Perciò i Greci, che nelle loro celebri guerre contro lo straniero invasore opraron molto co senno e con la mano, e vinsero aiutando l’eroico valore colla strategia e cogli strattagemmi di guerra, preferivano il culto di Minerva a quello di Marte ; e lasciarono che lo adorassero, devotamente i Traci, i quali, come dice Orazio, avevano il barbaro costume di terminar con risse e pugne anche i conviti. […] Rappresentavasi Marte tutto armato, e con aspetto fiero ; ma talvolta anche nudo ; specialmente nelle statue di marmo e di bronzo (chè il nudo è il campo della statuaria), però sempre almeno coll’elmo in testa e coll’asta nella destra. […] Al Dio Marte fu dedicato il martedì, del qual giorno conservasi ancora lo stesso nome nelle lingue affini alla latina. […] Era comunissimo il dire (e trovasi anche scritto nelle epistole di Cicerone) bellum est, per significare è cosa utile e gioconda. […] « E falso che Attila rovinasse Firenze, non avendo mai passato l’Appennino ; ma forse Totila re dei Goti fu quegli che molto la guastò nelle guerre che ebbe a sostenere contro i generali di Giustiniano.
Anche a tempo di Cicerone, com’egli racconta nelle sue epistole familiari, esisteva sotto quel colle un antro consacrato da Evandro al Dio Pane. […] Son celebri nella storia romana i Lupercali dell’anno 710 di Roma, poichè in quel giorno offrì Marc’Antonio il regio diadema a Cesare che lo ricusò ; e Cicerone rammenta questo fatto più volte nelle sue opere, e specialmente nelle filippiche contro lo stesso Marc’Antonio. […] Ma perchè questo improvviso e mal fondato timore debba chiamarsi pànico, ossia prodotto dal Dio Pane, anzichè Plutonico, o diabolico, o altrimenti, cerca di spiegarlo la Mitologia ; la quale, dopo avere asserito che il Dio Pane soggiornando nelle solitudini più selvagge e piene di sacro orrore, spaventa da quelle colla sua terribil voce i passeggieri, vi aggiunge, quali prove di fatto, diversi aneddoti riferiti nelle antiche storie, come per esempio, che il Dio Pane al tempo della battaglia di Maratona parlasse a Fidippide Ateniese, e gli suggerisse il modo di spaventare i Persiani ; che la voce di questo Dio, uscita dalle sotterranee caverne del tempio di Delfo, atterrisse e mettesse in fuga i Galli che volevano saccheggiare quel ricchissimo tempio, ecc. […] Anche Cicerone nelle sue Opere usa almeno due volte, per quanto mi ricordi, l’aggettivo pànico riferito a timore o romore, ma lo scrive con lettere greche, perchè greca è l’origine di questo aggettivo al pari del nome Pan da cui deriva, e perchè quel celeberrimo oratore lo credeva un neologismo che non avesse ancora acquistato la cittadinanza romana. È però usato nelle lingue moderne comunemente, e parlando e scrivendo, e trovasi anche registrato nei vocabolarii non solo italiani, ma altresì in quelli francesi, inglesi e spagnuoli : anzi gl’Inglesi l’usano assolutamente come nome.
Fu costretto a lasciarli nelle campagne, le quali perciò divennero infruttuose. […] Le di lui braccia si trovarono intricate nelle maniche, perchè di queste n’erano chiuse le aperture. […] Così fecero, e quantità di serve bellissime li introdusse nelle stanze di Circe. […] Sulla fronte porta scritto l’estate e l’inverna : la che significa, che l’amicizia si mantiene eguale e nelle prospere e nelle avverse vicende. […] Colla destra tiene alquante carte da giuoco, nelle quali fissa attentamente gli occhi.
Benchè Plutone avesse il titolo di re delle regioni infernali non spiegava alcun potere sulle anime dei buoni, nè troviamo che andasse mai a visitare i Campi Elisii, o invitasse alla sua reggia alcuno dei più illustri eroi che vi soggiornavano ; e sui malvagi aveva un ufficio simile a quello del soprastante delle carceri o delle galere ; nè poteva diminuirne o aggravarne le pene, che giudici di diritto e di fatto, da lui indipendenti, nelle loro sentenze avevano assegnate ai dannati. […] I pittori fanno a gara coi poeti a rappresentarle orribili nell’ aspetto, nelle vesti, nei distintivi : faccia minacciosa, occhi furibondi, chioma di serpenti, ali di vispistrello ; nell’una mano aveano la face fiammeggiante e nell’altra un mazzo di serpenti per avventarli a morsicare i colpevoli. […] Lo stesso Virgilio ci narra che nelle regioni sotterranee vi son due porte da cui escono i sogni per venire sulla Terra ; la prima è di corno da cui escono i sogni veri, e la seconda di avorio, e n’escono i sogni falsi : della quale invenzione non è facile intendere il significato. Generalmente qualunque poeta in questa vastissima regione immaginaria crede di avere scoperto qualche cosa di nuovo, e non la nasconde al lettore ; ed anche i pittori si sbizzarriscono a rappresentare il Sonno ed i Sogni secondo la loro fantasia ; e lo stesso Vasari, ne ragiona ex-cathedra nelle sue Vite. […] Talvolta nelle poesie italiane si trova usato il nome di Plutone, secondo i più antichi mitologi.
Questa Dea ha dunque due bellissimi nomi nelle lingue dotte, ed inoltre il più alto rango fra le Dee, essendo essa sorella e moglie di Giove92). […] Accennata l’indole di questa Dea, diciamo come si rappresenta nelle pitture e nelle sculture. […] Giunone non potendo risuscitarlo (tanta potenza non avevano gli Dei pagani), si contentò di trasformarlo in pavone, serbandogli nelle penne l’immagine e il ricordo de’suoi cento occhi, e lo prescelse per l’animale a lei sacro. […] Gli Egiziani perciò adoravan gli Dei sotto la figura di quelle bestie nelle quali credevano che questi si fossero trasformati. […] Di forme corporee ed in figura umana raramente trovasi Iride dipinta o sculta, e non è mai rappresentata nelle statue, ma soltanto nei vasi ed in alcuni bassi rilievi, come una snella ed aerea giovanetta alata, e talvolta avente in mano un’Idria, quasi ad indicare l’erronea idea degli Antichi che Iride somministrasse l’acqua alle nubi.
La Mitologia è molto incerta su tal questione, e non la decise mai dommaticamente : lasciò correre diverse opinioni, tra le quali accenneremo per ora quella soltanto che è la più semplice e sbrigativa, e che prima delle altre espone Ovidio nelle Metamorfosi, vale a dire che quel Dio stesso che dal Caos formò l’universo creasse l’uomo di divin seme 26, appellando così principalmente all’anima umana, e facendola di origine divina. […] È facile il riconoscere nelle pitture e nelle sculture l’immagine di questo Dio. […] Facevasi vacanza anche negli uffizi pubblici e nelle scuole, e si mandavano regali chiamati in latino strenœ, ond’è derivato in italiano il vocabolo strenne e l’uso di mandarle o di darle agli ultimi o ai primi dell’anno. […] Il Pignotti nella favola Il Giudice e i Pescatori dice scherzevolmente : « Ci narrano i Poeti, « Che allorquando mancò l’età dell’oro « As’ rea fuggì dalle mortali soglie, « Ma nel fuggir le caddero le spoglie ; « E si dice che sieno « Quelle vesti formali « Che adornano i Legali, « Che nelle Rote, ovver nei Parlamenti « Prendono il nome illustre « D’auditori, avvocati e presidenti. » Il seguito però e la conclusione o morale della favola dimostrano che l’abito non fa il monaco. […] Eccone le precise parole : « De quærenda, de collocanda pecunia, etiam de utenda, commodius a quibusdam optimis viris ad medium Janum sedentibus quam ab ullis philosophis ulla in schola disputatur. » — E Orazio ripete ironicamente la massima che s’insegnava nei Giani, ossia nelle Borse d’allora : « O cives, cives, quærenda pecunia primum : « Virtus post nummos : Hæc Janus summus ab imo « Perdocet. » (Lib.
Con questo concetto e sotto questo punto di vista furono introdotti i Satiri nelle Belle-Arti, quando cioè si volle rappresentare qualche cosa di giocoso e di bizzarro. […] I poeti italiani hanno introdotto i Satiri anche nelle Favole pastorali, ossia in quelle drammatiche rappresentazioni, i cui personaggi erano antichi pastori mitologici. […] Tale è l’antica statua di Sileno col piccolo Bacco nelle braccia, che trovasi nella villa Pinciana, e di cui una copia in bronzo esiste nel primo vestibolo della Galleria degli Uffizi in Firenze ; e come vedesi pure nel quadro dei Baccanali di Rubens, che è parimente nella stessa Galleria. […] Virgilio nelle Georgiche invoca Silvano tra le divinità protettrici delle campagne, e accenna che per distintivo portava in mano un piccolo cipresso divelto dalle radici17. […] Anticamente, e molto prima della fondazione di Roma, la festa di questa Dea celebravasi soltanto nelle campagne dai pastori e dagli agricoltori, per implorare la protezione di essa ; ed oltre le usate libazioni e le offerte di sacre focacce e di latte accendevansi fuochi di paglia, a traverso le cui vivide fiamme saltavano quei villici, credendo con tal atto di espiare le loro colpe.
Inoltre è notabile che questa credenza nei Genii o negli spiriti, come poi si chiamarono nelle lingue nordiche, si diffuse più che altrove tra gli antichi Germani ; e che non si fosse del tutto dileguata a tempo del Goethe ce ne dà prova egli stesso colla sua quanto mirabile altrettanto fantastica invenzione del Fausto. E il nostro volgo, specialmente nelle campagne, non crede forse tuttora negli Spiriti e nel potere degli stregoni e fattucchieri che tengono il demonio per loro iddio ? […] Perciò Dante oltre al chiamarli Demonii e Diavoli, li chiama ancora angeli neri, come nel Canto xxiii dell’ Inferno : « Senza costringer degli angeli neri, « Che vengan d’esto fondo a dipartirci. » Nelle Belle Arti spesso i Genii dei Pagani furono rappresentati in figura d’imberbi giovanetti colle ali come Cupido, e allora potrebbero facilmente confondersi cogli Angeli dei Cristiani ; ma per altro hanno quasi sempre qualche distintivo, perchè per lo più tengono nelle mani la patera o il cornucopia. […] Questa parola Genio ebbe un gran credito e un grande uso nella lingua latina279), e lo ha tuttora nelle lingue affini e derivate, e specialmente nella italiana ; anzi in queste riceve sempre nuove applicazioni, ossia va sempre acquistando nuovi significati. […] Angelo, secondo la greca etimologia, significa messaggiero o nunzio ; la quale etimologia ed interpretazione è rammentata e adottata anche nelle opere di Sant’Agostino e di San Girolamo.
Alcuni naturalisti (specialmente fra gl’Inglesi) danno ancora il nome di Sirene ai cetacei erbivori, detti comunemente Lamentini (Manatus), che formano la transizione fra le balene e le foche, e la cui forma, nelle parti superiori del corpo, si discosta meno di quella degli altri cetacei dalla figura umana, mentre poi vanno a finire in una coda orizzontale, come una gran parte dei pesci227. […] E quantunque i poeti che scrissero dopo le prime spedizioni dei Baschi alla pesca delle Balene, e dopo la scoperta dell’ America dovessero saperne molto più degli Antichi, continuarono non ostante ad imitare le loro fantasticherie e a gareggiare con loro nelle invenzioni e nelle descrizioni di immaginarii mostri marini. […] « Così chi nelle mine il ferro adopra, « La terra, ovunque si fa via, sospende, « Che subita ruina non lo cuopra, « Mentre mal cauto al suo lavoro intende. […] Dopo questa arditissima e veramente omerica invenzione, ornata di tante belle similitudini, di bene adattate idee classiche e mitologiche e di tutto lo splendor dello stile ariostesco, chi potrà legger pazientemente nel Ricciardetto la secentistica e plebea descrizione di « Una balena larga dieci miglia « E lunga trenta,……… » avente nelle interne cavità delle sue viscere terreni arborati e seminativi, un ampio lago ed un mercato di grano con gente che compra e vende, e inoltre una chiesa con le campane che suonano a festa, un convento di frati cappuccini ed altre simili stravaganze ? […] I naturalisti la distinguono col nome di Balœna Mysticetus ; ed è la Balena detta della Groenlandia, perchè si trova nelle acque del mare che circonda quell’isola.
Tali favole o miracolose supposizioni di cui son piene tutte le antiche istorie, specialmente nelle loro origini, non esclusa quella di Roma, furon dette con greco vocabolo miti ; quindi Mitologia significa etimologicamente racconto dei miti, ossia delle favole delle antiche religioni dei Politeisti o Idolatri. […] Possono perciò riuscire utili soltanto a chi è valente nelle lingue greca e latina. […] Considerando poi che le Arti Belle non hanno mai cessato da tremila anni, neppur dopo la caduta della religione pagana, di rappresentare in tavole e in tele, in bronzi e in marmi le più poetiche e leggiadre personificazioni delle idee mitologiche ; e che di tal genere trovansi antichi e moderni capi d’opera di scultura e di pittura, non solo nelle pubbliche gallerie e nei palagi dei maggiorenti, ma pur anco nelle piazze e nelle strade, non in Roma soltanto, ma per tutta Italia, la cognizione della Mitologia si rende necessaria non solo ai cultori delle Arti Belle, ma altresì a chiunque non ami di apparir rozzo ed insensibile al bello artistico, che tanti stranieri richiama dalle più lontane regioni in Italia ad ammirarlo.
L’antichissima invenzione dell’ obolo da pagarsi a Caronte fu bonariamente creduta una indubitabile verità nei secoli più rozzi ; e perciò nelle funebri cerimonie ponevasi una piccola moneta di tal nome nella bocca degli estinti258. […] La pena generale per tutti i dannati al Tartaro era quella di esser tormentati dalle Furie e gettati nelle flamme del Flegetonte ; e le pene speciali si riferiscono soltanto a pochi, cioè a Issione, a Sisifo, a Tantalo, a Tizio gigante, a Flegia, a Salmoneo e alle Belidi o Danaidi. […] Orazio assomigliava a Tantalo gli avari266) ; ma le loro privazioni sono spontanee e non forzate come quelle di Tantalo ; perciò più vero e confacente sarebbe l’assomigliarvi i miserabili, i quali, vedendo nelle taberne e nei mercati una vera dovizia di cibi squisiti, non posson comprar nemmeno i più vili per saziar la fame che li tormenta. […] La rammentano però i poeti posteriori, e principalmente Ovidio nelle Metamorfosi e nelle epistole ; come pure altri poeti del secolo di Augusto270. […] Essi in fatti nelle dispute non adducevano altra ragione che l’Ipse dixit, cioè le parole del loro maestro : ipse autem erat Pythagoras, come dice Cicerone.
Del nome di Venere che le fu dato dai Latini, ed è divenuto tanto comune nelle lingue affini, Cicerone dà questa etimologia e significazione : Venus, quia venit ad omnia, perchè cioè la bellezza s’avviene in tutte le cose184. Il Monti ancor giovanissimo intuonò un Cantico adorno di graziose immagini e forme poetiche alla Bellezza dell’Universo, ove, con amplificazione per enumerazion delle parti, fa la rassegna delle più grandi bellezzè che son da ammirarsi nelle opere della creazione ; ed Ugo Foscolo ha detto : « Venere simboleggia la Bellezza dell’ Universo. » Da Venere, considerata come Dea della bellezza, son derivate le parole venustà ed avvenenza 185. Il nome di Dionèa dato a Venere perchè creduta figlia di Dione è comunissimo nelle lingue dotte, ma poco nell’italiana. […] Perciò Ugo Foscolo nel suo Carme sui Sepolcri parlando del Petrarca, che nelle sue poesie per Madonna Laura aveva sempre adoperato un linguaggio casto e verecondo, lo encomia meritamente e lo chiama con bella perifrasi « …….quel dolce di Calliope labbro « Che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma, « D’un velo candidissimo adornando, « Rendea nel grembo a Venere celeste. » Infatti gli antichi mitologi di più sana mente avean dovuto immaginare un’altra Venere che presiedesse all’Amor puro e casto, e la chiamaron Venere Urania, ossia Celeste, come accenna Ugo Foscolo. […] Di Enea figlio di Venere e di Anchise dovremo parlare a lungo nella celebre guerra dei Greci contro la città di Troia, e nelle origini mitologiche del popolo romano.
Cinque fiumi scorrevano nelle regioni infernali, cioè lo Stige, l’ Acheronte, il Cocìto, il Flegetonte e il Lete. […] Se poi si considerano i dati scientifici su cui si fondano i calcoli di centinaia di secoli che passarono dall’una all’altra epoca geologica prima che si compiessero le formazioni delle diverse rocce ; e si riflette filosoficamente che infinite specie di animali terrestri, aquatici ed amfibii, di forze e di forme « Maravigliose ad ogni cor securo, » furon cancellate dal libro dei viventi e fossilizzate dal tempo e dagli occulti agenti chimici sotterranei, avremo anche per la fantasia un campo molto più vasto di quello delle invenzioni mitologiche ; e riconosceremo che la mente dell’uomo non sa immaginare neppur la millesima parte delle maraviglie che la scienza tuttodì va scuoprendo nelle operazioni e nelle leggi della Natura. […] Alcuni mitologi e poeti antichi hanno detto che i Campi Elisii, non erano nel seno della terra, ma nelle Isole Fortunate, che ora si chiamano Le Canarie ; ma gli Antichi dovevan conoscerle soltanto di nome e non averle vedute che da lontano, poichè credevano che vi abitassero le anime dei Beati. […] v ; e asserisce che la terra di quelle isole produceva tutto come nell’età dell’oro, senza bisogno di esser coltivata : « Nos manet Oceanus circumvagus : arva, beata « Petamus arva, divites et insulas, « Reddit ubi cererem tellus inarata quotannis « Ét imputata floret usque vinea ; « Mella cavâ manant ex ilice, etc. » e seguita questa enumerazione per una ventina di versi, conchiudendo : « Jupiter illa piæ secrevit littora genti, « Ut inquinavit ære tempus aureum ; — « Ære, dehinc ferro duravit secula : quorum « Piis secunda, vate me, datur fuga. » Questa descrizione di Orazio potrebbe considerarsi come una amplificazione del passo di Esiodo nelle Opere : « Eroi felici, che disgombro il core « D’affanni, in riva all’Ocean profondo « Soggiorno fan nell’Isole beate, « Ove fecondo il suol tre volte l’anno « Dolci dispensa saporite frutta. » Ma anche Plutarco nella Vita di Sertorio dice, che « perfino i Barbari stessi tengon ferma credenza esser ivi il Campo Elisio e quell’abitazione de’beati decantata da Omero. » 236.
È un termine rammentato frequentemente nel Commercio, nelle Arti, in Astronomia, in Fisica, in Chimica e perfino in Medicina o materia medica. […] Poichè egli era l’interprete e il messaggiero degli Dei, supposero che fosse ancora il Dio dell’eloquenza e della persuasione, qualità indispensabili in un esimio ambasciatore : e dall’esser egli il Dio della mercatura e del commercio, nelle quali occupazioni si commettevano anticamente molte frodi per fare illeciti e subiti guadagni, dedussero che egli fosse pure anco il Dio dei ladri. […] Anzi lo pregavano apertamente a favorirli nei loro inganni e nelle loro ruberie. […] Il significato di questo mito s’intende facilmente ; indica cioè che l’onestà degli uomini si mette alla prova col denaro ; e la conclusione o morale della favola è questa : chi, nelle cose illecite, per lucro favorisce, per lucro tradisce. […] Per altro questo modo di dire è incluso nelle regole di quel traslato che chiamasi metonimia.
Se gli storici pongono Argo fra le più antiche città della Grecia, trovano la conferma della loro asserzione nelle tradizioni preistoriche della Mitologia, poichè abbiamo già veduto nel N. […] Cresceva Perseo e si dimostrava degno figlio di Giove per valore e per senno, talchè Polidette cominciò a temere che potesse detronizzarlo : quindi per dargli occupazione e allontanarlo dalla sua reggia lo eccitò, coll’allettamento della gloria che ne acquisterebbe, ad una impresa stranissima e pericolosissima da eseguirsi nelle isoleGorgadi, situate nell’Oceano Atlantico presso il promontorio che tuttora dicesi Capo verde ; le quali perciò sembra che debbano corrispondere alle isole dette ora di Capo verde. […] « Aurum per medios ire satellites « Et perrumpere amat saxa potentius « Ictu fulmineo : concidit auguris « Argivi domus ob lucrum « Demersa exitio, diffidit urbium « Portas vir Macedo et subruit æmulos « Reges muneribus ; munera navium « Sævos illaqueant duces. » Di Danae e della pioggia d’ oro parlano ancora e Pindaro nella 12ª delle Odi Pitie e Ovidio nelle Elegie e nelle Metamorfosi, e inoltre più e diversi poeti italiani. […] « Volando talor s’alza nelle stelle « E poi quasi talor la terra rade ; « E ne porta con lui tutte le belle « Donne che trova per quelle contrade : « Talmente che le misere donzelle « Ch’abbino o aver si credano beltade, « (Come affatto costui tutte le invole), « Non escon fuor sì che le veggia il Sole.
Come Dio della Poesia rappresentavasi Apollo con una corona di lauro, pianta a lui sacra ; e come Dio della Musica, con una cetra nelle mani, in atto di trarne suoni ; e generalmente questi due simboli si trovano riuniti nelle sue immagini sculte o dipinte, perchè le due arti sorelle non andavano anticamente disgiunte, come abbiam detto. […] Per altro Ugo Foscolo ne ha intredotto, nel suo Carme I Sepolcri, uno dei più rari a trovarsi anche nelle lingue dotte, quello cioè di Pimplèe, dato alle Muse, perchè talvolta soggiornavano sul monte Pimpla, o presso la omonima fonte in Macedonia sui confini della Tessaglia. […] Il Poliziano nelle sue celebri ottave, conosciute sotto il nome di Stanze, rammenta questa metamorfosi descrivendo secondo la Mitologia il girasole : « In bianca veste con purpureo lembo, « Si gira Clizia pallidetta al Sole. » Un’altra metamorfosi basata sulla somiglianza del nome fu opera di Apollo. […] Da questa frase è composto l’equivalente verbo vaticinari, colla mutazione comunissima nelle lingue della lettera f nella v.
Secondo Omero, l’Oceano ha il suo palazzo nelle acque del mare agli estremi confini delle Terra, e questo palazzo, secondo altri poeti, è d’oro. […] I nomi di ambedue queste Divinità (Nettuno e Amfitrite) significano per metonimia il mare, nelle lingue greca e latina ; ma nell’italiana si preferisce il nome di Nettuno. […] Forse i Tritoni avran saputo trame più dolci suoni ; ma, comunque ciò fosse, questo strumento è il distintivo per cui riconosconsi i Tritoni stessi nelle opere d’arte. […] Trovasi chiamata scientificamente Tritone anche la salamandra aquatica ; e Tritoniani furon detti da alcuni geologi quei terreni che sono stati formati nelle acque marine, o anticamente o modernamente. Turbe infinite di Ninfe o Divinità inferiori popolavano ed abbellivano, nella fantasia dei poeti, le onde del mare ; e ce le dipingono come vaghe e snelle giovinette con lunghe chiome (per lo più verdi)219), sciolte sulle spalle e grondanti acqua, perchè per lo più queste Ninfe nuotano nelle onde e tra i flutti come le folaghe procellarie ; tal’altra cavalcano un pesce e fanno una regata di nuovo genere che niun mortale vide giammai ; e spesso sono accompagnate dai Tritoni che fanno lazzi e salti, e suonano la tromba marina per divertirle.
. ; e lasciando libero il freno alla immaginazione videro Divinità da per tutto, nei monti, nei fiumi, nelle fonti, nelle selve e perfino nelle piante, come col microscopio si vedono da per tutto brulicar gl’insetti e gl’infusorii. Sappiamo poi dagli scrittori ecclesiastici dei primi secoli del Cristianesimo (i quali studiavano con gran premura ed attenzione la Mitologia per dimostrare le assurdità della religione degl’Idolatri)1, molte particolarità che non si trovano altrove, perchè le trassero da quei libri dei Pagani2, che posteriormente furon perduti o distrutti nelle successive invasioni dei Barbari.
Pochi altri termini mitologici son tanto famigerati e comuni nelle lingue moderne, e specialmente nella italiana, quanto quello di Chimera, nel significato però di cosa insussistente, inverisimile, impossibile ; e così dicasi dell’aggettivo chimerico che ne deriva55. […] Quindi è che anco nelle Belle Arti è raro il trovar dipinta o sculta la figura della Chimera. […] Troviamo anche nella Bibbia un fatto simile, dove si parla delle lettere che il re David consegnò ad Uria marito di Betsabea pel suo generale Gioabbo ; nelle quali la supposta promozione di questo bravo ufficiale consisteva nel doverlo esporre sulle prime file contro i nemici, perchè vi perisse, come avvenne di fatto. […] Anche i poeti latini, quando volevano significare che una cosa era impossibile o incredibile, o almeno che essi la stimavano tale, dicevano : « Crederò prima che esista la Chimera. » Cosi, per esempio, Ovidio nelle Elegie : « …..
Il nome latino è conservato senza alterazione ortografica nelle moderne lingue francese e inglese, mentre in italiano lo traduciamo per Giove, prendendo questa voce, come generalmente suol farsi da noi in tutti gli altri nomi latini, dall’ablativo (Jove). […] Ammone significa arenoso, e Giove ebbe questo titolo perchè nelle arene della Libia comparve sotto la forma di ariete a Bacco, assetato e smarrito nel deserto, e gl’indicò in un’ oasi vicina una fontana per dissetarsi. […] M. non solo nelle iscrizioni dei documenti storici delle chiese e di altre fabbriche addette al culto, ma pur anco ne’ monumenti e nelle epigrafi delle sepolture.
Questo fatto mitologico, per quanto strano, trovò anche un pittore che lo ritraesse e disegnatori e incisori che lo riportassaro nelle stampe o incisioni. […] La tradizione del diluvio universale è dunque non soltanto biblica, ma pur anco mitologica, ossia affermata nelle diverse e più opposte religioni e credenze ; e vi si aggiunge la moderna scienza geologica a dimostrarne la verità anche agli scettici, o universali dubitatori. […] Le roccie acquee sono stratificate, e questi strati vennero a formarsi dai sedimenti delle materie contenute in dissoluzione nelle acque ; si dicono perciò ancora sedimentarie, e vi si aggiunge talvolta l’appellativo di fossilifere, perchè contengono fossili, ossia corpi o frazioni di animali e di vegetabili travolti e seppelliti nella terra per forza di successivi cataclismi. Trovansi infatti nell’interno del nostro globo strati di arena, di creta e di marmo che contengono conchiglie e frantumi di vegetabili ; e se ne deduce razionalmente che questi strati doveron formarsi sott’acqua nel modo stesso che vediamo accadere anche oggidì nel fondo dei laghi e nelle inondazioni dei fiumi. — Così una scienza che due secoli indietro non esisteva neppur di nome, e non supponevasi nemmeno che potesse esistere, ha fatto e va tuttodì facendo i più mirabili progressi, e risolve i più ardui problemi dei tempi preistorici, non già interpetrando le più o meno antiche tradizioni, le più o meno veridiche cronache o istorie, ma studiando i materiali stessi del nostro globo travolti e seppelliti da migliaia e milioni di anni per le forze irresistibili della Natura negli strati sottoposti a quello sul quale abitiamo.
LXVI Osservazioni generali sulle Apoteosi Quei Mitologi che presero l’assunto di spiegare i miti della Religione Pagana per mezzo di antichi fatti istorici e di incerte tradizioni, si trovaron costretti di aggiungere nelle loro opere una parte che trattasse dell’Apoteòsi delle Virtù e dei Vizii. […] Il Giust i nelle sue poesie estende la parola apoteosi a significare i monumenti sepolcrali posti nelle chiese e nei chiostri dalle famiglie private alla postuma boria dei loro parenti : « Largo ai pettegoli « Nani pomposi « Che si scialacquano « L’Apoteosi.
In quanto ai Lari, che questi fossero Dei familiari o domestici non può insorger questione, poichè li consideran tali tutti i Mitologi ed i poeti latini e pur anco gl’ Italiani : lo stesso Ugo Foscolo, peritissimo nelle lingue dotte e per conseguenza anche nella Mitologia, li chiama nel suo Carme I Sepolcri, come abbiamo veduto altrove, i domestici Lari. Sappiamo poi che nelle case dei più ricchi politeisti romani v’era il Larario, ossia la cappella dei Lari ; e nelle altre, almeno un tabernacolo colle statue o immagini di questi Dei, le quali spesso ponevansi ancora dentro certe nicchie nei focolari, parola questa che alcuni etimologisti notano come composta colla voce Lari 38.
Questa triplice distinzione richiama al pensiero l’ipotesi dei geologi e degli astronomi moderni sull’origine della Terra, che cioè essendo essa in principio una massa di materia incandescente, o in fusione ignea, non era atta alla produzione e conservazione dei vegetabili e degli animali ; che in appresso, in centinaia di secoli, a poco a poco raffreddandosi aveva formato la solida crosta del globo terrestre con tutti i diversi suoi strati ; e gradatamente prodotto tutti gli oggetti dei tre regni della Natura nelle diverse e successive epoche geologiche. […] Alcuni autori la chiamano ancora Cibebe, e fanno derivar questo nome da cubo, ossia dado, che è la più salda e stabile figura geometrica, essendo uguale nelle tre dimensioni di lunghezza, larghezza e profondità ; e venendosi perciò a significare la creduta stabilità o immobilità della Terra, a cui presiedeva Cibele. […] Cicerone nelle sue opere filosofiche aggiunge un’altra notabile rassomiglianza, che essi avevano coi nostri frati mendicanti, perchè asserisce che i Galli della madre degli Dei erano i soli sacerdoti a cui fosse lasciata per pochi giorni la facoltà di far la questua ; ma non ne dice il perchè, non vedendo forse una buona ragione di questo eccezional privilegio, e, a quanto pare dal contesto delle sue parole, disapprovandolo45.
E in questo stesso significato si usa nelle scienze anche oggidì, per non star sempre a rammentare il nome di Dio : e non solo nelle scienze fisiche, ma pur anco nelle scienze morali, come per esempio, dove si tratta del diritto naturale.
I figli di questo sono stipite dei quattro popoli principali della Grecia, e ne scacciano i Pelasgi che riparano nelle isole e nell’Italia. […] Emigrazioni di colonie greche nelle più lontane parti d’Europa, d’Asia e d’Affrica. […] Epimenide filosofo, chiamato dall’isola di Creta ad Atene, riforma la religione, abolisce molte costumanze barbare, precede Solone (anni 594) nelle riforme sociali.
Quindi i Misterii Eleusini, cioè i riti arcani che si celebravano nelle feste di Cerere in Eleusi. […] Per questa ragione Virgilio nelle Georgiche loda l’ Italia come gran madre, ossia prima produttrice, delle biade (magna parens frugum)51. Cerere ebbe da Giove una figlia chiamata Proserpina in latino e in italiano, Persephone in greco, che rappresenta una splendida parte nelle vicende e negli attributi di sua madre.
L’altro figlio Vulcano insieme coi Ciclopi si affaticava a fabbricargli in gran copia i fulmini nelle sue sotterranee fucine, e l’aquila glieli portava. […] I chimici poi che riconoscono coll’analisi l’esistenza del solfo nativo nei terreni vulcanici, specialmente in Sicilia e nella solfatara presso Pozzuoli nelle vicinanze di Napoli, troveranno, nella espressione dantesca di nascente solfo, indicata l’elaborazione e la fabbrica naturale di quello zolfo che essi, alludendo alla stessa origine, chiamano nativo 80). […] Finalmente contiensi solfo in uno stato di particolare combinazione nelle sostanze proteiche di provenienza di ambedue i regni organici ; e fra i prodotti che son propri degli animali si distinguono, quanto alla proporzione dello solfo, i peli, i capelli ed altre materie cornee. » — Cosi risponderebbe tutto in un fiato quel chimico ; e a chi volesse sapere ancora come si fa a liberare, ossia ad estrarre lo zolfo dalle sue molteplici combinazioni, soggiungerebbe : La spiegazione è troppo lunga ; e se volete saperla, studiate la chimica, e vi troverete più maraviglie e metamorfosi, visibili e palpabili, che in tutte quante le Mitologie dei poeti e degl’ideologi le fantastiche e immaginabili.
Convien qui rammentare il grido di allegrezza e di evviva a Bacco, che ripetevasi frequentemente nelle feste di lui ; ed era la greca voce Evoe, che in latino s’interpreta Euge fili ! […] Nella Tribuna della Galleria degli Uffizi in Firenze v’è il famoso Fauno di greca scultura, in atto di suonare il crotalo che ha nelle mani. — In Zoologia si dà il nome di crotalo al serpente a sonagli. […] Il termine di vipistrello usato da Dante sembra preferibile agli altri due vipistrello e pipistrello, perchè è più simile al latino vespertilio, di cui ci dà l’etimologia Ovidio nelle Metamorfosi, dicendo che questi animali notturni : « ……….. tenent a vespere nomen. » 206.
« Nel 1838 fu pubblicata a Parigi la quinta edizione del Corso di Mitologia dei signori Noël e Chapsal, che è stato sempre favorevolmente accolto dal pubblico, e che riesce molto utile nelle scuole. […] È noto che molta dell’ antica sapienza civile e politica è riposta nelle spesso oscure e per noi strane allegorie della favola ; ma l’esporla non sarebbe argomento da libro elementare, nè studio adattato all’età de’ nostri lettori.
La confusione del Caos immaginato dagli antichi ingenerò confusione anche nelle loro menti circa l’origine del mondo e l’esistenza degli Dei. […] Sotto questo punto di vista nelle lingue moderne affini della latina, e specialmente nella italiana, furono accolti e adottati dai nostri poeti i miti dei Greci e dei Romani, non però tutti alla rinfusa e senza discriminazione, ma quelli soltanto o principalmente, che presentavano una più evidente, o almeno probabile spiegazione dei fenomeni fisici o morali.
Urano dopo aver ceduto il regno ai figli non interloquì nelle vertenze dei medesimi e dei nipoti, nè si occupò di affari di Stato. […] Anche il nome di Vesta fu attribuito al 4° piccolo pianeta o asteroide scoperto da Olbers nel marzo del 1807 : ma poichè il segno simbolico che nelle carte uranografiche rappresenta questo pianeta è un’ara sormontata da viva fiamma, convien dedurne che gli astronomi abbiano inteso di rappresentar Vesta giovane, Dea del fuoco, anzi che Vesta Prisca moglie di Urano.
Raccontano i Mitologi ed i poeti, e più estesamente di tutti Ovidio nelle Metamorfosi, che quando nacque Meleagro, le Parche comparvero nella stanza ove Altea partorì, e, gettato nel fuoco un ramo d’albero, dissero : « tanto vivrai, o neonato, quanto durerà questo legno ; » e subito dopo disparvero63. […] » E Virgilio a lui : « Se t’ammentassi come Meleagro « Si consumò al consumar d’un tizzo « Non fora, disse, questo a te sì agro. » Ma accorgendosi Virgilio che con questo esempio pretendeva di spiegare un mistero con un altro mistero, citò ancora un fenomeno fisico : « E se pensassi come al vostro guizzo « Guizza dentro allo specchio vostra image, « Ciò che par duro ti parrebbe vizzo. » E per quanto anche il poeta Stazio, a richiesta di Virgilio, gli desse bellissime spiegazioni scientifiche sulla generazione dell’uomo, sull’unione dell’anima col corpo e lo stato di essa dopo la morte, nulladimeno non sembra che Dante rimanesse tanto convinto quanto altra volta che Virgilio gli disse : « A sofferir tormenti e caldi e geli « Simili corpi la Virtù dispone « Che come sia non vuol che a noi si sveli. » E così con esempii mitologici, cattolici e scientifici viene a far conoscere che spesso s’incontrano nelle umane cognizioni misteri inesplicabili.
. — Felice chi potè conoscer le cause delle cose 84), diceva Virgilio ; e in oggi spingendosi le scienze sempre più arditamente e con prospero successo a far mirabili conquiste nelle regioni del vero, posson chiamarsi invidiabilmente felici i sapienti cultori di quelle ! […] È poi molto notabile e filosofica l’interpretazione di Bacone da Verulamio che Pandora, unita in matrimonio coll’improvvido Epimeteo, significhi la voluttà e il mal costume che spasso derivano dalla raffinatezza delle arti e dal lusso nelle anime spensierate ed improvvide : dal che nascono tutti i mali che rovinano gli uomini e gli Stati85).
La voce Eroi, divenuta tanto comune in verso e in prosa non solo nelle lingue dotte, ma pur anco nella italiana e nelle altre lingue affini, è di origine greca ; ed i filologi antichi, incominciando da Servio commentator di Virgilio, ne danno tre diverse etimologie,45deducendole da tre diverse accezioni in cui trovasi usata quella voce, cioè di Semidei, di Dei Indigeti, e di uomini divenuti illustri o per dignità o per imprese di sovrumano valore.
Le Ninfe oltre ad esser giovani e belle, erano anche generalmente buone e cortesi ; e perciò tanto nelle lingue antiche quanto nelle moderne, e specialmente nella nostra, questo termine di Ninfa, anche nel senso traslato, cioè non mitologico, ha sempre un significato favorevole.
Omero ci racconta che il fiume Xanto (chiamato altrimenti lo Scamandro 31, nel tempo della guerra di Troia vedendo le stragi che Achille faceva dei Troiani, congiurò col Simoenta, suo fratello, di annegar quell’Eroe nelle loro acque ; ed avrebbe ottenuto l’intento, se non accorreva Vulcano con una gran fiamma a vaporizzarle. […] Virgilio che nelle sue Egloghe imitò Teocrito’ Siracusano, (e lo dice egli stesso al principio dell’ Egloga 6ª in questi due versi : « Prima Syracosio dignata est ludere versu « Nostra, nec erubuit silvas habitare, Thalia), » invoca nel 1° verso della famosissima Egloga 4ª le Muse Siciliane : « Sicelides Musœ, paulo majora canamus ; » e nell’ultima Egloga la Ninfa Aretusa, perchè Dea siciliana : « Extremum hunc Arethusa, mihi concede laborem. » 30.
E Minerva non solo è una Dea ingegnosa, come la chiama Ovidio, ma è pur anco la protettrice degl’ingegni, l’ispiratrice delle invenzioni nelle arti e nelle scienze168.
Era giorno solenne e lieto, come lo chiama Ovidio, non però tutto festivo, ma, come ora direbbesi, di mezza festa, e allora dicevasi intercisus o endotercisus, perchè dopo i riti solenni religiosi e civili ciascuno attendeva al proprio ufficio, o professione nelle altre ore del giorno. […] Bellona, il cui nome è di origine tutta romana, derivando da bellum cioè dalla guerra, era creduta sorella del Dio Marte ed auriga del medesimo nelle battaglie, quando egli combatteva dal suo carro.
Se ne trovano generalmente nelle acque dolci e stagnanti, e in maggiore abbondanza nelle vicinanze di, Parigi, in Svizzera e in molte parti d’Italia.
Egli che visse sino all’anno 119 dell’èra cristiana e si mantenne pagano, e registrò nelle sue opere tutti i più strani ed assurdi miracoli del Politeismo, non seppe conoscere la vera causa della decadenza della religione pagana, e le diede, forse senza avvedersene, un colpo mortale, ammettendo la morte di alcuni Dèmoni o Genii ; poichè questa asserzione implicava la possibilità che morissero tutti gli altri ; e inoltre il creder negli Dei e il supporre che non fossero immortali era una contradizione, la negazione della loro stessa divinità, e perciò del culto religioso che ne dipendeva. […] Cicerone che l’analizza filosoficamete nelle Tusculane, chiama il Nosce te precetto di Apollo, ed aggiunge che essendo di tal sublimità da parer superiore all’ingegno umano, fu perciò attribuito a un Dio290).
Questa favola di Fetonte è descritta e celebrata da molti poeti e principalmente da Ovidio nelle Metamorfosi ; e lo stesso Dante trova il modo di parlarne più volte nella Divina Commedia. […] Consentì per altro che fosse trasportato in Cielo e divenisse un Dio, che i popoli molto volentieri adoravano e a cui raccomandavansi nelle loro infermità.
Ma a volere che sia parte proficua della storia dell’umano incivilimento, e che vada immune da qualsivoglia rischio d’ingenerare [ILLISIBLE]nelle menti inesperte dei giovani, è mestieri che la ce[ILLISIBLE]ità dell’idolatria e del politeismo sia posta a confronto della Verità Divina del Cristianesimo, e che sia fatto conoscere il passaggio dalla civiltà antica basata su falsi fondamenti, alla civiltà nuova sostenuta dall’ opera della Redenzione.
Il che ora io vo tentando di fare col presente Manifesto ; e confido che gl’illustri Direttori e gli egregi Insegnanti che hanno favorevolmente accolti e adottati nelle loro Scuole gli altri miei libri, vorranno accogliere e proporre ai loro scolari ed ai loro amici la soscrizione a questa Mitologia ; la quale spero che possa esser utile non solo agli scolari, ma ancora ad ogni colta persona, poichè voile il Tommasèo che cosi fosse detto nel titolo della medesima.
La più evidente interpretazione dei miti abbiamo veduto esser quella di considerare le Divinità del Gentilesimo come altrettante personificazioni o deificazioni dei fenomeni fisici e delle passioni degli uomini, e perfino delle idee non solo concrete, ma anche astratte, come noteremo più specialmente nelle seguenti parti di questa Mitologia.
Così nelle vicende mitologiche di Saturno troviamo rappresentate, e quasi storicamente narrate come avvengono tra gli uomini, la maggior parte delle vicende politiche di un regno, cioè successione per abdicazione del padre, patti di famiglia, violazione dei medesimi, guerre, detronizzazioni, prigionie, congiure ed esilio.
Da questo significato legale è derivato in italiano l’aggettivo gentilizio ; come abbiamo nelle locuzioni : stemmi gentilizii, titoli gentilizii ecc.
Tutte le volte che uscivano in pubblico erano precedute da sei littori come i magistrati curuli, inferiori soltanto ai consoli : assistevano ai pubblici spettacoli fra i senatori nell’orchestra, che era il primo gradino dell’anfiteatro e del circo : la loro parola valeva come un giuramento, e la fiducia di cui godevano era tanto grande, e talmente sicura l’inviolabilità del loro soggiorno, che nelle loro mani si depositavano i testamenti e gli atti di molta importanza e segretezza non solo dai privati, ma anche dai magistrati della Repubblica e dai principi stessi dell’ Impero.
Questa facoltà poetica di rappresentare con descrizioni o con immagini sculte o dipinte qualunque virtù, qualunque vizio, qualunque idea astratta non è già spenta negli uomini dei nostri tempi ; anzi vedesi sempre rinnuovata non solo nelle moderne poesie, ma pur anco nei monumenti ove le Virtù civili e militari, ed anche le religiose, sono rappresentate per mezzo di figure umane accompagnate da oggetti simbolici che ne suggeriscono il significato ed il nome, senza bisogno di scriverlo sulla base delle medesime o in qualche parte delle loro vesti o dei loro ornamenti.
Non v’è termine nelle lingue moderne europee, che più di questo di Fato o Destino sia comune e frequente sulle labbra stesse del volgo ; e tutti l’usano nello stesso senso di legge suprema inevitabile.
E poi, in quanto al Politeismo dei Romani, aggiungendovisi le tradizioni che l’Arcade Evandro, creduto figlio della Dea Carmenta, venuto nel Lazio prima di Enea, avea fondata la città di Fenèo su quel monte che dal nome di suo figlio Pallante fu detto il Palatino, sarà necessario ammettere che egli avesse introdotto il politeismo greco nel luogo stesso che in appresso fu il centro della nuova città di Romolo : tanto è vero che anche a tempo di Cicerone, com’egli afferma nelle sue lettere, esisteva nel monte Palatino l’antro consacrato da Evandro al culto del Dio Luperco, vale a dire del Dio Pane.