle cause seconde: e se in essi traluce talvolta un qualche raggio primitivo di perfezione, troppo egli viene ad essere offuscato dall’ombra, che lo accompagna. L’arte risale agli archetipi della natura, coglie il fiore di ogni bello, che qua e là osservato le viene, sa riunirlo insieme in modelli perfetti, e proporlo agli uomini da imitare[[3:And since a true knowledge of Nature gives us pleasure, a lively imitation of it, either in poetry or painting, must of necessity produce a much greater. Far both these arts, as I said before, are, not only true imitations of nature, but of the best Nature, of that which is wrought up to a nobler pitch. They present us with images more perfect than the life in any individual : and we have the pleasure to see all the scatter’d beauties of Nature united, by a happy chymistry, without its deformities or faults. C’est-à-dire puisque la véritable connoissance de la nature nous fait plaisir, sa vive image soit dans la poësie, soit dans la peinture, doit nécessairement nous en procurer de plus grands. Car ces deux arts ne sont pas seulement une imitation de la nature ; comme je l’ai dit ci-devant, mais une imitation de la belle nature et de ce qu’il y a de plus beau ; ils nous présentent des images plus parfaites que celles que la nature nous offre dans les individus : nous goûtons ainsi la satisfaction de voir toutes les beautés naturelles réunies par un heureux assemblage sans apercevoir aucun défaut, ni aucune imperfection.]]. Così quel dipintore, ch’ebbe ignude dinanzi a se le fanciulle Calabresi, niuna altra cosa fece, siccome ingegnosamente dice il Casa[[3:Nel Galateo. Vedi Vita di Zeusi di Carlo Dati Postilla XI.]], che riconoscere i membri ch’elle aveano quasi accattato, chi uno, e chi un altro da una sola; alla quale fatto restituire  da ciascuna il suo, lei si pose a ritrarre, immaginando che tale e così unita dovesse essere la bellezza di Elena. Lo stesso adoperarono alcun tempo innanzi gli antichi scultori, quando essi ebbero a figurare in bronzo od in marmo le immagini dei loro Iddii, e de’ loro eroi.

Dans :Zeuxis, Hélène et les cinq vierges de Crotone(Lien)

, « De la symétrie ou des proportions », p. 50-53

La nature, qui dans la création de l’espece est parvenue au plus haut degré de perfection n’a pas eu les mêmes succès dans chaque individu. Tout ce qui a un principe et une fin et qui périt presque au moment qu’il a pris naissance, n’est rien devant ses yeux. Elle abandonne pour ainsi dire les individus aux causes secondes. Si l’on voit parmi eux quelque lueur primitive de la perfection, elle est trop offusquée par l’ombre qui l’accompagne. L’Art remonte au modele de la nature ; il cueille les fleurs de toutes les beautés qu’il a observé, et sait ensuite les réunir dans des modeles parfaits qu’il propose aux hommes afin qu’il les imite[[3:And since a true knowledge of Nature gives us pleasure, a lively imitation of it, either in poetry or painting, must of necessity produce a much greater. Far both these arts, as I said before, are, not only true imitations of nature, but of the best Nature, of that which is wrought up to a nobler pitch. They present us with images more perfect than the life in any individual : and we have the pleasure to see all the scatter’d beauties of Nature united, by a happy chymistry, without its deformities or faults. C’est-à-dire puisque la véritable connoissance de la nature nous fait plaisir, sa vive image soit dans la poësie, soit ldans la peinture, doit nécessairement nous en procurer de plus grands. Car ces deux arts ne sont pas seulement une imitation de la nature ; comme je l’ai dit ci-devant, mais une imitation de la belle nature et de ce qu’il y a de plus beau ; ils nous présentent des images plus parfaites que celles que la nature nous offre dans les individus : nous goûtons ainsi la satisfaction de voir toutes les beautés naturelles réunies par un heureux assemblage sans apercevoir aucun défaut, ni aucune imperfection.]]. C’est ainsi que fit ce peintre devant les yeux duquel toutes les filles de la Calabre passerent nues : il ne fit autre chose, comme le dit ingénieusement Monsieur de la Casa[[3:Dans la Galatée. Voyez la vie de Zeusis de Charles Dati. Article XI.]], que de reconnoître les membres qu’elles avoient pour ainsi dire emprunté de la beauté et obligea chacune de ses filles à les restituer. Pour cela, il copia donc ce qu’elles avoient de plus beau et en forma un ensemble, s’imaginant d’ailleurs que la beauté d’Helêne devoit être le résultat de cet assemblage. Les anciens sculpteurs avoient fait la même chose quelque tems auparavant, quand ils eurent à représenter en bronze la figure de leurs dieux ou de leurs héros.