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18. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-

Le risposte degli auguri avevano quattro sorgenti primarie : 1° i fenomeni celesti, come i venti, il fulmine, i lampi, le comete e gli ecclissi ; 2° il volo e il canto degli uccelli ; 3° il modo di beccare dei polli sacri a qualche Nume : se non volevano uscir di gabbia nè cibarsi, il presagio era funesto ; se divoravano i grani e raccoglievano quelli sgusciati dal becco, favorevole ; 4° infine gli auguri traevan prognostici da molte altre combinazioni, come dall’arrovesciarsi d’una saliera, da uno starnuto, da uno strepito insolito, da un incendio, da una candela che si spengesse senza motivo apparente, da un topo che rodesse i mobili, dall’incontro di una serpe, di una lepre, di una volpe, ec. ! […] In tempo di peste e di carestia le purifieazioni dei Greci erano aceompagnate da azioni erudeli. […] Perciò è probabile che il loro nome derivasso da faciendo fœdere. I Feciali formavano un collegio composto di venti ; e credesi fossero istiluiti da Numa. […] Forse il nome littore viene da ligo, perchè essi arrestavanu e legavanu i rei.

19. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316

Acrisio avea saputo dall’Oracolo che se nascesse un figlio da Danae ucciderebbe l’avo. […] Tra i lavori moderni poi è da rammentarsi la testa di Medusa dipinta da Leonardo da Vinci, che si ammira nella Galleria degli Uffizi in Firenze, e la statua di Perseo colla testa di Medusa in mano, opera egregia in bronzo fuso, di Benvenuto Cellini, che è posta sotto le loggie dell’ Orgagna in Piazza della Signoria. […] Nel giardino di Boboli vedesi nella gran vasca detta dell’isolotto la statua di Perseo sul caval Pegaso e di Andromeda legata allo scoglio ; ma l’Orca è di così piccole dimensioni da render risibile la paura di Arianna di poter essere divorata da quel piccolo mostro poco più grosso di un granchio. […] Si attribuisce a Perseo la fondazione del regno di Micene ; e si narra che ivi Perseo fu ucciso a tradimento da Megapente, figlio di Preto, per vendicare la morte di suo padre. […] « Calossi, e fu tra le montagne immerso : « E come dicea l’oste (e dicea il vero), « Quell’era un negromante, e facea spesso « Quel varco, or più da lungi, or più da presso.

20. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341

Se le fosse dato questo nome da quello dell’architetto che la costruì, o dall’esser fabbricata in Argo, oppure da un greco vocabolo, che secondo alcuni etimologisti significa veloce, o da altro ortograficamente poco dissimile, ma che significa l’opposto, lascerò deciderlo ai solenni filologi : con tante idee poetiche e storiche che desta questa spedizione, non mi sento disposto ad arrestarmi a quisquilie filologiche. […] Il loro stesso nome di Arpie deriva da un greco vocabolo (arpazo) che significa rapire 69. Ad essere infestato da tali mostri era condannato dagli Dei Fineo re di Tracia in punizione delle sue crudeltà verso i proprii figli, e vi fu aggiunta pur anco la cecità. Approdati gli Argonauti nella Tracia o bene accolti da Fineo, vollero per gratitudine liberarlo dalle Arpie, ed oltre a cacciarle dalla reggia colle armi, le fecero inseguire per aria da Calai e Zete, figli di Borea, che avevano le ali come il loro padre ; i quali le respinsero fino alle isole Strofadi, ove poi furono trovate da Enea nel venire in Italia, come a suo luogo diremo. […] Perciò dai Latini è spesso indicato col patronimico Æsonides, cioè figlio di Esone, e coll’aggettivo Pagasaeus da Pagasa (ora Armiro,) città marittima della Tessaglia, rammentata anche da Plinio il naturalista, ed ove Valerio Fiacco dice che fu costruita la nave Argo.

21. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122

Tutto ciò che si riferisce a Diana in comune col suo fratello Apollo, vale a dire i genitori, il luogo di nascita e i nomi che da quello le derivarono, l’abbiamo detto nel N° XVI. […] Il volgo peraltro vi credeva di certo, perchè l’ignoranza fu sempre un terreno fertilissimo da allignarvi e crescervi qualunque più bestiale errore ; e la storia di tutti i tempi lo prova. […] Ma neppure il termine di Artofilace andò perduto o dimenticato nella poesia italiana ; e chi mai non si allontani da qualche cara cosa o persona fu detto che egli le sta sempre come Artofilace all’Orse (secondo la frase dell’Ariosto), appunto perchè questa costellazione è vicinissima a quelle, e di certo non si scosta mai da quel posto. […] Dissero i mitologi che Atteone, perchè apparteneva ad una famiglia odiosa a Giunone, fu spinto malignamente da questa Dea ad entrare in quel boschetto per procurargli una sì miseranda fine. […] Pochi anni dopo fu questo tempio saccheggiato da Nerone, e nel terzo secolo dell’era volgare distrutto dagli Sciti.

22. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325

Perciò diremo da prima quanto ne riferisce la Mitologia, e aggiungeremo in ultimo alcune osservazioni riferibili alla Storia. […] Il territorio poi fu detto Beozia dal greco nome dell’animale ivi trovato e sacrificato da Cadmo. […] La trasformazione di Cadmo in serpente fu narrata così egregiamente da Ovidio, che sembrò mirabile, nonchè al Tasso, anche a Dante. […] Sino al presente secolo non se ne dubitava, ed oltre al dirsi precisamente quali erano le sedici lettere importate da Cadmo, si notavano ancora le quattro inventate da Palamede al tempo dell’assedio di Troia, e le altre quattro aggiuntevi da Simonide cinque secoli dopo ; che in tutte vengono a formar l’alfabeto greco di ventiquattro lettere61. […] Anche gli altri nobili greci pretendevano di esser discesi da qualche eroe mitologico, e la maggior parte da Perseo.

23. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505

Nel mese di Febbraio è da notarsi la festa della Dea Sospita, il cui nome significa salvatrice. […] Quest’epiteto di Prestiti dato ai Lari è d’origine tutta latina : deriva da prœstare opem (prestar soccorso). […] I sacerdoti di questo culto si chiamavano Bellonarii, derivando il loro nome da quello della Dea. Il Dio Summàno, quantunque avesse un tempio in Roma, da prima nel Campidoglio, e poi, al tempo delle guerre di Pirro, presso il Circo Massimo, ove tutti gli anni si celebrava la detta festa il dì 20 di giugno ; e per quanto questo Nume sia rammentato da molti dei più celebri scrittori Latini, restò peraltro incerto per lungo tempo quale ufficio egli avesse. […] Ma questa conclusione è quella stessa di Plinio nel luogo da me citato di sopra.

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85

Le si dà inoltre un trono d’oro, un ricco e splendido carro tirato da due pavoni, una messaggiera chiamata Iride ed un corteo di quattordici bellissime ninfe94). […] Il nome di Ebe fu dato dagli astronomi al sesto pianeta telescopico che fu scoperto da Hencke il 1° luglio 1847. […] E di queste ci occuperemo principalmente, non però subito, in questo capitolo, per evitare la monotonia dello stesso argomento, ma quando se ne presenterà l’occasione nel parlare di altre divinità odiose a questa Dea, o di famiglie o di popoli da essa perseguitati. […] Per liberarsi dal quale l’imbestiata e dolente Io fu costretta a gettarsi nel mare, che traversò a nuoto dalla Grecia all’Egitto, ove da quei feticisti egiziani che adoravano le bestie fu ricevuta e adorata come una Dea, e restituita poi da Giove nella primiera forma fu venerata sotto il nome di dea Iside. […] In Astronomia ebbe il nome di Iride il 7° asteroide, o piccolo pianeta telescopico scoperto da Hind il 13 agosto 1847.

25. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114

Inventarono i mitologi che le Muse fossero inseguite da Pireneo re della Focide, e che per salvarsi dalle violenze di lui, che le aveva raggiunte nell’alto di una torre, mettessero le ali e volassero via. Pireneo acciecato dal furore, pretendendo di inseguirle anche per aria, precipitò da quell’altezza e rimase morto nella sottoposta piazza. […] Ma i mitologi vi aggiungono che i parenti dell’estinto, dando la colpa della morte di esso ad Apollo, e perciò perseguitandolo, lo costrinsero a fuggire da quel soggiorno. […] Anche il loro nome comune di Muse alcuni mitologi lo fanno derivare da un greco vocabolo che significa insegnar cose sublimi. […] Vaticinari in latino è lo stesso che fata canere, frase usata anche da Orazio nell’ Ode 15 del lib. 

26. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252

Lo stesso è da dirsi del vocabolo responsi, latinismo che è divenuto in italiano il termine solenne e poetico delle risposte degli Oracoli282). […] Il governo era aristocratico o più veramente oligarchico, dipendendo con assoluta autorità da cinque Sommi Sacerdoti, che eran chiamati i cinque Santi. […] Nella parte più interna dell’adito, o sacro penetrale, eravi una voragine dalla quale esalavano vapori inebrianti da allucinar la vista e far venir le traveggole, ovvero mofetici da mozzare il fiato. […] Che i più celebri Oracoli abbiano avuto origine nei tempi preistorici è asserito non solo dai mitologi, ma da tutti i più antichi scrittori. […] E nessuno sarà mai sì pazzo, o sì savio, o sì tristo, o sì buono, che propostagli la elezione delle due qualità d’uomini, non laudi quella che è da laudare e biasimi quella che è da biasimare. » (Discorsi, lib. 

27. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172

Accompagnato da una turba magna di zelanti seguaci di ambo i sessi percorse la terra sino alle Indie, e conquistò facilmente al suo culto anche questa regione. […] Il nome stesso di Bacco, o che si faccia derivare da un greco vocabolo che significa favellare, ed accenni al vaniloquio dell’ubriachezza, o da altro termine greco significante urlare, e indichi perciò il frastuono dei gozzovigliatori, è pur sempre espressivo dei principali attributi di questo Dio. […] parole di approvazione e d’incoraggiamento che i mitologi suppongono dette da Giove a Bacco suo figlio, allorchè questi sotto la forma di leone combatteva contro i Giganti. […] Tre figli nacquero da questo matrimonio di Bacco, ed ebbero nomi relativi alla vite, all’uva ed al vino, cioè Evante, che significa fiorente ; Stafilo, nome derivato da staphis che era una specie di vite e d’uva anticamente chiamata stafusaria ; ed Enopio, che vuol dire bevitor di vino. […] Che la parola corna in senso figurato, tanto in latino quanto in italiano, significhi più comunemente superbia e oltracotanza, si può dedurre principalmente da Orazio, da Ovidio, dall’ Ariosto e dal Tasso.

28. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269

Egli pure voleva sposar per forza una Ninfa di nome Siringa ; ma essa avendo pregato gli Dei a liberarla da un sì fatto sposo, ottenne soltanto di esser cangiata in canna, come Dafne in lauro. […] Evandro aveva fissata la sua residenza su quel monte che egli chiamò Palatino dal nome di suo figlio Pallante, ed ove poi fu da Romolo fabbricata l’eterna città. Anche a tempo di Cicerone, com’egli racconta nelle sue epistole familiari, esisteva sotto quel colle un antro consacrato da Evandro al Dio Pane. […] È però da notarsi che gli aneddoti riferibili alle voci miracolose del Dio Pane, raccontati da Erodoto, da quel miracolaio di Plutarco e da altri scrittori di minor conto, sono la relazione delle popolari credenze prevalenti a quei tempi, e non la storica dimostrazione della verità dei fatti. […] E per non chiudere il capitolo con queste quisquilie filologiche, terminerò esponendo una solenne osservazione filosofica del celebre Bacone da Verulamio sul timor pànico.

29. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215

Di Ecate, dea infernale, abbiamo parlato bastantemente nel Cap. della Diva Triforme ; nè si trova altro da aggiungervi. […] Da quanto leggesi scritto e narrato intorno alle Parche si deduce che esse erano indipendenti da Plutone ; e perciò dovrebbero chiamarsi piuttosto ministre del Fato che del re dell’Inferno. […] Lo stesso Virgilio ci narra che nelle regioni sotterranee vi son due porte da cui escono i sogni per venire sulla Terra ; la prima è di corno da cui escono i sogni veri, e la seconda di avorio, e n’escono i sogni falsi : della quale invenzione non è facile intendere il significato. […] Anche gli scienziati adottarono alcune denominazioni derivate dall’Inferno dei Pagani ; e principalmente i geologi che diedero il nome di plutoniche ad alcune roccie che il progresso delle osservazioni scientifiche fece riconoscere differenti, per certi particolari caratteri, da quelle che avevan chiamate vulcaniche, e perciò da doversi distinguere con altro nome. E poichè queste roccie (principalmente i graniti e alcuni porfidi), sono in parte affini alle formazioni vulcaniche, prescelsero per esse una denominazione derivata da Plutone Dio infernale che aveva maggiore affinità con Vulcano, Dio del fuoco.

30. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202

Era questo il primo fiume che trovavasi nello scendere all’Inferno, e tutto lo cingeva ; e perchè non v’erano ponti, nè l’acqua era sì bassa da poterlo guadare, bisognava necessariamente passarlo in barca. […] La più bella fabbrica dell’Inferno è quella che Dante ha delineato in modo sì mirabile da superare l’abilità di qualsivoglia architetto. […] Lo spazio è abbastanza grande da entrarvi parecchie cose. […] Tutte le scienze da qualche tempo congiurano amichevolmente ad ottenere lo stesso fine ed effetto, di scuoprire cioè l’origine del nostro pianeta e la fisica costituzione di esso anche internamente. […] Vedi i Nuovi Principii di Geologia e di Paleontologia, desunti dalle opere recentissime da Gustavo Strafforello. — Milano, 1872.

31. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160

Esiodo ci dice che Vulcano nacque zoppo e deforme, che dalla stessa Giunone sua madre fu gettato giù dall’Olimpo nel mare, e pietosamente raccolto ed allevato da due Dee marine Teti ed Eurinome. Ma Omero fa raccontare a Vulcano stesso che il trattamento brutale di esser precipitato dal Cielo in Terra (per la qual caduta divenne zoppo) lo ricevè essendo già adulto, e non da Giunone, ma da Giove, poichè il poeta così introduce Vulcano a parlar colla madre : « …….Duro egli è troppo « Cozzar con Giove. […] Dei quali i primi tentativi dovevan risalire ai tempi di Omero, se soltanto 500 anni dopo di esso, fu così abile Archita, come si racconta, da costruire una colomba volante. […] Perciò in oggi si stimano, e sono veramente più utili gli automi che lavorano più e meglio degli uomini e risparmiano loro la fatica materiale e meccanica, come fanno le macchine da filare, da tessere, da cucire, ecc. […] Quanto poi a quel che gli Antichi chiamavan fuoco del fulmine (ignea vis), chi non sa che si forma nell’atmosfera della nostra Terra e con elementi che provengon da questa ?

32. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68

Anzi poichè la seconda fu più terribile e più decisiva della prima, e da quella in poi non corse più pericoli il regno di Giove, fu più celebrata la Gigantomachia ; e della guerra dei Titani poco o nulla si parlò dalla maggior parte dei poeti67. […] Fatta una tal distinzione, resta ora da accennare soltanto i fatti e le vicende principali della Gigantomachia. […] Questa vittoria di Giove fu rammentata e celebrata da tutti i più illustri poeti antichi e moderni. […] Non troverà nulla da opporre neppure lo stesso sir Carlo Lyell, il principe dei geologi, con tutta la sua nuova teoria dei vulcani. […] Nella Teogonia di Esiodo vi è un bell’episodio sulla battaglia dei Titani coi Saturnii, che fu tradotto in versi da quel sommo ingegno del Leopardi.

33. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231

Appunto perciò la religione dei Pagani è chiamata da alcuni filosofi il Panteismo mitologico. […] Inoltre lo stesso poeta alla solita pena di Tantalo aggiunge il timore continuo di essere schiacciato da una rupe che sta sempre per cadergli addosso, e il tormento di sapere che egli è immortale, e che perciò la sua pena durerà eternamente. […] Costoro nell’eccesso opposto son più ridicoli degli avari, e meritamente si puniscono da sè stessi delle loro smodate e irrazionali cupidità. […] Perciò fu punito nel Tartaro col perpetuo timore di essere schiacciato da un masso che gli pendea sulla testa. […] Questi avrebbe acconsentito, se l’oracolo da lui consultato non avesse risposto che egli sarebbe stato ucciso da un genero suo nipote.

34. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103

Da essa cominciava il suo corso diurno, e la sera andava a riposare da Teti, dea marina, in un palazzo di cristallo in fondo al mare. […] Era questa una delle 7 maraviglie del mondo, ma fu atterrata da un terremoto ; e poi i Saracini conquistatori di quell’isola ne venderono il metallo, di cui furon caricati 900 cammelli. […] Questa favola di Fetonte è descritta e celebrata da molti poeti e principalmente da Ovidio nelle Metamorfosi ; e lo stesso Dante trova il modo di parlarne più volte nella Divina Commedia. […] Il maggior culto di Esculapio fu in Epidauro ; e sappiamo dallo stesso Livio, non che da Ovidio, che da quella città fu trasportata solennemente la statua del Nume a Roma, e gli fu eretto un Tempio nell’isola Tiberina, che allora fu detta di Esculapio, ed ora di San Bartolomeo, dopochè Roma divenuta cristiana dedicò quel tempio pagano al culto di quest’apostolo. […] Allude al lamento ed alla preghiera che si trova rettoricamente amplificata da Ovidio nel ii lib. delle Metamorfosi.

35. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54

Cerere ebbe da Giove una figlia chiamata Proserpina in latino e in italiano, Persephone in greco, che rappresenta una splendida parte nelle vicende e negli attributi di sua madre. […] Questo mito del ratto di Proserpina è tanto amplificato ed abbellito di straordinarie fantasie da tutti i poeti antichi e moderni, che troppo lungo sarebbe il voler tutte riportarle. […] Quando poi s’incominciò a rappresentare l’estate presso a poco come Cerere, cioè colla corona e col covone di spighe, e inoltre la falce da grano, parve anche necessario l’aggiungere il distintivo del mazzo di papaveri all’immagine della dea Cerere. […] Lo dimostrano di fatto, colle loro dotte investigazioni sui tempi mitologici ed eroici, Bacone da Verulamio, il Vico, Mario Pagano ed altri. […] Chi studia o sa il latino farà bene a leggere e rileggere questo mito egregiamente descritto da Ovidio nel libro viii delle Metamorfosi.

36. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91

Prima di tutto però rammenteremo quel che fu detto altrove, che cioè avanti la nascita di questi due Numi figli di Giove e di Latona, il Sole e la Luna esistevano da gran tempo ; e quanto al Sole accennai che era regolato da un Titano di nome Iperione. […] Anzi Dante considerando forse che un simil vocabolo trovasi anche in Ebraico in significato di eccelso (poichè deriva da El, uno dei nomi ebraici di Dio), l’adoprò con questa doppia allusione per indicare l’ eccelso Sole, cioè Dio, quando nel C. xiv del Paradiso, dopo aver descritto i variopinti splendori da lui veduti nell’Empireo, esclama : « O Elios, che sì gli addobbi ! […] Venendo ora a parlare dell’origine mitologica di Apollo e di Diana, diremo che Latona loro madre era figlia di uno dei Titani ; e perchè fu prediletta da Giove100), era appunto perciò odiata e perseguitata da Giunone. […] Fu scoperto il selenio da Berzelius nel 1817.

37. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194

Da circa 3000 anni quasi tutti i poeti, incominciando da Omero, ed incluso anche Dante, hanno parlato delle Sirene ; e raccogliendone tutte le descrizioni e le allusioni se ne formerebbe un volume. […] « Vedesti come l’uom da lei si slega ? […] Tali ci furon descritte le più terribili Orche dagli antichi poeti, quella cioè che devastò la Troade ai tempi dello spergiuro Laomedonte, e l’altra da cui Perseo liberò Andromeda : e di queste dovremo parlare lungamente a suo tempo. […] Dante rammenta le balene nel fare una sapiente e filosofica osservazione, che cioè la Natura non ha da pentirsi di aver creato animali marini e terrestri di dimensioni e di forze tanto più grandi e potenti di quelle dell’uomo, perchè non avendo loro accordato l’argomento della mente, vale a dire l’intelligenza e il raziocinio, l’uomo che ne è fornito può non solo difendersi da essi, ma vincerli e dominarli, facendoli servire o vivi o morti ai suoi proprii vantaggi234. […] In tutto il rimanente questa descrizione par tratta da qualche libro moderno di Storia Naturale, sol che all’àncora si sostituisca il rampone al quale è attaccata la lunga fune che si tiene fissata alla nave, e se è possibile anche alla spiaggia.

38. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47

Il culto di Vesta per altro è antichissimo, poichè Virgilio asserisce che praticavasi in Troia, e che da Enea fu trasportato in Italia46. […] Se ne trova tuttora uno vicino al Tevere, e si crede situato quasi sul posto stesso di quello che Orazio dice atterrato a tempo suo da una violenta inondazione ; un altro simile si vede nella parte più elevata di Tivoli. Se poco hanno avuto da inventare e da raccontarci i mitologi sulla vita semplice e monotona che attribuirono a questa Dea, molto ci hanno narrato gli storici romani sulla importanza del culto di Vesta e dell’ufficio delle Vergini Vestali in Roma. […] Si prendevano da famiglie illustri, o almeno civili ed oneste48 : l’età non dovea esser minore di anni sette, nè maggiore di dieci. […] Il Palladio Troiano, che dicevasi trasportato da Enea in Italia, era affidato alla custodia delle Vestali, che lo tenevano chiuso ed invisibile ad ogni occhio profano.

39. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151

Omero dice che questa Dea è figlia di Giove e di Dione, ninfa della stirpe dei Titani, nata dall’Oceano e da Teti. […] Alcuni dei più fantastici mitologi e poeti aggiungono, che le acque del mare furono fecondate dal sangue di Urano mutilato da Saturno ; e che da questa fecondazione delle acque marine nacque Afrodite, ossia Venere, raggiante di celeste bellezza. […] Il solo punto di contatto fra queste due opinioni, e che serve di transizione dall’una all’altra è questo, che essendo Dione una Dea marina, e Venere sua figlia nata nel mare, e comparsa per la prima volta nel mondo alla superficie delle onde spumanti, fu detto figuratamente che era nata dalle onde del mare per dire che era uscita da quelle. […] Ma quando era considerata come moglie e madre, dipingevasi splendidamente vestita con aurei ornamenti e col cinto donatole da Vulcano. […] Inoltre ella produsse l’anemone trasformando in questo fiore il giovane Adone da lei favorito e protetto, e che fu ucciso nella caccia da un cinghiale.

40. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241

Perciò sembra più di tutte probabile la interpretazione della parola Dèmone derivandola da daimon che significa intelligente 272). […] E queste etimologie e somiglianze di ufficio non furon contradette da alcuno274. […] Socrate diceva così per secondare il linguaggio e le idee dei suoi connazionali e per essere inteso da loro ; ma in cuor suo e per intimo convincimento era monoteista. […] La vita futura sarà uno stato di rimunerazione secondo le opere di ciascuno. » Sembran parole copiate da qualche libro di Teologia cristiana ! […] L’aggettivo genialis, geniale, usato anche da Cicerone, è divenuto italiano nello stesso significato dei Latini ; e l’Ariosto ha copiato la stessa frase di Cicerone pro Cluentio, chiamando geniali i letti nuziali, come nella seguente ottava del Canto v.

41. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510

Anche il culto di Ercole Tebano fu introdotto nella stessa regione da Evandro ed accolto dai popoli limitrofi in ringraziamento dell’averli Ercole liberati da quel mostro dell’assassino Caco, « Che sotto il sasso di monte Aventino « Di sangue fece spesse volte laco. » Della qual liberazione e del qual culto non solo ragionano a lungo Virgilio nel lib.  […] La base adunque della religione dei Romani era il politeismo dei Troiani e dei Greci già professato da Romolo e dai suoi compagni prima di fabbricare la città di Roma. […] L’Egizia Dea Iside, poichè credevasi che fosse la stessa Ninfa Io trasformata in vacca da Giove, fu ben presto adorata ed ebbe un tempio in Roma, come asserisce Lucano nel lib.  […] I sacerdoti Egiziani dopo tre anni lo annegavano in un lago, e poi dicevano che era morto o perduto ; di che facevasi un gran lutto con gemiti e pianti da tutto il popolo ; ma dopo tre giorni, avendo già pronto un altro bove simile, dicevano che si era ritrovato o era risuscitato ; e il popolo ne faceva maravigliosa festa. […] « O sante genti, a cui da terra sorti « Questi Numi sì ben nascon negli orti !

42. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59

Il nome latino è conservato senza alterazione ortografica nelle moderne lingue francese e inglese, mentre in italiano lo traduciamo per Giove, prendendo questa voce, come generalmente suol farsi da noi in tutti gli altri nomi latini, dall’ablativo (Jove). […] Virgilio imitando Omero dice che Giove con un cenno faceva tremar tutto l’Olimpo (Æneid., ix), e Orazio non lascia da aggiunger nulla di più affermando, che facea muover tutto a un balenar di ciglio (Od., iii, 1). […] Ma ben io, se il voglio, « Lo trarrò colla terra e il mar sospeso : « Indi alla vetta dell’immoto Olimpo « Annoderò la gran catena, ed alto « Tutte da quella penderan le cose. […] Se tutto questo e null’altro si sapesse di Giove, avremmo in esso una nobilissima idea del Dio filosofico, riconosciuto e affermato da Socrate, da Cicerone e dagli altri sommi greci e romani antichi. […] Si fatta Autorità divina portò di seguito l’ Autorità umana con tutta la sua eleganza filosofica di proprietà di umana natura, che non può esser tolta all’uomo nemmen da Dio, senza distruggerlo. »

43. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43

Di Vesta Prisca abbiamo parlato abbastanza trattando di Urano ; nè qui, dopo aver notato come distinguevasi essa dalle altre due Dee rappresentanti la Terra, resta altro da aggiungere. […] Fu rappresentata come una matrona con lunga veste ornata di piante e di animali ; in capo aveva una corona turrita, ossia in forma di torri ; presso di sè un disco ossia tamburo ed un leone ; e spesso le si dava ancora un carro tirato da due leoni. […] Il nome di Coribanti deriva da due parole greche che significano cozzanti col corno ; il che appella ai loro furori per cui sembravano tori infuriati che tra lor si cozzassero. […] A Cibele era sacro il pino, perchè in quest’albero fu da lei cangiato un suo prediletto sacerdote chiamato Ati, che si era per disperazione mutilato e poi precipitato fra i dirupi e i sottoposti abissi di un monte. […] Infatti questo vocabolo tellùre è l’ablativo del nome latino tellus, telluris, che significa la Terra ; e da quella voce latina son derivate in chimica più e diverse denominazioni scientifiche, come per sempio il tellurio, che è un corpo elementare elettro negativo, scoperto nel 1772 da Muller, e che per molti suoi caratteri imita le sostanze metalliche.

44. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284

Ma non è così, perchè v’è ancora da parlare delle Ninfe dei monti, delle valli, delle fonti, dei boschi e perfino degli alberi. […] Tra le quali son da rammentarsi pel loro proprio nome le Ninfe che ebbero cura dell’infanzia di Giove, cioè Amaltea e Melissa. […] La qual capra fu poi da Giove trasportata in Cielo e cangiata nella costellazione del Capricorno, segno dello Zodiaco, corrispondente al solstizio invernale, e che rifulge di sessantaquattro stelle. […] La favola della Ninfa Eco cangiata in voce è raccontata anche in un modo diverso da quello che accennammo nel Cap.  […] Infatti, anche gli Scienziati trovarono da far nuove applicazioni del significato di questo nome e da formarne vocaboli derivati e composti.

45. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143

Differiva pertanto da Minerva, quando era considerata anch’essa come Dea della guerra, quanto le furibonde sommosse differiscono dalle regolari battaglie. […] Marte fu accusato da Nettuno di avergli ucciso contro ogni ragione il suo figlio Alitrozio ; e fu scelto un consesso di 12 Dei per giudicarlo, e il dibattimento ebbe luogo in un borgo d’Atene che d’allora in poi fu chiamato perciò Areopago. […] I mitologi aggiungono che fu cangiato in gallo da Marte un suo soldato di nome Elettrione, perchè non fece bene la guardia, quando egli andò a far visita a Venere, e il Sole lo scuoprì. […] 179 In onore di Marte fu dato da Romolo il nome al mese di marzo che era in quel tempo il primo mese dell’anno. […] E col nome di Mavors è chiamato Marte anche da Virgilio : magnam Mavortis ad urbem.

46. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-

Il mar, la terra, e ‘l cielo « Lacerati da lor, confusi e sparsi « Con essi andrian per lo gran vano a volo. […] Il nome stesso di Eolo, che deriva da un greco vocabolo significante vario o mutabile, allude alle successive mutazioni dei venti che predominano in quelle isole. […] I 4 Venti principali, rammentati anche da Omero, sono Borea, Noto, Euro e Zeffiro, nomi adottati dai Latini e conservati nella poesia italiana ed in alcune denominazioni scientifiche. […] I Geografi moderni non si accordano nell’assegnare il corrispondente nome latino o greco ai diversi Venti ora conosciuti e contrassegnati nella così detta Rosa dei Venti ; e la ragione è questa, che gli Antichi stessi furono incerti nel determinare da qual punto preciso quei Venti da loro notati e denominati spirassero ; e poi perchè invece di fare in principio la bisezione dell’angolo retto fra i punti cardinali e quindi suddividerlo, ne fecero la trisezione, ossia lo divisero in 3 : quindi è matematicamente impossibile il far corrispondere i loro punti intermedii a quelli determinati dai moderni. […] È da notarsi però che talvolta gli Autori e specialmente i poeti, nominano l’un per l’altro quei Venti che spirano tra lor più vicini, ossia usano i loro diversi nomi come sinonimi di uno stesso Vento.

47. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38

Dopo qùalche anno di esilio Saturno fu riammesso da Giove nel cielo fra gli Dei maggiori, ma destinato soltanto a presiedere al tempo. […] Giano era rappresentato con due faccie, e talvolta con quattro : con due, dicevano i pagani, per simboleggiare le due prerogative accordategli da Saturno, di prevedere il futuro e di non dimenticarsi del passato, ed anche come portinaio del cielo, affinchè potesse vedere e invigilare da per tutto senza bisogno di voltarsi. […] A Giano facevansi libazioni e preghiere prima che gli altri Dei, per ottenere da lui facile accesso a qualunque altro nume. […] Suppongono alcuni che, dopo essere stata la Giudea conquistata da Pompeo conoscessero i dotti, specialmente del secolo d’Augusto, i racconti biblici ; e sebbene non si trovi mai rammentata la Bibbia negli scrittori di quell’epoca, si sa per altro di certo anche da Orazio, che molti Ebrei (o come li chiamavano allora Giudei, perchè appartenenti al regno di Giuda), si erano trasferiti ad abitare e far loro arti in Roma ; e che si mantenevano sempre scrupolosi osservatori del giorno di sabato. […] Il pianeta di Saturno dai Greci era detto Phœnon, come sappiamo da Cicerone nel lib. 2° De Natura Deorum.

48. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24

Da queste idee pagane del Fato e della predestinazione derivò in filosofia il Fatalismo, il creder cioè e l’asserire che le nostre azioni non sono libere, ossia non dipendono dalla nostra libera volontà, ma da legge irrevocabile e da forza insuperabile del destino, come i fenomeni fisici. […] Anche in altri luoghi ritorna il sommo Poeta sullo stesso argomento, o indirettamente vi allude : tanto gli stava a cuore d’imprimer bene nella mente dei suoi lettori questa fondamentale dottrina del libero arbitrio, da cui dipende la moralità delle azioni, e quindi il merito o il demerito delle persone, e la giustizia del conferimento dei premii e della irrogazione delle pene ! […] Quindi Orazio la chiama sœva Necessitas (crudel Necessità) e la rappresenta in atto di portar colla mano di bronzo lunghi e grossi chiodi da travi, e cunei, ossia biette o zeppe, e uncini e piombo liquefatto, simboli tutti di costrizione o coazione15 La parola Fortuna è di origine latina ; deriva da fors significante il caso ; Fortuna è dunque la Dea delle casuali vicende, ma per lo più buone ossia favorevoli agli uomini ; e perciò Cicerone ne deduce l’etimologia a ferenda ope, dal recar soccorso. […] Le si dava inoltre il cornucopia da cui spargeva inesauribilmente frutti e fiori sopra la Terra, per significar le ricchezze che dispensava ai mortali16. Dante ha fatto poeticamente dipinger la Fortuna nel Canto vii dell’ Inferno da Virgilio poeta pagano, e perciò quella dipintura ha tinte più proprie del paganesimo che del cristianesimo.

49. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72

Quando i Titani furono spodestati da Giove ed espulsi dal cielo, andarono profughi sulla terra ; e la loro stirpe crebbe e si moltiplicò. […] Giove che intendeva riserbato esclusivamente a sè stesso il potere di crear gli uomini, punì crudelmente Prometeo col farlo legar da Vulcano ad una rupe del monte Caucaso, e di più col mandare ogni giorno un avvoltoio a rodergli il fegato, che di notte gli rinasceva e cresceva, per render perpetua la pena di lui. […] Questo è l’ordito della favola, secondo i più ; ma poi vi si fanno sopra tanti ricami e intorno intorno tante aggiunte e frangie, da tener lungamente occupato chi volesse darne di tutte la descrizione e la spiegazione : è questo l’argomento prediletto non solo dei poeti, ma pur anco di molti filosofi nostri e stranieri. Lo stesso gran luminare degli Inglesi, Bacone da Verulamio, nel suo libro De Sapientia Veterum, esamina ed interpetra più a lungo questa favola che le altre trenta da lui prescelte come meritevoli delle sue considerazioni. […] Il fuoco poi, come dice Bacone da Verulamio, è la mano delle mani, lo stromento degli stromenti, l’aiuto degli aiuti di tutte le arti degli uomini.

50. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294

Virgilio che nell’Eneide ha eternato co’suoi impareggiabili versi le origini mitologiche del popolo romano secondo le più comuni credenze antiche, fa derivare da Troia gli Dei Penati ; e da quel che egli ne scrive s’intende chiaramente che questi erano speciali Dei protettori della città, poichè fa dire ad Enea dall’ombra di Ettore, che Troia affida ad esso i suoi Penati ; e inoltre gli comanda che cerchi loro altre terre, erga altre mura 32. […] Riguardo poi all’ etimologia del titolo di questi Dei, che furon portati in Italia « ……. da quel giusto « Figliuol d’Anchise che venne da Troia, » lasceremo decidere ai solenni filologi di professione se il vocabolo stesso Penati discenda in linea retta o collaterale dal troiano linguaggio, come i Romani dai Troiani. […] Sappiamo infatti anche dagli storici essere stata comune opinione che quegli stessi idoli degli Dei Penati venuti da Troia fossero custoditi dalle Vestali in luogo nascosto ai profani insieme col Palladio, sacre reliquie troiane, che nessun vide giammai, ma nella cui esistenza tutti credevano ; — e quando si tratta di credere, non v’è bisogno di dimostrazione ; sola fides sufficit. […] La questione per altro verte intorno all’etimologia del nome ed alla origine di questi Dei, poichè v’è chi li crede così chiamati, perchè figli della Ninfa Lara o Larunda, ed altri ne derivano il nome da Lar antica parola etrusca che significa capo o principe. […] Oltre la diversa origine, troiana dei primi, etrusca o italica dei secondi, e le caratteristiche bene accertate degli Dei Penati, come abbiamo veduto di sopra, si potrebbero citare molte autorità di classici, da cui chiaramente apparisce il differente ufficio dei Penati e dei Lari.

51. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308

La voce Eroi, divenuta tanto comune in verso e in prosa non solo nelle lingue dotte, ma pur anco nella italiana e nelle altre lingue affini, è di origine greca ; ed i filologi antichi, incominciando da Servio commentator di Virgilio, ne danno tre diverse etimologie,45deducendole da tre diverse accezioni in cui trovasi usata quella voce, cioè di Semidei, di Dei Indigeti, e di uomini divenuti illustri o per dignità o per imprese di sovrumano valore. […] Ne abbiamo una conferma anche nei racconti delle leggende, riferibili a quell’epoca dolorosissima ; e da quei fatti leggendarii s’informarono i poemi romanzeschi che ammettono prodigii non meno strani di quelli dell’Odissea. […] Servio nel commento all’egloga 4ª di Virgilio deduce il nome di Heros da Hera significante, secondo esso, la Terra : quindi Eroe, secondo Servio, corrisponderebbe a Indigete, che abbiamo detto di sopra significare indes genitus cioè è terra genitus. Altri lo derivano da Aer, e fanno così corrisponder gli Eroi ai Genii dell’aria, che nel Medio Evo furon chiamati spiriti folletti. […] Vedasi l’epigramma del Giusti, che ha per titolo : Il Poeta e gli Eroi da poltrona.

52. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19

III Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori A 30,000 si faceva ascendere il numero degli Dei pagani : quindi la necessità di dividerli in classi ; la prima delle quali era detta degli Dei maggiori o superiori o supremi ; e questi erano soltanto venti, per lo più conosciuti e adorati da tutte le antiche nazioni. […] La Genealogia degli Dei, ossia la loro filiazione e parentela (almeno dei principali), è necessaria a conoscersi nella Mitologia pel doppio scopo, che da quella si deducono spesso i rapporti di causa e di effetto considerati dagli antichi nei fenomeni del mondo, e poi perchè frequentemente i poeti, invece di rammentare una divinità col suo nome principale e più conosciuto, fanno uso del patronimico, ossia di un vocabolo derivato o composto dal nome del padre di quella data divinità. […] Giove sposò Giunone elevandola al grado di regina del Cielo, ed ebbe da essa Marte, Vulcano ed Ebe ; e poi da altre Dee, ed anche da donne mortali, altri figli in gran numero, tra i quali qui noteremo soltanto quelli che furono divinità di prim’ordine, cioè Apollo, Diana, Mercurio e Bacco. […] Intanto però è da notarsi che questo termine di Natura è di un uso estesissimo in tutte le lingue, in tutte le scienze e nel comune discorso ; e perciò conviene indicarne i principali significati. […] I moderni, dopo l’invenzione del telescopio, scoprirono molti altri pianeti, e ai primi e principali da loro scoperti diedero il nome degli altri Dei superiori, esclusi soltanto l’Orco, ossia Plutone, Bacco e il Genio ; e poi ricorsero anche ai nomi delle divinità secondarie o inferiori ; e ora a quei pianeti che scuoprono di mano in mano quasi tutti gli anni, e qualche volta più d’uno all’ anno, attribuiscono un nome pur che sia ; e qualcuno dei più celebri scienziati, a preghiera dell’ astronomo scopritore, propone il nome da darsi al neo-scoperto pianeta ; il qual nome è subito comunicato a tutto l’orbe scientifico che lo registra premurosamente in tutti i suoi periodici e in tutte le carte uranografiche coi connotati caratteristici e distintivi, ossia con tutti quegli elementi astronomici che furono sino allora osservati e calcolati.

53. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131

Ma gl’ignoranti intendevano questi furti alla lettera ; col rubare accortamente senza essere scoperti, non credevano di far male, poichè imitavano un Dio e si stimavano da lui protetti. […] Batto si lasciò vincere da insaziabile cupidigia e manifestò quel che sapeva e avea promesso di tacere. […] Mercurio che non aveva tempo da perdere, per levar di mezzo quest’impaccio, la cangiò in livido sasso, simbolo del livore, ossia dell’invidia. […] Le ali di Mercurio non formavano parte del suo corpo come quelle degli uccelli, ma due eran fissate in un cappello da viaggio chiamato con greco nome il petaso (termine adottato in latino e in italiano) ; e ciascuna delle altre due in un paio di stivaletti o ghette che si chiamano con termine latino talari dal porsi ai talloni. […] « Da modo lucra mihi, da facto gaudia lucro ; « Et face ut emptori verba dedisse juvet. » (Ovid., Fast.

54. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278

Siccome poi, come dicemmo fin da principio, avevan foggiato i loro Dei a somiglianza degli uomini, così dopo averne ideati dei buoni e dei cattivi, ne immaginarono ancora degli scioperati e dei fannulloni, come da Esiodo son chiamati i Satiri. […] Il Dio Momo è da porsi vicino ai Satiri pel suo umor satirico ed impudente. Il greco nome Momos datogli da Esiodo significa disdoro ossia disonore. […] Sposò il vento Zeffiro e ottenne da esso l’impero sui fiori. […] Gli antichi Mitologi facevan derivare il nome di Pale da palea cioè dalla paglia, e i moderni filologi tedeschi dal verbo pasco.

55. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263

. ; e lasciando libero il freno alla immaginazione videro Divinità da per tutto, nei monti, nei fiumi, nelle fonti, nelle selve e perfino nelle piante, come col microscopio si vedono da per tutto brulicar gl’insetti e gl’infusorii. Sappiamo poi dagli scrittori ecclesiastici dei primi secoli del Cristianesimo (i quali studiavano con gran premura ed attenzione la Mitologia per dimostrare le assurdità della religione degl’Idolatri)1, molte particolarità che non si trovano altrove, perchè le trassero da quei libri dei Pagani2, che posteriormente furon perduti o distrutti nelle successive invasioni dei Barbari. […] III ; e deve parer probabile che fossero aumentati da quell’epoca al tempo in cui scriveva S. […] » Convinti dunque che il numero degli Dei Pagani fosse anzi più che meno di trentamila8, e assicurati al tempo stesso che migliaia e migliaia di questi sono sine nomine vulgus, e da spacciarsi in massa, (o come taluni dicono in blocco) e con poche e generali considerazioni sul loro comune appellativo, procediamo senza spaventarci ad osservare anche altre fantasmagorie preistoriche dei nostri più remoti Antenati. […] I più dotti commentatori di Dante, e tra essi anche il canonico Bianchi di onorata memoria, interpretano questo passo cosi : « per quanti idoli adorassero i pagani, voi ne adorate cento volte più, che vi fate idolo ogni moneta d’oro e d’argento. » Stando soltanto al numero di 30 mila Dei dichiarato da Varrone, e moltiplicandolo per cento, come dice Dante, ne verrebbero 3 milioni di Dei, adorati dai Simoniaci.

56. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9

Ma questo non toglierà che sia sempre necessaria la cognizione della Mitologia greca e romana, nella guisa stessa che la Paleontologia presuppone ed esige la cognizione precedente della storia naturale, perchè è impossibile il dedurre da frammenti di esseri organici fossilizzati, da secoli e secoli non più viventi sulla faccia della terra, la loro antica forma, i loro istinti, le loro abitudini e le loro leggi di vitalità, senza aver prima di queste stesse cose cognizioni esatte negli esseri organizzati viventi. […] E quando nel dar la spiegazione di qualche mito o favola non v’è da citare qualche verso o espressione di Dante, riporto esempii di altri poeti italiani, quali sono il Petrarca, il Poliziano, l’Ariosto, il Tasso, il Monti e il Foscolo. È da osservarsi peraltro che nè Dante nè gli altri poeti nostri adottarono i più strani, oscuri o assurdi miti dei Greci e dei Latini, e invece hanno preferito e trascelto quelli soltanto che racchiudevano le più belle immagini e i più chiari e notabili simboli dell’antica sapienza. […] E poichè in questa classe si trovano i più degl’italiani e quasi tutte le donne italiane, ho creduto che un libro facile e popolare di cognizioni mitologiche, non aggravato da una pesante mole di peregrina e non necessaria erudizione antica, possa riuscire accetto al maggior numero dei lettori. […] E poichè oggidì è riconosciuto e voluto, più che dai programmi governativi, dalla sana opinione pubblica, che non debbano andar disgiunti gli stùdii letterarii dagli scientifici, nè questi da quelli, confido che il mio tentativo di farne conoscere le molteplici relazioni con lo studio della Mitologia non debba essere stimato affatto privo di pratica utilità.

57. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137

Questa Dea era venerata al par di Giove da tutti i popoli civili, o almeno non affatto barbari e selvaggi. Anche nell’antichissima città di Troia aveva un tempio ed una celebre statua che i Romani pretendevano salvata da Enea e trasportata in Italia, e che fosse quella stessa che essi facevano gelosamente custodire nel tempio di Vesta come pegno della salvezza di Roma. […] La statua, opera di Fidia, più non esiste ; del Partenone vi restarono tali avanzi da poter fare su quelli la completa restaurazione dell’edifizio ; e se ne ha il disegno in molte stampe o incisioni. […] Dagli astronomi fu dato il nome di Pallade al secondo asteroide o pianeta telescopico, scoperto da Olbers il 28 maggio 1802. […] Tra questi periodici il più accreditato e diffuso è l’Ateneo inglese che si pubblica in Londra da molti anni.

58. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499

LXVIII Apoteosi degl’Imperatori Romani Benchè nella Greca Mitologia si trovino alcuni uomini illustri elevati agli onori divini, tali apoteosi molto differivano da quelle degl’Imperatori romani. Infatti in Grecia richiedevasi 1° che l’eroe da considerarsi come un Dio fosse figlio di una Divinità o per padre o per madre ; 2° che vivendo avesse compiute imprese straordinarie per valore o per ingegno a prò dell’umanità ; e 3° che solo dopo la morte, e quando in lui si riconoscessero le due precedenti condizioni fosse considerato e adorato qual Nume. […] Nell’Impero Romano all’opposto l’apoteosi degl’Imperatori e delle Imperatrici era divenuto un vile atto di adulazione al potere assoluto e dispotico del supremo imperante o dei suoi eredi e successori, non già come in Grecia un atto spontaneo delle popolazioni memori delle virtù dei suoi uomini illustri, e grate dei benefizii da essi ricevuti. […] Tutte le cerimonie dell’apoteosi, o consacrazione degl’ Imperatori romani, ci furono descritte estesamente non solo da Erodiano, ma ancora da Dione Cassio senatore, che assistè per dovere d’ufficio a quella dell’Imperator Pertinace l’anno 193 dell’E. […] Quando le fiamme giungevano all’ultimo piano, vedevasi volar via da quello un’aquila, e dicevasi che l’augel di Giove portava in Cielo e nel consesso degli Dei l’anima dell’Imperatore.

59. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496

Quegli antichi Romani per altro che tanto fecero maravigliare delle loro morali virtù gli stessi Padri della Chiesa, non conobbero le assurdità della greca fantasia ; e gli antichi precetti religiosi riportati da Cicerone con antico stile nel libro ii delle Leggi, sono ben lontani dalle aberrazioni dei poeti greci e dei latini dell’ultimo secolo della repubblica, che studiarono e imitarono la greca mitologia. Da Tito Livio e da Cicerone sappiamo che esistevano in Roma sino dai primi secoli della Repubblica più e diversi tempii dedicati alla Pietà, alla Fede, alla Libertà, alla Speranza, alla Concordia, alla Pudicizia, alla Virtù militare, all’Onore, alla Vittoria ed alla Salute pubblica, cioè alla più felice conservazione dello Stato. […] Gli stessi Baccanali introdotti in Roma da un Greco di oscura nascita (Grœcus ignobilis, come dice Tito Livio) e vituperosamente celebrati in adunanze clandestine furono legalmente perseguitati dal Console Postumio, e quindi proibiti dal Senato l’anno 566 dalla fondazione della città, e 186 anni avanti Gesù Cristo. […] Anche Orazio mette in versi la preghiera di un ladro a Laverna, Dea dei ladri, in cui alla furfanteria è congiunta la ipocrisia colle parole da justum sanctumque videri, perchè cioè quel ladro non si contentava di rimanere impunito, ma voleva anche apparire agli occhi del mondo uomo santo e pio per ingannare più facilmente il prossimo suo. […] Il riferirne ed analizzarne le poetiche descrizioni antiche e moderne è ufficio dei professori di rettorica e belle lettere, e il descriverne le antiche e le moderne sculture o pitture appartiensi ai professori gnostici ed estetici di Belle Arti, e non al Mitologo, poichè miti speciali non vi sono in queste astrazioni, o personificazioni, o apoteosi, da raccontare.

60. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27

La Terra : non v’era da sceglier molto fra i quattro elementi, poichè avevan considerato il Giorno e l’ Aria come genitori del Cielo, e volevano serbar l’Acqua per farne la moglie di Nettuno Dio del mare. […] Le fu aggiunto in appresso l’aggettivo di Prisca, per distinguerla da un’altra Vesta sua nipote, Dea del fuoco del culto delle Vestali in Roma. […] I moderni astronomi, che seguendo il sistema Copernicano abolirono anche le sfere, non che il loro movimento intorno al nostro globo, diedero il nome di Urano al pianeta scoperto da Herschel nel 1781, imitando così gli antichi astronomi, che ai pianeti più vicini al centro del loro sistema planetario avevano dato il nome dei principali figli di Giove, e al più lontano quello del padre di esso, cioè di Saturno ; perciò al pianeta che è più lontano di Saturno assegnarono il nome del padre di questo, cioè di Urano. Anche il nome di Vesta fu attribuito al 4° piccolo pianeta o asteroide scoperto da Olbers nel marzo del 1807 : ma poichè il segno simbolico che nelle carte uranografiche rappresenta questo pianeta è un’ara sormontata da viva fiamma, convien dedurne che gli astronomi abbiano inteso di rappresentar Vesta giovane, Dea del fuoco, anzi che Vesta Prisca moglie di Urano.

61. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78

XIV Il Diluvio di Deucalione Dopo che furono sterminati i Giganti dalla faccia della Terra, vi rimase la razza dei discendenti dei migliori Titani, quella degli uomini plasmati di creta e animati da Prometeo col fuoco celeste, e l’altra degli uomini che Giove stesso aveva creati. […] Trovarono da per tutto orribili delitti, nefandità di nuova idea ; e saputo tra le altre cose, che v’era un re d’Arcadia, Licaone figlio di Pelasgo, il quale imbandiva agli ospiti nuovamente venuti le carni di quelli arrivati prima, e facea poi servir di pasto le carni loro agli ospiti che arrivavano dopo, volle presentarsi egli stesso all’infame reggia divenuta macello e cucina di carne umana. […] E poichè il tentarne la prova a nulla nuoceva, vi si provarono ; e poco dopo videro con maraviglia che le pietre scagliate dietro di sè da Pirra erano divenute donne e quelle di Deucalione uomini. […] Trovansi infatti nell’interno del nostro globo strati di arena, di creta e di marmo che contengono conchiglie e frantumi di vegetabili ; e se ne deduce razionalmente che questi strati doveron formarsi sott’acqua nel modo stesso che vediamo accadere anche oggidì nel fondo dei laghi e nelle inondazioni dei fiumi. — Così una scienza che due secoli indietro non esisteva neppur di nome, e non supponevasi nemmeno che potesse esistere, ha fatto e va tuttodì facendo i più mirabili progressi, e risolve i più ardui problemi dei tempi preistorici, non già interpetrando le più o meno antiche tradizioni, le più o meno veridiche cronache o istorie, ma studiando i materiali stessi del nostro globo travolti e seppelliti da migliaia e milioni di anni per le forze irresistibili della Natura negli strati sottoposti a quello sul quale abitiamo. […] Questa denominazione fu proposta da sir Carlo Lyell, il più celebre dei geologi inglesi.

62. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-

iv e nel xxxix della sua storia ; anzi non si adottarono neppure i più strani ed assurdi miti della greca mitologia inventati da quelle fervide e sbrigliate fantasie dei greci poeti e dei greci sacerdoti. […] Ma quando la romana costanza che trionfò di tutti gli ostacoli e di tutte le più dure prove non fu abbastanza forte contro le prosperità e le ricchezze, e si lasciò vincer da queste, le idee morali cominciarono ad esser neglette ed obliate, e la religione stessa perdè il suo prestigio e la sua dignità, e non servì più allo scopo altamente sociale per cui fu istituita. […] Ai primi del secolo IV dell’era cristiana, Costantino Magno fu il primo imperatore cristiano ; ma soltanto negli ultimi anni dello stesso secolo furono officialmente aboliti da Teodosio il Grande quasi tutti i sacerdozii del Politeismo, incluso quello delle Vestali. I più ostinati a conservare il culto dei falsi Dei furono gli abitanti delle campagne e dei villaggi o borghi, che in latino chiamavansi pagani (aggettivo derivato da pagus che significa borgo o villaggio), e perciò il politeismo stesso fu detto il Paganesimo ; il qual termine divenne poi, tanto in prosa quanto in poesia, più comune e più usato che gli altri due di politeismo e di gentilesimo 169.

63. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320

Dicono i Mitologi che egli pure fosse re di Corinto ; ma il suo nome non trovasi nella greca cronologia di questi re ; e forse perciò aggiungono che fu subito dopo detronizzato da Preto e costretto a restar come ostaggio alla corte di lui. Quivi fu calunniato malignamente dalla regina Stenobea ; e Preto per le accuse della perfida moglie (volendo per altro schivare l’odiosità di farlo morire egli stesso senza apparente motivo), lo mandò da suo suocero Iobate re di Licia, con una lettera chiusa, che consegnò a Bellerofonte stesso, dicendogli che era una commendatizia, mentre invece conteneva la commissione di far morire il latore di quella. […] Gli Dei protettori dell’innocenza perseguitata favorirono quell’Eroe, sottoponendo ai suoi servigi il caval Pegaso posseduto prima da Perseo ; e con tale efficacissimo aiuto egli potè velocemente schermirsi da qualunque pericolo e vincere ed uccidere la Chimera.

64. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330

Non molto lungi dalla città v’era la folta selva Calidonia, da cui usciva il cinghiale per devastare ed uccidere, ed ivi tornava ad imboscarsi ; ed era impresa pericolosissima l’andare ad assaltarlo là dentro. […] Meleagro assente cominciò subito a sentirsi consumar le viscere da un fuoco interno inestinguibile. […] Quando lo seppe la madre, agitata dal rimorso e divenuta folle per disperato dolore si diede la morte ; il padre ne rimase affranto e istupidito e poco sopravvisse ; e le sorelle (tranne Deianira che era già moglie di Ercole), furon cangiate in uccelli detti Meleàgridi, nome che da alcuni Ornitologi si dà tuttora alle galline affricane (Numida Meleagris). […] Dopo aver narrato che i golosi son puniti nel Purgatorio con una fame canina resa più acuta dal vedersi dinanzi agli occhi, come Tantalo nell’ Inferno pagano, i pomi e l’acqua senza poterne gustare ; il qual tormento rendeva talmente magre e scarne quelle anime, che « Negli occhi era ciascuna oscura e cava, « Pallida nella faccia e tanto scema « Che dall’ossa la pelle s’informava, cominciò a pensare « Alla cagione ancor non manifesta « Di lor magrezza e di lor trista squama ; » e non potendo trovarla da sè, finalmente, fattosi coraggio, domandò a Virgilio : « ……Come si può far magro « Là dove l’uopo di nutrir non tocca ? 

65. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — I. La Cosmogonia mitologica » p. 10

Sulla Cosmogonia dunque creduta vera dai Greci e dai Romani, e ammessa come base dei loro miti, convien trattenersi alquanto, considerando il principio generale da essi riconosciuto, che la materia fosse eterna, cioè fosse sempre esistita, ma tutta confusa e mista, in una massa rozza ed informe chiamata Caos (Ovid., Metam.  […] Nel sistema storico, e secondo il principio cattolico, le antiche favole mitologiche sono avanzi di tradizioni religiose e sociali tramandate da tempi migliori, e per la degenerazione degli uomini contraffatte. (Osservazione del Tommasèo, a me comunicata per lettera, e da lui riportata nella Nuova Antologia, dicembre 1873).

66. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2

» Ci siamo poi studiati di render profittevole alla morale questa lettura, eccitando i giovinetti a ricavare utili avvertimenti da ciò che per lo più era di solo pascolo alla curiosità giovanile. È noto che molta dell’ antica sapienza civile e politica è riposta nelle spesso oscure e per noi strane allegorie della favola ; ma l’esporla non sarebbe argomento da libro elementare, nè studio adattato all’età de’ nostri lettori. Bensì abbiamo avuto cura, per ciò che alla moralità si riferisce, d’aggiungere alcune interpretazioni che non ci parvero troppo superiori all’ intelligenza comune. » Ora, per aderire alle ricerche che ne vengono fatte, ristampiamo il Corso di Mitologia, riveduto e migliorato con aggiunte del traduttore, ed ornato di stampe fatte da valenti artisti, utilissime a dar meglio a conoscere le cose descritte, pregevoli perchè ricavate dai celebri monumenti dell’arte antica.

67. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30

Saturno memore del patto di famiglia convenuto col fratello maggiore Titano, di non allevar cioè figli maschi, il primo che gli nacque da sua moglie Cibele, lo divorò. […] Ma cadono poi nel feticismo, ossia nel culto materiale dei prodotti della natura (feti) 24), quei mitologi i quali ci raccontano che quella pietra divorata da Saturno, e da lui non ben digerita, adoravasi nel mondo sotto il nome di abdir o abadir.

68. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289

Si rappresentano generalmente seduti in un terreno alquanto declive e colle gambe stese per indicare il corso del fiume e la pendenza dell’ alveo : ha ciascuno di essi presso di sè un’urna da cui esce l’acqua per significar la sorgente ; e se il fiume è navigabile, si pone in mano alla figura del Dio un remo : se poi il suo corso si dirama in due o più alvei, si aggiungono sulla fronte del Nume due corna. […] come fanciullo « Di mandre guardïan cui ne’piovosi « Tempi il torrente, nel guadarlo, affoga. » Avremo da parlar tanto delle prodezze di Achille (invidiato dallo stesso Alessandro il Grande per la singolar fortuna di averne per banditore Omero), che non vi sarà spazio a raccontar questa sua unica paura, che trova qui posto più opportuno, parlandosi delle prodezze e dei vanti dei fiumi della Troade. […] E da notarsi che in Omero si trovano spesso due nomi dati all’istesso oggetto o alla medesima persona.

69. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) «  Avviso. per questa terza edizione.  » pp. -

Giovi poi ripetere come la traduzione di quest’opera non sia un semplice volgarizzamento, giacchè il Signor Pietro Thouar l’ha in gran parte rifusa e vi ha fatte delle notabili aggiunte le quali consistono in molte e nuove illustrazioni poetiche dei fatti mitologici, cavate da alcuni dei nostri più valenti poeti ; in una Cronologia mitologica, ossia indicazione delle più notabili epoche storiche alle quali si riferiscono le favole ; e principalmente in un’ Appendice che contiene varj ragionamenti d’illustri scrittori concernenti la caduta del Paganesimo e la fondazione del Cristianesimo. […] Ma a volere che sia parte proficua della storia dell’umano incivilimento, e che vada immune da qualsivoglia rischio d’ingenerare [ILLISIBLE]nelle menti inesperte dei giovani, è mestieri che la ce[ILLISIBLE]ità dell’idolatria e del politeismo sia posta a confronto della Verità Divina del Cristianesimo, e che sia fatto conoscere il passaggio dalla civiltà antica basata su falsi fondamenti, alla civiltà nuova sostenuta dall’ opera della Redenzione.

70. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -

E la lettera correva di certo, ed io la spedii subito, e qui la riporto per copia conforme : « Il saggio di Mitologia in uso delle Scuole, che sotto fascia le mando, è parte di un lavoro compiuto, e che da esperti nell’insegnare ebbe lode ; e io, proponendoglielo, ne dico assai ; e meglio di me lo raccomanda il Compendio di Cosmografia, lavoro dell’autore medesimo, accettato da più di una Scuola in Toscana, e di cui l’avveduto signor Barbèra credette utile farsi editore.

71. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492

E poichè i moderni filosofi, e tra questi il Pestalozza, discepolo e seguace fidissimo del Rosmini, danno alla religione pagana il titolo di Panteismo Mitologico, è questo un altro motivo di credere che il sistema da me prescelto sia il più opportuno a spiegare i miti dei Greci e dei Romani. […] Il Sabeismo sarebbe stato anch’esso, com’era in origine, una specie di Feticismo, benchè meno goffo, non meno però materiale (poichè anche gli astri son composti di materia cosmica), se ben presto non fosse invalsa l’idea e la credenza che gli astri fossero regolati e diretti nel vero o nell’apparente lor corso da Esseri soprannaturali che vi presiedevano.

72. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14

Par dunque che gli Antichi ammettessero la generazione spontanea degli Dei dalla materia, come i naturalisti moderni ammettono la generazione spontanea di certi insetti ed altri animaluzzi ; e che i mitologi andassero anche più oltre del Darwin e compagni antropologi ; poichè mentre questi suppongono la successiva trasformazione della materia nei diversi esseri organizzati, compreso l’uomo (il quale perciò verrebbe ad essere una scimmia perfezionata), quelli facevano nascere ad un tratto dagli elementi del Caos gli stessi Dei, come nascono da un giorno all’altro i funghi dalla terra. […] Sembra che voglia dire a chi ha orecchi da intendere : Vedete !

73. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254

Oggidì che hanno sì gran credito gli studii preistorici sugli uomini primitivi dell’età delle armi di pietra e delle abitazioni lacustri, di quel tempo cioè in cui i nostri antenati Europei eran forse più rozzi dei selvaggi dell’America scoperti da Colombo, non potrà stimarsi meno importante lo studio intorno alle origini delle idee morali che ebbero tanta efficacia sulla civiltà greca e romana.

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