/ 75
16. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231

L’antichissima invenzione dell’ obolo da pagarsi a Caronte fu bonariamente creduta una indubitabile verità nei secoli più rozzi ; e perciò nelle funebri cerimonie ponevasi una piccola moneta di tal nome nella bocca degli estinti258. […] E qui ne faremo una breve rassegna. […] Questo strano racconto era così divulgato e creduto, che i Pelopidi, ossia i discendenti di Pelope, portavano un distintivo, o come ora direbbesi, una decorazione, consistente in una piccola spalla d’avorio263). […] È notabile che nell’Inferno dei Pagani le pene non hanno una evidente correlazione ai delitti, nè vi si scorge una opportuna proporzione fra questi e quelle. […] Anche in Meccanica ha il nome di Danaide una specie di ruota idraulica che serve a convertire il movimento rettilineo di una corrente d’acqua in un movimento di rotazione continua ; e si fece così una felice allusione al continuo attinger dell’acqua, che era la pena delle Danaidi.

17. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122

Chiamavasi egli Endimione, e stava sul monte Latmo che è nella Caria ; ed essendosi in una di quelle caverne addormentato di un profondo sonno mandatogli da Giove, la Luna andava tutte le notti non vista a visitarlo, quantunque egli dormisse. […] Trovansi pitture e stampe in cui vedesi Endimione addormentato in una caverna e la Luna che sta a guardarlo. […] Dissero i mitologi che Atteone, perchè apparteneva ad una famiglia odiosa a Giunone, fu spinto malignamente da questa Dea ad entrare in quel boschetto per procurargli una sì miseranda fine. […] Sapendo soltanto che ad Ecate si attribuivano tre teste, una di cavallo, una di cane ed una di leone e, secondo altri, di cinghiale, basta questo perchè tal mostruosa Dea faccia orrore. […] Omero però non parla di questa ributtante Dea, e il passo in cui ne discorre Esiodo credesi interpolato dagli Orfici, una specie di riformatori o di eretici dell’antico paganesimo.

18. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424

Aglaia, una delle tre Grazie, 175. […] Atropo, una delle Parche, 235. […] Cloto, una delle Parche, 235. […] Megera, una delle Furie, 232. […] Spio, una delle Nereidi, 316.

19. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151

Parve strano ai mitologi ed ai poeti meno antichi che Cupido si occupasse sempre a saettar colle sue freccie uomini e donne, Dei e Dee, senza pensar mai a scegliersi una sposa per sè ; e inventarono una complicatissima favola, una specie di romanzetto all’uso di quelli delle Fate del medio evo, o delle Mille e una notti, e conclusero che dopo mille prove a cui Cupido, nascondendo l’esser suo, sottopose la curiosità e la fiducia della sua eletta, sposò finalmente e rese felice col più invidiabile degli imenei la bella e vivacissima Psiche. […] Si aggiogavano al carro di Venere le colombe, perchè sono affettuosissime e feconde ; e la favola aggiunge che erano sacre a questa Dea, perchè fu cangiata in colomba una Ninfa sua prediletta chiamata Peristeria, per un infantile vendetta di Cupido su questa Ninfa che aveva aiutato Venere a vincere una scommessa a chi coglieva più rose. La rosa erale sacra perchè per bellezza e fragranza è la regina dei fiori : il mirto perchè è una pianta che meglio vegeta intorno alle acque, dalle quali credevasi esser nata Venere. […] Esiste anche in Firenze nella Galleria degli Uffizi una vaghissima pittura del Botticelli rappresentante Venere nel modo qui sopra descritto. […] Epitalamio è parola di greca origine, che in quella lingua significa sul talamo, ossia letto nuziale ; e perciò sta ad indicare una canzone per nozze.

20. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278

L’immagine della Dea Flora è simile a quella della Primavera : ha mazzi di fiori in mano, una corona di fiori in testa, e fiori spuntano sul terreno ov’ella posa le piante. […] I Romani ponevano la statua di Priapo nei loro orti o giardini, ma per far soltanto da spauracchio agli uccelli ; e a tal fine ed effetto nell’alto della testa gli piantarono una canna con stracci in balìa del vento. […] Se ne attribuisce l’invenzione a Numa Pompilio, che volle così santificare con una idea religiosa il diritto di proprietà e renderlo inviolabile coll’attribuire la rappresentanza di una Divinità tutelare di tal diritto a un segno materiale dei legittimi confini di esso. […] Oltre l’esecrazione religiosa, corrispondente alla scomunica maggiore, v’era la pena della deportazione in un’isola e la confisca del bestiame e di una terza parte dei beni del condannato. […] Lo stesso Michelangiolo giovanissimo scolpi una bella testa di Fauno.

21. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54

Cerere ebbe da Giove una figlia chiamata Proserpina in latino e in italiano, Persephone in greco, che rappresenta una splendida parte nelle vicende e negli attributi di sua madre. […] Sono emblemi suoi distintivi una corona di spighe di grano sulla fronte e parimente un fascio o covone di spighe in braccio ; in una mano la falce, e talvolta un mazzo di papaveri nell’altra. […] Per maggior distinzione fu rappresentata ancora talvolta con una doppia fila di mammelle, per cui le si dava il titolo di Mammosa. […] Forse la somiglianza del nome, che in latino è omonimo con quello di questo piccolo rettile, diè motivo ad inventare una tal trasformazione. […] Ripeterò in questo scritto più d’una volta che senza la cognizione della Mitologia non si possono interpretar bene i poeti, e neppure le vere o probabili origini storiche.

22. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215

Plutone era rappresentato assiso in un trono di zolfo, con viso arcigno e sguardo truce, con una mano sostenendosi il mento e coll’altra impugnando lo scettro, che era una forca bicorne : in capo avea la corona ; un manto ricuoprivalo dai fianchi in giù ; e ai piedi aveva il tricipite Can Cerbero. […] Essendo Caronte il barcaruolo dell’Inferno, s’intende subito che doveva trovarsi molto occupato a traghettar le anime dei morti (specialmente nei giorni delle più micidiali battaglie), dall’ una all’ altra riva dello Stige o dell’Acheronte. […] In tal modo venivano i mitologi a rappresentare i rimorsi di una rea coscienza248. […] E poichè queste roccie (principalmente i graniti e alcuni porfidi), sono in parte affini alle formazioni vulcaniche, prescelsero per esse una denominazione derivata da Plutone Dio infernale che aveva maggiore affinità con Vulcano, Dio del fuoco. […] I naturalisti danno il nome di Cerbero a un genere di piante della famiglia delle Apocinee, che hanno proprietà velenose ; ed inoltre ad una specie di vipere.

23. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341

« Erano sette in una schiera, e tutte « Volto di donne avean pallide e smorte, « Per lunga fame attenuate e asciutte, « Orribili a veder più che la morte. […] « E così in una loggia s’apparecchia « Con altra mensa altra vivanda nuova. […] « Quasi della montagna alla radice « Entra sotterra una profonda grotta, « Che certissima porta esser si dice « Di chi all’inferno vuol scender talotta. […] Sarebbe dunque rimasta vana ed inutile la spedizione degli Argonauti, quanto al fine ultimo della medesima, se Giasone non avesse trovato una Maga che lo aiutasse a superare ogni ostacolo soprannaturale. […] Anche Pindaro fece una lunga narrazione di questa impresa nell’Ode iv delle Pitiche.

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183

Ha in testa una corona d’alghe o altre piante marine, e sta in una gran conchiglia posta sopra un carro tirato da quattro cavalli marini attaccati di fronte. […] Scipione Africano partì dalla Sicilia andando con una flotta a fiaccare in Affrica la potenza cartaginese, fece dall’alto della nave una pubblica preghiera a tutti gli Dei e le Dee del mare, come lo stesso Tito Livio riferisce nella sua Storia, trascrivendo o componendo di suo le solenni frasi rituali. […] È rappresentata questa Dea come un’avvenente giovane con una reticella da capelli che le cinge la testa, – probabilmente a significare la pesca colla rete. […] La favola è questa : Glauco era un pescatore della Beozia, il quale un giorno si accorse che i pesci da lui pescati e deposti in terra sopra l’erba, gustando di quella prendevano un nuovo vigore e quasi una nuova vita, e spiccando un salto ritornavano in mare. […] A questo Nume costituito in sì umile ufficio attribuirono una prerogativa degna dei più grandi Numi e dello stesso Giove, quella cioè di prevedere il futuro ; ed inoltre di poter prendere qualunque forma che più gli piacesse.

25. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131

E chi fu mai sì losco o dell’occhio o dell’intelletto che non abbia veduto e ammirato, in tela, in legno, in plastica, in bronzo o in marmo, dipinta o sculta, una svelta ed elegante figura di un giovane nudo con due piccole ali al capo ed ai piedi147 ed avente in mano una verga a cui stanno attortigliati due serpenti ? […] La parola Erme fu poi usata in greco e in latino a significare il busto del dio Mercurio posto sopra una colonnetta ; e in questa stessa significazione si adopra tuttora in italiano, ma estendendola a indicare qualunque busto di Dei o d’uomini, posto egualmente sopra una piccola colonna. […] E su queste illazioni inventarono subito una quantità di fatti mitologici, che, abbelliti dalla fantasia e dal linguaggio di sommi poeti, conviene almeno brevemente accennare. […] La più comune dicesi volgarmente Marcorella, che è una corruzione del termine mercuriale. […] Ne furon fatte e se ne ripetono sempre una infinità di copie di diverse dimensioni.

26. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194

Alcuni naturalisti (specialmente fra gl’Inglesi) danno ancora il nome di Sirene ai cetacei erbivori, detti comunemente Lamentini (Manatus), che formano la transizione fra le balene e le foche, e la cui forma, nelle parti superiori del corpo, si discosta meno di quella degli altri cetacei dalla figura umana, mentre poi vanno a finire in una coda orizzontale, come una gran parte dei pesci227. […] Cariddi poi, benchè creduta figlia di Nettuno e di Gea, ossia della Terra, fu detto che si dilettava di assaltare i passeggieri e i naviganti, e di annegarli nel mare ; e che, fulminata da Giove, cadde nello stretto o faro di Messina, e vi formò una pericolosa voragine. […] « L’Orca a seguire il canapo è costretta « Da quella forza che ogni forza eccede, « Da quella forza che più in una scossa « Tira, ch’in dieci un argano far possa. […] Anticamente vi era su quella costa una città chiamata Scilla ; ed ora vi è un paese dello stesso nome, che gli abitanti pronunziano come se si scrivesse Sciglio. […] Ho riportato tutta questa poetica descrizione, perchè vi è dipinta mirabilmente l’ardita impresa di uccidere una Balena negli Oceani glaciali.

27. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172

Accompagnato da una turba magna di zelanti seguaci di ambo i sessi percorse la terra sino alle Indie, e conquistò facilmente al suo culto anche questa regione. Egli aveva sempre l’aspetto di giovane197, con volto reso più rubicondo dalle copiose libazioni di vino ; in testa una corona di ellera e di corimbi, ed anche di pampini con grappoli d’uva pendenti ; in mano un tirso (cioè una verga a cui era attortigliata l’ellera, oppure i pampini) ; una pelle di tigre o di pantera gli ricuopriva in parte le membra, nude in tutto il resto ; e viaggiava in un carro tirato da animali feroci, per lo più tigri o pantere. […] Arianna (per chi non lo sapesse) significa molto piacente ; e Bacco a cui piaceva il bello ed il buono se ne trovò molto contento, e le regalò come dono nuziale una preziosissima corona d’oro e di gemme, opera egregia di Vulcano, la quale poi fu cangiata in una costellazione che porta ancora il nome di corona di Arianna. […] Penteo re di Tebe che voleva abolire il culto di Bacco fu ucciso dalla propria madre Agave, che insieme con altre Baccanti venuta in furore lo aveva creduto una fiera ; e questa favola contiene il più grande esempio degli eccessi a cuipuò condurre l’ubriachezza. […] Testimoni i Germani, i Batavi, i Britanni e gli Sciti, e in una parola tutti i popoli nordici, bevitori di cervogia ossia birra, odiosissima a Bacco206.

28. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103

Il Sole nel corso dell’anno percorreva una strada (detta dagli astronomi orbita, e più propriamente eclittica), la quale resta nel mezzo ad una fascia o zona del cielo di 16 in 17 gradi, ed ove scorgonsi le 12 costellazioni, in direzione di ciascuna delle quali successivamente va il Sole a tramontare nei diversi mesi dell’anno. […] Di Apollo esistono molte statue ; una delle quali, che è una maraviglia dell’ arte greca, ammirasi nella galleria del Vaticano in Roma, ed è chiamata l’Apollo di Belvedere. […] Inoltre gli attribuirono un figlio che fu il più valente medico sulla Terra, e dal quale nacque una figlia che fu la Dea della Salute. […] Idearono ancora i mitologi che Esculapio avesse una figlia chiamata Igiea, o Igia. Fu questa una personificazione, o vogliam dire deificazione dellaSanità, come significa il greco nome di questa Dea.

29. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316

Acrisio credè invece che bastasse rinchiuder la sua in una torre di bronzo per impedire che prendesse marito. […] Acrisio prese allora un’altra mezza misura : fece chiuder la madre e il figlio in una cassa di legno e gettarli nel mare ; ma e figlio e madre illesi, dopo varii pericoli che poco importa il descrivere, furon trasportati con tutta la cassa nell’isola di Serifo (una delle Cicladi nel mare Egeo), e ospitalmente accolti dal re Polidette. […] Ma per non perdere il vanto del valor personale e per non nuocere agl’innocenti, teneva nascosto in una borsa di pelle il teschio di Medusa, e se ne valeva soltanto nei casi di maggior bisogno ed estremi. […] Giunse Perseo senz’altri incidenti all’isola di Serifo, e trovò che Polidette voleva costringer Danae a sposarlo ; ed egli per toglier d’impaccio la madre, lo cangiò in una statua. […] Vi si aggiungono altresì i prosatori antichi Apollodoro e Pausania, i quali però invece della torre di bronzo rammentano una camera sotterranea di bronzo come luogo della reclusione di Danae.

30. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47

Da queste due condizioni credeva il popolo che dipendesse la prosperità dello Stato ; e temeva imminente una grave sciagura, se fossero neglette o non rispettate. […] L’ufficio loro durava per trent’anni ; dopo il qual tempo potevano uscir di convento e prender marito : il che però di rado accadeva, poichè fu considerata una determinazione infausta per la Vestale. […] Ebbero luogo pur troppo, e più d’una volta ; ed anche in Tito Livio ne troviamo il ricordo e la narrazione49. Ma però in compenso e premio di una vita esemplare e dell’esatto adempimento dei loro ufficii e voti, si accordavano alle Vestali molti e singolari privilegi. […] Il Pontefice Massimo quando avea scelto una di queste giovanette, per consacrarla Vestale usava la semplice formula : Te, Amata, capio.

31. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284

Ammettevano per altro i Mitologi un grande assurdo, che cioè queste Divinità potessero morire ; il che è una contradizione in termini teologici. […] Queste nutrirono l’infante Nume col latte di una capra detta comunemente Amaltea dal nome di una di queste due Ninfe a cui apparteneva. […] Quanto poi all’orgoglioso amor proprio di Narciso, la Mitologia inventò molto a proposito che egli ne fu punito coll’essersi innamorato della propria immagine, veduta nello specchio delle acque di una fonte, e che credendola una Ninfa stette tanto a guardarla che ivi morì di estenuazione e fu cangiato nel fiore che porta il suo nome. […] Anche la Ninfa Galatea è molto rammentata, specialmente dai poeti latini, come una delle più belle Ninfe ; e dicono che se ne fosse invaghito quel mostruoso gigante Polifemo che fu re dei Ciclopi ; ma vedendosi preferito il pastorello Aci, lo uccise gittandogli sopra dall’ alto di un monte un macigno. […] I pittori hanno gareggiato a rappresentar Galatea di bellissime forme, ed una delle più belle è quella che vedesi nella Galleria degli Uffizi in Firenze.

32. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85

Nella sua pubblica rappresentanza è una Dea maestosa e benefica ; ma essa pure, nella vita che diremmo privata o domestica, ha i suoi difetti non meno di Giove, sebbene di un altro genere : è superba, dispettosa e vendicativa. […] Siccome è regina del Cielo e degli Dei ha in capo il diadema ; il suo volto è maestoso ; ha grandi gli occhi, bianche le braccia93), lunga la veste matronale e il manto, i cui lembi estremi le stanno ricinti a mezzo la persona ; in una mano ha lo scettro e talvolta nell’altra una melagrana frutto dell’albero a lei sacro, e ai piedi il pavone. Le si dà inoltre un trono d’oro, un ricco e splendido carro tirato da due pavoni, una messaggiera chiamata Iride ed un corteo di quattordici bellissime ninfe94). […] Ebe oltre ad esser la dea della gioventù, mesceva il nettare agli Dei, quando erano a convito con Giove ; perciò si rappresenta come una giovanetta ingenua e gentile con un’idria in mano ed in atto di mescer da quella la celeste bevanda. […] Era questa una Ninfa o Dea inferiore, figlia di Taumante ; e credevasi che essa per discender sulla terra ad eseguire gli ordini di Giunone passasse per quella splendida via che è contrassegnata nel cielo dall’arcobaleno.

33. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38

Anche Orazio disse che l’anima era una particella dell’aura divina 27). Questa per verità apparisce una opinione più filosofica e biblica28) che mitologica. […] Ma il nostro Dante fa una gran tara a queste poetiche iperboli, dicendo : « Lo secol primo quant’oro fu bello ; « Fe’ savorose per fame le ghiande, « E nettare per sete ogni ruscello. » Ammette sì la felicità di una vita semplice e innocente ; non la contorna però d’ozio e di squisiti cibi gratuiti ; ma ne pone per base la frugalità e per condimenti la fame e la sete. […] Si rappresenta come un vecchio alato, avente in una mano una falce ; oppure una fanciullo in atto di divorarselo, e dall’altra o presso di sè un orologio a polvere, oppure un serpente che si morde la coda e forma così un circolo non interrotto. […] Aveva in una mano una chiave, e nell’altra una verga : la prima significava non solo che Giano era il celeste portinaio, ma ancora il custode delle case ; e colla verga si voleva far supporre che egli indicasse ai viandanti la strada.

34. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68

Ma poichè queste si rassomigliano come due successive ribellioni domate e compresse, furon dai poeti riunite le strane vicende di entrambe in una sola narrazione, e come se fossero una sola guerra. […] Per altro in una narrazione critica dei miti convien distinguere le due guerre e toccar brevemente anche della prima, cioè della Titanomachia. […] La prima guerra poteva anche riguardarsi come una collisione di diritti o di pretese fra due famiglie dinastiche ; ma la seconda era stimata, come direbbesi modernamente, una irruzione del Comunismo a distruzione del Gius Costituito, ossia dell’ordine sociale di fatto ; e gli antichi la considerarono come una lotta del principio del male contro quello del bene, e perciò celebrarono la vittoria di questo72. Fatta una tal distinzione, resta ora da accennare soltanto i fatti e le vicende principali della Gigantomachia. […] Il caso più strano di questa guerra si fu che tutti gli Dei, non che le Dee, ebbero una gran paura dei Giganti, e la massima parte fuggirono vilmente dal Cielo ; e per celarsi meglio e non esser riconosciuti, invece di travestirsi da plebei come fanno i principi fuggiaschi del nostro globo, si trasformarono in bestie ed alcuni anche in piante, e si ricovrarono quasi tutti in Egitto.

35. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114

Come Dio della Poesia rappresentavasi Apollo con una corona di lauro, pianta a lui sacra ; e come Dio della Musica, con una cetra nelle mani, in atto di trarne suoni ; e generalmente questi due simboli si trovano riuniti nelle sue immagini sculte o dipinte, perchè le due arti sorelle non andavano anticamente disgiunte, come abbiam detto. […] Erato con una corona di rose e di mirto, tenendo in una mano la lira e nell’altra il plettro. […] Talia con volto allegro e ridente, la corona d’ellera in capo e una maschera, oppure, come voleva il Parini, uno specchio in mano. […] Inventarono i mitologi che le Muse fossero inseguite da Pireneo re della Focide, e che per salvarsi dalle violenze di lui, che le aveva raggiunte nell’alto di una torre, mettessero le ali e volassero via. […] Questa favola ci rappresenta evidentemente un tiranno persecutore dei dotti e della civiltà, ammazzato a furia di popolo in una rivoluzione di piazza.

36. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325

Fu questa una bellissima giovinetta, che Giove rapì trasformatosi in un bianchissimo e placidissimo toro. […] Cadmo, dopo averla cercata invano per un anno, trovandosi vicino a Delfo, consultò quel celebre Oracolo per sapere se fosse possibile trovarla, e dove ; ma l’Oracolo non rispose alla sua domanda, e invece gli disse di fabbricare una città ove incontrasse una giovenca smarrita dalla mandra. […] Intanto una voce uscita dalla caverna donde sgorgava la sorgente, gli presagì il castigo dell’empio suo fatto ; ma apparsagli Minerva lo confortò, e gli suggerì di prendere i denti di quel serpente da lui ucciso e seminarne alquanti nel terreno. […] Di lui ci dicono i Mitologi che si ritirò insieme colla moglie in una solitudine, e che ivi furono ambedue cangiati in serpenti, e posti da Plutone a guardia degli Elisii. […] Muller l’ha rigettata, considerando Cadmo come una Divinità pelasgica.

37. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505

Poi divenne un nome di una particolare Divinità ; e Cicerone nel lib.  […] Deor. ci dice che la rappresentavano con una pelle di capra sulle spalle, con un’asta e un piccolo scudo e i calzari rovesciati ; ma che questa non era nè la Giunone Argiva, nè la Giunone Romana. […] Il buon popolo di Numa non solo vide co’suoi propri occhi il miracolo, ma udì anche una voce dal Cielo che prometteva ai Romani la maggior potenza finchè avessero conservato quello scudo. […] Si tenevano tutti custoditi con molta cura, e solo una volta all’anno nel mese di marzo i sacerdoti del Dio Marte li portavano per le vie della città cantando e saltando secondo il rito. […] Le aggiunsero il titolo di Perenna perchè era considerata come una Ninfa del fiume Numicio.

38. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202

E il nostro Dante valendosi della facoltà consentita ai poeti greci e latini, e specialmente dietro l’esempio di Virgilio suo maestro ed autore, costruì un Inferno che sarà sempre una maraviglia non solo della sua fantasia, ma pur anco della sua sapienza morale e politica. […] I Pagani sapevano molte vie per andare all’Inferno ; ma ne rammentavano principalmente due : una sotto il promontorio di Tenaro (ora capo Matapan al sud della Morea) ; e l’altra sulle sponde del lago Averno in Italia. […] Con una periferia di 21,600 miglia geografiche pari a 40,000 chilometri, e per conseguenza con una superficie di più di 500 milioni di chilometri quadri ed una capacità per più di 3000 milioni di chilometri cubi, vi possono star comodamente non solo migliaia, ma anche milioni di materie e di sostanze diverse, solide, liquide e aeriformi. […] Orazio ne fa poeticamente una splendida descrizione nell’ Ode 16ª del lib.  […] Quando si trova un gesuita tra i più zelanti antesignani di una ipotesi scientifica, anche il devoto femmineo sesso può rassicurarsi che non vi è nulla che offenda la Religione.

39. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78

Per nove giorni e per nove notti piombarono senza intermissione le acque dirottamente su tutta la Terra ; e per affrettar la pena, anche Nettuno vi si accordò col sollevare dai più bassi fondi i flutti come in una straordinaria marea e spingerli ad invadere le vicine convalli. Tutti perirono, fuorchè un sol uomo ed una sola donna, Deucalione e Pirra, che si salvarono in una nave ; la quale dopo aver lungamente errato in balìa delle onde fu spinta e fermossi in Grecia sul monte Parnaso. — Di quale stirpe e famiglia erano essi i due fortunati o pii, che soli ebbero in sorte o meritarono di scampare dal generale esterminio ? […] Ecco perchè, dicono i poeti, noi siamo una dura stirpe, tollerante delle fatiche, e diamo indizio della dura origine nostra ! […] Vedonsi nel mezzo di una squallida campagna, e sotto un cielo fantasmagoricamente nuvoloso per l’umido vapore sollevato dalle recenti acque ancora stagnanti, Deucalione e Pirra seduti sul terreno l’uno di faccia all’altra in atto di scagliare dietro le spalle una pietra, e a poca distanza le pietre già prima scagliate divenir gradatamente uomini e donne. […] Ho notato più di una volta, e tornerò ancora a notare, che i termini mitologici sono adottati in quasi tutte le scienze ; e che la cognizione della Mitologia aiuta molto ad intendere il significato generale di quelle denominazioni scientifiche.

40. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269

È una eccezione al mio metodo, che mi par giustificata dall’ufficio eccezionale e dalla forma particolare di questo Dio. […] Sul dorso aveva un mantello o clamide di pelle di pardo, in una mano la verga pastorale e nell’altra la sampogna. […] Egli pure voleva sposar per forza una Ninfa di nome Siringa ; ma essa avendo pregato gli Dei a liberarla da un sì fatto sposo, ottenne soltanto di esser cangiata in canna, come Dafne in lauro. […] Sul rozzo stromento della sampogna fanno i Mitologi una infinità di commenti. […] Ma poichè timor pànico venne posteriormente a significare anche presso i Pagani una paura senza fondamento, ciò stesso dimostra che si aveva per una ubbìa e non per un miracolo.

41. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72

Prometeo col favore di quegli Dei che eran più amanti e protettori dell’ingegno e delle arti, rapì dal Cielo, o come altri dicono, dal carro del Sole, una divina scintilla di fuoco, e con essa animò le sue statue, e le fece divenire uomini viventi e parlanti. Giove che intendeva riserbato esclusivamente a sè stesso il potere di crear gli uomini, punì crudelmente Prometeo col farlo legar da Vulcano ad una rupe del monte Caucaso, e di più col mandare ogni giorno un avvoltoio a rodergli il fegato, che di notte gli rinasceva e cresceva, per render perpetua la pena di lui. […] Mille ragioni non che una aveva Giunone sua moglie di lamentarsi e stizzirsi della violata fede coniugale di suo marito ; e gli uomini stessi non ebbero a lodarsene e a crescergli venerazione, trovandosi molte famiglie dei mortali involte in gravi sciagure per colpa di Giove. Lungo sarebbe e molesto il voler tutte rammentarle di seguito, come alcuni mitologi fanno : ond’io preferisco di narrarne le principali una alla volta, di mano in mano che ne verrà l’occasione, secondo l’ordine cronologico e gerarchico, nel parlare dei figli di Giove. […] Su questa favola il poeta Eschilo compose tre celebrate tragedie, che facevan seguito l’una all’altra, cioè Prometeo portator del fuoco, Prometeo incatenato e Prometeo liberato. — Di queste esiste soltanto la seconda, cioè : Prometeo incatenato.

42. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308

Erano figli o d’un Dio e di una donna mortale, quali furono Perseo ed Ercole ; oppure di una Dea e di un uomo mortale, come credevasi di Achille e di Enea. […] E per quanto possa questo vocabolo sembrare a primo aspetto sinonimo di quello di Semidei, non v’è compresa per altro come necessaria la condizione che uno dei genitori debba essere una Divinità. […] Ne abbiamo una conferma anche nei racconti delle leggende, riferibili a quell’epoca dolorosissima ; e da quei fatti leggendarii s’informarono i poemi romanzeschi che ammettono prodigii non meno strani di quelli dell’Odissea. […] Ora in queste diverse imprese trovansi rammentati quasi tutti gli Eroi di cui si ha notizia, e talvolta in una son nominati i padri e nell’altra i figli ; e di qualche eroe che intervenne a più d’una è detto in quale di esse egli era più giovane, in quale più vecchio : dal che deducesi senza tema di errare l’ordine cronologico di quelle imprese. […] Prima di por termine a questo Capitolo convien fare un’altra osservazione generale ; ed è questa : che attribuendosi oltre che una forza straordinaria, anche una lunghissima vita a tutti gli Eroi, non devesi calcolare la loro media e la loro probabile esistenza secondo le moderne tavole di Statistica ; e basta soltanto il sapere quel che dice Omero del Pilio Nestore, il più vecchio dei Duci che andarono alla guerra di Troia, che cioè « Di parlanti con lui nati e cresciuti.

43. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252

Nella parte più interna dell’adito, o sacro penetrale, eravi una voragine dalla quale esalavano vapori inebrianti da allucinar la vista e far venir le traveggole, ovvero mofetici da mozzare il fiato. […] Demostene in una delle sue celeberrime Orazioni disse pubblicamente al popolo di Atene, che la Pizia filippeggiava, vale a dire che l’Oracolo di Delfo era corrotto dall’oro del re Filippo padre di Alessandro Magno. Cicerone compose un’opera sulla Divinazione, nella quale confuta ad una ad una tutte le asserzioni di suo fratello Quinto sulle pretese cause soprannaturali degli Oracoli e di qualunque altra creduta manifestazione della volontà degli Dei287). […] I primi Cristiani attribuirono gli Oracoli all’opera dei Demònii, ed asserivano che la potenza di questi era cessata col sorger del Cristianesimo ; e così assegnavano gratuitamente e senza necessità una causa soprannaturale a ciò che era l’effetto naturalissimo della impostura dei sacerdoti pagani, da prima nascosta ed ignota, e poi a poco a poco scoperta e smascherata. […] Omero parla degli Oracoli, delle divinazioni e degli augurii come di cose antiche ai tempi della guerra Troiana, nella quale l’indovino Calcante rappresenta una parte importantissima, come interprete degli Dei, nei parlamenti di quei famosi guerrieri e nei segreti consigli di Stato.

44. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43

Quello di Cibele è il più noto e comune : derivò dal nome di una città e di un monte omonimo nella Frigia, ove questa Dea fu prima che altrove adorata. […] Il culto di Cibele fu introdotto in Roma ai tempi della seconda guerra punica allorchè, infierendo una pestilenza, le risposte dei libri sibillini prescrissero che per farla cessare si ricorresse alla Gran Madre. […] La statua di Cibele venuta dall’Asia era una pietra informe che i Frigi credevano caduta miracolosamente dal Cielo (probabilmente una di quelle pietre meteoriche, dette ora aereoliti). […] In Roma per altro Cibele in progresso di tempo acquistò forma ed emblemi degni di una Dea. Fu rappresentata come una matrona con lunga veste ornata di piante e di animali ; in capo aveva una corona turrita, ossia in forma di torri ; presso di sè un disco ossia tamburo ed un leone ; e spesso le si dava ancora un carro tirato da due leoni.

45. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320

Quivi fu calunniato malignamente dalla regina Stenobea ; e Preto per le accuse della perfida moglie (volendo per altro schivare l’odiosità di farlo morire egli stesso senza apparente motivo), lo mandò da suo suocero Iobate re di Licia, con una lettera chiusa, che consegnò a Bellerofonte stesso, dicendogli che era una commendatizia, mentre invece conteneva la commissione di far morire il latore di quella. […] E per quanto a taluni non soddisfi pienamente questa spiegazione, nessuno ha saputo sinora trovarne una migliore. […] Ne esiste una di bronzo fuso nella Galleria degli Uffizi ; ma è dichiarata opera etrusca e dall’avere incisi sulla zampa destra etruschi caratteri, e perchè fu trovata presso Arezzo. Potrà bene aver pregio per gli Antiquarii e per la Storia dell’ Arte, ma non reca di certo una gradita sensazione all’occhio dei profani, qual fu immaginata ed eseguita dagli antichi Etruschi. […] Il duello che usa tuttora è un avanzo dei secoli barbari, e fa una gran tara alla tanto vantata civiltà moderna.

46. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24

Quindi il Politeismo presenta l’immagine di una federazione di diversi Stati o Principi sotto la rappresentanza di un capo supremo, come sarebbero gli Stati Uniti di America e l’Impero Germanico ; mentre il Monoteismo è il vero modello della monarchia assoluta ; la quale soltanto per analogia o somiglianza di forma, e senza alcun fondamento di ragione, si chiama impudentemente di diritto divino. Non deve dunque recar maraviglia, leggendo il titolo soprascritto, che vi sia nel Politeismo una divinità più potente di Giove, che pure è conosciuto comunemente come il supremo dei Numi, il re del Cielo, il padre degli uomini e degli Dei. […] La Necessità considerata dai Politeisti come una Dea è la personificazione e la deificazione dell’ idea di conseguenza inevitabile di una o più cause destinate a produrre certi determinati effetti ; e poichè la Necessità costringe gli uomini a fare o soffrire, perciò fu-creduta una Dea avversa anzi che propizia agli umani desiderii. […] Rappresentavasi come una donna stante in equilibrio con un sol piede sopra una ruota o un globo, per indicare la facile sua mutabilità. […] A quest’estremo fato eran sottoposti anche i Semidei, quantunque uno dei loro genitori fosse una Divinità di prim’ordine.

47. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393

Inaco, oriundo di Fenicia o d’Egitto, conduce una colonia nel paese che poi fu detto Argolide. […] Anche ai tempi di Silla era celebrata in Atene una festa che ricordava questo fatto. […] Fabbrica una piccola città, detta Cecropia, che fu poi l’Acropoli (città alta). Quindi le dodici borgate che Teseo riuni in una sola città, col nome d’Atene. — Instituzione del Senato e dell’Areopago. […] Giano, principe greco della Tessaglia, conduce una colonia nel Lazio (Campagna di Roma).

48. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160

Ma poichè ammettevasi nella classica Mitologia una Divinità più potente di Giove, il Fato, agli inesorabili decreti del quale eran sottoposti tutti gli Dei, attribuivansi al Fato tutte le irregolarità inventate dalla fantasia dei mitologi e dei poeti. […] Dei quali i primi tentativi dovevan risalire ai tempi di Omero, se soltanto 500 anni dopo di esso, fu così abile Archita, come si racconta, da costruire una colomba volante. […] Ma questi sforzi della meccanica consumano molti anni e molti danari di persone ingegnosissime senza una pratica utilità ; pochi istanti di maraviglia, ecco tutto il fine e l’effetto ! […] A spiegar la favola dell’unico occhio fu detto che i Ciclopi eran soliti di portare in guerra una visiera con un sol foro circolare in direzione degli occhi, uso inventato dai tre aiutanti di Vulcano per ripararsi la faccia nel lavorare i metalli incandescenti. […] Hutton pubblicò la sua Teoria della Terra nel 1785 ; ed ebbe una grnde efficacia sui progressi della geologia.

49. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91

Considerarono come un pianeta anche il Sole : e così colla Luna e gli altri 5 pianeti visibili ad occhio nùdo ne annoverarono sette, e attribuirono a ciascuno di essi una Divinità che vi presiedesse o li dirigesse nel loro corso. […] Il Sole era detto dai Greci anche Elios, e Dante lo rammenta più d’una volta con questo nome. […] Quindi Latona andò lungo tempo errando in mezzo ai disagi ; e potè solo fermarsi nell’isola di Ortigia, detta poi Delo, una delle Cicladi nel mare Egeo, isola natante, ossia galleggiante, che Nettuno per compassione di Latona rese stabilé. […] In Francia e in Svizzera ve n’erano una volta molte più che al presente. […] Dante adottò questa stessa idea di Pindaro, e se ne valse stupendamente per una bellissima similitudine nel raccontare che egli sentì uno spaventevole terremoto nella montagna del Purgatorio.

50. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137

Aggiungono che nacque gara fra gli Dei per darle il nome ; e Giove per troncar le questioni decretò che avrebbe questo privilegio quel Nume che producesse una cosa più utile al genere umano. […] Minerva rappresentavasi con volto serio e maestoso, e quasi sempre armata, coll’elmo in testa, nella sinistra lo scudo detto l’egida e nella destra un’asta ; e ai piedi una civetta o un gufo, animale a lei sacro. […] E Minerva non solo è una Dea ingegnosa, come la chiama Ovidio, ma è pur anco la protettrice degl’ingegni, l’ispiratrice delle invenzioni nelle arti e nelle scienze168. […] Anche nell’antichissima città di Troia aveva un tempio ed una celebre statua che i Romani pretendevano salvata da Enea e trasportata in Italia, e che fosse quella stessa che essi facevano gelosamente custodire nel tempio di Vesta come pegno della salvezza di Roma. […] È questa una delle tante metamorfosi che furono inventate per la somiglianza del nome.

51. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241

Abbiamo perciò davanti a noi un soggetto o argomento che è una vera fantasmagoria mondiale dai tempi preistorici ai dì nostri, abbellito in varie guise dai poeti e dagli artisti, e in mille guise storpiato o goffamente raffazzonato dagli ignoranti. […] Il Dèmone dunque di cui egli parlava non poteva significare, nella sua segreta intenzione, una divinità mitologica, ma piuttosto l’ispirazione di quell’unico Dio in cui egli credeva. […] Così nella colonna Traiana si vede alato il Genio della luce e con una fiaccola in mano al di sopra del carro di Diana ; e perciò non è possibile crederlo un Angelo. […] I Pagani credevano ancora che esistessero i Genii delle città e dei diversi luoghi o territorii ; ma per lo più li rappresentavano in forma di serpenti e in atto di cibarsi delle frutta a loro offerte in una patera 278. […] Io citerò qui, come esempii, alcuni versi del Cecchi, del Parini, del Monti, del Manzoni, e del Giusti, in cui trovasi usato il vocabolo Genio in più e diversi significati ; e confinerò qualche prosaica osservazione filologica in una nota, essendo più che persuaso, convinto, che la poesia è più generalmente gradita che non la filologia.

52. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14

Dopo che Esiodo aveva asserito che il Caos esisteva prima di tutti gli Dei, vennero altri a dire che il Caos stesso era un dio, ed aggiunsero che egli era stato l’ordinatore dell’Universo ; ed una volta che lo avevano personificato, dìssero ancora che aveva figli e che la sua moglie era la Notte. […] Non asserisce però che il Caos stesso fosse l’ordinatore dei propri elementi di cui ab eterno componevasi, ma un Dio o una miglior natura. […] Par dunque che gli Antichi ammettessero la generazione spontanea degli Dei dalla materia, come i naturalisti moderni ammettono la generazione spontanea di certi insetti ed altri animaluzzi ; e che i mitologi andassero anche più oltre del Darwin e compagni antropologi ; poichè mentre questi suppongono la successiva trasformazione della materia nei diversi esseri organizzati, compreso l’uomo (il quale perciò verrebbe ad essere una scimmia perfezionata), quelli facevano nascere ad un tratto dagli elementi del Caos gli stessi Dei, come nascono da un giorno all’altro i funghi dalla terra. […] Sotto questo punto di vista nelle lingue moderne affini della latina, e specialmente nella italiana, furono accolti e adottati dai nostri poeti i miti dei Greci e dei Romani, non però tutti alla rinfusa e senza discriminazione, ma quelli soltanto o principalmente, che presentavano una più evidente, o almeno probabile spiegazione dei fenomeni fisici o morali. […] L’ adopra per altro non già nel senso panteistico degli antichi e di non pochi moderni, ma soltanto a significare un grande ammasso o emporio di oggetti di qualunque forma o figura, ed anche talvolta una gran confusione amministrativa in uno stabilimento industriale o in una pubblica azienda.

53. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330

Sebbene i Mitologi la considerino un’impresa secondaria (ed è tale se riguardisi soltanto lo scopo di uccidere una belva feroce), e perciò ne parlino soltanto incidentalmente, è per altro di somma importanza per la cronologia degli Eroi, dimostrando essa che furon contemporanei coloro che vi presero parte. […] I cacciatori che vi rimasero uccisi dalla fiera non hanno altra celebrità che quella acquistata con questa trista fine ; ma, come dice un moderno poeta : « Trar l’immortalità dalla sua morte « È una sorte meschina, o non è sorte. » Dopo altre vicende che poco importa narrare, finalmente ebbe Meleagro la gloria di atterrare quell’immane belva ; e il diritto che egli avea di prender per sè il teschio e la pelle del cinghiale lo cedè ad Atalanta. Ciò dispiacque ai suoi zii, mal tollerando che una donna con tal distintivo di onore potesse vantarsi di essere stata più valente degli uomini ; e volevano toglierle quell’insigne trofeo62. […] Ma la scena termina con una favola di nuovo genere, invenzione che Dante stesso rammenta nella Divina Commedia. […] I posteri conservarono per molti secoli come una preziosa reliquia il teschio e la pelle del cinghiale di Calidonia.

54. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19

Ma convien notare che tre di questi nomi, cioè il Sole, la Terra e la Luna son sinonimi di Apollo, Vesta e Diana, registrati di sopra tra i consiglieri di Giove ; poichè è avvenuto in tutte le religioni idolatre, che prima si diedero diversi nomi a una stessa divinità secondo i suoi diversi attributi, o poi questi diversi titoli a loro attribuiti furon considerati come rappresentanti altrettante divinità. Tal’altra volta poi di più divinità se ne fece una sola, amalgamando in essa tutti gli attributi di quelle che anticamente erano distinte9. È questa una osservazione generale che non convien dimenticare, perchè verrà molte volte a bisogno nel progresso della Mitologia. […] Cicerone compose una celebre opera intitolata Della natura degli Dei ; e Lucrezio un famoso poema sulla Natura delle cose. […] Il notare questi diversi usi e significati della parola Natura e suoi derivati, credo che sia più utile per la studiosa gioventù, che una eruditissima discussione, a guisa de’più tenaci antiquarii o archeologi, per decidere se certe sculte o dipinte immagini rappresentino la Dea Natura, o la Dea Abbondanza, o la Dea Cerere.

55. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59

Omero aggiunge che ai lati del suo trono teneva Giove due coppe, l’una del bene e l’altra del male, per versarle a suo beneplacito sopra i mortali. Dalle idee di Omero fu ispirato Fidia nel far la sua celebratissima statua di Giove Olimpico 63, considerata come una delle maraviglie del mondo ; la quale rimase sempre per tutti i seguenti scultori e pittori il primo e più egregio modello dei lineamenti caratteristici di questa suprema divinità del paganesimo64. […] Ammone significa arenoso, e Giove ebbe questo titolo perchè nelle arene della Libia comparve sotto la forma di ariete a Bacco, assetato e smarrito nel deserto, e gl’indicò in un’ oasi vicina una fontana per dissetarsi. […] I paleontologi hanno dato il nome di Ammonite ad una conchiglia fossile, perchè ha la forma di un corno simile a quelli di Giove Ammone, cioè di ariete ; e la chiamano ancora, specialmente i Francesi, corno di Ammone. […] Se tutto questo e null’altro si sapesse di Giove, avremmo in esso una nobilissima idea del Dio filosofico, riconosciuto e affermato da Socrate, da Cicerone e dagli altri sommi greci e romani antichi.

56. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492

LXVI Osservazioni generali sulle Apoteosi Quei Mitologi che presero l’assunto di spiegare i miti della Religione Pagana per mezzo di antichi fatti istorici e di incerte tradizioni, si trovaron costretti di aggiungere nelle loro opere una parte che trattasse dell’Apoteòsi delle Virtù e dei Vizii. […] Per me dunque il parlare separatamente delle Apoteosi è un riassunto della parte fondamentale del mio lavoro, è una conferma di quanto ho dichiarato dal principio alla fine di questa Mitologia. […] Anche a tempo di Augusto i Persiani adoravano come loro Nume supremo il Sole ; e Ovidio ci dice che gli sacrificavano il cavallo per offrire una veloce vittima al celere Dio (ne detur celeri victima tarda Deo). […] Il Sabeismo sarebbe stato anch’esso, com’era in origine, una specie di Feticismo, benchè meno goffo, non meno però materiale (poichè anche gli astri son composti di materia cosmica), se ben presto non fosse invalsa l’idea e la credenza che gli astri fossero regolati e diretti nel vero o nell’apparente lor corso da Esseri soprannaturali che vi presiedevano. […] Ma quando nella pagana religione si giunse ad abusare dell’apoteosi col deificare per vile adulazione i potenti della Terra non solo dopo la loro morte, ma pur anco in vita, si cadde allora nell’abiezione del feticismo, si tolse tutto il prestigio al culto degli altri Dei ; e gli uomini ragionevoli sentirono il bisogno di una religione più pura e più razionale.

57. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499

Infatti in Grecia richiedevasi 1° che l’eroe da considerarsi come un Dio fosse figlio di una Divinità o per padre o per madre ; 2° che vivendo avesse compiute imprese straordinarie per valore o per ingegno a prò dell’umanità ; e 3° che solo dopo la morte, e quando in lui si riconoscessero le due precedenti condizioni fosse considerato e adorato qual Nume. Perciò non deificarono nè Cadmo, nè Giasone, nè Peleo, nè Ulisse, perchè non eran creduti figli di una Divinità. […] Il popolo che credeva Romolo figlio di Marte, credè facilmente questa nuova impostura come una teologica conseguenza della prima ; e il Senato fu ben contento di adorar come Dio colui che non avea potuto tollerar come re. […] Nell’interno del rogo eravi una stanza riccamente ornata di tappeti di broccato d’oro, di quadri e di statue : ivi deponevasi il feretro. […] Se poi facevasi l’apoteosi di una Imperatrice, invece di un’aquila sostituivasi un pavone, uccello sacro alla Dea Giunone.

58. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143

Il nome latino di Mars (Marte) consideravasi una abbreviazione di Mavors, che significa, come dice Cicerone, magna vertens 174, cioè che sconvolge grandi cose ; significato funesto, e pur troppo vero nei terribili effetti della guerra. […] Essendo la guerra il fondamento e la causa della loro potenza, e’ la chiamavano bellum, come se fosse una bella cosa, quale riuscì per loro sino al termine della repubblica e ai primi tempi dell’impero, perchè a fin di guerra riuscivan sempre vincitori e conquistatori176. […] I moderni astronomi attribuiscono quel colore o alle materie di cui è composto il pianeta, atte a rifletterlo, o ad una densa atmosfera che lo circondi. Dante aveva osservato che gli astri riflettono una luce più rossa quando si vedono sul limite estremo dell’orizzonte, e specialmente dalla parte di ponente, ove son più spessi i vapori dell’atmosfera ; e tanto più questo fenomeno si manifesta nel pianeta di Marte, che per natura sua è sempre più rosso di tutti gli altri. Avendo egli presenti alla mente queste osservazioni, se ne valse per fare una bellissima similitudine nel Canto ii del Purgatorio : « Ed ecco, qual sul presso del mattino, « Per li grossi vapor Marte rosseggia « Giù nel ponente sopra il suol marino ; « Cotal m’apparve, s’io ancor lo veggia, « Un lume per lo mar venir sì ratto, Che’l muover suo nessun volar pareggia. » 173.

59. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-

XXXIX Eolo e i Venti Non bastò ai Greci ed ai Romani politeisti, dopo aver considerata l’Aria come uno dei 4 elementi del Caos, il farne anche una Dea, che, sposato il Giorno (sinonimo di luce), produsse Urano, ossia il Cielo ; in quanto che osservando in appresso che nell’aria esiste « Quell’umido vapor che in acqua riede, » ne fecero un Dio sotto il nome di Giove Pluvio ; ed inoltre, poichè l’aria, movendosi, « ….. or vien quinci ed or vien quindi, « E muta nome perchè muta lato, » e produce il fenomeno dei Venti, vollero deificare anche questi. […] Non è tempo perduto, nè fia senza diletto leggerne o rileggerne l’omerica descrizione : « Giungemmo nell’Eolia, ove il diletto « Agl’immortali Dei d’Ippota figlio,42 « Eolo, abitava in isola natante,43 « Cui tutta un muro d’infrangibil rame, « E una liscia circonda eccelsa rupe. […] « Costoro ciascun dì siedon tra il padre « Caro e l’augusta madre, ad una mensa « Di varie carca delicate dapi. […] La spiegazione più semplice e più naturale del ratto di Orizia è, secondo Platone, che questa infelice principessa rimanesse vittima di una tempesta o di un uragano. […] Ora vediamo che anche Omero 4 secoli e mezzo prima di Pindaro aveva notizia delle isole natanti, e credeva tale una delle 7 isole Eolie.

60. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — I. La Cosmogonia mitologica » p. 10

Gli uomini di tutti i tempi, dai più antichi ai più moderni, hanno sempre mostrato curiosità di sapere l’origine di questo mondo, o vogliam dire dell’ universo ; e non solo tutte le religioni antiche degl’idolatri inventarono a modo loro una Cosmogonia, ma spesso anche i poeti e i filosofi ne hanno foggiate diverse l’una più strana dell’altra, a gara coi sacerdoti delle varie religioni1. […] Sulla Cosmogonia dunque creduta vera dai Greci e dai Romani, e ammessa come base dei loro miti, convien trattenersi alquanto, considerando il principio generale da essi riconosciuto, che la materia fosse eterna, cioè fosse sempre esistita, ma tutta confusa e mista, in una massa rozza ed informe chiamata Caos (Ovid., Metam. 

61. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -

Anzi fu il Tommaséo stesso che mi suggeri di aggiungere al semplice titolo di Mitologia Greca e Romana, tutte le altre parole che ora vi si leggono ; e non si contentò di dirmelo a voce in familiare conversazione, ma lo ripetè in una delle lettere ch’egli ebbe occasione di scrivermi ; e poi rese noto pubblicamente nel detto fascicolo della Nuova Antologia, che egli mi suggeriva di adottare il soprascritto titolo. Fece anche di più : voile proporre spontaneamente l’anno scorso la stampa di questa Mitologia ad un editore milanese con una sua lettera, che egli, abbondando meco di cortesia, mi mandò perchè la leggessi e la spedissi io stesso ; e tra le altre benevole e squisite espressioni mi scriveva : Vegga se questa lettera che io scriverei, possa correre. E la lettera correva di certo, ed io la spedii subito, e qui la riporto per copia conforme : « Il saggio di Mitologia in uso delle Scuole, che sotto fascia le mando, è parte di un lavoro compiuto, e che da esperti nell’insegnare ebbe lode ; e io, proponendoglielo, ne dico assai ; e meglio di me lo raccomanda il Compendio di Cosmografia, lavoro dell’autore medesimo, accettato da più di una Scuola in Toscana, e di cui l’avveduto signor Barbèra credette utile farsi editore.

62. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30

Cibele dipoi, per salvare gli altri figli maschi che nacquero in appresso, li mandò nascostamente nell’isola di Creta, e diede ad intendere al marito di aver partorito una pietra che gli fece presentare invece di ciascun neonato. Saturno nell’incertezza se quell’oggetto informe potesse considerarsi un maschio o una femmina, lo divorò. […] Ma Titano si accorse della frode e della violazione dei patti, e insiem co’ suoi figli mosse guerra a Saturno, lo detronizzò e lo chiuse con Cibele in una oscura prigione.

63. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27

Anzi potrebbe dirsi che avessero gli Antichi quasi indovinate le moderne ipotesi astronomiche, per cui si ammetta nello spazio una materia cosmica, onde si formano le nebulose e le stelle, ed un’aria sottilissima e purissima chiamata etere. […] Personificato il Cielo, ossia considerato come una persona divina, si pensò a personificare analogamente le altre parti o forze dell’Universo ; e poi perchè queste divine persone riuscissero intelligibili e paressero possibili al volgo, attribuirono ad esse bisogni, abitudini, idee e passioni come alle persone di questo mondo. […] Da questo matrimonio nacquero due figli, Titano e Saturno, ed una figlia chiamata Cibele.

64. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9

Gli studii eruditissimi che ora si fanno da’ filologi germanici sulle origini dei miti, potrà dar vita, col tempo, ad una nuova scienza che starà alla Mitologia greca e romana come la Paleontologia alla storia naturale, e che perciò potrà chiamarsi la Paleontologia mitologica. […] Io dunque non intendo di scrivere un trattato di Mitologia appositamente per gli studiosi delle lingue greca e latina ; chè sarebbe un portar vasi a Samo e nottole ad Atene, mentre sì fatti libri di antichissima e minuta erudizione esistono in tutte le lingue e specialmente in latino, e se ne trovano ancora tradotti in italiano dal francese e dal tedesco ; ma son libri troppo eruditi e di una erudizione troppo antiquata, e contengono un cibo non solo difficile alla assimilazione, ma talvolta ancora ostico, o almeno poco soave al gusto. […] E poichè in questa classe si trovano i più degl’italiani e quasi tutte le donne italiane, ho creduto che un libro facile e popolare di cognizioni mitologiche, non aggravato da una pesante mole di peregrina e non necessaria erudizione antica, possa riuscire accetto al maggior numero dei lettori.

65. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294

Chi non la pretende a filologo è indifferente per l’una o per l’altra etimologia ; ma quanto all’origine e alla particolar natura di questi Dei nessuno potrà convenire di dover confondere i Penati coi Lari, come fanno alcuni Eruditi. […] Vero è che potrebbe citarsi ancora qualche esempio in contrario ; ma qualche rara eccezione non distrugge mai la regola generale ; e a sostegno di questa terminerò coll’ esaminare una filosofica osservazione di Cicerone, nel lib.  […] Perciò, oltre al distinguer gli Dei Penati dagli Dei Lari, e decider così la question mitologica sulla diversa loro personalità, viene ancora a significare che i primi eran protettori dei diritti del cittadino, ed i secondi di quelli del padre di famiglia ; senza dei quali, come egli sapientemente dichiara, non può esser buona una repubblica, nè ben viversi in essa 39.

66. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2

» — Il racconto non interrotto, dicono gli Autori di questo Corso, offre all’ alunno una lettura più gradevole e più istruttiva, mentre la divisione in paragrafi somministra le dimande più opportune, e risparmia le ripetizioni, additando al lettore con un semplice numerò tra due () i particolari dei fatti già narrati nei paragrafi antecedenti o nei successivi. — » « Volendo noi pubblicare un Corso di Mitologia pei giovinetti, abbbiamo stimato dover preferire questo a molti altri, in grazia della sperimentata bontà del metodo. […] Così possiam dire che il nostro libro comprenda una specie d’Antologia Mitologica opportunissima anche ai cultori delle Belle Arti.

67. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254

Se una gran parte di queste loro idee, quali si trovano espresse e rappresentate dai loro poeti, ci sembrano fantastiche e strane, essi forse potrebbero dir come Dante : « Mirate la dottrina che s’asconde « Sotto ’l velame degli versi strani. » I loro filosofi per altro furono i primi a ridurle al. loro più vero significato, sceverandole dalle fantasmagorie della immaginazione e dalle assurde credenze del volgo ; e così insegnarono a noi come doveva intendersi e studiarsi la loro Mitologia. […] anche la Notte, ossia l’oscurità, l’assenza della Luce, era una Dea ; e tutti questi Dei e Dee avevano figli e figlie che erano altrettante Divinità ; le quali venivano a rappresentare i diversi effetti o fenomeni speciali, che, secondo le antiche idee (vere o false che fossero), dalla combinazione di quei principali elementi si producevano.

68. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-

Contemporaneamente a queste prime apoteosi sorgeva e ben presto diffondevasi una nuova religione, i cui seguaci destarono l’ammirazione di tutti per la bontà e santità della vita : e questo parve un gran miracolo in mezzo a società così corrotta ; questo richiamò l’attenzione di tutti sulla nuova religione del Cristianesimo, perchè dagli ottimi effetti morali che quella produceva ne’suoi seguaci inducevasi la convinzione che ottime esser dovessero le massime che essa insegnava. […] Dante estese il significato legale di gentili a tutte le persone dello stesso partito, e precisamente a tutti i Ghibellini (considerandoli come componenti una sola famiglia per gl’interessi comuni che avevano) quando egli disse all’ Imperatore Alberto Tedesco nel Canto vi del Purgatorio : « Vien, crudel, vieni, e vedi la pressura « De tuoi gentili, e cura lor magagne. »

69. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263

Chi ha letto almeno una volta tutta la Divina Commedia sa bene che vi si trovano più e diversi latinismi, o vogliam dire parole di forma e terminazione latina, come è questa Idolatre invece di Idolatri ; e cosi altrove Eresiarche, peccata e simili. […] I Grammatici noteranno in questo verso il pronome egli invece di eglino per troncamento della sillaba finale, che nella metrica latina e greca direbbesi apocope ; come pure il verbo orate per adorate, che è una licenza poetica chiamata aferesi.

70. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) «  Avviso. per questa terza edizione.  » pp. -

Giovi poi ripetere come la traduzione di quest’opera non sia un semplice volgarizzamento, giacchè il Signor Pietro Thouar l’ha in gran parte rifusa e vi ha fatte delle notabili aggiunte le quali consistono in molte e nuove illustrazioni poetiche dei fatti mitologici, cavate da alcuni dei nostri più valenti poeti ; in una Cronologia mitologica, ossia indicazione delle più notabili epoche storiche alle quali si riferiscono le favole ; e principalmente in un’ Appendice che contiene varj ragionamenti d’illustri scrittori concernenti la caduta del Paganesimo e la fondazione del Cristianesimo.

/ 75