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14. (1836) Mitologia o Esposizione delle favole

Di Apollo, di Esculapio, e delle Muse. […] I Geni delle donne più comunemente erano detti Giunoni. […] Forco o Forcine figlio del Ponto e della Terra, secondo Esiodo, fu padre delle Gree, delle Gorgoni ec. […] Adrasto perduti i suoi capitani e gran parte delle sue genti dovette tornarse scornato in Argo. […] Riti Religiosi de’ Gentili, delle loro feste e de’ loro giuochi.

15. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215

Benchè Plutone avesse il titolo di re delle regioni infernali non spiegava alcun potere sulle anime dei buoni, nè troviamo che andasse mai a visitare i Campi Elisii, o invitasse alla sua reggia alcuno dei più illustri eroi che vi soggiornavano ; e sui malvagi aveva un ufficio simile a quello del soprastante delle carceri o delle galere ; nè poteva diminuirne o aggravarne le pene, che giudici di diritto e di fatto, da lui indipendenti, nelle loro sentenze avevano assegnate ai dannati. […] Di Pluto, Dio delle ricchezze, considerato come un ente diverso da Plutone, conveniva trovare una diversa origine e parentela ; e fu detto che era figlio di Cerere dea delle biade e di un ricco agricoltore Giasione, per indicare che le vere e più sicure ricchezze derivano dall’agricoltura. […] Ecco l’origine mitologica delle frasi troncare o recidere lo stame vitale, il fil della vita, ecc. […] Qual fosse lo scopo di questa strana invenzione lo diremo nel prossimo numero parlando dello stato delle anime dopo la morte. Passate le anime all’altra riva, trovavano tre giudici che decidevano delle sorti di ciascuna di loro nell’altro mondo ; e la sentenza di essi era inappellabile.

16. (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387

Giove stesso lo costituì giudice delle tre Dee, Giunone, Minerva, e Venere. […] Ivi scavò una fossa, vi fece delle libazioni, e svenò un nero ariete e una pecora. […] Questo Nume ha il braccio armato, e un libro in mano, per significare, ch’esso spezialmente nasce dall’esercizio delle armi, e dalla coltura delle scienze. […] Esiodo dice, che Temi è la madre non solo delle Ore, ma anche delle Parche. […] E’ finalmente il Lusso quello, che in ispeziale guisa produce il dissipamento delle facoltà, la distruzione delle più rieche famiglie, e perfino la rovina delle più potenti città : questo è il significato del maltello, con cui il Lusso atterra magnifici palagi.

17. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252

Lo stesso è da dirsi del vocabolo responsi, latinismo che è divenuto in italiano il termine solenne e poetico delle risposte degli Oracoli282). […] I più noti e celebri Oracoli eran quelli di alcune delle Divinità Maggiori e principalmente di Giove e di Apollo. […] Demostene in una delle sue celeberrime Orazioni disse pubblicamente al popolo di Atene, che la Pizia filippeggiava, vale a dire che l’Oracolo di Delfo era corrotto dall’oro del re Filippo padre di Alessandro Magno. […] Lo stesso Machiavelli dice chiaramente e senza bisogno d’interpretazione : « Fra tutti gli uomini laudati sono laudatissimi quelli che sono stati capi e ordinatori delle religioni. » E dopo avere attribuito gradatamente qualche parte di laude maggiore o minore secondo la diversa importanza a tutte le altre occupazioni ed arti utili alla umana società, aggiunge con forza mirabile di convinzione : « Sono, per lo contrario, infami e detestabili gli uomini destruttori delle religioni, dissipatori de’regni e delle repubbliche, inimici delle virtù, delle lettere e d’ogni altra arte che arrechi utilità e onore alla umana generazione, come sono gli empii e i violenti, gli ignoranti, gli oziosi, i vili e i da poco. […] Narra Erodoto che la Pizia terminò il suo responso con queste parole che in greco eran comprese in due versi : Divina Salamina, tu perderai i figli delle donne, o Cerere si disperda, oppure si unisca.

18. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231

Vero è che queste stesse monete si ritrovarono anche dopo 100 e 1000 anni nei teschi dei sepolti cadaveri, o fra le loro ceneri, e ne furon trovate anche in bocca alle Mummie egiziane : il che dimostrò che Caronte non era tanto inesorabile quanto gli agenti delle tasse e i riscuotitori dei pedaggi e delle gabelle. […] Nella descrizione delle pene del Tartaro l’immaginazione degli Antichi era stata un poco più feconda che in quella delle beatitudini dell’ Elisio, avendo ideato diversi generi straordinarii di pene inflitte ad alcuni dei più famosi scellerati. […] Costoro nell’eccesso opposto son più ridicoli degli avari, e meritamente si puniscono da sè stessi delle loro smodate e irrazionali cupidità. […] Questa favola è delle meno antiche, e non si trova in Omero. […] Pitagora era nativo di Samo, per quanto asserisce Ovidio nel lib. xv delle Metamorfosi : Vir fuit hic, ortu samius.

19. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114

Non dovrà dunque recar maraviglia che per associazione d’ idee Apollo fosse riguardato ancora come dio della Musica e di tutte quelle altre belle arti speciali a cui presiedeva ciascuna delle nove Muse, delle quali egli era il maestro. […] La qual metamorfosi significa evidentemente qual fosse la loro voce e la loro abilità nel canto in confronto delle Muse. […] Un’ altra particolarità si racconta delle Muse, volendo spiegare perchè talvolta furon dipinte colle ali. […] Ridotto Apollo alla condizione degli uomini, dovè lavorare per vivere, e divenne pastore delle greggie di Admeto re di Tessaglia. […] Invenzione anche questa dello stesso genere delle precedenti.

20. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103

Di Apollo esistono molte statue ; una delle quali, che è una maraviglia dell’ arte greca, ammirasi nella galleria del Vaticano in Roma, ed è chiamata l’Apollo di Belvedere. […] Era questa una delle 7 maraviglie del mondo, ma fu atterrata da un terremoto ; e poi i Saracini conquistatori di quell’isola ne venderono il metallo, di cui furon caricati 900 cammelli. […] Finchè il Paganesimo, che le spacciò per verità religiose, fu la religione degli Stati e dei popoli, è ben naturale che fossero da tutti celebrate ; ma pur anco i poeti e gli artisti cristiani, come abbiamo osservato di sopra, le stimarono degne delle arti loro. […] Apollo rappresenta il principio generale delle forze della natura, che sono il primo e più sicuro fondamento della conservazione della salute ; Esculapio la scienza medica che fa l’applicazione delle cognizioni teoriche all’arte salutare, ed Igiea la conseguenza che ne deriva, che è la più felice e la più durevole conservazione della salute. […] Allude al lamento ed alla preghiera che si trova rettoricamente amplificata da Ovidio nel ii lib. delle Metamorfosi.

21. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9

Tali favole o miracolose supposizioni di cui son piene tutte le antiche istorie, specialmente nelle loro origini, non esclusa quella di Roma, furon dette con greco vocabolo miti ; quindi Mitologia significa etimologicamente racconto dei miti, ossia delle favole delle antiche religioni dei Politeisti o Idolatri. Il titolo poi d’Idolatri (esso pure di greca origine, e che significa adoratori delle immagini sculte o dipinte) era dato ai Pagani, perchè rappresentavano e adoravano i loro Dei sotto forme materiali di uomini e di bruti. […] E qui mi piace avvertire che lo scopo di questo lavoro sulla Mitologia non è già di risalire alle origini primitive dei miti, indicando le migrazioni e le trasformazioni delle idee mitologiche dall’oriente all’occidente ; ma soltanto di far la storia e spiegare il significato dei miti e delle idee ed espressioni mitologiche che si trovano nei poeti greci, latini ed italiani, e per conseguenza ancora delle altre nazioni che hanno adottato la Mitologia e il linguaggio dei classici greci e latini. […] Primo senza contrasto e sotto ogni rispetto il nostro Alighieri, quantunque cristiano e cattolico e teologo per eccellenza, è quello che nel suo divino linguaggio poetico più sovente si vale delle immagini e delle frasi mitologiche ; e gli altri tutti per quanto grandi ed illustri, tengon bordone alle sue frasi ed alle sue rime. […] privi affatto della cognizione delle lingue dotte, vi è bisogno di libri più facili e più alla portata della comune intelligenza.

22. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194

I secondi appartenevano generalmente ai cetacei, o come direbbesi volgarmente alle diverse specie delle balene. […] Ed asserivasi che per quanto le prossime coste dell’Italia e della Sicilia biancheggiassero di ossa umane delle vittime delle Sirene, pur non ostante chi udiva anche da lontano il loro canto non poteva resistere alla tentazione di avvicinarsi a loro per udirle meglio, e non pensava più alla trista fine inevitabile che lo attendeva. […] Scelsero egregiamente gli Antichi per soggiorno delle Sirene un clima incantevole bene adattato agli attributi che a queste assegna la favola. […] Infatti l’uomo ha saputo ridurre l’elefante alla condizione del più umil somiero, e uccider balene di più di 20 metri di lunghezza, di dieci o undici di larghezza e del peso di più di 100 mila chilogrammi ; e così dimostrar coi fatti che non già la forza brutale, ma l’intelligenza, madre delle arti e delle scienze, è la dominatrice dell’Universo. […] » Che direbbe ora di più, sapendo le ardite e pericolosissime spedizioni nei mari glaciali alla pesca delle Balene ?

23. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19

III Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori A 30,000 si faceva ascendere il numero degli Dei pagani : quindi la necessità di dividerli in classi ; la prima delle quali era detta degli Dei maggiori o superiori o supremi ; e questi erano soltanto venti, per lo più conosciuti e adorati da tutte le antiche nazioni. […] Il Dio Urano è lo stipite delle divine famiglie regnanti nel cielo, nel mare e nell’ inferno. […] » Per tôr cotali esecutori a Marte. » Non di rado significa ancora il complesso delle cose create. […] Cicerone compose una celebre opera intitolata Della natura degli Dei ; e Lucrezio un famoso poema sulla Natura delle cose. […] La 1ª esamina e dichiara le leggi del movimento delle molecole, e perciò delle forze naturali, della composizione e decomposizione della materia, sotto i nomi principalmente di fisica generale e di chimica ; la 2ª cominciando dalla storia naturale, che è la descrizione di tutti gli esseri organici ed inorganici della creazione, comprende anche gli studii speciali riferibili a questa.

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254

La più evidente interpretazione dei miti abbiamo veduto esser quella di considerare le Divinità del Gentilesimo come altrettante personificazioni o deificazioni dei fenomeni fisici e delle passioni degli uomini, e perfino delle idee non solo concrete, ma anche astratte, come noteremo più specialmente nelle seguenti parti di questa Mitologia. […] Perciò abbiamo notato frequentemente in quali casi, secondo i moderni progressi delle scienze, le idee degli Antichi fossero vere, e in quali false. Quindi, per esempio, alla causa mitologica delle eruzioni vulcaniche abbiamo aggiunto la spiegazione della causa fisica delle medesime ; alla formazione favolosa del fulmine la causa vera di questo fenomeno ; e così di tante altre. Oggidì che hanno sì gran credito gli studii preistorici sugli uomini primitivi dell’età delle armi di pietra e delle abitazioni lacustri, di quel tempo cioè in cui i nostri antenati Europei eran forse più rozzi dei selvaggi dell’America scoperti da Colombo, non potrà stimarsi meno importante lo studio intorno alle origini delle idee morali che ebbero tanta efficacia sulla civiltà greca e romana. […] Passata quest’epoca, che è la più poetica e che ha dato origine e materia ai più celebri poemi epici, si continua la personificazione di nuove idee astratte, non solo delle virtù, ma pur anco dei vizii, e si termina con l’apoteosi degl’Imperatori romani, che fu l’ultimo anelito del Paganesimo.

25. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496

Quegli antichi Romani per altro che tanto fecero maravigliare delle loro morali virtù gli stessi Padri della Chiesa, non conobbero le assurdità della greca fantasia ; e gli antichi precetti religiosi riportati da Cicerone con antico stile nel libro ii delle Leggi, sono ben lontani dalle aberrazioni dei poeti greci e dei latini dell’ultimo secolo della repubblica, che studiarono e imitarono la greca mitologia. […] Dicemmo, parlando di Mercurio, che i mercanti romani, secondo quel che afferma Ovidio nei Fasti, pregavano questo Dio a proteggerli nell’ingannare il prossimo senza essere scoperti, e a potersi godere tranquillamente il frutto delle loro ruberie. […] Ma ognuno poi l’interpretava a suo modo e secondo le sue proprie passioni ; e lo spirito di vendetta tanto potente e feroce nei secoli barbari, ben poco perdè della sua forza e della sua intensità nei secoli così detti civili, neppure dopo la promulgazione dell’ Evangelio che santificò il perdono e l’oblio delle offese. […] Ma non tutte queste allegoriche divinità ebbero culto pubblico e tempii presso i Pagani : delle Virtù però molte, come abbiam detto di sopra nominandole ; dei Vizii ben pochi. […] Questa facoltà poetica di rappresentare con descrizioni o con immagini sculte o dipinte qualunque virtù, qualunque vizio, qualunque idea astratta non è già spenta negli uomini dei nostri tempi ; anzi vedesi sempre rinnuovata non solo nelle moderne poesie, ma pur anco nei monumenti ove le Virtù civili e militari, ed anche le religiose, sono rappresentate per mezzo di figure umane accompagnate da oggetti simbolici che ne suggeriscono il significato ed il nome, senza bisogno di scriverlo sulla base delle medesime o in qualche parte delle loro vesti o dei loro ornamenti.

26. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202

Era questa all’incirca la topografia delle regioni infernali, secondo i poeti latini e Virgilio principalmente. […] In fatti Omero pone le regioni delle anime degli estinti nel paese dei Cimmerii, popoli antichi i quali abitavano sulle rive settentrionali del Ponto Eusino (ora Mar Nero) e della Palude Meotide (ora Mar d’Azof). […] La sua poetica descrizione è tanto chiara ed evidente che molti cultori delle arti belle, e tra questi lo stesso Michelangiolo, hanno potuto rappresentarla senza alcuna difficoltà colla matita e col pennello. […] Questo è quel che asserisce la scienza moderna a proposito delle regioni sotterranee. Se poi si considerano i dati scientifici su cui si fondano i calcoli di centinaia di secoli che passarono dall’una all’altra epoca geologica prima che si compiessero le formazioni delle diverse rocce ; e si riflette filosoficamente che infinite specie di animali terrestri, aquatici ed amfibii, di forze e di forme « Maravigliose ad ogni cor securo, » furon cancellate dal libro dei viventi e fossilizzate dal tempo e dagli occulti agenti chimici sotterranei, avremo anche per la fantasia un campo molto più vasto di quello delle invenzioni mitologiche ; e riconosceremo che la mente dell’uomo non sa immaginare neppur la millesima parte delle maraviglie che la scienza tuttodì va scuoprendo nelle operazioni e nelle leggi della Natura.

27. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131

Egli era figlio di Giove e della Ninfa Maia una delle sette figlie d’Atlante che furon cangiate nella costellazione delle Pleiadi ; quindi Mercurio dai poeti trovasi denominato Atlantiade, cioè nipote di Atlante148. […] Non già che egli, come Dio, avesse bisogno di rubare, ma così per trastullo149 e per dimostrare la sua scaltrezza si divertiva a far delle burle agli Dei, involando ad essi quel che avevano di più caro e prezioso. […] Dai botanici si chiamò mercuriale un genere di piante della famiglia delle Euforbiacee, perchè, secondo quel che dice Plinio, si credeva dovuta al Dio Mercurio la scoperta delle qualità maravigliose che gli Antichi attribuivano a questo genere di piante. […] È una delle più eleganti e più svelte figure di Mercurio, perchè sta in atto di prendere il volo e riposa soltanto con l’estremità del piede sinistro in un piccolissimo punto d’appoggio. […] Spiegheremo la dottrina della Metempsicosi nel parlar dei regni di Plutone e dello stato delle anime dopo la morte.

28. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284

Parrebbe dunque che l’argomento delle Ninfe dovesse essere esaurito. Ma non è così, perchè v’è ancora da parlare delle Ninfe dei monti, delle valli, delle fonti, dei boschi e perfino degli alberi. […] Quanto poi all’orgoglioso amor proprio di Narciso, la Mitologia inventò molto a proposito che egli ne fu punito coll’essersi innamorato della propria immagine, veduta nello specchio delle acque di una fonte, e che credendola una Ninfa stette tanto a guardarla che ivi morì di estenuazione e fu cangiato nel fiore che porta il suo nome. […] I pittori hanno gareggiato a rappresentar Galatea di bellissime forme, ed una delle più belle è quella che vedesi nella Galleria degli Uffizi in Firenze. […] I Botanici anch’essi nel determinare la nomenclatura delle piante aquatiche si ricordarono di aver trovato nella Mitologia, o in qualche classico, certe Ninfe dell’acqua, o che stavano nell’acqua, (il nome preciso di Naiadi non pare che lì per lì lo avessero ben presente) e si affrettarono a chiamar Ninfèa una pianta aquatica (detta altrimenti Nenufar e volgarmente giglio degli stagni), e ne fecero il tipo della famiglia delle Ninfacee, ossia delle piante erbacee aquatiche congeneri alla Ninfèa.

29. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183

Secondo Omero, l’Oceano ha il suo palazzo nelle acque del mare agli estremi confini delle Terra, e questo palazzo, secondo altri poeti, è d’oro. […] Da questo matrimonio nacque il Dio Tritone che fu lo stipite delle diverse famiglie e tribù dei Tritoni, i quali formarono il corteggio e la guardia d’onore delle principali divinità marine. […] Nella nautica si chiamano Nettuni le collezioni di carte nautiche ; la qual denominazione mitologica è analoga a quella che fece chiamare Atlanti le collezioni delle carte geografiche. […] Dal colmo-della sventura sofferta per l’odio e le persecuzioni di Giunone (nemica acerrima di quella regia famiglia, perchè vi apparteneva Semele madre di Bacco amata da Giove), passarono ambedue all’apoteosi per compassione delle benigne Divinità marine. […] E perciò Ovidio lo appellò : « Tritona canorum. » (Nel ii lib. delle Metamorf.)

30. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91

Nei primi tempi non fecero distinzione fra stelle e pianeti ; e questi pure chiamarono stelle ; e solo quando si accorsero che avevano un movimento molto diverso da quello apparente delle Stelle, e apparentemente molto irregolare, li chiamaron pianeti, cioè corpi erranti. […] Ora convien parlare delle Divinità che dirigevano il Sole e la Luna, e parlarne a lungo, prima in generale, e poscia particolarmente, perchè la fantasia dei mitologi e dei poeti non venne meno così per fretta a inventar miti fantasmagorici e dilettevoli su queste due Divinità, alle quali diedero il nome di Apollo e di Diana, che poi identificarono col Sole e colla Luna. […] Quindi Latona andò lungo tempo errando in mezzo ai disagi ; e potè solo fermarsi nell’isola di Ortigia, detta poi Delo, una delle Cicladi nel mare Egeo, isola natante, ossia galleggiante, che Nettuno per compassione di Latona rese stabilé. […] I geologi poi, collo studio degli strati del nostro globo e delle materie componenti i diversi terreni, sanno dire non solo l’origine delle montagne, ma perfino l’età, ossia l’epoca geologica in cui esse si sollevarono. […] « Le isole galleggianti, scrive Humboldt, si formano in tutte le zone ; ne ho vedute nel fiume Guayaquil, da 8 a 9 metri di lunghezza, nuotanti in mezzo alla corrente e portanti gran copia di vegetabili, le cui radici si abbarbicano e s’intrecciano facilmente. » Intorno alla formazione delle medesime, lo stesso autore soggiunge : « Sulle rive paludose dei laghi di Xochimilco e di Chelco l’acqua agitata nella stagione delle piene stacca delle zolle di terra coperte di erba e di radici fra di loro intrecciate.

31. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160

Nel medio evo, al risorger delle lettere e delle scienze, si risvegliò ancora la manìa di costruire automi ; e sappiamo che Alberto Magno fece un bellissimo androide che apriva la porta di casa a chi battesse a quella, e quando le persone entravano le salutava. […] Avevano sì gli antichi osservato l’elettricità che si sviluppa collo strofinamento dell’ambra (dal cui greco nome di electron fu appunto denominato questo fenomeno e l’elettricità stessa), ma si fermarono per secoli e secoli a questa prima osservazione, e non andaron più oltre191, lasciando ai moderni, e specialmente agli italiani, (Galvani e Volta), la gloria delle più grandi scoperte e delle più utili applicazioni della elettricità 192. Così la scienza moderna mandò in dileguo le fantasmagorie della immaginazione e della superstizione, e rivelò le mirabili verità delle grandi leggi della Natura. […] Anche i geologi seguaci della scuola di Hutton194, che spiegavano, coll’ammettere l’esistenza del fuoco centrale, la formazione della maggior parte delle roccie del nostro globo, furon chiamati Vulcanisti ; e Vulcanismo dicesi ancora questo sistema di geologia, e Vulcanologia la storia e la teoria dei Vulcani. […] Lemno era un’isola vulcanica : ecco perchè per l’appunto la favola fa cadere e adorare Vulcano in quest’isola ; e per lo stesso motivo pone le sue fucine sotto il monte Etna ed altri monti vulcanici : e quindi aggiunge che le eruzioni vulcaniche son le fiamme e le scorie di queste fucine metallurgiche, e i crateri sono i camini delle medesime.

32. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278

E perciò son rammentati quasi sempre scherzevolmente dai poeti, e per gli aneddoti che se ne raccontano rappresentati come i buffoni e i pagliacci delle divinità pagane. […] Virgilio nelle Georgiche invoca Silvano tra le divinità protettrici delle campagne, e accenna che per distintivo portava in mano un piccolo cipresso divelto dalle radici17. […] Il nome di Vertunno, che davasi al Dio delle stagioni e della maturità dei frutti, colla sua latina etimologia a vertendo, (cioè dai cangiamenti operati dalle stagioni sui prodotti della terra) dimostra l’origine italica e romana di questo Dio. […] Le feste Florali cominciavano in Roma il 28 di aprile e duravano sino a tutto il dì 1° di maggio, nei quali giorni v’era un gran lusso di fiori, di cui tutti facevano a gara a cingersi la testa e ornarne le mense e perfino le porte delle case. […] Una delle più celebri statue di Fauno è quella che vedesi nella Tribuna della Galleria degli Uffizi.

33. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316

XI, che di Inaco re d’Argo era figlia la Ninfa Io trasformata in vacca, e poi in Dea, sotto il nome di Iside ; e parimente d’Argo era re Danao padre delle Danaidi, di cui parlammo nel N.  […] Acrisio prese allora un’altra mezza misura : fece chiuder la madre e il figlio in una cassa di legno e gettarli nel mare ; ma e figlio e madre illesi, dopo varii pericoli che poco importa il descrivere, furon trasportati con tutta la cassa nell’isola di Serifo (una delle Cicladi nel mare Egeo), e ospitalmente accolti dal re Polidette. […] Proseguendo ora il racconto mitologico delle gesta di Perseo, è da dirsi prima di tutto che dal sangue sgorgato dal teschio di Medusa nacquero molti orribili serpenti, e dal tronco o busto di essa uscì l’alato caval Pegaso, che servì poi sempre di cavalcatura a Perseo. […] Con questi due potentissimi aiuti, il Pegaso e il teschio di Medusa, divenne Perseo il più formidabile eroe dell’antichità, perchè egli solo più di qualunque esercito fornito di qualsivoglia arme più micidiale e diabolica valeva per velocità e potenza di mezzi di distruzione delle umane esistenze. […] Era Andromeda figlia di Cefeo re di Etiopia e della ninfa Cassiopea ; e fu esposta ad esser divorata da un mostro marino, perchè o essa o sua madre erasi vantata di esser più bella delle Nereidi.

34. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-

Di Zeffiro abbiamo già detto altrove che egli sposò la Dea Flora e le diede potestà sui fiori ; e questa favola significa soltanto che il tepido vento chiamato Zeffiro o Favonio favorisce la vegetazione delle piante fanerogame, cioè che producono fiori. […] Il nome greco è significativo delle qualità distintive di ciascuno di essi : Borea significa fremente ; Noto, umido ; Euro, abbronzante ; Zeffiro, oscuro. […] Non immaginavano neppure l’esistenza del Grande Oceano ; non avevan mai passata la linea nell’Oceano Atlantico ; e il non plus ultra delle colonne d’Ercole li tratteneva ancora dal passar lo stretto di Gades (ora di Gibilterra) e dall’andar navigando lungo le spiaggie occidentali dell’Affrica. […] Abbiamo parlato altra volta delle isole natanti o galleggianti, e precisamente nel N° XVI, a proposito dell’isola di Delo, che Pindaro fu il primo a chiamar natante. Ora vediamo che anche Omero 4 secoli e mezzo prima di Pindaro aveva notizia delle isole natanti, e credeva tale una delle 7 isole Eolie.

35. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151

Alcuni dei più fantastici mitologi e poeti aggiungono, che le acque del mare furono fecondate dal sangue di Urano mutilato da Saturno ; e che da questa fecondazione delle acque marine nacque Afrodite, ossia Venere, raggiante di celeste bellezza. […] Il Monti ancor giovanissimo intuonò un Cantico adorno di graziose immagini e forme poetiche alla Bellezza dell’Universo, ove, con amplificazione per enumerazion delle parti, fa la rassegna delle più grandi bellezzè che son da ammirarsi nelle opere della creazione ; ed Ugo Foscolo ha detto : « Venere simboleggia la Bellezza dell’ Universo. » Da Venere, considerata come Dea della bellezza, son derivate le parole venustà ed avvenenza 185. […] Parve strano ai mitologi ed ai poeti meno antichi che Cupido si occupasse sempre a saettar colle sue freccie uomini e donne, Dei e Dee, senza pensar mai a scegliersi una sposa per sè ; e inventarono una complicatissima favola, una specie di romanzetto all’uso di quelli delle Fate del medio evo, o delle Mille e una notti, e conclusero che dopo mille prove a cui Cupido, nascondendo l’esser suo, sottopose la curiosità e la fiducia della sua eletta, sposò finalmente e rese felice col più invidiabile degli imenei la bella e vivacissima Psiche. […] Imene o Imeneo, l’altro figlio di Venere era il Dio delle Nozze, o vogliam dire del Matrimonio ; ed anche in italiano si usa elegantemente il nome di imeneo per significar le nozze, ossia la celebrazione del matrimonio. […] Con questa greca voce Psiche (anima) è composto il termine psicologia, che perciò significa quella parte della filosofia che tratta dell’anima e delle sue facoltà.

36. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308

I tempi eroici anche più dei mitologici formarono il soggetto delle meditazioni dei più grandi filosofi e pubblicisti (e basti rammentar fra questi il Vico e Mario Pagano), perchè vi si trovano le origini storiche dei più celebri popoli antichi, frammiste a racconti favolosi, dai quali bisogna distinguerle e sceverarle. […] E quanto alla sapienza di quell’epoca ottennero lode sopra gli altri i fondatori delle religioni e delle città. Se grandi erano le virtù, non meno grandi furono i vizii consistenti principalmente nell’abuso della forza, o come dicono i poeti, nel viver di rapina : era per lo più questa la causa delle antiche guerre. […] Ne abbiamo una conferma anche nei racconti delle leggende, riferibili a quell’epoca dolorosissima ; e da quei fatti leggendarii s’informarono i poemi romanzeschi che ammettono prodigii non meno strani di quelli dell’Odissea. […] Inoltre di quegli Eroi che non son rammentati o compresi in nessuna di quelle spedizioni, e che pure compierono memorabili gesta, separatamente narrate dai Mitologi, dobbiamo ragionevolmente indurne che fossero anche più antichi del tempo in cui avvennero quelle, e già divenuti Indigeti Dei, oppure discesi nel regno delle Ombre.

37. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172

Il piccolo Bacco cresceva vivace ed allegro ; ed ebbe per custode della sua giovinezza (o come ora diremmo per aio o educatore) un vecchio satiro chiamato Sileno, a cui molto piaceva il vino, e che ne istillò il gusto al suo allievo, cosa molto più facile che istillare il gusto delle belle lettere e delle scienze. […] Così sostituirono un miracolo mitologico al miracolo fisico della natural formazione delle pepiti e delle auree vene nel sen della terra. […] Il celebre Magalotti, relatore delle esperienze dell’Accademia del Cimento, in una delle sue lettere scientifiche (lettera 5ª a Carlo Dati), intese di dare la spiegazione di questo fenomeno con una ipotesi, alla quale allude il Redi nel Bacco in Toscana, parlando del vino : « Sì bel sangue è un raggio acceso « Di quel Sol che in Ciel vedete, « E rimase avvinto e preso « Di più grappoli alla rete. » Ma la chimica soltanto colla teoria delle trasformazioni per mezzo della luce, del calorico e della elettricità può darne la più razionale e probabile spiegazione. […] iii delle Metamorfosi così racconta questa favola, accennando in una parentesi di non prestarvi fede egli stesso : « Imperfectus adhuc infans genitricis ab alvo « Eripitur, patriaque tener, (si credere dignum), « Insuitur fæmori, maternaque tempora complet. […] Il Ditirambo, voce derivata da due parole greche che appellano alla doppia nascita di Bacco, oltre ad essere uno dei nomi di questo Dio, era un cantico in onore di lui ; nel qual genere di poesia ammettevasi molta licenza ed irregolarità nell’ordine delle idee e nei metri o ritmi ; e si diede in appresso questo nome anche ad altri soggetti poetici diversi, ma della stessa forma metrica irregolare.

38. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-

In antico furono pochi, cioè quelli soli della messe e della vendemmia ; ma il numero delle feste aumentò con quello degli Dei. […] Questa cerimonia e questi divertimenti miravano a distrarre l’attenzione del popolo dallo spettacolo delle pubbliche calamità, ed a guarire il corpo ricreando lo spirito. […] Il sacerdote assaggiava il vino di cui era colma la tazza, l’offriva ad alcuno degli assistenti, e versava il resto sull’ altare o sulla terra o sulla fronte delle vittime. […] Oltre al vino adoperavano nelle libazioni anche il latte, il miele, l’olio, l’acqua delle fonti o del mare ed il sangue degli animali. […] La Chiromanzia era una parte della magia, e consisteva nel predire il destino di un uomo dall’esame delle linee che s’incontrano sulla palma della mano.

39. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72

Prometeo col favore di quegli Dei che eran più amanti e protettori dell’ingegno e delle arti, rapì dal Cielo, o come altri dicono, dal carro del Sole, una divina scintilla di fuoco, e con essa animò le sue statue, e le fece divenire uomini viventi e parlanti. […] Lo stesso gran luminare degli Inglesi, Bacone da Verulamio, nel suo libro De Sapientia Veterum, esamina ed interpetra più a lungo questa favola che le altre trenta da lui prescelte come meritevoli delle sue considerazioni. […] Il fuoco poi, come dice Bacone da Verulamio, è la mano delle mani, lo stromento degli stromenti, l’aiuto degli aiuti di tutte le arti degli uomini. Anzi nella modernissima scienza detta Termodinamica, ossia meccanica del calore, si dimostra che questo stesso elemento, (e in ultima analisi il Sole che n’ è fisicamente la causa prima), produce il lavoro meccanico delle macchine a vapore e dà la forza anche alle braccia degli uomini. — Felice chi potè conoscer le cause delle cose 84), diceva Virgilio ; e in oggi spingendosi le scienze sempre più arditamente e con prospero successo a far mirabili conquiste nelle regioni del vero, posson chiamarsi invidiabilmente felici i sapienti cultori di quelle ! […] È poi molto notabile e filosofica l’interpretazione di Bacone da Verulamio che Pandora, unita in matrimonio coll’improvvido Epimeteo, significhi la voluttà e il mal costume che spasso derivano dalla raffinatezza delle arti e dal lusso nelle anime spensierate ed improvvide : dal che nascono tutti i mali che rovinano gli uomini e gli Stati85).

40. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78

Tutti perirono, fuorchè un sol uomo ed una sola donna, Deucalione e Pirra, che si salvarono in una nave ; la quale dopo aver lungamente errato in balìa delle onde fu spinta e fermossi in Grecia sul monte Parnaso. — Di quale stirpe e famiglia erano essi i due fortunati o pii, che soli ebbero in sorte o meritarono di scampare dal generale esterminio ? […] Ecco perchè, dicono i poeti, noi siamo una dura stirpe, tollerante delle fatiche, e diamo indizio della dura origine nostra ! […] Per lo scopo nostro, cioè in relazione al diluvio, basta il parlare delle roccie acquee per conoscere come la scienza ammette e dimostra il gran cataclisma del diluvio. […] La durata poi delle diverse epoche dei precedenti diluvii preistorici non si conta a giorni e a mesi, ma a migliaia e migliaia d’anni, come avviene di tutte le così dette epoche geologiche90). […] Un simil termine usano anche i geologi delle altre nazioni, come in francese roche, in inglese rock e in tedesco felsart.

41. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269

Questa etimologia e la conseguente spiegazione, furono adottate nei dizionari etimologici delle lingue dotte e in quelli enciclopedici più moderni9. […] Ma la spiegazione che soglion dare delle diverse parti della figura del Dio Pane, e più specialmente delle corna, dei velli e degli zoccoli caprini, non solo i Mitologi quanto ancora il celebre filosofo Inglese, potrà sembrare ai dì nostri piuttosto uno sforzo d’immaginazione, che una indubitabile interpretazione, poichè dicono sul serio che le corna significano i raggi del Sole e la Luna crescente, i velli gli alberi e i virgulti del nostro suolo, e i solidi zoccoli caprini la stabilità della Terra. […] Non contenti di eredere che le sette canne simboleggino i sette toni della musica, o, come ora direbbesi, le sette note musicali, immaginarono che rappresentassero l’armonia delle sfere, secondo le idee di Pitagora. […] « Temer si deve sol di quelle cose « Che hanno potenza di fare altrui male : « Dell’altre no, chè non son paurose, » diceva Dante nella Divina Commedia ; ma non tutti gli uomini e non sempre possono ragionare freddamente e conoscer subito la causa delle cose ; e per casi nuovi o ignorati o non preveduti avviene spesso che si alteri la fantasia, specialmente del volgo, e si tema ove nessuna ragion v’è di temere. […] È però da notarsi che gli aneddoti riferibili alle voci miracolose del Dio Pane, raccontati da Erodoto, da quel miracolaio di Plutarco e da altri scrittori di minor conto, sono la relazione delle popolari credenze prevalenti a quei tempi, e non la storica dimostrazione della verità dei fatti.

42. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499

Nell’Impero Romano all’opposto l’apoteosi degl’Imperatori e delle Imperatrici era divenuto un vile atto di adulazione al potere assoluto e dispotico del supremo imperante o dei suoi eredi e successori, non già come in Grecia un atto spontaneo delle popolazioni memori delle virtù dei suoi uomini illustri, e grate dei benefizii da essi ricevuti. […] Ma spenta con Marco Bruto la libertà e perduta affatto anche l’ombra di essa sotto Tiberio, le apoteosi degli Imperatori e delle Imperatrici non furono altro che solennità comandate dal Principe e servilmente festeggiate dal popolo, come abbiam detto di sopra ; e nel frasario stesso degl’Imperanti l’esser trasformati in Dei significava morire. […] Divi infatti chiamavansi e non Dei gl’imperatori romani deificati, come li troviamo detti anche nella raccolta delle Leggi romane dell’Imperator Giustiniano (Divus Augustus, Divus Antoninus, Divus Traianus, ecc). […] Si conservano tuttora circa 60 medaglie coniate in memoria di altrettante apoteosi diverse ; in ciascuna delle quali vedesi un’ara ardente ed un’aquila che ergesi a volo, ed inoltre vi si legge la parola Consecratio, che era il termine officiale latino significante l’apoteosi.

43. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341

La prima fermata fu nell’isola di Lenno, « Poi che le ardite femmine spietate « Tutti li maschi loro a morte dienno, » come dice Dante ; e vi giunsero appunto dopo l’atroce fatto che le donne di quell’isola, malcontente delle leggi e dei trattamenti degli uomini, li uccisero tutti per costituirsi in repubblica femminile. […] Troppo lungo e monotono sarebbe il racconto di tutti e singoli gl’incidenti, che per lo più son comuni alla maggior parte dei viaggi marittimi narrati dai poeti, come, per esempio, qualche tempesta, qualche combattimento coi popoli delle coste marittime o delle isole, qualche pericolo di scogli o di sirti ; in quella vece ci arresteremo piuttosto a riferire un episodio di nuovo genere, imitato anche dall’Ariosto, e rammentato più d’una volta dall’Alighieri, cioè la liberazione del re Fineo dalle Arpie. […] Ad essere infestato da tali mostri era condannato dagli Dei Fineo re di Tracia in punizione delle sue crudeltà verso i proprii figli, e vi fu aggiunta pur anco la cecità. […] « Ecco per l’aria lo stridor si sente, « Percosso intorno dall’orribil penne : « Ecco venir le Arpie brutte e nefande, « Tratte dal cielo a odor delle vivande. […] Anche Pindaro fece una lunga narrazione di questa impresa nell’Ode iv delle Pitiche.

44. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47

Se poco hanno avuto da inventare e da raccontarci i mitologi sulla vita semplice e monotona che attribuirono a questa Dea, molto ci hanno narrato gli storici romani sulla importanza del culto di Vesta e dell’ufficio delle Vergini Vestali in Roma. […] I due punti principali erano : primo, la conservazione perpetua del fuoco sacro, che simboleggiava, come abbiam detto, la perpetua durata di Roma e del suo impero ; e secondo, la più scrupolosa illibatezza delle Vestali che si erano dedicate al servizio della Dea della castità. […] Il numero delle Vestali non fu mai più di sette. […] Il Palladio Troiano, che dicevasi trasportato da Enea in Italia, era affidato alla custodia delle Vestali, che lo tenevano chiuso ed invisibile ad ogni occhio profano. […] Raccontano però in due modi questo supplizio delle Vestali.

45. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24

Il Fato 14, detto altrimenti il Destino, era figlio del Caos e della Notte, e rappresentava, secondo la Cosmogonia degli antichi, la legge generale e immutabile dei fenomeni fisici e delle umane vicende. […] Onde che con questo sistema (adottato dai Turchi come principio religioso), si veniva a toglier dal mondo la moralità e l’imputabilità delle azioni. […] Anche in altri luoghi ritorna il sommo Poeta sullo stesso argomento, o indirettamente vi allude : tanto gli stava a cuore d’imprimer bene nella mente dei suoi lettori questa fondamentale dottrina del libero arbitrio, da cui dipende la moralità delle azioni, e quindi il merito o il demerito delle persone, e la giustizia del conferimento dei premii e della irrogazione delle pene ! […] Quindi Orazio la chiama sœva Necessitas (crudel Necessità) e la rappresenta in atto di portar colla mano di bronzo lunghi e grossi chiodi da travi, e cunei, ossia biette o zeppe, e uncini e piombo liquefatto, simboli tutti di costrizione o coazione15 La parola Fortuna è di origine latina ; deriva da fors significante il caso ; Fortuna è dunque la Dea delle casuali vicende, ma per lo più buone ossia favorevoli agli uomini ; e perciò Cicerone ne deduce l’etimologia a ferenda ope, dal recar soccorso.

46. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59

XI Giove re del Cielo Che Giove fosse adorato come il supremo degli Dei dai Greci e dai Troiani sino dai più remoti tempi preistorici, lo sappiamo da Omero « Primo pittor delle memorie antiche. » Il suo nome in greco era Zeus, e in latino Jupiter. […] Dalle idee di Omero fu ispirato Fidia nel far la sua celebratissima statua di Giove Olimpico 63, considerata come una delle maraviglie del mondo ; la quale rimase sempre per tutti i seguenti scultori e pittori il primo e più egregio modello dei lineamenti caratteristici di questa suprema divinità del paganesimo64. […] Ecco un’altra scienza, e delle più recenti, in cui non è disprezzato l’uso antico di adottare nel linguaggio scientifico i termini della Mitologia. […] M. non solo nelle iscrizioni dei documenti storici delle chiese e di altre fabbriche addette al culto, ma pur anco ne’ monumenti e nelle epigrafi delle sepolture. […] Parlando il Vico di questa Catena nel libro secondo de’ suoi Principii di Scienza Nuova, riferisce che in essa Dionigi Longino ammirava la maggior sublimità di tutte le favole omeriche ; e quindi aggiunge le seguenti osservazioni : « La qual Catena se gli Stoici vogliono che significhi la serie eterna delle cagioni, con la quale il lor Fato tenga cinto e legato il Mondo, vedano che essi non vi restino avvolti ; perchè lo strascinamento degli uomini e degli Dei con sì fatta Catena egli pende dall’arbitrio di esso Giove, ed essi vogliono Giove soggetto al Fato.

47. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393

Indicazione delle epoche principali e meno incerte della storia antica, le quali hanno qualche relazione coi fatti ricordati dalla favola mitologica. […] Alle figlie di Danao é attribuita la istituzione delle Tesmoforie (Tesmos, legge, phero porto), in memoria delle savie leggi date ai mortali da Cerere. […] Credesi che la vita di Sansone abbia dato la idea delle prodezze d’Ercole. […] Il poema d’Omero e quelli d’Esiodo sono i principali fonti delle notizie intorno alle favole mitologiche. […] Sembra che il padre delle famiglie, che andarono ad abitare la Grecia ai tempi della dispersione dei popoli, fosse Javan figlio di Jafet.

48. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54

X Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia Dopochè gli antichi politeisti ebbero personificato e deificato i quattro elementi del Caos, cominciarono ad inventar divinità che presiedessero alle diverse forze e produzioni della Natura, e attribuirono a quelle l’invenzione delle arti e delle scienze, ed anche la creazione e la trasformazione di molti prodotti della natura stessa. […] Cerere figlia di Saturno e di Cibele (che è lo stesso che dire del Tempo e della Terra), era considerata come la Dea delle biade che in sua stagiòne (in tempore suo), producevansi dalla terra. […] Per questa ragione Virgilio nelle Georgiche loda l’ Italia come gran madre, ossia prima produttrice, delle biade (magna parens frugum)51. […] Chi studia o sa il latino farà bene a leggere e rileggere questo mito egregiamente descritto da Ovidio nel libro viii delle Metamorfosi.

49. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38

La Mitologia è molto incerta su tal questione, e non la decise mai dommaticamente : lasciò correre diverse opinioni, tra le quali accenneremo per ora quella soltanto che è la più semplice e sbrigativa, e che prima delle altre espone Ovidio nelle Metamorfosi, vale a dire che quel Dio stesso che dal Caos formò l’universo creasse l’uomo di divin seme 26, appellando così principalmente all’anima umana, e facendola di origine divina. […] I chimici chiamano sal di Saturno l’acetato di piombo, e i medici colica saturnina una nevralgia cagionata dall’assorbimento del piombo o delle sue emanazioni : la luce pallida o plumbea del pianeta Saturno può aver suggerito quelle scientifiche denominazioni. […] Aveva in una mano una chiave, e nell’altra una verga : la prima significava non solo che Giano era il celeste portinaio, ma ancora il custode delle case ; e colla verga si voleva far supporre che egli indicasse ai viandanti la strada. […] Non è noto però che ne sapessero o studiassero la lingua ; ma è certo che gli Ebrei dimoranti in Roma dovevano necessariamente parlare, o bene o male, la lingua latina ; e perciò potevan benissimo avere informato i dotti pagani delle dottrine della Bibbia. […] Virgilio nel ii delle Georgiche dopo avere enumerati i pregi dell’ Italia, che dichiara superiori a quelli delle altre regioni del mondo, conchiudendo la saluta con questa apostrofe : « Salve, magna parens frugum, Saturnia tellus, Magna virûm ! 

50. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122

Orazio rammenta più volte (ma ironicamente, perchè non vi credeva) questa magica potenza delle streghe sulla Luna e le Stelle136, e Ovidio aggiunge che si estendeva anche sul Sole137. […] E gli uffici che le si assegnavano eran pur essi fantastici e paurosi ; poichè dessa mandava fuor dal regno delle ombre i notturni spettri a spaventare i viventi, e usciva talvolta in persona colle anime dei morti a girare intorno ai sepolcri e pei trivii ; spingeva i cani ad urlare orribilmente per le vie, e proteggeva le maliarde e le streghe nei loro incantesimi. […] Il volgo però vi presta va pienissima fede, e tanto più allora quando in alcuni luoghi invalse l’uso nei trivii di offrir delle cene ad Ecate, che lasciate intatte da questa Dea eran poi ben volentieri divorate dai poveri. […] I dice delle due famose streghe Canidia e Sagana, che l’una invocava Ecate, e l’altra Tisifone ; e nel Carme secolare che fu cantato pubblicamente in onore di Apollo e di Diana, tra gli altri ufficii di questa Dea ivi enumerati non è accennato nemmeno quello infernale di Ecate. […] Diana aveva in Efeso un famoso tempio, considerato come una delle 7 maraviglie del mondo, che fu arso, pur d’acquistar fama ancorchè infame, da Erostrato Efesio la notte in cui nacque Alessandro Magno, cioè il 6 di giugno, 356 anni avanti l’era cristiana.

51. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-

I Romani sino al termine della seconda guerra punica furono i puritani della pagana religione, e considerarono sin dal tempo di Numa il sentimento religioso e morale come il primo fattore dell’incivilimento ; e perciò ebbero cura di tenerne lungi qualunque elemento che tendesse a viziare la moralità delle azioni, senza la quale non può esistere vera civiltà. […] Aggiungendovisi poi le apoteosi degli Imperatori e delle Imperatrici, parve, com’ era veramente, prostituita la religione al potere politico e negata l’esistenza stessa degli Dei, presumendo che essi potessero accogliere nel loro numero e nel loro consesso qualunque mortale benchè scellerato ed empio, come furono i più degli Imperatori romani. […] « E mentre che di là per me si stette, « Io gli sovvenni, e lor dritti costumi « Fer dispregiare a me tutt’altre sette. » Un ragionamento simile a quello del poeta Stazio condusse alla stessa conseguenza di farsi Cristiani tutti quei politeisti che non erano affatto privi del lume della ragione ; e se alcuni furon trattenuti dalla paura delle persecuzioni, molti altri si esposero ai tormenti ed anche alla morte, e suggellaron col sangue l’attestazione della loro novella Fede. […] Ai primi del secolo IV dell’era cristiana, Costantino Magno fu il primo imperatore cristiano ; ma soltanto negli ultimi anni dello stesso secolo furono officialmente aboliti da Teodosio il Grande quasi tutti i sacerdozii del Politeismo, incluso quello delle Vestali. I più ostinati a conservare il culto dei falsi Dei furono gli abitanti delle campagne e dei villaggi o borghi, che in latino chiamavansi pagani (aggettivo derivato da pagus che significa borgo o villaggio), e perciò il politeismo stesso fu detto il Paganesimo ; il qual termine divenne poi, tanto in prosa quanto in poesia, più comune e più usato che gli altri due di politeismo e di gentilesimo 169.

52. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289

XXXVII Gli Dei Dei Fiumi Se i Mitologi ed i poeti inventarono le Divinità delle fonti, tanto più è presumibile che non avranno mancato d’immaginare gli Dei dei Fiumi. […] Inoltre la corona o ghirlanda del fiume è composta di canne, come del Tevere ha detto Virgilio, o ancora delle fronde di quegli alberi che più facilmente vegetano sulle sue rive, o che sono particolari alla regione nella quale scorre quel fiume. […] Il fiume Alfeo, per esempio, essendosi invaghito della Ninfa Aretusa 29 (cangiata in fonte che scorrevà sotto terra nella Sicilia presso Siracusa), per andarla a trovare si scavò un canale sottomarino e la raggiunse tra i ciechi labirinti delle inferne regioni30. […] come fanciullo « Di mandre guardïan cui ne’piovosi « Tempi il torrente, nel guadarlo, affoga. » Avremo da parlar tanto delle prodezze di Achille (invidiato dallo stesso Alessandro il Grande per la singolar fortuna di averne per banditore Omero), che non vi sarà spazio a raccontar questa sua unica paura, che trova qui posto più opportuno, parlandosi delle prodezze e dei vanti dei fiumi della Troade.

53. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137

Tutti i migliori poeti delle più culte nazioni hanno accolta gradevolmente questa invenzione e riprodotta a gara con splendide forme. […] E Minerva non solo è una Dea ingegnosa, come la chiama Ovidio, ma è pur anco la protettrice degl’ingegni, l’ispiratrice delle invenzioni nelle arti e nelle scienze168. […] È questa una delle tante metamorfosi che furono inventate per la somiglianza del nome. […] Così fu lieta Firenze di esser detta l’Atene d’Italia, dopo che sorsero in essa i più grandi scrittori, che il suo dialetto meritò di divenire la lingua comune de popolo Italiano, e che al pregio della lingua seppe unire pur anco quello delle scienze e delle arti.

54. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325

Dei suoi posteri, non i Mitologi e i poeti soltanto, ma anche gli storici narrano molte triste vicende ; di alcune delle quali avremo occasione di parlare a lungo in appresso. […] Anzi Dante, convinto che tali trasformazioni poeticamente ed ingegnosamente narrate fanno grandissimo effetto sulla immaginazione dei lettori, volle gareggiare anche in questo cogli antichi poeti, come fece nel Canto xxv dell’ Inferno, detto appunto delle trasformazioni ; e fu tanto contento e sicuro egli stesso dell’opra sua, che non potè nasconderlo ai suoi lettori, ed asserì di aver superato Lucano ed anche Ovidio, il famoso autore delle Metamorfosi : « Taccia Lucano omai, là dove tocca « Del misero Sabello e di Nassidio, « Ed attenda ad udir quel ch’or si scocca. […] È noto che la parola alfabeto è composta dal nome delle due prime lettere (alfa e beta dell’alfabeto greco ; e che in italiano trovasi anche chiamato l’abbiccì dal nome delle prime tre lettere del nostro alfabeto.

55. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) «  Avviso. per questa terza edizione.  » pp. -

La favorevole accoglienza ottenuta dalle nostre due antecedenti edizioni del Corso di Mitologia dei Signori Nöel e Chapsal, ci ha confortati a mettere al la luce questa terza edizione, che abbiamo cercato rendere anche migliore delle altre per esattezza nella correzione, e per un numero maggiore d’incisioni in legno intercalate nel testo. Giovi poi ripetere come la traduzione di quest’opera non sia un semplice volgarizzamento, giacchè il Signor Pietro Thouar l’ha in gran parte rifusa e vi ha fatte delle notabili aggiunte le quali consistono in molte e nuove illustrazioni poetiche dei fatti mitologici, cavate da alcuni dei nostri più valenti poeti ; in una Cronologia mitologica, ossia indicazione delle più notabili epoche storiche alle quali si riferiscono le favole ; e principalmente in un’ Appendice che contiene varj ragionamenti d’illustri scrittori concernenti la caduta del Paganesimo e la fondazione del Cristianesimo. […] La descrizione delle favole assurde, strane, spesso immorali, per lo più oscure, che sovrabbondavano nella falsa credenza dei gentili, finchè rimane disgiunta affatto dalla storia dei tempi antichi, a poco più può servire che ad agevolare l’intelligenza dei Classici ed a spiegare i monumenti d’arte dei Greci e dei Romani.

56. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -

La Mitologia Greca e Romana a dichiarazione non solo de’greci e de’ latini poeti, ma degl’italiani e d’altre nazioni, e di molte locuzioni viventi tuttavia nel comune linguaggio ; in uso delle scuole e di ogni colta persona. […] Anzi fu il Tommaséo stesso che mi suggeri di aggiungere al semplice titolo di Mitologia Greca e Romana, tutte le altre parole che ora vi si leggono ; e non si contentò di dirmelo a voce in familiare conversazione, ma lo ripetè in una delle lettere ch’egli ebbe occasione di scrivermi ; e poi rese noto pubblicamente nel detto fascicolo della Nuova Antologia, che egli mi suggeriva di adottare il soprascritto titolo. […] E la lettera correva di certo, ed io la spedii subito, e qui la riporto per copia conforme : « Il saggio di Mitologia in uso delle Scuole, che sotto fascia le mando, è parte di un lavoro compiuto, e che da esperti nell’insegnare ebbe lode ; e io, proponendoglielo, ne dico assai ; e meglio di me lo raccomanda il Compendio di Cosmografia, lavoro dell’autore medesimo, accettato da più di una Scuola in Toscana, e di cui l’avveduto signor Barbèra credette utile farsi editore. Ella, signore, proponga che condizioni farebbe per il diritto a certo termine, o per l’intera proprietà. » Il contratto non potè aver luogo, perchè all’editore milanese impegnato in molte altre pubblicazioni mancava il tempo, com’ egli rispose direttamente a me stesso, di pubblicare anche questo libro prima della riapertura delle Scuole ; e allora il Tommasèo mi consigliò di stamparlo l’anno appresso per associazione.

57. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505

Nel mese di Gennaio, il cui nome facevasi derivare da quello di Giano, si celebrava nel primo giorno la festa di questo Dio, e prima ad esso sacrificavasi che agli altri Dei, perchè egli era considerato come il portiere delle celeste reggia. […] Anzi l’uso che vi fu allora di dir l’uno all’altro parole di buon augurio si mantiene tuttora da quasi tremila anni, e non in Roma e in Italia soltanto, ma per tutta Europa e presso molti popoli delle altre parti del mondo. […] Le fu dedicato anticamente un tempio nel Campo Marzio il giorno stesso delle Feste Carmentali. […] Il Dio Summàno, quantunque avesse un tempio in Roma, da prima nel Campidoglio, e poi, al tempo delle guerre di Pirro, presso il Circo Massimo, ove tutti gli anni si celebrava la detta festa il dì 20 di giugno ; e per quanto questo Nume sia rammentato da molti dei più celebri scrittori Latini, restò peraltro incerto per lungo tempo quale ufficio egli avesse.

58. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241

Per altro i Genii delle persone con caratteri e distintivi pagani furono ammessi anche nell’arte cristiana, e si vedono per lo più nei monumenti sepolcrali in atto mesto e colla face rovesciata o spenta, simbolo di morte. I Pagani credevano ancora che esistessero i Genii delle città e dei diversi luoghi o territorii ; ma per lo più li rappresentavano in forma di serpenti e in atto di cibarsi delle frutta a loro offerte in una patera 278. […] La voce diabolus deriva dal greco e significa calunniatore e accusatore, ed era il titolo che si dava soltanto al principe delle tenebre, come deducesi da queste parole di sant’Agostino : « Diabolus et angeli eius in scripturis sanctis manifestati sunt nobis, quod ad ignem æternum sint destinati. » Anche il Forcellini nello spiegar la parola Diabolus aggiunge : Cognomen proprium est principis Dœmoniorum ; e cita Tertulliano e Lattanzio.

59. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492

LXVI Osservazioni generali sulle Apoteosi Quei Mitologi che presero l’assunto di spiegare i miti della Religione Pagana per mezzo di antichi fatti istorici e di incerte tradizioni, si trovaron costretti di aggiungere nelle loro opere una parte che trattasse dell’Apoteòsi delle Virtù e dei Vizii. Riconobbero dunque che il loro sistema storico non spiegava tutto in Mitologia, e confessarono implicitamente che la massima parte delle Divinità del paganesimo erano personificazioni degli affetti dell’animo o buoni o rei. […] Per me dunque il parlare separatamente delle Apoteosi è un riassunto della parte fondamentale del mio lavoro, è una conferma di quanto ho dichiarato dal principio alla fine di questa Mitologia.

60. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14

Può riuscir piacevole e divertente per chi intende bene le lingue dotte il leggere nei poeti greci e latini le fantastiche descrizioni del contrasto continuo dei quattro elementi di così diversa natura confusi e misti fra loro nel caos ; ma divengono pedanterie e freddure le imitazioni che talvolta s’ incontrano nei poeti delle lingue moderne, ora specialmente che le scienze fisico-chimiche hanno scoperto e percorso un sì vasto campo di maraviglie vere e reali della natura. […] La sola spiegazione probabile o plausibile consiste nel considerare i miti come simboli o allegorie dei fenomeni fisici dell’universo e dei fenomeni morali, ossia delle passioni degli uomini. […] Dimostrano di sentir poco l’armonia delle parole e del verso italiano quei poeti che invece di caos usano la licenza di scrivere caòsse e cào.

61. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263

XXXIII Osservazioni generali Nella classazione generale delle Divinità del Paganesimo (vedi il N.  […] Quindi ebbero origine i libri di polemica fra gli scrittori delle due opposte religioni. […] Molti frammenti di opere, ora perdute, di Autori classici delle lingue dotte si trovano riportati nei libri degli scrittori ecclesiastici.

62. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320

Le fu dato ancora volgarmente dai pescatori settentrionali il nome di Regalec, ossia di re delle Aringhe, perchè la trovano sempre in mezzo alle innumerevoli legioni delle aringhe. […] Troviamo anche nella Bibbia un fatto simile, dove si parla delle lettere che il re David consegnò ad Uria marito di Betsabea pel suo generale Gioabbo ; nelle quali la supposta promozione di questo bravo ufficiale consisteva nel doverlo esporre sulle prime file contro i nemici, perchè vi perisse, come avvenne di fatto.

63. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510

Quando dunque dai Mitologi si parla di Dei stranieri adorati dai Romani non si deve intender delle greche Divinità che i Romani conoscevano e adoravano sin dall’origine di Roma, ma di tutte le altre di qualsivoglia nazione delle quali era ammesso o almeno tollerato il culto in Roma, dopo che fu accordata la cittadinanza romana a tutti i popoli conquistati. Per altro raramente i poeti greci e i latini rammentano qualche divinità delle altre nazioni, e solo alcuni di loro fanno un’eccezione per le principali Divinità Egiziane, che sono Osìride, Iside ed Anùbi.

64. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43

— Eccone le differenze : Vesta Prisca fu considerata come la Terra appena separata dal Caos, e perciò priva di piante e di animali ; Cibele poi come la Terra ornata di tutte le produzioni dei tre regni della Natura, animale, vegetale e minerale, e Tellùre come il complesso delle forze fisiche della materia terrestre. […] Il viaggio di andata e ritorno era un po’ lungo e richiedea qualche mese di tempo : talchè quando giunse in Roma la statua della Dea, il morbo pestilenziale, già pago delle vittime fatte a suo bell’agio, era cessato. […] Cicerone nelle sue opere filosofiche aggiunge un’altra notabile rassomiglianza, che essi avevano coi nostri frati mendicanti, perchè asserisce che i Galli della madre degli Dei erano i soli sacerdoti a cui fosse lasciata per pochi giorni la facoltà di far la questua ; ma non ne dice il perchè, non vedendo forse una buona ragione di questo eccezional privilegio, e, a quanto pare dal contesto delle sue parole, disapprovandolo45.

65. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85

Il tema più vasto per altro e l’eterno argomento della vita di Giunone è quello delle gelosie, delle stizze e delle persecuzioni di questa Dea.

66. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68

Una delle più impossibili ed incredibili era tanto famigerata, che la eternò nei suoi mirabili versi lo stesso Virgilio. […] Infatti Virgilio, che Dante scelse per suo maestro 78), e. che egli chiama il mar di tutto il senno, dovendo come poeta pagano raccontar questa favola, le fa precedere una dottissima e splendida descrizione delle eruzioni del monte Etna, così egregiamente tradotta dal Caro : « ….. […] Nelle leggi delle xii Tavole trovasi scritto : Adversus hostem æterna auctoritas esto.

67. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — I. La Cosmogonia mitologica » p. 10

Gli uomini di tutti i tempi, dai più antichi ai più moderni, hanno sempre mostrato curiosità di sapere l’origine di questo mondo, o vogliam dire dell’ universo ; e non solo tutte le religioni antiche degl’idolatri inventarono a modo loro una Cosmogonia, ma spesso anche i poeti e i filosofi ne hanno foggiate diverse l’una più strana dell’altra, a gara coi sacerdoti delle varie religioni1. Per altro si è creduto e si crede generalmente che sotto la forma delle più strane invenzioni miracolose si nascondessero elevati principii scientifici, noti soltanto ai sacerdoti e ai loro adepti o iniziati ; e finchè prevalse lo spirito di casta, ossia di preeminenza e predominio dell’una classe sociale sull’altra, furono censurati, od anche perseguitati, a guisa degli eretici del Medio Evo, coloro che osassero spiegare al popolo la dottrina segreta.

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