Della Genealogia degli Dei fino a Saturno. […] Della Terra, e degli Dei terrestri. […] Di Nettuno, e degli Dei marini. […] L’ ufficio loro si era il filar la vita degli uomini. […] De’ Semidei e degli Eroi.
In antico furono pochi, cioè quelli soli della messe e della vendemmia ; ma il numero delle feste aumentò con quello degli Dei. […] Oltre al vino adoperavano nelle libazioni anche il latte, il miele, l’olio, l’acqua delle fonti o del mare ed il sangue degli animali. […] O indovini, così chiamati da garritu avium, perchè principalmento dal canto degli uccelli traevano gli augurj. […] Le persone colto fomentavano, pei loro fini politici, lo superstizioni degli auguri, ma non vi preslavano fede, e talora le deridevano aperlamenle. […] Vi furono i Flamini maggiori, i tre, cioè, di Giuve, di Marte e di Quirinu, ed i Flamini minori pel culto degli altri Dei.
III Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori A 30,000 si faceva ascendere il numero degli Dei pagani : quindi la necessità di dividerli in classi ; la prima delle quali era detta degli Dei maggiori o superiori o supremi ; e questi erano soltanto venti, per lo più conosciuti e adorati da tutte le antiche nazioni. […] Di questo nume semibestiale parleremo a suo luogo, poichè appartiene alla seconda o inferior classe degli Dei. […] Ma più frequentemente per Natura s’intende l’essenza degli oggetti esistenti, o vogliam dire il complesso di tutte le qualità o caratteri distintivi di qualunque essere creato tanto fisico, quanto morale o intellettuale12. Cicerone compose una celebre opera intitolata Della natura degli Dei ; e Lucrezio un famoso poema sulla Natura delle cose. […] Infatti troviamo negli antichi mitologi e nella stessa Genealogia Deorum del Boccaccio (che raccolse tutte le diverse e più disparate opinioni degli autori antichi), molte divinità dello stesso nome, distinte col numero d’ordine, come Giove primo, Giove secondo ecc.
Il numero degli Eroi, de’quali fa menzione spezialmente l’ Istoria Greca, è pressochè infinito. […] Que’ di Micene, d’Argo, e di Serifo gli alzarone degli croici monumenti. […] Egli inoltre secondo alcuni fu uno degli Argonauti(b). […] Un tale fatto destò contro di lui lo sdegno degli uomini, e perfino degli Dei. […] La cura de’beni proprj o degli altrui non s’impara che coll’esperienza, e questa non s’acquista che col progresso degli anni.
Meone, capo degli Atiadi, fondatore dei Lidii. […] Lelege, fondatore degli Spartani. […] Doro diè origine ai Dorii ; Eolo agli Eolii ; Xuto ebbe due figli, Acheo, origine degli Achei, ed Jone degli Jonii. […] Consiglio degli Amfizioni. […] Espulsione degli Eraclidi dal Peloponneso, per opera dei Pelopidi.
Siccome poi, come dicemmo fin da principio, avevan foggiato i loro Dei a somiglianza degli uomini, così dopo averne ideati dei buoni e dei cattivi, ne immaginarono ancora degli scioperati e dei fannulloni, come da Esiodo son chiamati i Satiri. […] Da prima era stato ricevuto nella corte celeste come buffone degli Dei, ma poi ne fu scacciato per la sua soverchia insolenza. […] Opportunamente gli era data per moglie la Dea Pomona protettrice dei pomi, ossia dei frutti degli alberi. […] I Greci lo dissero figlio di Venere e di Bacco e gli attribuirono l’ufficio di guardian degli orti, e perciò di spaventare i ladri e gli uccelli. […] Una delle più celebri statue di Fauno è quella che vedesi nella Tribuna della Galleria degli Uffizi.
Metempsicòsi è parola greca che significa trasmigrazione delle anime ; questa dottrina suppone che le anime degli estinti, dopo essere state un certo numero di anni (che i più fissano a mille) negli Elsii o nel Tartaro, ritornino in questo mondo, entrando nei corpi non solo degli uomini nascituri, ma pur anco dei bruti254. […] La qual credenza religiosa rese più pii i superstiti ai mortali avanzi degli estinti. […] Nella descrizione delle pene del Tartaro l’immaginazione degli Antichi era stata un poco più feconda che in quella delle beatitudini dell’ Elisio, avendo ideato diversi generi straordinarii di pene inflitte ad alcuni dei più famosi scellerati. […] Tantalo era figlio di Giove e perciò ammesso ai segreti degli Dei ; ma egli abusando di tal fiducia, li rivelò ai mortali, e per far prova se i Numi avessero l’onniscenza, li invitò a pranzo e imbandì loro le membra del suo figlio Pelope da lui stesso ucciso. […] Costoro nell’eccesso opposto son più ridicoli degli avari, e meritamente si puniscono da sè stessi delle loro smodate e irrazionali cupidità.
XXXI Il Genio e i Genii Fu detto nella classazione generale degli Dei (V. il N. III) che il Genio era considerato dai Latini come un Dio di prim’ordine, ossia della classe degli Dei superiori o celesti, e, secondo l’etimologia della parola, come la forza generatrice della creazione. […] E il nostro volgo, specialmente nelle campagne, non crede forse tuttora negli Spiriti e nel potere degli stregoni e fattucchieri che tengono il demonio per loro iddio ? […] Di qui nacque il dualismo indiano di Mahadeva e Bahavani, l’egizio d’Iside e Osiride, il persiano di Ormuzd e Ahriman, quello degli gnostici e di altri l’intelligenza e la materia. […] Il popolo generalmente considerava questi Dèmoni o Genii come Dei che regolassero le vicende della vita degli uomini ; e dagli effetti li distingueva in agatodèmoni e in cacodèmoni, cioè in buoni e in cattivi spiriti.
Un’altra mirabile statua di Apollo giovane, detta perciò volgarmente l’Apollino, può vedersi nella tribuna della galleria degli Uffizi in Firenze. […] Dante nota ancora l’ aura annunziatrice degli albori che movesi ed olezza tutta impregnata dall’erbe e dai fiori. […] Da per tutto s’udivano i gemiti degli uomini, e i lamenti degli Dei ; e Giove conosciuta la causa del male, e non sapendo come altrimenti rimediarvi, coi fulmini trafisse Fetonte e sbigottì i cavalli che tornarono indietro alle loro stalle. […] Del serpente Pitone dovremo parlare altra volta, quando nel trattar degli Oracoli si verrà a rammentare e descrivere l’ufficio della Pitonessa del Tempio di Delfo. […] Nella invenzione di queste tre Divinità che presiedono alla più felice conservazione degli esseri umani, troviamo un concetto ed un ragionamento che ha la forma di un sillogismo.
È quella l’immagine del Dio Mercurio, il più affaccendato di tutti gli Dei dell’Olimpo, essendo egli il Messaggiero di Giove e degli altri Numi superni. […] Dai Greci era chiamato Erme, che significa interprete ; perciò il nome stesso indica l’ufficio suo principale, quello cioè di messaggiero degli Dei. […] Ridotto alla sua vera significazione questo attributo di Mercurio, passiamo a parlar degli altri. […] Talvolta era rappresentato Mercurio con una catena d’oro che gli usciva dalla bocca e pendevagli dalle labbra, a significare l’efficace e gradito potere dell’eloquenza ; e come a Dio della medesima gli si offrivano le lingue degli animali. […] E celebre il Mercurio di Giovan Bologna, statua in bronzo che ornava prima una fontana della villa Medici in Roma, ed ora vedesi nella Galleria degli Uffizi di Firenze.
La confusione del Caos immaginato dagli antichi ingenerò confusione anche nelle loro menti circa l’origine del mondo e l’esistenza degli Dei. […] Noto subito in principio le grandi difficoltà di ridurre a sistema regolare la Mitologia come scienza religiosa degli Antichi, non già per voler tentare di superarle, ma per dichiarare che sarebbe opera perduta l’affaticarvisi. La sola spiegazione probabile o plausibile consiste nel considerare i miti come simboli o allegorie dei fenomeni fisici dell’universo e dei fenomeni morali, ossia delle passioni degli uomini. […] Dante più degli altri poeti ci rivela un simil concetto in tutta la Divina Commedia con un sistema parallelo di confronti tratti alternativamente dalla Teologia e dalla Mitologia, dalle Storie sacre e dalle profane. […] L’ adopra per altro non già nel senso panteistico degli antichi e di non pochi moderni, ma soltanto a significare un grande ammasso o emporio di oggetti di qualunque forma o figura, ed anche talvolta una gran confusione amministrativa in uno stabilimento industriale o in una pubblica azienda.
XIII Difetti e vizii del Dio Giove Anche sulle labbra degli analfabeti, che non sieno privi affatto di qualunque idea di religione, udiamo sovente il comune proverbio, che è solo Iddio senza difetti. […] Giove, il supremo degli Dei pagani, era più vizioso di molti mortali ; e perciò usurpava, o gli era dato immeritamente il titolo di Ottimo. […] Lo stesso gran luminare degli Inglesi, Bacone da Verulamio, nel suo libro De Sapientia Veterum, esamina ed interpetra più a lungo questa favola che le altre trenta da lui prescelte come meritevoli delle sue considerazioni. […] Un uguale effetto deriva ancora talvolta per la prolungata agitazione del vento, che confricando tra loro in una selva selvaggia diversi rami degli alberi, produce estesissimi e spaventevoli incendii ; ed anche il fulmine (che credevasi venir dal Cielo e dalla mano stessa di Giove) comunica il fuoco alle materie combustibili che trovansi sulla Terra. Il fuoco poi, come dice Bacone da Verulamio, è la mano delle mani, lo stromento degli stromenti, l’aiuto degli aiuti di tutte le arti degli uomini.
Cinquanta furono gli Eroi che vi presero parte, alcuni dei quali eran prima intervenuti alla caccia del cinghiale di Calidonia ; e tra questi Giasone che fu il duce e il protagonista degli Argonauti, e acquistò maggior fama di tutti in questa impresa, come Achille nella guerra di Troia. […] Ma poichè l’Ariosto, coll’immaginare che il Senàpo imperatore dell’Etiopia avesse ricevuto una punizione simile a quella di Fineo, ha riunito in poche ottave tutte le classiche reminiscenze degli antichi poeti su questo fatto mitologico, aggiungendovi di suo altre invenzioni medioevali, riporterò prima l’imitazione degli Antichi, e dipoi il diverso modo di liberazione da lui immaginato : « Dentro una ricca sala immantinente « Apparecchiossi il convito solenne, « Col Senàpo s’assise solamente « Il Duca Astolfo, e la vivanda venne. […] A questo punto l’Ariosto lascia l’imitazione degli Antichi, e con le invenzioni del Medio Evo, di cui si era valso in altri luoghi del suo poema, narra la liberazione del Senàpo dalle Arpie in modo più maraviglioso di quello dei poeti classici greci e latini. […] Sarebbe dunque rimasta vana ed inutile la spedizione degli Argonauti, quanto al fine ultimo della medesima, se Giasone non avesse trovato una Maga che lo aiutasse a superare ogni ostacolo soprannaturale. […] Apollonio Rodio compose il poema degli Argonauti in greco, e Valerio Flacco in latino.
Epilogo Abbiamo veduto, parlando sin qui degli Dei Superiori soltanto, che la cognizione della Mitologia greca e romana è lo studio delle principali idee religiose, politiche e scientifiche dei due più celebri popoli dell’Europa che fenno le antiche leggi e furon sì civili, e della cui civiltà è figlia la nostra. […] Cicerone specialmente, in questa parte, è più esplicito ed aperto degli altri ; e perciò i suoi libri sulla Natura degli Dei, sul Fato e sulla Divinazione furon considerati dai più scrupolosi Pagani siccome contrarii alla religione del Politeismo, mentre all’opposto i Santi Padri dei primitivi tempi del Cristianesimo citarono i detti di Cicerone forse più spesso di quei della Bibbia. Andando su queste traccie, riesce più facile o almeno più probabile la spiegazione di molte idee mitologiche degli antichi Pagani ; e facendo tesoro delle interpretazioni che hanno date alle medesime, non solo i nostri poeti, e principalmente l’Alighieri, ma pur anco i filosofi di maggior fama, possiamo almeno conoscere quale opinione avessero dell’antica sapienza contenuta nella Mitologia gli uomini più grandi e più sommi. La più evidente interpretazione dei miti abbiamo veduto esser quella di considerare le Divinità del Gentilesimo come altrettante personificazioni o deificazioni dei fenomeni fisici e delle passioni degli uomini, e perfino delle idee non solo concrete, ma anche astratte, come noteremo più specialmente nelle seguenti parti di questa Mitologia. […] Perciò abbiamo notato frequentemente in quali casi, secondo i moderni progressi delle scienze, le idee degli Antichi fossero vere, e in quali false.
Perciò in oggi si stimano, e sono veramente più utili gli automi che lavorano più e meglio degli uomini e risparmiano loro la fatica materiale e meccanica, come fanno le macchine da filare, da tessere, da cucire, ecc. Inoltre per bellezza e comodo si moltiplicheranno sempre gli orologi ; e si può asserire che anche i girarrosti a macchina son più utili degli automi di animali nuotanti e volanti, e degli androidi che non sanno far altro che suonare e giuocare. […] Erravano però nel credere che il fuoco che essi chiamavan celeste fosse di natura diversa da quello terrestre, non sapendo essi che risulta egualmente da combustione o ignizione di materie più o meno infiammabili ; e soltanto gli astronomi moderni colle loro analisi spettroscopiche hanno dimostrato sinora, che nel Sole si trovano in ignizione la maggior parte delle sostanze del nostro globo ; e che le stelle non sono che altrettanti Soli generalmente molto più grandi del nostro, ma composte presso a poco degli stessi elementi. […] A spiegar la favola dell’unico occhio fu detto che i Ciclopi eran soliti di portare in guerra una visiera con un sol foro circolare in direzione degli occhi, uso inventato dai tre aiutanti di Vulcano per ripararsi la faccia nel lavorare i metalli incandescenti. […] Dai medici son detti automatici quei movimenti che dipendono unicamente dalla organizzazione degli esseri viventi, e nei quali non ha parte alcuna nè potere la volontà, quali sono la respirazione, la circolazione del sangue, il batter dei polsi, ecc.
Ma non è così, perchè v’è ancora da parlare delle Ninfe dei monti, delle valli, delle fonti, dei boschi e perfino degli alberi. […] Amadriadi poi è un greco vocabolo composto, che significa insiem colla quercia, o come si è detto di sopra, coll’albero ; e davasi questo titolo a quelle Ninfe la cui esistenza era legata alla vita vegetativa di una data pianta ; inaridendosi la quale, oppure essendo recisa o arsa, periva ad un tempo la Ninfa Amadriade. — Questi termini essendo significativi degli attributi speciali di quelle Ninfe a cui erano assegnati, conviene che li tengano a memoria anche coloro che non studiano le lingue dotte, perchè li adoprano non solo i poeti greci e i latini, ma altresì, benchè più di rado, gl’ italiani. […] I pittori hanno gareggiato a rappresentar Galatea di bellissime forme, ed una delle più belle è quella che vedesi nella Galleria degli Uffizi in Firenze. […] Gli Zoologi nello studiarsi d’indicare con nomi diversi le successive metamorfosi di certe specie di animali, e principalmente degli insetti, presero dalla Mitologia il vocabolo di ninfa per significare l’insetto nello stato intermedio fra quello di larva e lo stato estremo o perfetto ; e dimostrarono così di aver bene inteso che le Ninfe mitologiche non eran perfette divinità, ma in una condizione media fra quella degli uomini e quella degli Dei supremi. […] I Botanici anch’essi nel determinare la nomenclatura delle piante aquatiche si ricordarono di aver trovato nella Mitologia, o in qualche classico, certe Ninfe dell’acqua, o che stavano nell’acqua, (il nome preciso di Naiadi non pare che lì per lì lo avessero ben presente) e si affrettarono a chiamar Ninfèa una pianta aquatica (detta altrimenti Nenufar e volgarmente giglio degli stagni), e ne fecero il tipo della famiglia delle Ninfacee, ossia delle piante erbacee aquatiche congeneri alla Ninfèa.
XV Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera Il nome di Giunone ha la stessa etimologia di quello di Giove ; deriva cioè dal giovare (quod una cum Jove juvat, dicono i mitologi latini). […] Aggiungono alcuni mitologi, che un giorno questa Dea nell’esercizio del suo ministero cadde sconciamente e destò l’ilarità degli Dei, e d’allora in poi non volle più servirli a mensa ; e Giove le sostituì un coppiere di stirpe dei mortali, Ganimede figlio di Troo re di Troia, facendolo rapire dalla sua aquila e rendendolo immortale. […] Malcontenta era sì, ma non rassegnata, come ben si capisce da questi versi ; e Giove faceva di certo ogni suo volere, ma non senza disturbi ed impacci per parte di Giunone ; la quale, superba e invidiosa com’era, fremeva all’idea di potere essere ripudiata, e che un’altra divenisse regina degli Dei. […] Di forme corporee ed in figura umana raramente trovasi Iride dipinta o sculta, e non è mai rappresentata nelle statue, ma soltanto nei vasi ed in alcuni bassi rilievi, come una snella ed aerea giovanetta alata, e talvolta avente in mano un’Idria, quasi ad indicare l’erronea idea degli Antichi che Iride somministrasse l’acqua alle nubi. […] Gli astronomi però non avevano trascurato di rendere onore alla regina degli Dei anche prima che ad Iride sua ancella, e furon solleciti di dare il nome di Giunone ad uno dei primi asteroidi scoperti in questo secolo, e precisamente al 3°, veduto per la prima volta da Harding il 1° settembre 1804.
Riconobbero dunque che il loro sistema storico non spiegava tutto in Mitologia, e confessarono implicitamente che la massima parte delle Divinità del paganesimo erano personificazioni degli affetti dell’animo o buoni o rei. […] La parola Apoteòsi, secondo la greca etimologia, significa deificazione, e consiste nel considerare e adorare come Dei gli esseri della Natura, le esistenze create166 ; e in un significato più ristretto si riferisce particolarmente alla deificazione degli uomini dopo la morte167. Il culto più antico di cui si trovi memoria negli scrittori fu quello del Sole e della Luna e quindi degli altri Astri ; e questo culto fu chiamato il Sabeismo, perchè ridotto a regolar sistema religioso dai Sabei, antico popolo dell’ Arabia meridionale. […] Così al feticismo, ossia all’ apoteosi degli oggetti materiali, fu sostituita l’apoteosi di Esseri soprannaturali rappresentanti le forze o leggi della Natura fisica che producono il movimento della materia, e che poi furono dette scientificamente di attrazione e di repulsione. […] Ma quando nella pagana religione si giunse ad abusare dell’apoteosi col deificare per vile adulazione i potenti della Terra non solo dopo la loro morte, ma pur anco in vita, si cadde allora nell’abiezione del feticismo, si tolse tutto il prestigio al culto degli altri Dei ; e gli uomini ragionevoli sentirono il bisogno di una religione più pura e più razionale.
XXXVIII Gli Dei Penati e gli Dei Lari Se dovessimo prendere ad esaminare le diverse opinioni degli eruditi intorno a questi Dei, faremmo un lavoro arduo e poco piacevole, e poi senza alcun frutto, perchè non è possibile conciliarle tra loro, nè scuoprire chi meglio abbia colto nel segno. […] Anzi ne deriva al tempo stesso la spiegazione come avvenga che talvolta in qualche Classico latino si annoverano tra gli Dei Penati taluni degli Dei superiori o maggiori, come Giove, Marte, Nettuno ecc. […] Sappiamo infatti anche dagli storici essere stata comune opinione che quegli stessi idoli degli Dei Penati venuti da Troia fossero custoditi dalle Vestali in luogo nascosto ai profani insieme col Palladio, sacre reliquie troiane, che nessun vide giammai, ma nella cui esistenza tutti credevano ; — e quando si tratta di credere, non v’è bisogno di dimostrazione ; sola fides sufficit. […] Oltre la diversa origine, troiana dei primi, etrusca o italica dei secondi, e le caratteristiche bene accertate degli Dei Penati, come abbiamo veduto di sopra, si potrebbero citare molte autorità di classici, da cui chiaramente apparisce il differente ufficio dei Penati e dei Lari. […] Tra questi egli annovera il culto degli Dei Penati e dei Lari familiari ; e aggiunge che nella pratica applicazione questi Dei rappresentano i comuni ed i privati vantaggi della social convivenza.
Questa triplice distinzione richiama al pensiero l’ipotesi dei geologi e degli astronomi moderni sull’origine della Terra, che cioè essendo essa in principio una massa di materia incandescente, o in fusione ignea, non era atta alla produzione e conservazione dei vegetabili e degli animali ; che in appresso, in centinaia di secoli, a poco a poco raffreddandosi aveva formato la solida crosta del globo terrestre con tutti i diversi suoi strati ; e gradatamente prodotto tutti gli oggetti dei tre regni della Natura nelle diverse e successive epoche geologiche. […] Circa alla Dea Tellùre basterà il sapere che Cicerone nel libro iii della Natura degli Dei dice che Tellùre non è altra Dea che la Terra40 ; che tanto i poeti quanto i prosatori latini usarono la parola tellùre come sinonimo di terra 41 ; e che Dante stesso nella Divina Commedia rammenta l’orazione lamentevole della Dea Terra in occasione dell’incendio mondiale cagionato dall’imprudenza di Fetonte42, come a suo luogo vedremo. […] Le era particolare il titolo di Gran Madre, tanto in greco (megale meter,) quanto in latino (magna mater,) perchè oltre ad esser la madre di Nettuno Dio del Mare, di Plutone Dio dell’Inferno, di Giunone regina del Cielo, era anche la madre di Giove re supremo, del quale eran figli la maggior parte degli altri Dei. […] La veste ornata di piante e di animali indicava il carattere distintivo di Cibele, che presiedeva alla terra divenuta fertile e abitabile ; la corona di torri significava che quella Dea avesse insegnato agli uomini a fortificar le città ed i castelli ; il disco o tamburo, dicevano gli Antichi, che era il simbolo dei venti che spirano sopra la Terra ; e le era sacro il leone come il re degli animali terrestri. […] Cicerone nelle sue opere filosofiche aggiunge un’altra notabile rassomiglianza, che essi avevano coi nostri frati mendicanti, perchè asserisce che i Galli della madre degli Dei erano i soli sacerdoti a cui fosse lasciata per pochi giorni la facoltà di far la questua ; ma non ne dice il perchè, non vedendo forse una buona ragione di questo eccezional privilegio, e, a quanto pare dal contesto delle sue parole, disapprovandolo45.
XIV Il Diluvio di Deucalione Dopo che furono sterminati i Giganti dalla faccia della Terra, vi rimase la razza dei discendenti dei migliori Titani, quella degli uomini plasmati di creta e animati da Prometeo col fuoco celeste, e l’altra degli uomini che Giove stesso aveva creati. […] Giove tornato in Cielo radunò il consiglio degli Dei Superiori, narrò tutti gli orribili delitti degli uomini, e si mostrò risoluto di esterminare tutta quella razza bestiale più che umana. […] L’oracolo rispose : gettatevi dietro le spalle le ossa della gran madre. — Tutte le risposte degli oracoli erano oscure ed avevan bisogno d’interpretazione (e a suo luogo ne diremo il perchè) ; quindi Deucalione e Pirra non credendo possibile che l’oracolo suggerisse loro (come suonavan le parole intese letteralmente), una empietà o violazione dei sepolcri, interpetrarono che la gran madre fosse la Terra, madre comune di tutti i mortali86), e le ossa della medesima le pietre. […] La geologia, in fatti, nel trattare della crosta solida del nostro globo e degli strati che la compongono, ne distingue i materiali, sotto il nome tecnico di roccie 88), in 4 classi : roccie acquee, roccie vulcaniche, roccie plutoniche e roccie metamorfiche 89).
Così gli antichi mitologi aprirono un vastissimo campo alla immaginazione dei poeti ed alla fantasia dei pittori e degli scultori. […] , x, 123…) L’Amore malnato e maligno era rappresentato con una farfalla tra le dita e in atto di tormentarla coll’altra mano e strapparle le ali : significazione evidente degli strazii dell’anima prodotti dalle colpevoli passioni. […] Rappresentavasi come un giovane maggiore di qualche anno del suo fratello Cupido, con volto serio e riflessivo, perchè non v’è cosa più seria, e che dia più da pensare, del matrimonio ; con una face ardente nella destra, simbolo del mutuo affetto degli sposi ; e nella sinistra le auree catene a significare i vincoli e gli obblighi del matrimonio, catene, d’oro ma catene per sempre. […] Venere giovanetta uscita appena dalle onde del mare era rappresentata nuda e in una conchiglia marina, oppure, e specialmente in scultura, con un delfino ai piedi, come la Venere dei Medici che si ammira nella galleria degli Uffizi in Firenze. […] Esiste anche in Firenze nella Galleria degli Uffizi una vaghissima pittura del Botticelli rappresentante Venere nel modo qui sopra descritto.
Ambrosia, cibo degli Dei, 222. […] Capaneo, uno degli Eroi della guerra di Tebe, 506. […] Filottete, uno degli eroi dell’armata greca, 546. […] Glauco, diventa uno degli Dei marini, 201. […] Néttare, bevanda degli Dei, 222.
Il nome di Sirena è usato figuratamente a significare ’ allettamento ai piaceri e ai divertimenti ; e Orazio in uno di quei momenti in cui indossava la ruvida veste dello stoico e del moralista, lasciando quella effeminata, e per lui più abituale, dell’epicureo225, chiama Sirena anche la pigrizia e l’infingardaggine, ossia il dolce far nulla degli Italiani226. Alcuni naturalisti (specialmente fra gl’Inglesi) danno ancora il nome di Sirene ai cetacei erbivori, detti comunemente Lamentini (Manatus), che formano la transizione fra le balene e le foche, e la cui forma, nelle parti superiori del corpo, si discosta meno di quella degli altri cetacei dalla figura umana, mentre poi vanno a finire in una coda orizzontale, come una gran parte dei pesci227. Da sì lieve causa e somiglianza, che doveva sembrare anche più grande alla robusta e sbrigliata immaginazione degli Antichi, ebbe origine la favola delle Sirene, abbellita dall’arte dei poeti nel modo che abbiam detto. […] Se qualche pericolo v’era anticamente, o perchè il vortice e i flutti fossero più impetuosi, o per la imperizia degli antichi navigatori, certo è però che nei tempi moderni nessun più ne teme, anzi di pericoli non se ne parla nemmeno. […] E quantunque i poeti che scrissero dopo le prime spedizioni dei Baschi alla pesca delle Balene, e dopo la scoperta dell’ America dovessero saperne molto più degli Antichi, continuarono non ostante ad imitare le loro fantasticherie e a gareggiare con loro nelle invenzioni e nelle descrizioni di immaginarii mostri marini.
E Bacco divenne il Nume protettore non solo dei viticultori e degli enologi, ma pur anco dei bevitori e dei gozzovigliatori ; e trovò facilmente adoratori devoti e ferventi non solo fra gli uomini, ma ancor fra le donne. […] Anche le Baccanti avevano altri nomi, cioè di Menadi, Tiadi, Bassaridi ; il primo dei quali significa furenti, il secondo impetuose, ed il terzo è derivato da uno degli appellativi di Bacco accennati di sopra. […] Penteo re di Tebe che voleva abolire il culto di Bacco fu ucciso dalla propria madre Agave, che insieme con altre Baccanti venuta in furore lo aveva creduto una fiera ; e questa favola contiene il più grande esempio degli eccessi a cuipuò condurre l’ubriachezza. […] E Bacco in origine era simbolo soltanto del vino ; ma dopo tutte le favole che si raccontarono di lui, e specialmente dopo i fatti storici pur troppo veri degli stravizii ed eccessi dei Baccanali in onore di questo Dio, il nome di Bacco fu adoprato ancora come sinonimo di crapula e di gozzoviglia. […] Nella Tribuna della Galleria degli Uffizi in Firenze v’è il famoso Fauno di greca scultura, in atto di suonare il crotalo che ha nelle mani. — In Zoologia si dà il nome di crotalo al serpente a sonagli.
Poichè Urano significa Cielo, il suo nome stesso serve a manifestare qual parte dell’ Universo egli rappresenti ; e inoltre l’esser creduto figlio del Giorno e dell’Aria indica l’opinione degli antichi mitologi che il Cielo fosse composto di questi due più leggieri e più puri fra i 4 elementi del Caos. […] Così, trovando il terreno preparato e disposto al fantastico e al maraviglioso, personificarono quasi tutti gli oggetti e i fenomeni dell’Universo, e primo d’ogni altro il Cielo, che perciò fu detto il più antico degli Dei. […] Quindi immaginarono il nettare e l’ambrosia, bevanda e cibo degli Dei17, i matrimoni e le figliolanze, gli amori e gli odii, le cortesie e le audaci imprese, le vendette e le guerre, e perfino i pettegolezzi delle Dee. […] Siccome Urano era un Dio, e perciò immortale, ed essendo inoltre il più antico degli Dei, e perciò lo stipite della celeste dinastia, poteva a suo beneplacito regnare eternamente ; ma poichè egli aveva più figli, supposero i mitologi che gli fosse piaciuto abdicare in favore di essi. […] Da noi e presso molti altri popoli è abolito per legge tra i privati o sudditi di uno Stato ; e perciò tutti i figli ed anche le figlie hanno gli stessi diritti alla successione nei beni paterni ; ma si conserva nei regni ereditarii per non cagionare lo smembramento degli Stati nè le guerre di successione.
Gli Dei Superiori, di cui abbiamo parlato nella Iª Parte, erano soltanto venti, e gl’Inferiori a migliaia, e costituivano la plebe degli Dei, come li chiama Ovidio : de plebe Deos. […] IV che, ammessi più Dei, nessuno di loro poteva essere onnipotente, perchè il poter di ciascuno era limitato dalle speciali attribuzioni degli altri ; e se ciò era vero per gli Dei Superiori e per lo stesso Giove, come ci è accaduto di narrare più volte, tanto più è presumibile e conseguente per gli altri Dei che furon detti e considerati Inferiori. […] Anche Dante confrontando, nel Canto xix dell’Inferno, il numero degli Dei degl’ Idolatri con quelli d’oro e d’argento adorati dai Simoniaci, e dichiarando che questi Dei son cento volte più numerosi di quelli, accetta per lo meno il computo di Varrone, poichè così rimprovera i Simoniaci stessi5 : « Fatto v’avete Dio d’oro e d’argento ; « E che altro è da voi all’ Idolatre6 « Se non ch’egli uno e voi n’orate cento7 ? » Convinti dunque che il numero degli Dei Pagani fosse anzi più che meno di trentamila8, e assicurati al tempo stesso che migliaia e migliaia di questi sono sine nomine vulgus, e da spacciarsi in massa, (o come taluni dicono in blocco) e con poche e generali considerazioni sul loro comune appellativo, procediamo senza spaventarci ad osservare anche altre fantasmagorie preistoriche dei nostri più remoti Antenati. […] Molti frammenti di opere, ora perdute, di Autori classici delle lingue dotte si trovano riportati nei libri degli scrittori ecclesiastici.
IV Una Divinità più potente di Giove Ammessi più Dei, ne vien di conseguenza che nessuno di essi può essere onnipotente, ma ciascuno ha un potere limitato e temperato dalle speciali attribuzioni degli altri. […] Non deve dunque recar maraviglia, leggendo il titolo soprascritto, che vi sia nel Politeismo una divinità più potente di Giove, che pure è conosciuto comunemente come il supremo dei Numi, il re del Cielo, il padre degli uomini e degli Dei. […] Il Fato 14, detto altrimenti il Destino, era figlio del Caos e della Notte, e rappresentava, secondo la Cosmogonia degli antichi, la legge generale e immutabile dei fenomeni fisici e delle umane vicende. […] Ma se non è accettabile il concetto pagano che la Fortuna sia un essere soprannaturale esistente sin dalla origine del mondo o degli angeli (tra le altre prime creature), quando però ivi si afferma che « Colui lo cui saver tutto trascende, (cioè Dio) « Ordinò general ministra e duce « Che permutasse a tempo li ben vani « Di gente in gente e d’uno in altro sangue « Oltre la difension de’ senni umani, » s’intende facilmente che con questo linguaggio poetico si vogliono significare le occulte disposizioni della Provvidenza, imprevedibili ed inevitabili dai mortali.
XI Giove re del Cielo Che Giove fosse adorato come il supremo degli Dei dai Greci e dai Troiani sino dai più remoti tempi preistorici, lo sappiamo da Omero « Primo pittor delle memorie antiche. » Il suo nome in greco era Zeus, e in latino Jupiter. […] Si unirono anche gli astronomi antichi a rendere onore a Giove dando il nome di esso a quel pianeta che apparisce ed è maggiore degli altri veri e proprii pianeti, e gli dedicarono quel giorno della settimana che tuttora chiamasi Giovedì. […] Prima però di scendere a questa storia aneddotica, parleremo di un fatto o avvenimento straordinario, che mise in forse la potenza di Giove e degli altri Dei superiori. […] Parlando il Vico di questa Catena nel libro secondo de’ suoi Principii di Scienza Nuova, riferisce che in essa Dionigi Longino ammirava la maggior sublimità di tutte le favole omeriche ; e quindi aggiunge le seguenti osservazioni : « La qual Catena se gli Stoici vogliono che significhi la serie eterna delle cagioni, con la quale il lor Fato tenga cinto e legato il Mondo, vedano che essi non vi restino avvolti ; perchè lo strascinamento degli uomini e degli Dei con sì fatta Catena egli pende dall’arbitrio di esso Giove, ed essi vogliono Giove soggetto al Fato.
Di lui ci dicono i Mitologi che si ritirò insieme colla moglie in una solitudine, e che ivi furono ambedue cangiati in serpenti, e posti da Plutone a guardia degli Elisii. […] Anzi i nobili Tebani dei secoli successivi credevano tanto (o fingevano di credere) in così strana favola, che derivavano la loro nobiltà di sangue dall’esser discendenti, com’essi vantavansi, di questi prodi guerrieri sì miracolosamente nati ; la quale illustre prosapia era detta degli Sparti, che significava seminati, alludendosi appunto alla sementa dei denti del serpente ucciso da Cadmo58. […] Che il nome di Cadmea fosse dato alla fortezza di Tebe e conservato pur anco a tempo della conquista dei Romani è notizia storica confermata anche da Cornelio Nipote nelle sue Vite degli eccellenti capitani greci. […] Una origine miracolosa e divina si attribuivano pur anco le diverse caste degli Indiani. […] Diremo per lo meno che qui è davvero applicabile la massima attribuita da Fedro a Giove : « Nisi utile est quod facimus, stulta est gloria. » Non è per verità molto utile neppure il conoscere quali furono le lettere inventate da Palamede, e quelle aggiunte da Simonide, mentre le altre furono attribuite a Cadmo ; tutt’ al più può essere una curiosità letteraria il sapere questa opinione degli Antichi : ma fu una vera pedanteria e ridicolezza il pretendere di distruggere il vocabolo alfabeto adottato nella lingua latina e in tutte le più colte lingue moderne, con tutti i suoi derivati e composti (alfabetico, alfabetare, analfabeta ecc.) per sostituirvene un altro di nuova formazione o etimologia.
XLI Perseo Questo antichissimo Eroe apparteneva al novero dei Semidei, poichè fu creduto figlio di Giove e di Danae, la quale era figlia di Acrisio re degli Argiesi. […] L’impresa di ucciderla sarebbe stata impossibile senza l’aiuto degli Dei ; i quali per favorire il figlio di Giove gl’imprestarono le loro armi divine, Marte la spada o scimitarra, Nettuno l’elmo, Minerva lo scudo e Mercurio i talari e il petaso. […] Tra i lavori moderni poi è da rammentarsi la testa di Medusa dipinta da Leonardo da Vinci, che si ammira nella Galleria degli Uffizi in Firenze, e la statua di Perseo colla testa di Medusa in mano, opera egregia in bronzo fuso, di Benvenuto Cellini, che è posta sotto le loggie dell’ Orgagna in Piazza della Signoria. Anche i Naturalisti si son ricordati di questo mostro mitologico nel dare il nome di Meduse a un gruppo di Zoofiti che formano la 1ª divisione degli Acalefi. […] Si crede opera degli scolari di Giovan Bologna, del quale è di certo la statua colossale del Grande Oceano, che ivi si ammira.
Abbiamo in proverbio anche in italiano che Musica e Poesia nacquer sorelle ; e infatti sin dagli antichissimi tempi, sappiamo dalle istorie, che cantavansi gl’inni accompagnandoli col suono degli strumenti ; anzi spesso vi si univa contemporaneamente anche il ballo, e non solo fra gli idolatri, ma pur anco nel popolo eletto 123. […] Oltre i preaccennati nomi proprii, avevano le Muse anche degli appellativi comuni a tutte loro, derivati dai luoghi ov’esse abitavano ; i quali termini son più usati dai poeti greci e latini che dagl’italiani. […] Di Apollo Augure, ossia indovino o vate, dovremo parlare trattando separatamente degli Oracoli e degli Augurii. […] Ridotto Apollo alla condizione degli uomini, dovè lavorare per vivere, e divenne pastore delle greggie di Admeto re di Tessaglia.
Era inoltre al pari degli altri Dei sottoposto al Fato, ed anche al suo maggiore e più potente fratello Giove. Si accorsero i mitologi di questo difetto del loro mito infernale, e pretesero di supplirvi assegnando a Plutone non soltanto la cura di far sì che delle anime degli estinti non ritornasse alcuna nel mondo240, (come è naturale, e pur troppo vero), ma pur anco l’altro più odioso attributo di affrettare la discesa degli uomini ne’regni suoi241. […] Asserivano i mitologi che le Parche avevano l’ufficio di determinare la sorte degli uomini dal primo istante della nascita a quello della morte ; e che ne dessero indizio con un segno sensibile singolarissimo, ma invisibile ai mortali, cioè per mezzo di un filo di lana, che esse incominciavano a filare quando nasceva una persona, e che recidevano, quando quella persona doveva morire. […] Questi giudici si chiamavano Minos, Eaco e Radamanto, i quali in origine erano stati sulla Terra tre ottimi re della Grecia, celebri per la loro giustizia ; e perciò dopo la morte meritarono l’onorevole ufficio di giudicar le anime degli estinti.
Nei tempi eroici della romana Repubblica (eroici non solo per valore, ma ancora per senno e per moralità), i riti degli Dei stranieri non erano ammessi in Roma, come avverte T. […] Aggiungendovisi poi le apoteosi degli Imperatori e delle Imperatrici, parve, com’ era veramente, prostituita la religione al potere politico e negata l’esistenza stessa degli Dei, presumendo che essi potessero accogliere nel loro numero e nel loro consesso qualunque mortale benchè scellerato ed empio, come furono i più degli Imperatori romani.
I due vocaboli Semidei e Indigeti son termini appartenenti esclusivamente alla Mitologia classica : il vocabolo Eroi, oltre a poter esser comprensivo degli altri due sopraddetti, si estende dai più antichi e famosi personaggi ai più moderni e ridicoli Eroi da poltrona proverbiati dal Giusti46. […] A quest’epoca si riferiscono le più straordinarie imprese condotte a termine colla forza e col senno degli uomini, assistiti e protetti dalle Divinità. […] Scendendo ora a parlare dei principali Eroi, e Semidei e Indigeti di quest’epoca, convien prima di tutto determinare l’estensione, o vogliam dire la durata dell’età eroica ; ed io l’accennerò prima di tutto colle parole stesse del nostro Giovan Battista Vico : « Tutti gliStorici, egli dice, danno il principio al Secolo eroico coi corseggi di Minosse e con la spedizione navale che fece Giasone in Ponto, il proseguimento con la guerra Troiana e il fine con gli error degli Eroi, che vanno a terminare nel ritorno di Ulisse in Itaca. » Volendo poi determinare cronologicamente quest’epoca, non abbiamo dati certi neppure dell’anno preciso della distruzione di Troia, poichè si trova in taluni Autori la differenza di più di un secolo ; ma seguendo la Cronologia greca più accreditata colle modificazioni di Petit-Radel nel suo Examen critique, troveremo almeno in qual ordine di tempo vissero gli eroi più antichi di quelli che presero parte attiva nella guerra di Troia. E a far questo ci aiuteranno diverse celebri imprese a cui intervennero quasi tutti gli Eroi contemporanei, che i Mitologi ed i Poeti si son dati cura di rammentare : tali sono la caccia del cinghiale di Caledonia, la spedizione degli Argonauti, la guerra di Tebe o dei 7 Prodi, e finalmente la guerra di Troia.
Alcuni fanno derivare la voce Charistia dal greco charisma (dono) ; Ovidio dall’aggettivo chari : « Proxima cognati dixere Charistia chari, « Et venit ad socias turba propinqua dapes. » Nel mese di Marzo celebravasi la festa degli Ancili. […] Quei sacerdoti eran chiamati Salii dal saltar che facevano processionalmente ; e l’inno che essi cantavano essendo stato composto ai tempi di Numa, era divenuto inintelligibile a loro stessi : solo dall’esservi più volte ripetuta la parola Mamurio si credè che quel vocabolo fosse il nome dell’artefice degli undici ancili, poichè dicevasi per tradizione che egli null’altro premio avesse richiesto dell’ opra sua che di esser rammentato nell’inno saliare. […] V. asserisce nel suo libro intitolato Satyricon che Summanus significa Summus Manium, il primo degli Dei Mani, e perciò il Dio Plutone. […] Zandonella in un suo articolo inserito nell’Ateneo di Firenze del 15 febbraio 1874, esaminando il nome Monsummano « applicato a borgo e monte nel Veneto e nella Val di Nievole » mentre non approva « l’etimologia di Monsummano da Sommo Mane (il Plutone dei Pagani) che fu adottata dal Proposto Gori e poi dal Tigri nella descrizione di Pistoia e suo territorio, » e invece riconosce giusta la conclusione del Preller, non nasconde per altro che le notizie date dal dotto autore tedesco non discordano punto da quelle, più erudite del Giornale Arcadico stampato in Roma nel 1820, cioè mezzo secolo prima degli scritti del Preller. — Avvertimento agli ammiratori di tutto ciò che è straniero, e non curanti o dispregiatori di ciò che è nostro.
Per altro si è creduto e si crede generalmente che sotto la forma delle più strane invenzioni miracolose si nascondessero elevati principii scientifici, noti soltanto ai sacerdoti e ai loro adepti o iniziati ; e finchè prevalse lo spirito di casta, ossia di preeminenza e predominio dell’una classe sociale sull’altra, furono censurati, od anche perseguitati, a guisa degli eretici del Medio Evo, coloro che osassero spiegare al popolo la dottrina segreta. […] Tal genere di faticosa erudizione, consistente nel decifrare gli enigmi degli antichi, va in oggi a poco a poco cedendo il campo allo studio dei problemi che sulla Cosmogonia si propongono di risolvere le scienze fisiche, e principalmente l’astronomia e la geologia, coi dati offerti dalla natura stessa e dai naturali fenomeni. […] Nel sistema storico, e secondo il principio cattolico, le antiche favole mitologiche sono avanzi di tradizioni religiose e sociali tramandate da tempi migliori, e per la degenerazione degli uomini contraffatte.
Il feticismo però non prevalse nella religione dei Greci e dei Romani, ma sì di altri popoli o più antichi o più rozzi, e fu proprio più specialmente degli Egiziani, come abbiamo altrove accennato. […] Non vi si parla di stragi e di morti, perchè gli Dei degli Antichi, come le Fate del medio evo25) non potevano morire. Vi manca soltanto la ribellione degli oppressi ; e questá verrà sotto il regno di Giove, e sarà mirabile e tremenda, « Di poema degnissima e di storia. » 21.
Per dare anche a questa un qualche ufficio fu inventato che presiedesse al fuoco, il quarto degli elementi del Caos ; e siccome il fuoco nulla produce, fu detto che Vesta minore non prese marito e fu Dea della castità. […] Assuefatte perciò sin da bambine ad una vita così dignitosa, splendida e principesca non deve recar maraviglia che ben poche vi rinunziassero in più matura età, e che fosse stimato di cattivo augurio il sottoporsi o alla patria potestà degli agnati, o alla perpetua tutela e al predominio di un marito quanto si voglia illustre e discreto. Ignare o immemori degli usi di famiglia, difficilmente potevano adattarvisi e non rimpiangere l’impareggiabil condizione di vita a cui avevano rinununziato.
Sebbene i Mitologi la considerino un’impresa secondaria (ed è tale se riguardisi soltanto lo scopo di uccidere una belva feroce), e perciò ne parlino soltanto incidentalmente, è per altro di somma importanza per la cronologia degli Eroi, dimostrando essa che furon contemporanei coloro che vi presero parte. […] Accorsero all’invito i più distinti eroi che vivessero in quel tempo : alcuni dei quali divennero anche più celebri in appresso per altre più importanti e mirabili imprese, come Giasone che fu poi duce degli Argonauti, Teseo vincitore del Minotauro, Piritoo suo fidissimo amico, Castore e Polluce gemelli affettuosissimi, che poi divennero la costellazione dei Gemini, l’indovino Anfiarao che fu uno dei sette prodi alla guerra di Tebe, Nestore ancora nella sua prima gioventù, Peleo che fu poi padre di Achille, Telamone padre di Aiace e Laerte di Ulisse ; dei quali tutti dovremo parlare anche in appresso. […] Ciò dispiacque ai suoi zii, mal tollerando che una donna con tal distintivo di onore potesse vantarsi di essere stata più valente degli uomini ; e volevano toglierle quell’insigne trofeo62.
XVI La dea Latona Parlando del Caos, dissero i mitologi che i 4 elementi di cui esso era composto si divisero ; e divisi che furono, il fuoco, come più leggiero degli altri tre, salì più in alto e venne a formare il Sole, la Luna e le Stelle. […] I geologi poi, collo studio degli strati del nostro globo e delle materie componenti i diversi terreni, sanno dire non solo l’origine delle montagne, ma perfino l’età, ossia l’epoca geologica in cui esse si sollevarono. […] » Anche l’arte greca s’impadronì di questo tragico soggetto ; e se ne conservano nella Galleria degli Uffizi di Firenze le statue attribuite a Scòpa, le quali rappresentano Niobe e la sua famiglia colpita dalla celeste vendetta104).
Ovidio nel libro iii dei Fasti annovera le diverse arti e professioni che celebravano le feste di Minerva ; ed oltre i collegi dei poeti, dei medici, dei pittori e degli scultori rammenta anche quelli dei calzolai, dei tintori e degli smacchiatori. […] Palladio in greco è un diminutivo del nome Pallade, e perciò verrebbe a significare piccola Pallade, o piccola statua di Pallade. — Secondo la superstiziosa credenza degli Antichi si usa figuratamente la parola Palladio in senso di protezione, difesa, salvezza ; e si applica principalmente a quelle politiche istituzioni che servono a mantenere la libertà, e che perciò diconsi il palladio della libertà.
« Dodici, sei d’un sesso e sei dell’altro, « Gli nacquer figli in casa ; ed ei congiunse « Per nodo marital suore e fratelli, « Che avean degli anni il più bel fior sul volto. […] Di Borea dicono che rapì la Ninfa Orizia figlia di Eretteo re di Atene, e n’ebbe 2 figli chiamati Calai e Zete, di cui dovremo parlare nella spedizione degli Argonauti. […] A noi basterà di conoscere in qual quadrante, (come dicono in oggi nelle tavole meteorologiche), ossia dentro quale degli angoli retti formato dai punti cardinali spirassero quei loro Venti intermedii.
Dovendosi ora parlare de’suoi ufficii speciali diremo che, considerata come la Luna, immaginarono i mitologi che essa sotto la forma di una avvenente e giovane Dea percorresse le vie del Cielo in un carro d’argento o d’avorio tirato da 2 o 4 cavalli bianchi ; ma non seppero inventare alcuna graziosa favola sulle fasi lunari ; e in quanto alle ecclissi lasciarono correre la volgare e grossolana opinione che l’oscurazione di questo astro dipendesse dagl’incantesimi degli stregoni, i quali colle loro magiche parole avessero tanta potenza da trarre la Luna dal Cielo in Terra per farla servire alle loro male arti. […] Sappiamo infatti che anticamente nel tempo delle ecclissi lunari i popoli della Tessaglia facevano alti rumori con stromenti ed utensili di metallo per liberar di travaglio la Luna, credendo così d’impedire che essa sentisse le magiche parole degli stregoni ; che un esercito perdè la battaglia fuggendo spaventato per un’ecclisse di Sole che avvenne in quel tempo ; che anche i selvaggi dell’America nei primi tempi della scoperta del nuovo Mondo credettero che Colombo colle sue preghiere potesse far sì che si oscurasse e rasserenasse la faccia della Luna. […] Quindi alcuni mitologi e poeti preferirono di sostituire ad Ecate la Dea Proserpina moglie di Plutone e regina dell’Inferno ; e lo stesso Dante seguì tale opinione ; poichè nel farsi predire da Farinata degli Uberti (nel C. x dell’Inferno) il suo esilio, e indicarne l’epoca fra circa 50 mesi lunari, esprime queste idee con frasi mitologiche nel modo seguente : « Ma non cinquanta volte fia raccesa « La faccia della Donna che qui regge « Che tu saprai quanto quell’arte pesa ; » ove apparisce manifestamente che l’ufficio di Proserpina e non di Ecate è accomunato da Dante con quel della Luna144.
Il Lete poi aveva il suo corso fra i due dipartimenti del Tartaro e degli Elisii, e le sue acque piacevoli a beversi producevano l’oblio del passato e perfino della propria esistenza ; e queste davansi a bevere a quelle anime, che, secondo la dottrina della Metempsicosi di cui parleremo in appresso, dovevano ritornare nel mondo a dar vita a nuovi corpi. […] In fatti Omero pone le regioni delle anime degli estinti nel paese dei Cimmerii, popoli antichi i quali abitavano sulle rive settentrionali del Ponto Eusino (ora Mar Nero) e della Palude Meotide (ora Mar d’Azof). […] Questa curiosità d’investigare l’interna struttura e material composizione del globo terrestre, divenuta potente sull’animo degli scienziati, li condusse passo passo, di osservazione in osservazione, di raziocinio in raziocinio a creare recentemente una nuova scienza, la Geologia, che comprende la Geogonia, cioè la storia dell’origine della Terra e la Geognosia, vale a dire la scienza della struttura interiore della solida crosta del nostro globo238.
Ed ecco l’origine e la causa della Gigantomachia ; la qual guerra è cantata dai poeti preferibilmente alla Titanomachia, perchè parve agli Antichi che in quella il miglior diritto fosse degli Dei che rimasero vincitori, mentre in questa era più veramente dei Titani che furono vinti. […] Perciò Giovenale parlando del feticismo degli Egiziani, dice di loro ironicamente : « O sanctas gentes, quibus hæc nascuntur in hortis « Numina. » 76. […] Finalmente contiensi solfo in uno stato di particolare combinazione nelle sostanze proteiche di provenienza di ambedue i regni organici ; e fra i prodotti che son propri degli animali si distinguono, quanto alla proporzione dello solfo, i peli, i capelli ed altre materie cornee. » — Cosi risponderebbe tutto in un fiato quel chimico ; e a chi volesse sapere ancora come si fa a liberare, ossia ad estrarre lo zolfo dalle sue molteplici combinazioni, soggiungerebbe : La spiegazione è troppo lunga ; e se volete saperla, studiate la chimica, e vi troverete più maraviglie e metamorfosi, visibili e palpabili, che in tutte quante le Mitologie dei poeti e degl’ideologi le fantastiche e immaginabili.
L’Oceano fu dunque considerato come il più antico degli Dei marini, perchè era il mare stesso, come Urano il più antico degli Dei celesti, perchè era lo stesso Cielo. […] Proteo conosceva qualunque segreto degli Dei e ciò che fosse utile o dannoso ai mortali, ma per rivelarlo ad essi bisognava che vi fosse costretto : così la materia contiene in sè tutti i segreti della Natura, ossia le leggi che regolano il mondo fisico, ma non le rivela, se non costretta.
Ma spenta con Marco Bruto la libertà e perduta affatto anche l’ombra di essa sotto Tiberio, le apoteosi degli Imperatori e delle Imperatrici non furono altro che solennità comandate dal Principe e servilmente festeggiate dal popolo, come abbiam detto di sopra ; e nel frasario stesso degl’Imperanti l’esser trasformati in Dei significava morire. […] Quando le fiamme giungevano all’ultimo piano, vedevasi volar via da quello un’aquila, e dicevasi che l’augel di Giove portava in Cielo e nel consesso degli Dei l’anima dell’Imperatore.
I Naturalisti hanno dato il nome di Chimera a un genere di pesci, notabili per la forma mostruosa della loro testa, e che son classati come appartenenti alla famiglia degli Storioni. […] Ne esiste una di bronzo fuso nella Galleria degli Uffizi ; ma è dichiarata opera etrusca e dall’avere incisi sulla zampa destra etruschi caratteri, e perchè fu trovata presso Arezzo.
Quindi, benchè d’ora in avanti s’inaridisse per qualche secolo (e non sarebbe un gran danno) la vena poetica degli italiani, o si abolisse (come fu inutilmente tentato un mezzo secolo indietro),. l’uso della Mitologia nei futuri poetici componimenti, resteranno pur sempre necessarie le cognizioni mitologiche per bene intendere il linguaggio poetico di quei sommi, « che non saranno senza fama, « Se l’universo pria non si dissolve. » La Divina Commedia principalmente, che sin dai primi anni della ricuperata indipendenza dagli stranieri, è divenuta il libro nazionale degl’Italiani, esige tra le altre infinite cognizioni anche quelle della Mitologia. […] La cognizione di questi simboli è necessaria a qualunque italiano desideri accostarsi « ……….. ove più versi « Di sue dolcezze il lusinghier Parnaso. » Quanto poi alle idee mitologiche dei classici greci e latini riporto nel testo, per chi non conosce le lingue dotte, gli opportuni esempi tratti dalle migliori traduzioni italiane, e registro in nota alcune più speciali citazioni di erudizione linguistica e letteraria a maggiore utilità degli scolari dei ginnasii.
Il nome più antico è attribuito dal poeta al linguaggio degli Dei, e il più moderno a quello degli uomini.
XXXIV Il Dio Pane Prima di parlar dell’etimologia del nome di questo Dio e degli ufficii di lui, credo opportuno di presentarne il ritratto. […] Ma la spiegazione che soglion dare delle diverse parti della figura del Dio Pane, e più specialmente delle corna, dei velli e degli zoccoli caprini, non solo i Mitologi quanto ancora il celebre filosofo Inglese, potrà sembrare ai dì nostri piuttosto uno sforzo d’immaginazione, che una indubitabile interpretazione, poichè dicono sul serio che le corna significano i raggi del Sole e la Luna crescente, i velli gli alberi e i virgulti del nostro suolo, e i solidi zoccoli caprini la stabilità della Terra.
Con tutti questi diversi emblemi s’intende facilmente che sta a simboleggiare il Tempo ; e secondariamente si vuol considerarlo come uno degli Dei dell’agricoltura, perchè la falce può significare egualmente che il tempo atterra ossia distrugge tutte le cose ; e indicare pur anco la principale operazione della mietitura. […] Conoscevano dunque i Romani gli usi e le pratiche religiose degli Ebrei.