Perciò, stando all’etimologia della parola, qualunque altro modo di manifestazione dei voleri divini che non fosse a voce, non potrebbe a rigore chiamarsi oracolo, ma piuttosto divinazione, cioè interpretazione della volontà degli Dei. […] Anche i Romani ricorrevano talora a consultare gli Oracoli della Grecia ; e lo stesso T. […] Cominciarono dunque a screditarsi gli Oracoli il quarto secolo avanti l’èra cristiana, come intendiamo dal sommo Orator della Grecia, e il discredito andò sempre crescendo molto prima della introduzione del Cristianesimo, come sappiamo dal sommo Orator romano e dal più insigne degli ultimi repubblicani dell’antica Roma. […] Il responso della Pizia, che i Greci si difendessero in mura di legno, suggerì saggiamente di combatter per mare le innumerevoli orde di Serse, e ne derivò la famosa vittoria di Salamina, gloria eterna di Temistocle e della Grecia289). […] Ab animo tuo quidquid agitur, id agitur a te. » È il punto di partenza della Psicologia e della Morale.
Favola (divisione della), 2. […] — della Terra, 318 e seg. […] Penia, Dea della povertà, 173. […] Gastigo della sua scelleratezza, 409. […] Vespero, Dio della sera, 239.
Qual Nume dunque poteva esser perfetto, se tale non era neppur la Dea della Sapienza ? […] Quegli antichi Romani per altro che tanto fecero maravigliare delle loro morali virtù gli stessi Padri della Chiesa, non conobbero le assurdità della greca fantasia ; e gli antichi precetti religiosi riportati da Cicerone con antico stile nel libro ii delle Leggi, sono ben lontani dalle aberrazioni dei poeti greci e dei latini dell’ultimo secolo della repubblica, che studiarono e imitarono la greca mitologia. […] Perciò queste Divinità non erano soltanto astrazioni filosofiche o personificazioni poetiche, ma facevano parte della religione del popolo, e stavano a dimostrare che quando si stabilì il loro culto pubblico e fintantochè si mantenne, il popolo credeva nell’esistenza della Virtù ; e solo dopo le orribili guerre civili, allo spegnersi della repubblica colla vita di Marco Bruto, si udì la bestemmia che egli per disperato dolore proferì nell’atto di uccidersi : « O Virtù, tu non sei che un nome vano ! […] Ma della Dea Nèmesi, Dea della vendetta, era pubblico il culto ; e fu generale tra i Pagani il sentimento che lo ispirava. […] Ma ognuno poi l’interpretava a suo modo e secondo le sue proprie passioni ; e lo spirito di vendetta tanto potente e feroce nei secoli barbari, ben poco perdè della sua forza e della sua intensità nei secoli così detti civili, neppure dopo la promulgazione dell’ Evangelio che santificò il perdono e l’oblio delle offese.
Nelle antiche Guide della Città, uno di questi due Satiri era attribuito a Michelangelo. […] Le sue feste si celebravano nell’ottobre quasi in ringraziamento della già compiuta maturità dei più utili frutti dell’anno. […] L’immagine della Dea Flora è simile a quella della Primavera : ha mazzi di fiori in mano, una corona di fiori in testa, e fiori spuntano sul terreno ov’ella posa le piante. […] Una delle più celebri statue di Fauno è quella che vedesi nella Tribuna della Galleria degli Uffizi. […] 3ª Romae Natalis, cioè giorno natalizio di Roma, ossia della sua fondazione.
III) che il Genio era considerato dai Latini come un Dio di prim’ordine, ossia della classe degli Dei superiori o celesti, e, secondo l’etimologia della parola, come la forza generatrice della creazione. […] E perciò nel Politeismo fu Socrate giudicato eretico, e condannato a morte come violatore della Religione dello Stato e corruttore della gioventù. […] Così nella colonna Traiana si vede alato il Genio della luce e con una fiaccola in mano al di sopra del carro di Diana ; e perciò non è possibile crederlo un Angelo. […] Il Vocabolario della Crusca del passato secolo (non posso citar quello in corso di stampa, perchè non giunto ancora alla lettera G), dopo la spiegazione della parola Genio e la sinonimia latina e greca, aggiunge le tre seguenti eccezioni : Iª Per inclinazione d’animo o affetto. […] Perciò soltanto il tribunal della Crusca potrà decidere chi di loro abbia ragione.
XVIII Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse Poeta è parola di greca origine che significa creatore, e perciò poesia vuol dir creazione ; quindi il Dio della poesia è il Dio della creazione intellettuale. Ecco il carattere distintivo della vera poesia e del Nume che ad essa presiede. […] Come Dio della Poesia rappresentavasi Apollo con una corona di lauro, pianta a lui sacra ; e come Dio della Musica, con una cetra nelle mani, in atto di trarne suoni ; e generalmente questi due simboli si trovano riuniti nelle sue immagini sculte o dipinte, perchè le due arti sorelle non andavano anticamente disgiunte, come abbiam detto. […] Questa favola ci rappresenta evidentemente un tiranno persecutore dei dotti e della civiltà, ammazzato a furia di popolo in una rivoluzione di piazza. […] Ei se ne andò allora in Frigia, ove si mise a fare il muratore ; e insieme con Nettuno fabbricò le mura della città di Troia ; della cui divina origine e costruzione parlano Omero e Virgilio e molti altri poeti ; e noi dovremo discorrerne narrando la famosa guerra troiana e la distruzione di quella antica città.
Anzi poichè la seconda fu più terribile e più decisiva della prima, e da quella in poi non corse più pericoli il regno di Giove, fu più celebrata la Gigantomachia ; e della guerra dei Titani poco o nulla si parlò dalla maggior parte dei poeti67. […] Per altro in una narrazione critica dei miti convien distinguere le due guerre e toccar brevemente anche della prima, cioè della Titanomachia. […] Erano infatti i Titani di origine divina, non che di regia stirpe e della linea del primogenito di Urano ; e invece i Giganti, esseri mostruosi e di origine terrestre, erano affatto estranei al fondamento e al titolo della contesa. […] Fatta una tal distinzione, resta ora da accennare soltanto i fatti e le vicende principali della Gigantomachia. […] Il teatro della guerra fu dunque nella Grecia continentale sui confini della Macedonia colla Tessaglia ; e l’immane combattimento ebbe il nome di pugna di Flègra 74) dalla prossima antica città di questo nome, poi chiamata Pallène.
Anche il fiorentino poeta Alamanni, il celebre autore della Coltivazione, amantissimo della libertà della patria, che fu in quel tempo oppressa dai Medici, in un suo sonetto prega il padre Oceano, che rammenti « All’onorato suo figliol Tirreno, » che si svegli omai ; ma il Tirreno e l’Arno, non men che gli altri mari e fiumi d’Italia dormirono per più di trecento anni ! […] E Cuvier assegnò il nome di Amfitrite a un genere di Annelidi della famiglia dei Tubicoli, che abitano in tubi leggieri che questi animali si fabbricano da sè stessi e seco trasportano. […] Così la materia è tenuta avvinta coll’assidua osservazione dei fenomeni e colle reiterate esperienze, e quando essa, dopo aver subìto tutte le fasi dell’analisi e della sintesi, ritorna nella forma primitiva, rivela allora il segreto richiestole. […] L’aver provato i mali della vita rende piu compassionevoli per le altrui sventure. […] E questo confronto sempre meglio dichiari qual è l’uso che accortamente può farsi della Mitologia in servigio e per ornamento del inguaggio e dello stile poetico.
Ma questi sforzi della meccanica consumano molti anni e molti danari di persone ingegnosissime senza una pratica utilità ; pochi istanti di maraviglia, ecco tutto il fine e l’effetto ! […] Così la scienza moderna mandò in dileguo le fantasmagorie della immaginazione e della superstizione, e rivelò le mirabili verità delle grandi leggi della Natura. […] La loro stirpe era quella stessa dei Titani, poichè credevasi che fossero figli del Cielo e della Terra, ossia di Urano e di Vesta Prisca. […] Se gli automi rappresentano esseri della specie umana e particolarmente del sesso maschile diconsi androidi (simili all’uomo). […] Hutton pubblicò la sua Teoria della Terra nel 1785 ; ed ebbe una grnde efficacia sui progressi della geologia.
In fatti a che servirebbe l’oro senza i frutti della Terra ? […] Di Ecate, dea infernale, abbiamo parlato bastantemente nel Cap. della Diva Triforme ; nè si trova altro da aggiungervi. […] Asserivano i mitologi che le Parche avevano l’ufficio di determinare la sorte degli uomini dal primo istante della nascita a quello della morte ; e che ne dessero indizio con un segno sensibile singolarissimo, ma invisibile ai mortali, cioè per mezzo di un filo di lana, che esse incominciavano a filare quando nasceva una persona, e che recidevano, quando quella persona doveva morire. Ecco l’origine mitologica delle frasi troncare o recidere lo stame vitale, il fil della vita, ecc. […] Altri Dei e mostri mitologici non mancano nell’Inferno di Dante, anzi vi sono a iosa ; e li noteremo a tempo e luogo, cioè quando dovrà parlarsene nel corso regolare della Mitologia.
Infatti i mitologi latini adoprano quest’aggettivo al plurale, e intendono regioni al di sotto della superficie della Terra, perchè supponevano che nel seno di essa esistessero due inferne regioni molto diverse tra loro per l’uso a cui erano destinate. […] E il nostro Dante valendosi della facoltà consentita ai poeti greci e latini, e specialmente dietro l’esempio di Virgilio suo maestro ed autore, costruì un Inferno che sarà sempre una maraviglia non solo della sua fantasia, ma pur anco della sua sapienza morale e politica. […] Il Lete poi aveva il suo corso fra i due dipartimenti del Tartaro e degli Elisii, e le sue acque piacevoli a beversi producevano l’oblio del passato e perfino della propria esistenza ; e queste davansi a bevere a quelle anime, che, secondo la dottrina della Metempsicosi di cui parleremo in appresso, dovevano ritornare nel mondo a dar vita a nuovi corpi. […] In fatti Omero pone le regioni delle anime degli estinti nel paese dei Cimmerii, popoli antichi i quali abitavano sulle rive settentrionali del Ponto Eusino (ora Mar Nero) e della Palude Meotide (ora Mar d’Azof). […] Questa curiosità d’investigare l’interna struttura e material composizione del globo terrestre, divenuta potente sull’animo degli scienziati, li condusse passo passo, di osservazione in osservazione, di raziocinio in raziocinio a creare recentemente una nuova scienza, la Geologia, che comprende la Geogonia, cioè la storia dell’origine della Terra e la Geognosia, vale a dire la scienza della struttura interiore della solida crosta del nostro globo238.
Poichè egli era l’interprete e il messaggiero degli Dei, supposero che fosse ancora il Dio dell’eloquenza e della persuasione, qualità indispensabili in un esimio ambasciatore : e dall’esser egli il Dio della mercatura e del commercio, nelle quali occupazioni si commettevano anticamente molte frodi per fare illeciti e subiti guadagni, dedussero che egli fosse pure anco il Dio dei ladri. […] Talvolta era rappresentato Mercurio con una catena d’oro che gli usciva dalla bocca e pendevagli dalle labbra, a significare l’efficace e gradito potere dell’eloquenza ; e come a Dio della medesima gli si offrivano le lingue degli animali. […] Il significato di questo mito s’intende facilmente ; indica cioè che l’onestà degli uomini si mette alla prova col denaro ; e la conclusione o morale della favola è questa : chi, nelle cose illecite, per lucro favorisce, per lucro tradisce. […] E celebre il Mercurio di Giovan Bologna, statua in bronzo che ornava prima una fontana della villa Medici in Roma, ed ora vedesi nella Galleria degli Uffizi di Firenze. […] Spiegheremo la dottrina della Metempsicosi nel parlar dei regni di Plutone e dello stato delle anime dopo la morte.
Primi popoli della Grecia. […] Diluvio d’Ogige, re dell’Attica e della Beozia. […] Era un’assemblea composta dei deputati dei 12 principali popoli della Grecia. […] Abolizione della dignità regia in Atene, Codro ultimo re d’Atene muore per la patria. […] Prima Olimpiade, base della greca Cronologia, e principio di epoche istoriche meno incerte.
Se gli storici pongono Argo fra le più antiche città della Grecia, trovano la conferma della loro asserzione nelle tradizioni preistoriche della Mitologia, poichè abbiamo già veduto nel N. […] La produzione dei serpenti dal sangue della testa anguicrinita di Medusa è meno difficile a spiegarsi che quella del caval Pegaso nato dal corpo di essa. […] Era Andromeda figlia di Cefeo re di Etiopia e della ninfa Cassiopea ; e fu esposta ad esser divorata da un mostro marino, perchè o essa o sua madre erasi vantata di esser più bella delle Nereidi. […] Compiute Perseo le sue imprese fe’ dono della testa di Medusa a Minerva. […] Vi si aggiungono altresì i prosatori antichi Apollodoro e Pausania, i quali però invece della torre di bronzo rammentano una camera sotterranea di bronzo come luogo della reclusione di Danae.
Altri però dicono che deriva dal verbo monere (ammonire) ; e che perciò verrebbe invece a significare la Dea del consiglio, ossia della sapienza. Dante rammenta Pallade come Dea della guerra nel Canto xii del Purgatorio : « Vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte « Armati ancora in mezzo al padre loro « Mirar le membra de’giganti sparte. » E nel Canto ii del Paradiso nomina Minerva come Dea della sapienza : « Minerva spira e conducemi Apollo. » Questa Dea ricevè dai Greci anche il nome di Atena che alludeva all’origine ed alla mitologica denominazione della famosa città d’Atene. […] Secondo alcuni poeti l’egida era un’armatura del petto con la figura della mostruosa testa anguicrinita di Medusa ; e secondo altri questa orribile figura era sculta nello scudo per opera di Vulcano. […] Anche nell’antichissima città di Troia aveva un tempio ed una celebre statua che i Romani pretendevano salvata da Enea e trasportata in Italia, e che fosse quella stessa che essi facevano gelosamente custodire nel tempio di Vesta come pegno della salvezza di Roma. […] Anzi a Parigi fu costruita sul disegno e le dimensioni del Partenone la chiesa della Maddalena, guasta recentemente e quasi rovinata dagli anarchici furori della Comune.
Lo scopo della spedizione era la conquista del Vello d’oro ; e perciò di questo convien prima di tutto parlare. […] Atamante re di Tebe, che sposò in seconde nozze Ino divenuta poi la Dea Leucotoe, aveva della sua prima moglie Nèfele un figlio e una figlia di nome Frisso ed Elle ; che non contenti della matrigna fuggirono dalla casa paterna portando via un grosso montone col vello d’oro, donato già dagli Dei ad Atamante ; e montati a cavallo su quell’animale, lo spinsero in mare per farsi trasportar da esso fra le onde sino alla Colchide. […] Fu costruita la nave per questa spedizione coi pini del monte Pelio e colle quercie della selva di Dodona sacra a Giove, e, aggiungono i poeti, sul disegno dato da Minerva stessa, per significarne la perfetta costruzione. […] Orfeo interrompeva la monotonia del viaggio rallegrando i compagni col canto e col suon della cetra : tutti gli altri Eroi costituivano la ciurma che eroicamente remava. […] Sarebbe dunque rimasta vana ed inutile la spedizione degli Argonauti, quanto al fine ultimo della medesima, se Giasone non avesse trovato una Maga che lo aiutasse a superare ogni ostacolo soprannaturale.
La Divinità non ebbe mai in alcuna lingua un nome etimologicamente più bello, poichè anche più della giustizia e della clemenza è bella la beneficenza. […] Era detto ancora Ospitale, perchè gli Antichi attribuirono a Giove l’invenzione e la protezione della ospitalità ; Tonante perchè era creduto signore del fulmine. […] Ecco un’altra scienza, e delle più recenti, in cui non è disprezzato l’uso antico di adottare nel linguaggio scientifico i termini della Mitologia. La più bella e sublime immagine della potenza di Giove, e della dipendenza della Terra dal Cielo e dal supremo suo Nume, fu ideata da Omero, attribuendone l’invenzione a Giove stesso, che il poeta sovrano fa così favellare agli altri Dei : « D’oro al cielo appendete una catena, « E tutti a questa v’attaccate, o Divi, « E voi Dee, e traete. […] Ma disgraziatamente ci fu tramandato ancora il racconto della vita privata di questo Dio, indegna d’un uomo non che d’un nume.
Figli di essa e di Giove furono Ebe dea della gioventù, Vulcano dio del fuoco e della metallurgia e Marte dio della guerra. […] Il tema più vasto per altro e l’eterno argomento della vita di Giunone è quello delle gelosie, delle stizze e delle persecuzioni di questa Dea. […] Nelle scienze fisiche l’Iride, oltre ad indicare l’arcobaleno, significa anche la refrazione dei raggi colorati della luce ; e iridescenza la proprietà che hanno alcuni oggetti di rifletter questi raggi colorati. […] Omero quando rammenta Giunone accenna quasi sempre o ai grandi occhi o alle bianche braccia di questa Dea, facendone un distintivo e, a quanto pare, un pregio della medesima. […] — Gli Inglesi lo chiamano egualmente rain-bow, arco della pioggia.
Ma questo non toglierà che sia sempre necessaria la cognizione della Mitologia greca e romana, nella guisa stessa che la Paleontologia presuppone ed esige la cognizione precedente della storia naturale, perchè è impossibile il dedurre da frammenti di esseri organici fossilizzati, da secoli e secoli non più viventi sulla faccia della terra, la loro antica forma, i loro istinti, le loro abitudini e le loro leggi di vitalità, senza aver prima di queste stesse cose cognizioni esatte negli esseri organizzati viventi. Dunque lo studio della Mitologia greca e romana sarà utile sempre, ed anche sempre più necessario, quanto maggiori progressi verranno a farsi nella Paleontologia mitologica, secondo le eruditissime elucubrazioni dei germani filologi. […] Quindi, benchè d’ora in avanti s’inaridisse per qualche secolo (e non sarebbe un gran danno) la vena poetica degli italiani, o si abolisse (come fu inutilmente tentato un mezzo secolo indietro),. l’uso della Mitologia nei futuri poetici componimenti, resteranno pur sempre necessarie le cognizioni mitologiche per bene intendere il linguaggio poetico di quei sommi, « che non saranno senza fama, « Se l’universo pria non si dissolve. » La Divina Commedia principalmente, che sin dai primi anni della ricuperata indipendenza dagli stranieri, è divenuta il libro nazionale degl’Italiani, esige tra le altre infinite cognizioni anche quelle della Mitologia. […] privi affatto della cognizione delle lingue dotte, vi è bisogno di libri più facili e più alla portata della comune intelligenza. […] In compenso delle più logore o irrugginite anticaglie, oltre alla illustrazione di tutti i passi mitologici della Divina Commedia e di molti dei principali poeti italiani, ho aggiunto la spiegazione di tutti i termini scientifici che derivano dai vocaboli mitologici.
Secondo gli antichi mitologi, ben pochi andavano in Cielo nel consesso degli Dei supremi e a mensa con essi a gustare il nettare e l’ambrosia ; e questi erano per lo più gli Eroi o Semidei, e non tutti, ma quelli soltanto che furono i più grandi benefattori della umanità. […] Questa noiosa monotonia dell’altra vita anche negli Elisii, come la descrivevano gli Antichi, fu un poco interrotta colla invenzione della Metempsicòsi, immaginata dal filosofo Pitagora253. […] Ma questa predica è inutile nell’Inferno ; e perciò Dante non ha imitato in questo il suo Maestro, ed ha fatto di Flegia un nocchiero della palude che cinge la città di Dite. […] Gli Zoologi chiamaron Tantalo un uccello della classe dei Trampolieri, simile all’Airone ed all’Ibi. […] Fissò il suo soggiorno in Crotone città della Magna, Grecia, ed ivi ebbe molti discepoli, e costituì la famosa scuola dei Pitagorici, nella opinione dei quali acquistò egli tanta autorità, che tutte le sue asserzioni erano stimate verità indubitabili.
Differiva pertanto da Minerva, quando era considerata anch’essa come Dea della guerra, quanto le furibonde sommosse differiscono dalle regolari battaglie. […] Rappresentavasi Marte tutto armato, e con aspetto fiero ; ma talvolta anche nudo ; specialmente nelle statue di marmo e di bronzo (chè il nudo è il campo della statuaria), però sempre almeno coll’elmo in testa e coll’asta nella destra. I Greci fecero poche immagini sculte o dipinte del Dio Marte, prima perchè non era il Dio per cui avessero maggior devozione, e poi perchè il truce soggetto pareva loro che ripugnasse alla squisitezza della greca eleganza. […] Essendo la guerra il fondamento e la causa della loro potenza, e’ la chiamavano bellum, come se fosse una bella cosa, quale riuscì per loro sino al termine della repubblica e ai primi tempi dell’impero, perchè a fin di guerra riuscivan sempre vincitori e conquistatori176. […] Di Marte diedero il nome gli astronomi antichi a quel pianeta visibile ad occhio nudo, che resta più della Terra lontano dal centro del nostro sistema planetario, vale a dire del Sole.
Il nome di questo Dio in greco è Pan che significa tutto ; e gli antichi Mitologi basandosi sul significato di questo vocabolo e interpretando la forma strana di questo Nume come emblematica dei principali oggetti della creazione, lo considerarono come simbolo della Natura o dell’Universo. […] Infatti, essendo il Dio Pane considerato come il protettore dei cacciatori e dei pastori, ed inoltre l’inventore della sampogna, i tre distintivi preaccennati rammentano chiaramente questi tre attributi. […] Sul rozzo stromento della sampogna fanno i Mitologi una infinità di commenti. Non contenti di eredere che le sette canne simboleggino i sette toni della musica, o, come ora direbbesi, le sette note musicali, immaginarono che rappresentassero l’armonia delle sfere, secondo le idee di Pitagora. […] Questo Dio era adorato principalmente in Arcadia come Dio dei pastori, e da quella regione fu trasportato il suo culto in Italia dall’Arcade Evandro tre secoli e mezzo prima della fondazione di Roma.
— Eccone le differenze : Vesta Prisca fu considerata come la Terra appena separata dal Caos, e perciò priva di piante e di animali ; Cibele poi come la Terra ornata di tutte le produzioni dei tre regni della Natura, animale, vegetale e minerale, e Tellùre come il complesso delle forze fisiche della materia terrestre. Questa triplice distinzione richiama al pensiero l’ipotesi dei geologi e degli astronomi moderni sull’origine della Terra, che cioè essendo essa in principio una massa di materia incandescente, o in fusione ignea, non era atta alla produzione e conservazione dei vegetabili e degli animali ; che in appresso, in centinaia di secoli, a poco a poco raffreddandosi aveva formato la solida crosta del globo terrestre con tutti i diversi suoi strati ; e gradatamente prodotto tutti gli oggetti dei tre regni della Natura nelle diverse e successive epoche geologiche. […] Il culto di Cibele fu introdotto in Roma ai tempi della seconda guerra punica allorchè, infierendo una pestilenza, le risposte dei libri sibillini prescrissero che per farla cessare si ricorresse alla Gran Madre. […] Il viaggio di andata e ritorno era un po’ lungo e richiedea qualche mese di tempo : talchè quando giunse in Roma la statua della Dea, il morbo pestilenziale, già pago delle vittime fatte a suo bell’agio, era cessato. […] Ma al solito non dice il motivo dell’eccezional privilegio accordato ai sacerdoti della Dea Cibele.
È questa una osservazione generale che non convien dimenticare, perchè verrà molte volte a bisogno nel progresso della Mitologia. […] Il Genio (il cui nome derivava dall’antico verbo latino geno, che significa generare), era detto il Dio della Natura, e consideravasi perciò come il simbolo della forza generatrice della creazione. […] Anche i teologi cristiani trattano della Natura divina e della Natura umana, e inoltre dell’unione ipostatica di queste due nature. […] Questo compenso preso dai più celebri poeti latini, e adottato dai poeti italiani, rese possibile il formarsi qualche idea meno confusa della classica Mitologia. […] La 1ª esamina e dichiara le leggi del movimento delle molecole, e perciò delle forze naturali, della composizione e decomposizione della materia, sotto i nomi principalmente di fisica generale e di chimica ; la 2ª cominciando dalla storia naturale, che è la descrizione di tutti gli esseri organici ed inorganici della creazione, comprende anche gli studii speciali riferibili a questa.
La favola della Ninfa Eco cangiata in voce è raccontata anche in un modo diverso da quello che accennammo nel Cap. […] La Ninfa Eco figlia dell’ Aere e della Terra si era invaghita del giovane Narciso figlio della Ninfa Liriope e del fiume Cefiso ; il qual Narciso era così vano della propria bellezza che non amava che sè stesso e disprezzava superbamente ogni persona. […] Quanto poi all’orgoglioso amor proprio di Narciso, la Mitologia inventò molto a proposito che egli ne fu punito coll’essersi innamorato della propria immagine, veduta nello specchio delle acque di una fonte, e che credendola una Ninfa stette tanto a guardarla che ivi morì di estenuazione e fu cangiato nel fiore che porta il suo nome. […] Stabilita la base, e lieti della prima applicazione bene appropriata, presero coraggio a metterne fuori anche altre, e diedero il nome di Ninfale a un genere di Lepidotteri diurni della tribù dei Papilionidi ; e poi al Ninfale del pioppo (N. populea) assegnarono anche un altro nome più familiare e comune, tratto parimente dalla Mitologia, vale a dire Gran Silvano. […] Questa costellazione, invece di esser chiamata la Capra, è detta il Capricorno ; la qual parola composta starebbe a significare il corno della capra, o la capra con un corno, per alludere alla favola, che alla capra nutrice di Giove essendosi rotto un corno, Giove ne fece un regalo alle Ninfe che ebbero cura della sua infanzia, attribuendo al medesimo il mirabil prodigio di versar dalla sua cavità qualunque oggetto desiderato dalla persona che lo possedeva.
Le Sirene, credute figlie del fiume Acheloo e della ninfa Calliope, erano rappresentate dalla testa ai fianchi come donne e nel rimanente del corpo come mostruosi pesci con doppia coda224. […] Omero inventò che Ulisse, volendo udire il canto delle Sirene e schivare qualunque pericolo, si fece legare all’albero della nave, avendo otturate prima le orecchie colla cera ai suoi compagni, e detto loro qual direzione tener dovessero per non accostarsi troppo agli scogli ov’esse abitavano. Dante poi ha trovato il modo di parlarne anche nel poema sacro della Divina Commedia. […] Cariddi poi, benchè creduta figlia di Nettuno e di Gea, ossia della Terra, fu detto che si dilettava di assaltare i passeggieri e i naviganti, e di annegarli nel mare ; e che, fulminata da Giove, cadde nello stretto o faro di Messina, e vi formò una pericolosa voragine. […] I naturalisti la distinguono col nome di Balœna Mysticetus ; ed è la Balena detta della Groenlandia, perchè si trova nelle acque del mare che circonda quell’isola.
Sappiamo infatti che anticamente nel tempo delle ecclissi lunari i popoli della Tessaglia facevano alti rumori con stromenti ed utensili di metallo per liberar di travaglio la Luna, credendo così d’impedire che essa sentisse le magiche parole degli stregoni ; che un esercito perdè la battaglia fuggendo spaventato per un’ecclisse di Sole che avvenne in quel tempo ; che anche i selvaggi dell’America nei primi tempi della scoperta del nuovo Mondo credettero che Colombo colle sue preghiere potesse far sì che si oscurasse e rasserenasse la faccia della Luna. Gli astronomi stessi passarono anticamente per maghi o per innamorati della Luna. […] I poeti poi quasi tutti, ed anche gl’italiani, rammentano il vago della Luna, Endimione e la sua Diva, il dormitore di Latmo. E tra i filosofi Platone e Cicerone parlano del sonno di Endimione, paragonando a quello il sonno della morte138. […] E perciò si rappresenta come le vergini Tirie140, con veste corta che appena le giunge al ginocchio, i coturni sino alla metà della gamba, pendente alle spalle il turcasso cogli strali, in una mano l’arco e nell’altra un guinzaglio con cui trattiene un levriero che si volta a guardarla ; e perchè si distingua che questa cacciatrice è Diana, le si aggiunge sull’alto della fronte un aureo monile in forma di luna crescente.
Tutti questi distintivi ed emblemi di Bacco lo manifestano chiaramente come il Dio del vino e della intemperanza. […] Coloro però che vogliono attribuir dignità o importanza a questo Dio dicono che le corna son simbolo della potenza di lui, ossia della forza del vino. […] Quel Nume gioviale e nemico della malinconia la consolò subito facendola sua sposa e conducendola sempre seco in continua festa ed allegria. […] Così sostituirono un miracolo mitologico al miracolo fisico della natural formazione delle pepiti e delle auree vene nel sen della terra. […] Nella Tribuna della Galleria degli Uffizi in Firenze v’è il famoso Fauno di greca scultura, in atto di suonare il crotalo che ha nelle mani. — In Zoologia si dà il nome di crotalo al serpente a sonagli.
Il Fato 14, detto altrimenti il Destino, era figlio del Caos e della Notte, e rappresentava, secondo la Cosmogonia degli antichi, la legge generale e immutabile dei fenomeni fisici e delle umane vicende. […] Immaginavano che i suoi decreti, riferibili a tutte le future vicende (ecco la prima idea della predestinazione), fossero contenuti in un’urna o registrati in un libro di bronzo, e consultati dallo stesso Giove per conoscere fin dove potesse estendersi la sua potenza o il suo arbitrio. […] In greco era chiamata Tiche, ed aveva gli stessi attributi della Fortuna dei Latini. […] Così fu ristretta fra certi limiti insormontabili non solo la potenza di Giove, ma quella pur anco di tutti gli altri Dei ; i quali spesso nei poeti pagani si lamentano pietosamente della inesorabilità del Destino come qualunque più misero mortale. […] Nei moderni ritratti della Fortuna ai frutti ed ai fiori del cornucopia son sostituite le monete d’oro e d’argento ; e i moderni tempii, in cui è esposta l’immagine della Fortuna ad allettamento dei devoti cultori della medesima ; seno i Botteghini del Lotto, ove per altro, se l’aritmetica non falla, è cento mila volte più probabile perdere che guadagnare.
Epilogo Abbiamo veduto, parlando sin qui degli Dei Superiori soltanto, che la cognizione della Mitologia greca e romana è lo studio delle principali idee religiose, politiche e scientifiche dei due più celebri popoli dell’Europa che fenno le antiche leggi e furon sì civili, e della cui civiltà è figlia la nostra. […] Quindi, per esempio, alla causa mitologica delle eruzioni vulcaniche abbiamo aggiunto la spiegazione della causa fisica delle medesime ; alla formazione favolosa del fulmine la causa vera di questo fenomeno ; e così di tante altre. […] Se negli Dei superiori di cui abbiam parlato in questa prima Parte troviamo personificate le più grandi leggi fisiche e le più notabili idee della vita morale e sociale, procedendo alla seconda Parte vi troveremo l’applicazione di quelle ai casi più speciali ed anche individuali. […] È l’epoca eroica dei popoli antichi, è la base o il substrato della loro incipiente civiltà e della loro storia nazionale. […] fine della prima parte della mitologia
X Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia Dopochè gli antichi politeisti ebbero personificato e deificato i quattro elementi del Caos, cominciarono ad inventar divinità che presiedessero alle diverse forze e produzioni della Natura, e attribuirono a quelle l’invenzione delle arti e delle scienze, ed anche la creazione e la trasformazione di molti prodotti della natura stessa. […] Dopo aver notato questi miti sarà più facile riconoscere le immagini sculte o dipinte della dea Cerere dagli emblemi coi quali è sempre rappresentata. […] Quando poi s’incominciò a rappresentare l’estate presso a poco come Cerere, cioè colla corona e col covone di spighe, e inoltre la falce da grano, parve anche necessario l’aggiungere il distintivo del mazzo di papaveri all’immagine della dea Cerere. […] Non è però possibile scambiarla o confonderla con altre Dee, quando si vede rappresentata in un carro tirato da serpenti alati, o vogliam dire draghi volanti, ed avente in mano una o due faci accese : si riconosce subito Cerere che va in cerca della smarrita Proserpina. […] Ripeterò in questo scritto più d’una volta che senza la cognizione della Mitologia non si possono interpretar bene i poeti, e neppure le vere o probabili origini storiche.
Quella che per essi è parte suppletoria, per me è stata la parte principale e fondamentale della Mitologia Greca e Romana ; e l’ho estesa anche alla spiegazione dei fenomeni fisici, secondo la mente di G. […] Per me dunque il parlare separatamente delle Apoteosi è un riassunto della parte fondamentale del mio lavoro, è una conferma di quanto ho dichiarato dal principio alla fine di questa Mitologia. […] Così al feticismo, ossia all’ apoteosi degli oggetti materiali, fu sostituita l’apoteosi di Esseri soprannaturali rappresentanti le forze o leggi della Natura fisica che producono il movimento della materia, e che poi furono dette scientificamente di attrazione e di repulsione. Fu questo il ponte di passaggio dal culto materiale del feticismo al Panteismo mitologico, in cui si fece l’apoteosi di tutte le forze e leggi della creazione non solo del mondo fisico, ma pur anco del mondo morale. […] Nel Panteismo mitologico invece si consideravano come Enti creatori le leggi e le forze della materia e dello spirito.
Nei tempi eroici della romana Repubblica (eroici non solo per valore, ma ancora per senno e per moralità), i riti degli Dei stranieri non erano ammessi in Roma, come avverte T. […] iv e nel xxxix della sua storia ; anzi non si adottarono neppure i più strani ed assurdi miti della greca mitologia inventati da quelle fervide e sbrigliate fantasie dei greci poeti e dei greci sacerdoti. I Romani sino al termine della seconda guerra punica furono i puritani della pagana religione, e considerarono sin dal tempo di Numa il sentimento religioso e morale come il primo fattore dell’incivilimento ; e perciò ebbero cura di tenerne lungi qualunque elemento che tendesse a viziare la moralità delle azioni, senza la quale non può esistere vera civiltà. […] « E mentre che di là per me si stette, « Io gli sovvenni, e lor dritti costumi « Fer dispregiare a me tutt’altre sette. » Un ragionamento simile a quello del poeta Stazio condusse alla stessa conseguenza di farsi Cristiani tutti quei politeisti che non erano affatto privi del lume della ragione ; e se alcuni furon trattenuti dalla paura delle persecuzioni, molti altri si esposero ai tormenti ed anche alla morte, e suggellaron col sangue l’attestazione della loro novella Fede. […] Negli scrittori della bassa latinità è detto paganitas, come abbiamo nel Codice Teodosiano, lib.
Omero dice che questa Dea è figlia di Giove e di Dione, ninfa della stirpe dei Titani, nata dall’Oceano e da Teti. […] Questa più strana e prodigiosa origine, creduta a preferenza della prima che era più semplice e naturale, fece dare a questa Dea il greco nome di Afrodite, che significa appunto nata dalla schiuma. […] Dante però rammenta Dione come madre di Venere, e per figura poetica adopra il nome della madre per quello della figlia, volendo indicare nel Canto xxii del Paradiso il pianeta di Venere. […] Così venne a significarsi che la Bellezza, l’Amore e le Grazie avevano strettissima parentela, e che le Grazie erano il necessario complemento della Bellezza e dell’Amore. […] Con questa greca voce Psiche (anima) è composto il termine psicologia, che perciò significa quella parte della filosofia che tratta dell’anima e delle sue facoltà.
Lo stesso Omero l’usa assai spesso in quest’ultimo significato tanto nell’Iliade quanto nell’Odissea ; e del pari si adopra comunemente nella lingua italiana tanto in verso quanto in prosa ; e si applica pur anco agli uomini illustri della storia antica e della moderna, come pure ai più straordinarii personaggi d’invenzione della fantasia dei poeti. […] Varcati questi sterpi filologici, avanziamoci in più aperta e vasta campagna e in più spirabil aere, e diamo uno sguardo fugace alla remota Età eroica, che spunta fra le caligini mitologiche e si estende sino alle serene regioni della Storia. […] Se grandi erano le virtù, non meno grandi furono i vizii consistenti principalmente nell’abuso della forza, o come dicono i poeti, nel viver di rapina : era per lo più questa la causa delle antiche guerre. Nel Medio Evo dopo la caduta del romano Impero e le irruzioni dei Barbari, se non si rinnovò precisamente un circolo similare di tutte le antiche fasi sociali, come suppone il Vico, poichè vi restò un addentellato della greca e della romana civiltà, come dice il Romagnosi (e si può aggiungere anche di quella del Cristianesimo), che aiutarono e sollecitarono il risorgimento, ritornò per altro colla dissoluzione di tutti gli ordini sociali il predominio della forza in tutto il suo furibondo vigore e il così detto diritto della privata violenza. […] Spiacemi che il mio umile assunto e lo scopo principale a cui è diretto questo lavoro m’impediscano di estendermi in osservazioni generali, e mi obblighino invece di aggiunger soltanto spiegazioni al racconto dei molteplici fatti particolari che più ne abbisognano ; ma ho voluto premetter questi brevi cenni per far conoscer la necessità di studiare i tempi eroici, che sono come il Medio Evo fra la Mitologia e la Storia, e che perciò hanno la stessa importanza per le origini storiche dei popoli antichi che il Medio Evo per le origini della moderna civil società.
Furono ambedue della stirpe dei Titani : Deucalione era figlio di Prometeo, e la sua moglie Pirra era figlia di Epimeteo e di Pandora ; ed essendo rimasti soli nel mondo, e quindi il solo modello dei due sessi della specie umana, parve loro un poco lungo, com’è realmente l’aspettare ad aver compagni e sudditi, che fosser nati e cresciuti i loro figli e discendenti ; ed entrati nel tempio della dea Temi che era sul monte Parnaso, dimandarono all’oracolo di essa qual sarebbe un modo più sollecito di ripopolare il mondo. L’oracolo rispose : gettatevi dietro le spalle le ossa della gran madre. — Tutte le risposte degli oracoli erano oscure ed avevan bisogno d’interpretazione (e a suo luogo ne diremo il perchè) ; quindi Deucalione e Pirra non credendo possibile che l’oracolo suggerisse loro (come suonavan le parole intese letteralmente), una empietà o violazione dei sepolcri, interpetrarono che la gran madre fosse la Terra, madre comune di tutti i mortali86), e le ossa della medesima le pietre. […] Ecco perchè, dicono i poeti, noi siamo una dura stirpe, tollerante delle fatiche, e diamo indizio della dura origine nostra ! […] Ho notato più di una volta, e tornerò ancora a notare, che i termini mitologici sono adottati in quasi tutte le scienze ; e che la cognizione della Mitologia aiuta molto ad intendere il significato generale di quelle denominazioni scientifiche. […] Finalmente chi conosce il valore della parola metamorfosi, che significa trasformazione, come abbiamo spiegato altra volta, e di cui tanto avvien di parlare nella Mitologia, intenderà facilmente il significato generale di roccie metamorfiche, e lo tradurrà per trasformate.
Questa invenzione è bella e sapiente, e consuona con la dottrina della Bibbia, ove dice che lo spirito di Dio abbandonò il re Saul disobbediente, e subito dopo lo invase lo spirito maligno che lo rese alternativamente malinconico e furibondo. […] Ma non è dimostrato nè fisicamente nè moralmente che il mondo invecchi e vada sempre peggiorando : fisicamente subisce continue modificazioni e trasformazioni ; ma chi può asserire e provare che le leggi fisiche vadan sempre perdendo della loro efficacia ? […] Saturno era adorato anche in Grecia e nell’ Oriente ; e aveva un tempio in Roma alle falde del Campidoglio, ove conservavasi il tesoro della Repubblica. […] Gli antichi scrittori latini, e principalmente Cicerone ed Orazio, fanno più volte parola di questi Giani, che corrispondevano pel loro scopo alle moderne Borse, o palazzi della Borsa. […] Non è noto però che ne sapessero o studiassero la lingua ; ma è certo che gli Ebrei dimoranti in Roma dovevano necessariamente parlare, o bene o male, la lingua latina ; e perciò potevan benissimo avere informato i dotti pagani delle dottrine della Bibbia.
Per dare anche a questa un qualche ufficio fu inventato che presiedesse al fuoco, il quarto degli elementi del Caos ; e siccome il fuoco nulla produce, fu detto che Vesta minore non prese marito e fu Dea della castità. […] Nel tempio di Vesta non vedevasi alcuna statua o immagine della Dea ; ma soltanto un’ara col fuoco perpetuamente acceso, come simbolo della creduta perpetuità del romano impero47. […] I due punti principali erano : primo, la conservazione perpetua del fuoco sacro, che simboleggiava, come abbiam detto, la perpetua durata di Roma e del suo impero ; e secondo, la più scrupolosa illibatezza delle Vestali che si erano dedicate al servizio della Dea della castità. […] Conosciute queste popolari credenze o superstizioni, s’intende subito anche la ragione della importanza attribuita alle Vestali e all’adempimento dei loro voti. […] E questo nome rituale di Amata davasi, nella loro consacrazione, a tutte le Vestali in memoria di quella prima che fu consacrata da Numa riformatore di quel sacerdozio, e della quale sapevasi il nome di Amata per tradizione.
La più celebre e memorabile di queste imprese fu quella della Chimera, mostro che avea la testa di leone, il corpo di capra e la coda di serpente, ed inoltre gettava fiamme dalla bocca e dalle narici. […] Bellerofonte, dopo tante ardue prove della sorte avversa, giunto finalmente a superarle tutte e ad uno stato felicissimo, fu men forte a tollerare la prosperità che prima l’avversità. […] Ma Giove, per punirlo della sua folle superbia, mandò un tafano a molestare il caval Pegaso, che scosse dalla sua groppa il cavaliere e lo precipitò dall’alto sulla terra ; e così miseramente finì Bellerofonte i suoi giorni. […] La spiegazione più plausibile che suol darsi della Chimera è questa : che invece di essere un mostro fosse un monte ignivomo della Licia, nella parte più alta del quale soggiornassero i leoni, a mezza costa le capre selvagge e alle falde i serpenti. […] Quindi è che anco nelle Belle Arti è raro il trovar dipinta o sculta la figura della Chimera.
Ecco tre esempi che dimostrano il concetto generale di Virgilio, che cioè i Penati fossero gli Dei protettori di Troia e della Troade. […] Infatti non è proibito nemmeno nella religion cristiana l’eriger private cappelle in onore del santo patrono della città o dello Stato. […] v della Repubblica, ov’egli parla, per dirlo colla frase del Romagnosi, dei fattori dell’ Incivilimento. Tra questi egli annovera il culto degli Dei Penati e dei Lari familiari ; e aggiunge che nella pratica applicazione questi Dei rappresentano i comuni ed i privati vantaggi della social convivenza. […] Chi non è affatto ignaro della lingua latina sa bene quanto differiscano fra loro le due parole ignis e focus.
Si continuarono inoltre in Roma sino agli ultimi tempi dell’impero pagano le Feste Carmentali, cioè in onore della Dea Carmenta madre di Evandro. […] i e ix della sua Storia e Valerio Massimo in più luoghi, e ci fanno sapere che l’ara consacrata ad Ercole in Roma chiamavasi Massima, e che suoi sacerdoti erano i Potizii e i Pinarii. […] La base adunque della religione dei Romani era il politeismo dei Troiani e dei Greci già professato da Romolo e dai suoi compagni prima di fabbricare la città di Roma. […] Questo bue aveva il pelo nero, e soltanto nella fronte era bianco ed in alcuni punti della groppa. […] Nel tempio d’Iside e di Seràpide ponevasi la statua del Dio Arpòcrate che era considerato come Dio del silenzio, e perciò rappresentavasi in atto di premer le labbra col dito indice della mano destra, segno usitatissimo ed espressivo d’intimazione di silenzio.
Nel mese di Febbraio è da notarsi la festa della Dea Sospita, il cui nome significa salvatrice. […] iv dell’Eneide, e dopo la morte della sorella e per varie vicende dolorosissime venuta nel Lazio. […] Sotto questo titolo erano considerati i protettori della città. […] Nello stesso giorno si celebrava la festa della Dea Bona. […] I sacerdoti di questo culto si chiamavano Bellonarii, derivando il loro nome da quello della Dea.
98) » Quanto poi al globo lunare sappiamo che la Dea che lo dirigeva prima della nascita di Diana chiamavasi, con greco nome Selene, che significava Luna, figlia essa pure d’Iperione, e perciò sorella di Elio99). […] Inoltre in questo secolo, e precisamente nel 1831, formossi per sollevamento nel mare al sud-ovest della Sicilia un’isoletta che fu chiamata Ferdinandea, la quale pochi mesi dopo cominciò a riavvallare, e disparve nuovamente sott’acqua. […] Per terminare in questo capitolo le generalità, o vogliam dire i fatti riferibili in comune ad Apollo e a Diana, aggiungerò che ambedue furono creduti abilissimi ed infallibili arcieri (derivandosi questa invenzione dal dardeggiar dei raggi del Sole e della luce riflessa della Luna), e si uniron talvolta con accordo fraterno a saettare i colpevoli, come nel famoso e lagrimevol caso di Niobe. […] Di questa sua folle empietà fu terribilmente punita nella causa stessa della sua ambizione o vanità, poichè Apollo e Diana invisibili a tutti saettarono a gara l’uno i figli e l’altra le figlie di Niobe ; e la madre per ineffabil dolore fu cangiata in pietra. […] Si chiamò col nome di selenio dal greco vocabolo selene (la Luna) per significare la sua rassomiglianza col Tellurio, altro corpo analogo, di cui dicemmo nel Capitolo della Dea Tellure.
In antico furono pochi, cioè quelli soli della messe e della vendemmia ; ma il numero delle feste aumentò con quello degli Dei. […] Nel tempo di questa cerimonia toglievano di su i piedistalli le statue degli Dei, le posavano su letti messi intorno ad una tavola apparecchiata nel tempio, e offrivan loro a spese della Repubblica un lauto pasto. […] Nella lustrazione dei greggi il pastore aspergeva d’acqua pura il bestiame, bruciava alloro, sabina e zolfo, faceva tre volte il giro della cascina, ed offriva a Pale latte, vin cotto, miglio ed una focaccia. […] Ecate fra le divinità pagane presiedeva ai misteri della magia. […] La Chiromanzia era una parte della magia, e consisteva nel predire il destino di un uomo dall’esame delle linee che s’incontrano sulla palma della mano.
VIII, ed anche altre Divinità Superiori ai principali prodotti della Terra, cioè Cerere alle biade, Bacco al vino, Vulcano alla metallurgia, ecc. ; e lasciando libero il freno alla immaginazione videro Divinità da per tutto, nei monti, nei fiumi, nelle fonti, nelle selve e perfino nelle piante, come col microscopio si vedono da per tutto brulicar gl’insetti e gl’infusorii. Sappiamo poi dagli scrittori ecclesiastici dei primi secoli del Cristianesimo (i quali studiavano con gran premura ed attenzione la Mitologia per dimostrare le assurdità della religione degl’Idolatri)1, molte particolarità che non si trovano altrove, perchè le trassero da quei libri dei Pagani2, che posteriormente furon perduti o distrutti nelle successive invasioni dei Barbari. […] Agostino, cioè in più di quattro secoli, poichè i Pagani avevano libertà di adottare anche gli Dei stranieri, e poi per mezzo della cerimonia detta l’Apoteosi facevano diventar Divi i loro Imperatori dopo la morte, e spesso li consideravano tali anche in vita4. […] Senza occuparci della distinzione che fanno i canonisti della Simonia a pretio, a precibus, ab obsequio, ci contenteremo della definizione che ne dà l’Alighieri pel 1° capo, cioè per la Simonia a pretio : « O Simon Mago, o miseri seguaci, « Che le cose di Dio, che di bontate « Deono essere spose, e voi rapaci « Per oro e per argento adulterate, « Or convien che per voi suoni la tromba, « Perocchè nella terza bolgia state. » 6. […] I Grammatici noteranno in questo verso il pronome egli invece di eglino per troncamento della sillaba finale, che nella metrica latina e greca direbbesi apocope ; come pure il verbo orate per adorate, che è una licenza poetica chiamata aferesi.
Tra i Fiumi della Grecia ve n’erano alcuni molto bizzarri. Il fiume Alfeo, per esempio, essendosi invaghito della Ninfa Aretusa 29 (cangiata in fonte che scorrevà sotto terra nella Sicilia presso Siracusa), per andarla a trovare si scavò un canale sottomarino e la raggiunse tra i ciechi labirinti delle inferne regioni30. […] I fiumi poi della Troade eran piccini, ma furiosi. Omero ci racconta che il fiume Xanto (chiamato altrimenti lo Scamandro 31, nel tempo della guerra di Troia vedendo le stragi che Achille faceva dei Troiani, congiurò col Simoenta, suo fratello, di annegar quell’Eroe nelle loro acque ; ed avrebbe ottenuto l’intento, se non accorreva Vulcano con una gran fiamma a vaporizzarle. […] Esempio ne sia nella Spagna la Guadiana, che dopo 50 chilometri di corso dalla sua origine sparisce in un canneto presso Tomelioso, e alla distanza di 24 chilometri esce nuovamente dalla terra gorgogliando ; e quelle aperture del terreno son chiamate gli occhi della Guadiana.
Può riuscir piacevole e divertente per chi intende bene le lingue dotte il leggere nei poeti greci e latini le fantastiche descrizioni del contrasto continuo dei quattro elementi di così diversa natura confusi e misti fra loro nel caos ; ma divengono pedanterie e freddure le imitazioni che talvolta s’ incontrano nei poeti delle lingue moderne, ora specialmente che le scienze fisico-chimiche hanno scoperto e percorso un sì vasto campo di maraviglie vere e reali della natura. […] Ma intanto è notabile la spiritosa invenzione della sposa del Caos, la quale ora chiamerebbesi con termine dantesco la Tenebra anzichè la Notte5, poichè questa suppone l’esistenza del giorno, e giorno vero e proprio, ossia presenza del sole sull’orizzonte, esser non vi poteva, finchè gli elementi eran confusi e misti. […] Par dunque che gli Antichi ammettessero la generazione spontanea degli Dei dalla materia, come i naturalisti moderni ammettono la generazione spontanea di certi insetti ed altri animaluzzi ; e che i mitologi andassero anche più oltre del Darwin e compagni antropologi ; poichè mentre questi suppongono la successiva trasformazione della materia nei diversi esseri organizzati, compreso l’uomo (il quale perciò verrebbe ad essere una scimmia perfezionata), quelli facevano nascere ad un tratto dagli elementi del Caos gli stessi Dei, come nascono da un giorno all’altro i funghi dalla terra. […] Sotto questo punto di vista nelle lingue moderne affini della latina, e specialmente nella italiana, furono accolti e adottati dai nostri poeti i miti dei Greci e dei Romani, non però tutti alla rinfusa e senza discriminazione, ma quelli soltanto o principalmente, che presentavano una più evidente, o almeno probabile spiegazione dei fenomeni fisici o morali. […] E prende per guida ed interpetre dei portati dell’antica sapienza il poeta Virgilio che visse « A tempo degli Dei falsi e bugiardi, » e la prediletta sua Beatrice, divinizzata come la Teologia, a dargli la spiegazione della scienza dei Cristiani.
VI Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno Il regno di Saturno sarebbe stato felicissimo e durevole a sazietà senza disturbo alcuno, se non erano le astuzie e le pietose frodi della sua moglie Cibele. […] Anche questa stranezza potrebbe spiegarsi come un simbolo della forza distruggitrice del tempo, che logora, come dice Ovidio, pur anco le dure selci e i diamanti 23. Ma cadono poi nel feticismo, ossia nel culto materiale dei prodotti della natura (feti) 24), quei mitologi i quali ci raccontano che quella pietra divorata da Saturno, e da lui non ben digerita, adoravasi nel mondo sotto il nome di abdir o abadir. […] Ma Titano si accorse della frode e della violazione dei patti, e insiem co’ suoi figli mosse guerra a Saturno, lo detronizzò e lo chiuse con Cibele in una oscura prigione.
Ma siccome fu dato il nome di Urano al Cielo, così fu dai Greci assegnato alla Terra il nome di Estia, che dai Latini fu cangiato in Vesta, significante, secondo Ovidio, che di sua forza sta, alludendosi in ambedue le lingue all’apparente e creduta immobilità della Terra18. […] Apollo, questo Dio oltre molte altre attribuzioni ebbe in perpetuo anche quella di guidare il carro della luce19, e sotto il nome particolare di Febo fu considerato come il Sole istesso. Siccome Urano era un Dio, e perciò immortale, ed essendo inoltre il più antico degli Dei, e perciò lo stipite della celeste dinastia, poteva a suo beneplacito regnare eternamente ; ma poichè egli aveva più figli, supposero i mitologi che gli fosse piaciuto abdicare in favore di essi. […] Fu nonostante convenuto, ad istanza della madre Vesta Prisca, che regnasse Saturno ; ma Titano vi acconsentì soltanto a patto che Saturno non allevasse figli maschi, intendendo di riserbarsi, non meno di diritto che di fatto, aperta la strada al trono o per sè o per i propri figli Titani, quando Saturno a sua volta fosse stanco di regnare. […] « Ben s’avvide il poeta ch’io stava « Stupido tutto al carro della luce « Ove fra me ed aquilone entrava. » 20.
Distruggevano dunque l’idea stessa della divinità, la base e il fondamento della morale religiosa. […] Nel n° XI notammo tutte le eccellenti qualità che gli erano attribuite, per le quali veniva ad esser l’ideale della divinità dei filosofi. […] Questo è l’ordito della favola, secondo i più ; ma poi vi si fanno sopra tanti ricami e intorno intorno tante aggiunte e frangie, da tener lungamente occupato chi volesse darne di tutte la descrizione e la spiegazione : è questo l’argomento prediletto non solo dei poeti, ma pur anco di molti filosofi nostri e stranieri. […] Mille ragioni non che una aveva Giunone sua moglie di lamentarsi e stizzirsi della violata fede coniugale di suo marito ; e gli uomini stessi non ebbero a lodarsene e a crescergli venerazione, trovandosi molte famiglie dei mortali involte in gravi sciagure per colpa di Giove.
Il racconto della sua vita è un misto di favole e di fatti storici. […] Questa fu da prima chiamata Cadmea dal nome di Cadmo, e poi Tebe, conservandosi però sempre il nome di Cadmea alla fortezza che fu primamente il nucleo della città. […] E quanto alla sua sorella Europa, della quale dicono i Mitologi che ebbe da Giove il privilegio di dare il nome alla terza parte dell’antico continente che noi abitiamo, gli storici non sanno dire nulla di più nè di diverso. Che il nome di Cadmea fosse dato alla fortezza di Tebe e conservato pur anco a tempo della conquista dei Romani è notizia storica confermata anche da Cornelio Nipote nelle sue Vite degli eccellenti capitani greci. […] Ed ecco come dalla Mitologia si passa nel campo della critica storica ; nei quali confini deve arrestarsi il Mitologo.
Di quest’opera di erudizione letteraria furono pubblicati per saggio xxii capitoli nel periodico fiorentino L’Educazione, e ne fu parlato dal Tommasèo nel fascicolo del dicembre 1873 della Nuova Antologia. Anzi fu il Tommaséo stesso che mi suggeri di aggiungere al semplice titolo di Mitologia Greca e Romana, tutte le altre parole che ora vi si leggono ; e non si contentò di dirmelo a voce in familiare conversazione, ma lo ripetè in una delle lettere ch’egli ebbe occasione di scrivermi ; e poi rese noto pubblicamente nel detto fascicolo della Nuova Antologia, che egli mi suggeriva di adottare il soprascritto titolo. […] Ella, signore, proponga che condizioni farebbe per il diritto a certo termine, o per l’intera proprietà. » Il contratto non potè aver luogo, perchè all’editore milanese impegnato in molte altre pubblicazioni mancava il tempo, com’ egli rispose direttamente a me stesso, di pubblicare anche questo libro prima della riapertura delle Scuole ; e allora il Tommasèo mi consigliò di stamparlo l’anno appresso per associazione. Il che ora io vo tentando di fare col presente Manifesto ; e confido che gl’illustri Direttori e gli egregi Insegnanti che hanno favorevolmente accolti e adottati nelle loro Scuole gli altri miei libri, vorranno accogliere e proporre ai loro scolari ed ai loro amici la soscrizione a questa Mitologia ; la quale spero che possa esser utile non solo agli scolari, ma ancora ad ogni colta persona, poichè voile il Tommasèo che cosi fosse detto nel titolo della medesima.
Calidone o Calidonia era la capitale dell’Etolia a tempo del re Oeneo, circa un secolo prima della guerra di Troia. […] Perciò il re invitò tutti i più coraggiosi e prodi giovani della Grecia a prender parte a questa caccia, e ne fe’capo il suo figlio Meleagro. […] Fin qui il racconto potrebbe parer vera storia, toltane l’esagerazione della prodigiosa forza e ferocia del mostruoso cinghiale. […] La favola si riferisce al destino della vita di Meleagro.
Ma a volere che sia parte proficua della storia dell’umano incivilimento, e che vada immune da qualsivoglia rischio d’ingenerare [ILLISIBLE]nelle menti inesperte dei giovani, è mestieri che la ce[ILLISIBLE]ità dell’idolatria e del politeismo sia posta a confronto della Verità Divina del Cristianesimo, e che sia fatto conoscere il passaggio dalla civiltà antica basata su falsi fondamenti, alla civiltà nuova sostenuta dall’ opera della Redenzione.