Oppressi amendue dal sonno, si coricarono sopra due letti separati. […] Dopo l’uscita dal Regno di Plutone s’avviò verso le spiaggie di Gaeta. […] Lo spazio da corrersi cominciava dal fume Clade sino all’Istmo di Corinto. […] Tutti erano molestati estremamente dal caldo e dalla sete. […] Il Cervo è tale, che allettaro dal suono del flauto, facilmente si lascia prendere dal cacciatore.
Inoltre la parola Oracolo significa talvolta lo stesso che responso, e tal’altra il luogo sacro in cui si rendevano i responsi : e questa differenza di significato facilmente s’intende dal contesto delle diverse frasi. […] Il più antico di tutti gli Oracoli della Grecia, secondo Erodoto, fu quello di Giove in Dodona città dell’Epiro ; e i responsi si deducevano per interpretazione o divinazione in tre modi : 1° dal movimento impresso dal vento alle foglie delle quercie consacrate a Giove ; 2° dal romore dei bacini di bronzo sospesi a contatto fra loro, e ciecamente o a caso percossi ; 3° dal mormorio delle acque di una sacra fontana, modi affatto primitivi e d’immaginaria interpretazione. […] Cominciarono dunque a screditarsi gli Oracoli il quarto secolo avanti l’èra cristiana, come intendiamo dal sommo Orator della Grecia, e il discredito andò sempre crescendo molto prima della introduzione del Cristianesimo, come sappiamo dal sommo Orator romano e dal più insigne degli ultimi repubblicani dell’antica Roma. Che mi va dunque fantasticando Plutarco nel suo trattato sulla Deficienza degli Oracoli coll’attribuire alla morte di alcuni Dèmoni o Genii che vi presiedevano la cessazione di alcuni oracoli, che derivò soltanto dal discredito in cui eran caduti ? […] Quel che di Orfeo dice Orazio nella Poetica è applicabile a tutti i fondatori delle antiche religioni ; dal che deducesi che il governo teocratico fu il primo governo regolare e il primo cemento della civil società288).
Non vi essendo dunque la notizia di tal merito, come si potrà difendere la giustizia d’un simil odio, la quale si dee provare non dall’odiare, ma dal sapere perchè si deve odiare ? […] Dicono però costoro : Non è buona cosa, perchè questa setta molti tira al suo partito, mentre quanti sono gli scellerati, quanti quelli che dal retto sentiero traviano ! […] La natura ogni opera biasimevole fa che sia accompagnata dal timore e dal rossore di chi la commette. […] Perciocchè dal martirio sono cancellati tutti i delitti. […] Le altre imposte ringraziano i Cristiani per la fedeltà con cui sono pagate puntualmente, essendo noi lontani dal defraudare quel d’altrui.
È narrato anche nella Storia Romana il miracolo dell’ancile caduto dal Cielo a tempo di Numa. […] Il buon popolo di Numa non solo vide co’suoi propri occhi il miracolo, ma udì anche una voce dal Cielo che prometteva ai Romani la maggior potenza finchè avessero conservato quello scudo. E Numa ne fece costruire altri undici, non solo simili, ma tanto uguali che neppur l’artefice seppe in appresso distinguere qual fosse quello caduto dal Cielo. […] XXXIII che di molti Dei si conoscono le attribuzioni dal significato stesso del loro nome ; e tra gli altri abbiamo rammentato il Dio Robigo. […] Bellona, il cui nome è di origine tutta romana, derivando da bellum cioè dalla guerra, era creduta sorella del Dio Marte ed auriga del medesimo nelle battaglie, quando egli combatteva dal suo carro.
Ma qualunque fosse l’origine dell’uomo, secondo i diversi mitologi, convenivano però tutti nell’asserire, che quando Saturno fu esiliato dal Cielo era già la specie umana sparsa in diverse regioni del mondo, e che nel territorio ove ora è Roma esisteva un regno, di cui la capitale era sul monte Gianicolo. Raccontano dunque i poeti che l’esule Saturno, dopo essere andato errando per l’orbe terrestre, venne per nave sul Tevere29), e fu accolto ospitalmente dal re Giano ; che il territorio di quel regno in memoria di Saturno fu da prima chiamato terra Saturnia, e poi Lazio, termine che derivando dal verbo latino latère significa nascondiglio, perchè vi si era nascosto, ossia rifugiato, quel Dio30. […] Nel tempo che Saturno si trattenne nel Lazio insegnò a quei rozzi e semplici popoli a seminar le biade, primo fondamento dell’agricoltura ; e il nome stesso di Saturno si fa derivare dal latino Satum, cioè dal seminare 34. […] La Grecia non ha alcun Dio pari a questo, asserisce Ovidio nei Fasti, ed anche Cicerone e Macrobio fanno derivare dal latino anzi che dal greco il nome di Giano (quasi Eanus ab eundo, cioè dall’andare). […] In quel tempio v’eran dodici altari, indicanti i dodici mesi dell’anno romano ; il primo dei quali fu detto gennaio dal nome e in onore di Giano, considerato come portinaio del Cielo e dell’anno.
La famiglia dei Titani privata del trono, prima per frode, e poi per forza 69, esiliata dal Cielo ed oppressa, tenta di riacquistar colla forza ciò che colla forza erale stato tolto70. […] Il caso più strano di questa guerra si fu che tutti gli Dei, non che le Dee, ebbero una gran paura dei Giganti, e la massima parte fuggirono vilmente dal Cielo ; e per celarsi meglio e non esser riconosciuti, invece di travestirsi da plebei come fanno i principi fuggiaschi del nostro globo, si trasformarono in bestie ed alcuni anche in piante, e si ricovrarono quasi tutti in Egitto. […] Così troviamo nel Canto xii : « Vedeva Briareo, fitto dal tèlo « Celestïal, giacer dall’altra parte, « Grave alla terra per lo mortal gelo. […] Infatti Virgilio, che Dante scelse per suo maestro 78), e. che egli chiama il mar di tutto il senno, dovendo come poeta pagano raccontar questa favola, le fa precedere una dottissima e splendida descrizione delle eruzioni del monte Etna, così egregiamente tradotta dal Caro : « ….. […] Per questa ragione io cito nel presente libro più esempii di Dante che di altri poeti italiani ; e giacchè ho rammentato nel testo la venerazione dell’ Alfieri per Dante, riporterò qui i primi versi del suo sonetto che egli fece a Ravenna nel visitare il sepolero del divino poeta, da lui invocato come una divinità : « O gran padre Alighier, se dal ciel miri « Me tuo discepol non indegno starmi, « Dal cor traendo profondi sospiri, « Prostrato innanzi a’ tuoi funerei marmi, « Piacciati deh !
Questa noiosa monotonia dell’altra vita anche negli Elisii, come la descrivevano gli Antichi, fu un poco interrotta colla invenzione della Metempsicòsi, immaginata dal filosofo Pitagora253. […] « Quinci l’uman legnaggio, i bruti, i pesci, « E ciò che vola, e ciò che serpe, han vita, « E dal foco e dal ciel vigore e seme « Traggon, se non se quanto il pondo e ’l gelo « De’ gravi corpi, e le caduche membra « Le fan terrene e tarde. […] Tutti gli Dei inorriditi si astennero dal mangiarne, ad eccezione di Cerere, che afflitta per la perdita di Proserpina, non si accorse di quella abominevole imbandigione, e mangiò una spalla di Pelope. […] « Da queste due, se tu ti rechi a mente « Lo Genesi dal principio, conviene « Prender sua vita ed avanzar la gente. […] Panteismo è voce derivata dal greco pan (tutto) e teos (Dio.)
Si chiamava Mulciber (a mulcendo ferro) dall’ammollire il ferro ; e perciò potrebbe tradursi a parola il fonditore ; ma il vero fonditore è il fuoco, e non l’artefice che fa le forme e vi versa il metallo fuso e liquefatto dal fuoco. Gli si dava anche il titolo di Lemnio, derivato dall’isola di Lemno, dove cadde dal Cielo e fu amorevolmente raccolto e venerato qual Dio. […] Così distinguevano ancora il fuoco celeste dal fuoco terrestre : a quello facean presieder Vesta, e a questo Vulcano. […] Dal nome dei Ciclopi son derivate alcune denominazioni in Archeologia e in Zoologia. […] Automa è voce composta di due parole greche che significano spontaneo movimento, o come direbbesi anche più precisamente con vocabolo derivato dal latino : semovente.
Egli dice che « ……………… quando « Il Tempo colle sue fredde ali vi spazza « Fra le rovine (dei sepolcri), le Pimplèe fan lieti « Di lor canto i deserti e l’armonia « Vince di mille secoli il silenzio. » Più comuni e perciò più generalmente noti sono gli appellativi delle Muse, derivati dai monti Elicona, Pindo e Parnasso, dal bosco Castalio, dal fiume Permèsso e dalla fontana Ippocrene, luoghi da loro frequentati. […] Pireneo acciecato dal furore, pretendendo di inseguirle anche per aria, precipitò da quell’altezza e rimase morto nella sottoposta piazza. […] Giove lo punì esiliandolo dal Cielo per cento anni. […] Egli cangiò in cipresso il giovane Ciparisso, perchè questo pastorello suo amico era morto dal dispiacere di avere ucciso, non volendo, un cervo suo prediletto. […] Da Musa stimano derivata la parola Musica ; e i poeti latini chiamavano le Muse Comœnæ (quasi Canenœ, per quanto affermano Varrone, Festo e Macrobio) a canendo, dal cantare.
« Io volsi Ulisse dal suo cammin vago « Al canto mio ; e qual meco s’aùsa « Rado sen parte, sì tutto l’appago. » Con questi detti della Sirena, il poeta ce la rappresenta come l’immagine del vizio che alletta « Col venen dolce che piacendo ancide. […] Perciò supposero che fossero animali carnivori che divorassero gli uomini e tanto più volentieri le donne ; e credettero che talvolta uscisser dal mare, e sulle terre vicine facessero stragi e devastazioni. […] « Come si può, poi che son dentro al muro « Giunti i nimici, ben difender rocca, « Così difender l’Orcá si potea « Dal paladin che nella gola avea. « Dal dolor vinta, or sopra il mar si lancia, « E mostra i fianchi e le scagliose schiene ; « Or dentro vi s’attuffa, e con la pancia « Muove dal fondo e fa salir l’arene. […] E vero del pari che la Balena : « Dal dolor vinta, or sopra il mar si lancia « E mostra i fianchi e le scagliose schiene ; « Or dentro vi si attuffa, e con la pancia « Muove dal fondo, e fa salir l’arene « Con mille guizzi e mille strane ruote. » E vero altresì che dal rampone e dalla fune « ………. scior non se ne puote ; » e che finalmente, esaurite le forze, muore la Balena « E pel travaglio e per l’avuta pena. » 234.
In italiano poi dal nome di Bacco è derivata la parola baccano che significa rumore strepitoso e selvaggio di gente che sembra impazzata. […] Gli altri nomi eran questi : Lenèo, Tionèo, Jacco, Bromio, Bassareo, Evio, tutti derivati dal greco, e molto in uso anche nei poeti latini, e qualcuno di questi, benchè più raramente, nei poeti italiani. […] Finsero che Bacco nei suoi viaggi di proselitismo enologico avesse trovato nell’isola di Naxo Arianna figlia di Minos re di Creta, abbandonata dal perfido Teseo che a lei doveva la sua salvezza dal labirinto e dal Minotauro. […] Avendo questo re lietamente e sontuosamente accolto in ospizio Bacco con tutto il suo corteo, gli fu data in premio dal Nume la facoltà di scegliere un dono di suo piacere. […] Si noti però che la vite non ama neppure l’eccesso del caldo ; e i limiti naturali fra cui prospera sono dal 30° al 50° di latitudine.
Acrisio prese allora un’altra mezza misura : fece chiuder la madre e il figlio in una cassa di legno e gettarli nel mare ; ma e figlio e madre illesi, dopo varii pericoli che poco importa il descrivere, furon trasportati con tutta la cassa nell’isola di Serifo (una delle Cicladi nel mare Egeo), e ospitalmente accolti dal re Polidette. […] Proseguendo ora il racconto mitologico delle gesta di Perseo, è da dirsi prima di tutto che dal sangue sgorgato dal teschio di Medusa nacquero molti orribili serpenti, e dal tronco o busto di essa uscì l’alato caval Pegaso, che servì poi sempre di cavalcatura a Perseo. […] La produzione dei serpenti dal sangue della testa anguicrinita di Medusa è meno difficile a spiegarsi che quella del caval Pegaso nato dal corpo di essa. […] Le feste per le nozze di Perseo con Andromeda furono disturbate negli ultimi giorni da una improvvisa invasione delle truppe del re Fineo, a cui Andromeda era stata promessa in isposa, ma che però non si era mosso per liberarla dal mostro marino, e quindi avea perduto qualunque titolo ad ottenerla. […] Dipoi volle Perseo tornar colla sposa a riveder sua madre Danae ; e nel passare dalla Mauritania gli fu negata l’ospitalità dal re Atlante ; il quale avea saputo dall’Oracolo, che per quanto egli fosse di statura e di forza gigantesca, dovea tutto temere da un figlio di Giove.
Quando i Titani furono spodestati da Giove ed espulsi dal cielo, andarono profughi sulla terra ; e la loro stirpe crebbe e si moltiplicò. […] Prometeo col favore di quegli Dei che eran più amanti e protettori dell’ingegno e delle arti, rapì dal Cielo, o come altri dicono, dal carro del Sole, una divina scintilla di fuoco, e con essa animò le sue statue, e le fece divenire uomini viventi e parlanti. […] Un uguale effetto deriva ancora talvolta per la prolungata agitazione del vento, che confricando tra loro in una selva selvaggia diversi rami degli alberi, produce estesissimi e spaventevoli incendii ; ed anche il fulmine (che credevasi venir dal Cielo e dalla mano stessa di Giove) comunica il fuoco alle materie combustibili che trovansi sulla Terra. […] È poi molto notabile e filosofica l’interpretazione di Bacone da Verulamio che Pandora, unita in matrimonio coll’improvvido Epimeteo, significhi la voluttà e il mal costume che spasso derivano dalla raffinatezza delle arti e dal lusso nelle anime spensierate ed improvvide : dal che nascono tutti i mali che rovinano gli uomini e gli Stati85). […] Peggio poi che bestiale non che disumana fu la condotta di questo Dio nel precipitar dal Cielo in Terra con un calcio Vulcano figlio suo e di Giunone, non per altro motivo se non perchè gli parve brutto e deforme : per la qual caduta il misero Vulcano ebbe di più la disgrazia di rimaner perpetuamante zoppo, e di esser perciò il ludibrio di quelle stravaganti Divinità del Paganesimo, come vedremo a suo luogo.
Comincieremo dal notarne i diversi nomi e l’etimologia dei medesimi. Quello di Cibele è il più noto e comune : derivò dal nome di una città e di un monte omonimo nella Frigia, ove questa Dea fu prima che altrove adorata. […] Chiamavasi Opi dal nome latino Ops, Opis, che significa aiuto, soccorso, perchè la Terra colle sue produzioni soccorre ai bisogni dei mortali. […] La statua di Cibele venuta dall’Asia era una pietra informe che i Frigi credevano caduta miracolosamente dal Cielo (probabilmente una di quelle pietre meteoriche, dette ora aereoliti). […] Eran poi chiamati Dattili, perchè eran dieci come le dita ; dal greco termine dactilos che significa dito.
Ivi diede alla luce in un sol parto Apollo e Diana ; e questi Dei ebbero perciò il titolo di Delio e di Delia dall’isola in cui nacquero ; come pure il nome di Cinzio e di Cinzia dal monte Cinto dove furono allevati in quella stessa isola. Che Delo fosse stata nei tempi preistorici un’isola galleggiante fu detto la prima volta dal poeta Pindaro, il quale vi aggiunse ancora che Nettuno la rese stabile, perchè servisse di ricovero a Latona. […] Altri mitologi invece raccontano che l’isola di Delo fu sollevata da Nettuno con un colpo di tridente dal fondo del mare ; e questo racconto pure si può spiegare con un fatto geologico, che cioè per la forza del fuoco centrale del nostro globo si sollevano le montagne sulla terra e le isole dal fondo del mare. […] Per terminare in questo capitolo le generalità, o vogliam dire i fatti riferibili in comune ad Apollo e a Diana, aggiungerò che ambedue furono creduti abilissimi ed infallibili arcieri (derivandosi questa invenzione dal dardeggiar dei raggi del Sole e della luce riflessa della Luna), e si uniron talvolta con accordo fraterno a saettare i colpevoli, come nel famoso e lagrimevol caso di Niobe. […] Si chiamò col nome di selenio dal greco vocabolo selene (la Luna) per significare la sua rassomiglianza col Tellurio, altro corpo analogo, di cui dicemmo nel Capitolo della Dea Tellure.
Il nome di Cerere, secondo Cicerone, deriva dal verbo creo, che anticamente dicevasi cereo, e perciò dal creare, ossia dal produrre le biade50. […] L’adoravano ancora e le facevano splendidissime feste sotto il nome di Tesmòfora, cioè legislatrice, sapientemente considerando quel che anche oggidì ammettono tutti i pubblicisti e gli storici filosofi, che gli uomini solivaghi e nomadi, pescatori e cacciatori conduc endo una vita errante e senza dimora fissa, mal potevano assoggettarsi al consorzio sociale e vincolarsi con leggi ; e che solo allorquando per mezzo dell’agricoltura si fissarono su quei terreni che avevano coltivati, potè cominciare la civil società retta dal Governo e dalle leggi. […] Dante che ben volentieri riporta nella Divina Commedia anche le punizioni mitologiche dei delitti umani, e specialmente dell’empietà, non avrebbe trascurato di riferire anche questa, se contro i fanciulli insolenti e molesti non ne avesse trovata una più solenne e tremenda nella Bibbia, quella cioè dei fanciulli che per aver beffato il profeta Eliseo della sua calvizie, furono divorati dagli orsi ; e se ne valse per fare una perifrasi dei nome di quel profeta : « E qual colui che si vengiò55 con gli orsi « Vide ’l carro d’ Elia al dipartire, « Quando i cavalli al cielo erti levorsi, « Sì come nuvoletta, in su salire. » Un altro celebre miracolo mitologico attribuito a Cerere è rammentato da molti poeti, e dallo stesso Dante, e perfino dal Giusti ; ed è la punizione dell’empietà di Eresittone. […] In astronomia il nome di Cerere fu dato al primo degli asteroidi (pianeti telescopici situati fra Marte e Giove), scoperto dal Piazzi nel primo giorno del primo anno di questo secolo. […] Anche i pittori hanno trattato questo soggetto : basti il rammentare il bel quadro del Ratto di Proserpina, dipinto dal Turchi soprannominato L’ Orbetto.
Evandro aveva fissata la sua residenza su quel monte che egli chiamò Palatino dal nome di suo figlio Pallante, ed ove poi fu da Romolo fabbricata l’eterna città. […] Dai Romani ebbe questo Dio anche il nome di Luperco (ab arcendis lupis) dal tener lontani i lupi dal gregge ; e si celebravano le feste Lupercali, in onore cioè di Luperco, ossia del Dio Pane, nel mese di febbraio. […] Dal nome del Dio Pane è derivata l’espressione di timor pànico, che etimologicamenie significa timore ispirato o incusso dal Dio Pane ; e, nella comune accezione, timore che assale all’improvviso e non ha fondamento o causa razionale o evidente. […] Ma perchè questo improvviso e mal fondato timore debba chiamarsi pànico, ossia prodotto dal Dio Pane, anzichè Plutonico, o diabolico, o altrimenti, cerca di spiegarlo la Mitologia ; la quale, dopo avere asserito che il Dio Pane soggiornando nelle solitudini più selvagge e piene di sacro orrore, spaventa da quelle colla sua terribil voce i passeggieri, vi aggiunge, quali prove di fatto, diversi aneddoti riferiti nelle antiche storie, come per esempio, che il Dio Pane al tempo della battaglia di Maratona parlasse a Fidippide Ateniese, e gli suggerisse il modo di spaventare i Persiani ; che la voce di questo Dio, uscita dalle sotterranee caverne del tempio di Delfo, atterrisse e mettesse in fuga i Galli che volevano saccheggiare quel ricchissimo tempio, ecc. […] I Latini usarono lo stesso greco nome Pan, declinandolo anche alla greca col gen. in os e l’acc. in a, per distinguerlo dal loro vocabolo panis significante il cibo quotidiano pane.
XV Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera Il nome di Giunone ha la stessa etimologia di quello di Giove ; deriva cioè dal giovare (quod una cum Jove juvat, dicono i mitologi latini). […] La concordia coniugale era già rotta da gran tempo fra Giove e Giunone ; e Omero sin dal 1° libro dell’Iliade ce ne rende accorti in questi versi : « Acerbissimo Giove, e che dicesti ? […] Per liberarsi dal quale l’imbestiata e dolente Io fu costretta a gettarsi nel mare, che traversò a nuoto dalla Grecia all’Egitto, ove da quei feticisti egiziani che adoravano le bestie fu ricevuta e adorata come una Dea, e restituita poi da Giove nella primiera forma fu venerata sotto il nome di dea Iside. […] Perciò la dea Iride dal nome del padre è detta poeticamente Taumanzia ; e lo stesso Alighieri con frase mitologica chiama figlia di Taumante l’Iride, ossia l’arcobaleno, allorchè nel Purgatorio (C. […] Per quanto tutti i poeti antichi abbiano parlato magnificamente della dea Iride, descrittane la bellezza e chiamatala, come Virgilio96, fregio ed onore del cielo, eran per altro ben lungi dal conoscere le vere cause di questo splendido fenomeno.
Prima gli uomini adorarono le cose materiali create da Dio, come il sole dal quale riceviamo la benefica luce, e che feconda le campagne. […] Ma in effetto cotesti impostori erano segretamente governati nei loro presagi dal volere dei principi, dei legislatori o dei faziosi, secondo che ad essi premeva che il popolo fosse animato a sperare o a disperar d’una impresa. […] Tutti s’incoronavano di fiori ; celebravano giuochi, balli, banchetti, e si astenevano scrupolosamente dal proferir parole di cattivo augurio. […] Il nome di vittima era dato solamente agli oggetti vivi ed agli animali grossi ; quello di ostia agli animali di latte, e tanto alle eose animate ehe inanimate ; e l’olocausto era un sacrifizio nel quale la vittima veniva interamente consumata dal fuoco, senza che ne restasse alcuna parte per il banchetto dei sacerdoti o degli assistenti. […] O indovini, così chiamati da garritu avium, perchè principalmento dal canto degli uccelli traevano gli augurj.
E su queste illazioni inventarono subito una quantità di fatti mitologici, che, abbelliti dalla fantasia e dal linguaggio di sommi poeti, conviene almeno brevemente accennare. […] Ad Apollo piacque tanto questo stromento e tanto se ne invogliò che Mercurio suo fratello glie ne fece un regalo graditissimo. — I poeti non dimenticano veruna particolarità mitologica, e perciò Orazio chiama fraterna la lira di Apollo, perchè inventata e donatagli dal fratello159. […] Ebbero il nome di Mercurio sin dal 1672 alcuni giornali ed altre pubblicazioni a stampa, perchè furon considerati quei fogli come messaggieri veloci al par di Mercurio. […] E tutte queste denominazioni derivano dal nome di Mercurio, e trovano la loro spiegazione negli attributi di questo Dio. […] iv dell’Eneide i talari e la verga di Mercurio, la partenza e la velocità di esso dal Cielo in Terra.
Posson vedersi nella Galleria di Palazzo Pitti i Satiri di Tiziano nel suo quadro dei Baccanali ; nella Galleria degli Uffizi il Satirino che di nascosto pilucca l’uva a Bacco ebrio, gruppo di Michelangiolo, tanto lodato dal Vasari e dal Varchi13. […] I Naturalisti per altro sin dal tempo di Linneo pare che li considerassero più bestie che uomini, poichè usarono a guisa di nome collettivo la Fauna per indicare complessivamente tutti gli animali che vivono in una data regione, nel modo stesso che dicono la Flora per significare tutti i fiori che si trovano nella regione medesima. […] Gravissime pene eran minacciate anche dalle Leggi civili a chi rimuovesse il Dio Termine dal suo posto per estendere i proprii possessi a danno di quelli dei vicini. […] Il nome di Fauno si fece derivare dal verbo fari (parlare) e si interpretò canere fata ossia presagire : quindi si disse che Fauno rendeva gli oracoli, come riferisce anche Virgilio nel lib. 7° dell’Eneide. […] Gli antichi Mitologi facevan derivare il nome di Pale da palea cioè dalla paglia, e i moderni filologi tedeschi dal verbo pasco.
Cominciarono dunque dal divinizzare l’Oceano stesso come avevano divinizzato il Cielo sotto il nome di Urano, e la Terra sotto il nome di Vesta Prisca o di Cibele. […] Queste Ninfe, che eran qualche centinaio, hanno or l’uno or l’altro nome, cioè di Doridi derivato dalla madre, o di Nereidi dal padre ; ma il secondo è il più comunemente usato dai poeti, i quali annoverano fra le Nereidi la stessa Amfitrite moglie di Nettuno e la ninfa Teti madre di Achille. […] Dal colmo-della sventura sofferta per l’odio e le persecuzioni di Giunone (nemica acerrima di quella regia famiglia, perchè vi apparteneva Semele madre di Bacco amata da Giove), passarono ambedue all’apoteosi per compassione delle benigne Divinità marine. […] E come non bisognava stancarsi ad aspettare, se Proteo con una lunga serie di trasformazioni tardasse a riprender la sua prima figura, così conviene che gli studiosi non si stanchino dal proseguir lungamente le loro osservazioni ed esperienze, se voglionc scuoprire i segreti, ossia le leggi della Natura. […] Altri mitologi fanno derivare il nome di Nettuno dal greco niptein che significa lavare.
Fetonte fulminato cadde nel Po113), sulle rive del quale fu pianto e sepolto dalle sorelle dette Eliadi, cioè figlie del Sole ; le quali vinte dal dolore e dall’ afflizione furono trasformate in pioppi e le loro lagrime in ambra 114). […] Un’altra solenne prova diede Apollo della sua infallibile valentia nel tirar d’ arco, quando dopo il diluvio uccise a colpi di freccie il terribile e micidiale serpente Pitone nato dal fango della terra e dall’infezione dell’aría. […] Inoltre gli attribuirono un figlio che fu il più valente medico sulla Terra, e dal quale nacque una figlia che fu la Dea della Salute. […] Dal greco nome Eos che significa l’Aurora hanno i poeti formato Eoo che vorrebbe dire orientale, per indicare uno dei cavalli del sole ; e di più si son serviti di questo stesso vocabolo come aggettivo poetico, invece del più comune, cioè orientale. […] Con tali parole accenna Dante l’opinione di alcuni mitologi che quella macchia (che veramente è uno strato di milioni e milioni di lontanissime stelle) fosse prodotta nel cielo dal calore del Sole, « Quando Fetonte abbandonò li freni. » Altrove però la chiama Galassia come i poeti greci.
E che quel soggiorno fosse pur troppo inamabile, come dicono i poeti latini, e tetro, si può dedurre pur anco dal sapere che nessuna Dea o Ninfa, per quanto ambiziosa e vana, acconsentì a sposar Plutone per divenir regina ; e se egli volle aver moglie gli convenne rapirla, e poi contentarsi che ella stesse ogni anno per sei mesi con la madre o sulla Terra o nel Cielo. […] Asserivano i mitologi che le Parche avevano l’ufficio di determinare la sorte degli uomini dal primo istante della nascita a quello della morte ; e che ne dessero indizio con un segno sensibile singolarissimo, ma invisibile ai mortali, cioè per mezzo di un filo di lana, che esse incominciavano a filare quando nasceva una persona, e che recidevano, quando quella persona doveva morire. […] Plutone nel poema sacro di Dante non poteva trovar posto come re dell’Inferno, perchè anche questo dipende dal re dell’Universo che in tutte parti impera, secondo le espressioni di Dante stesso ; ma abbiamo già veduto di sopra che il poeta si valse di uno dei nomi di Plutone, di quello cioè di Dite, per darlo alla città del fuoco ed allo stesso Lucifero. […] La voce Parca deriva dal verbo latino parcere, che vuol dire perdonare ; ma siccome le Parche non perdonavano mai a nessuno, vuolsi intendere (secondo i mitologi), che sien così dette per antifrasi ex eo quod non parcant : il che equivarrebbe a dire che son così chiamate ironicamente. — Troveremo un caso simile in una delle denominazioni delle Furie. […] Dal greco nome di questa specie di Sogni son derivate ancora le parole Fantasma e Fantasima.
Scese perciò dal Cielo in Terra, e prendendo per compagno suo figlio Mercurio, si misero ambedue a viaggiare sotto forma di pellegrini pel mondo. […] Questa trasformazione è fondata sopra due somiglianze, quella cioè del nome di Licaone che deriva dal greco licos che significa lupo, e l’altra degl’istinti feroci di questo animale con quelli di quel re bestiale, primo modello dei più efferati tiranni. […] Tutti perirono, fuorchè un sol uomo ed una sola donna, Deucalione e Pirra, che si salvarono in una nave ; la quale dopo aver lungamente errato in balìa delle onde fu spinta e fermossi in Grecia sul monte Parnaso. — Di quale stirpe e famiglia erano essi i due fortunati o pii, che soli ebbero in sorte o meritarono di scampare dal generale esterminio ? […] L’appellativo poi di plutoniche derivato dal nome di Plutone dio dell’Inferno sembrerebbe che volesse indicare presso a poco le stesse qualità delle roccie vulcaniche ; ma siccome l’Inferno dei Pagani non consisteva soltant o nel Tartaro, luogo di pena, nè le pene eran tutte di fuoco, perciò i geologi chiamaron plutoniche quelle roccie che erano affini in alcuni dei loro caratteri alle vulcaniche, ma ne differivano in altri, accostandosi più alle materie o roccie sedimentarie. […] Infatti, secondo la teoria di Hutton, adottata generalmente come la più probabile, dice il geologo Strafforello, i materiali di questi strati furono depositati originariamente dall’acqua nella solita forma di sedimento, ma furono poi alterati e quasi cristallizzati dal calore sotterranco del sottoposto strato vulcanico.
Questa fu da prima chiamata Cadmea dal nome di Cadmo, e poi Tebe, conservandosi però sempre il nome di Cadmea alla fortezza che fu primamente il nucleo della città. Il territorio poi fu detto Beozia dal greco nome dell’animale ivi trovato e sacrificato da Cadmo. […] Nel 1821 fu pubblicato dal Bagnoli il suo poema epico in venti Canti, intitolato : Il Cadmo, nel quale l’autore (come è detto anche nella sua prefazione) considera quest’ Eroe Fenicio non solo come guerriero, ma altresì come « il primo che introdusse l’alfabeto in Europa, le pratiche religiose e molte di quelle arti che procurarono l’universale coltura. » Ma il poema non ebbe credito, perchè vi predomina la fiacchezza d’ idee e di stile. […] È noto che la parola alfabeto è composta dal nome delle due prime lettere (alfa e beta dell’alfabeto greco ; e che in italiano trovasi anche chiamato l’abbiccì dal nome delle prime tre lettere del nostro alfabeto.
Dovendosi ora parlare de’suoi ufficii speciali diremo che, considerata come la Luna, immaginarono i mitologi che essa sotto la forma di una avvenente e giovane Dea percorresse le vie del Cielo in un carro d’argento o d’avorio tirato da 2 o 4 cavalli bianchi ; ma non seppero inventare alcuna graziosa favola sulle fasi lunari ; e in quanto alle ecclissi lasciarono correre la volgare e grossolana opinione che l’oscurazione di questo astro dipendesse dagl’incantesimi degli stregoni, i quali colle loro magiche parole avessero tanta potenza da trarre la Luna dal Cielo in Terra per farla servire alle loro male arti. […] Discacciò dal suo coro di ninfe e cangiò in orsa la giovane Callisto (il cui nome significa bellissima), perchè si accorse che amoreggiava con Giove. La qual’orsa fu poi da Giove trasformata in una costellazione per impedire un matricidio, vale a dire che fosse uccisa dal figlio di lei chiamato Arcade, bravo cacciatore, che incontrata nei boschi quest’orrida fiera e non sapendo che fosse sua madre, stava per trafiggerla con un dardo. E questa costellazione fu detta Orsa maggiore ed anche Elice per distinguerla dall’altra vicinissima ad essa che chiamasi Orsa minore ed anche Cinosura dal nome di una di quelle Ninfe che ebbero cura dell’infanzia di Giove, e che per benemerenza fu trasformata in questo gruppo di stelle. […] E gli uffici che le si assegnavano eran pur essi fantastici e paurosi ; poichè dessa mandava fuor dal regno delle ombre i notturni spettri a spaventare i viventi, e usciva talvolta in persona colle anime dei morti a girare intorno ai sepolcri e pei trivii ; spingeva i cani ad urlare orribilmente per le vie, e proteggeva le maliarde e le streghe nei loro incantesimi.
Ma gli Dei ricompensarono essi quel povero animale, trasformandolo nella celeste costellazione dell’Ariete ; e invece dell’aureo vello l’adornarono di quarantadue fulgidissime stelle, e il Sole l’onorò coll’ incominciar dal 1° grado di esso l’annuo suo corso tra i segni del Zodiaco. […] Giasone era figlio di Esone re di Tessaglia65, a cui fu usurpato il regno dal fratello Pelia ; perciò essendo egli ancor fanciullo, per salvarlo dalle in sidie dello zio, fu mandato ad educare altrove, e dicono presso il Centauro Chirone. […] La sola Issipile, figlia del re Toante, con pietosa frode salvò la vita a suo padre ; e meritava perciò una miglior sorte di quella che si racconta di essa, poichè giunto in quell’isola insieme cogli altri Argonauti Giasone, « Ivi con segni e con parole ornate « Issifile ingannò la giovinetta, « Che prima tutte l’altre avea ingannate ; » e poi traditane la buona fede la lasciò alle persecuzioni delle sue crudeli compagne, che scoperta la sua pietà filiale, le tolsero il trono e la cacciarono dal regno. […] « Ecco per l’aria lo stridor si sente, « Percosso intorno dall’orribil penne : « Ecco venir le Arpie brutte e nefande, « Tratte dal cielo a odor delle vivande. […] Conosciuti i mezzi, ecco in qual modo l’Ariosto li fa porre in opera dal duca Astolfo per la liberazione del Senàpo dalle Arpie : « Avuto avea quel re ferma speranza « Nel duca, che l’ Arpie gli discacciassi ; « Ed or che nulla ove sperar gli avanza, « Sospira e geme e disperato stassi.
Gli stessi Baccanali introdotti in Roma da un Greco di oscura nascita (Grœcus ignobilis, come dice Tito Livio) e vituperosamente celebrati in adunanze clandestine furono legalmente perseguitati dal Console Postumio, e quindi proibiti dal Senato l’anno 566 dalla fondazione della città, e 186 anni avanti Gesù Cristo. Ma poi nel cadere della Repubblica e nei primi tempi dell’Impero sappiamo non solo dagli Storici, ma dai poeti stessi imperiali, che la corruzione avea dal mondo romano bandita ogni virtù religiosa e civile. […] E se nei pubblici monumenti non vedonsi che personificazioni di Virtù e di novelli pregi derivati dall’incremento e dal perfezionamento delle Scienze e delle Arti, nei poeti moderni trovansi ancora descritti e personificati i Vizii del loro secolo ; e basterà per tutti citare il Giusti, che ci rappresentò quelli predominanti a tempo suo (cioè nella prima metà del presente secolo) facendone poeticamente l’apoteosi mitologica nei seguenti versi : « Il Voltafaccia e la Meschinità « L’Imbroglio, la Viltà, l’Avidità « Ed altre Deità, « Come sarebbe a dir la Gretteria « E la Trappoleria, « Appartenenti a una Mitologia « Che a conto del Governo a stare in briglia « Doma educando i figli di famiglia, « Cantavano alla culla d’un bambino, « Di nome Gingillino, « La ninna nanna in coro, « Degnissime del secolo e di loro. »
Aiuta Teseo ad escire dal laberinto di Creta, 417 ; — sposa-Bacco, 418. […] Latona, perseguitata dal serpente Pitoue, 97 ; — partorisce Apollo e Diana, ivi. […] Momo, Dio della maldicenza, 282 ; — cacciato dal cielo, 283 ; — come è rappresentato, 284. […] Sua nascita, 185 ; — suo impero, 186 ; — suo esilio dal cielo, 187 ; — gastiga Laomedonte, ivi ; — sposa Anfitrite, 188 ; — suoi figli, 189-191, 201-204 ; — come vien rappresentato, 207 ; — suo carro, 208 ; — suo tridente, 209 ; — suo culto, 210-212. […] Piritoo, re dei Lapiti, 429 ; — sfida Teseo, 431 ; — sue avventure, 432, 433 ; — ucciso dal cane Cerbero, 434.
Il nome di Giove deriva dal verbo giovare (juvare) : Giove significa dunque etimologicamente il Dio che giova agli uomini, il Dio benefico per eccellenza57. […] La più bella e sublime immagine della potenza di Giove, e della dipendenza della Terra dal Cielo e dal supremo suo Nume, fu ideata da Omero, attribuendone l’invenzione a Giove stesso, che il poeta sovrano fa così favellare agli altri Dei : « D’oro al cielo appendete una catena, « E tutti a questa v’attaccate, o Divi, « E voi Dee, e traete. E non per questo « Dal ciel trarrete in terra il sommo Giove, « Supremo senno, neppur tutte oprando « Le vostre posse.
Raccontano i mitologi che questa Dea nacque adulta e armata di tutto punto dal cervello di Giove. […] In questi limiti il mito fu adottato volenterosamente e con piacere non solo dai nostri poeti, ma pur anco dagli eleganti dicitori e scrittori di prose ; e non è raro il sentir dire o leggere nei libri, che un’invenzione o una teoria uscì adulta e armata di tutto punto dalla mente del suo autore, come Minerva dal cervello di Giove. […] Altri però dicono che deriva dal verbo monere (ammonire) ; e che perciò verrebbe invece a significare la Dea del consiglio, ossia della sapienza. […] Quindi la sua festa in Roma era solennizzata dai dotti, dagli scolari, dagli artisti e dagli artigiani ; e cominciando dal 10 di marzo durava per cinque giorni, e perciò si chiamava il Quinquatruo 169.
Ma quanto alla fabbrica dell’Inferno la creò tutta di pianta a modo suo, guidato soltanto dal suo ingegno, dalla scienza e dall’arte. […] Se poi si considerano i dati scientifici su cui si fondano i calcoli di centinaia di secoli che passarono dall’una all’altra epoca geologica prima che si compiessero le formazioni delle diverse rocce ; e si riflette filosoficamente che infinite specie di animali terrestri, aquatici ed amfibii, di forze e di forme « Maravigliose ad ogni cor securo, » furon cancellate dal libro dei viventi e fossilizzate dal tempo e dagli occulti agenti chimici sotterranei, avremo anche per la fantasia un campo molto più vasto di quello delle invenzioni mitologiche ; e riconosceremo che la mente dell’uomo non sa immaginare neppur la millesima parte delle maraviglie che la scienza tuttodì va scuoprendo nelle operazioni e nelle leggi della Natura. […] Queste dottrine astronomiche sono sostenute splendidamente dal P.
Platone così parla dei Dèmoni nel Convito : « Essi sono esseri intermediarii fra gli Dei e i mortali ; ed è loro ufficio l’interpretare e il recare agli Dei ciò che viene dagli uomini, e a questi ciò che vien dagli Dei ; …. poichè la Divinità non ha comunicazione diretta cogli uomini, ma soltantò per mezzo di Dèmoni. » E altrove aggiunge : « Ogni mortale alla sua nascita è affidato ad un dèmone particolare che lo accompagna sino alla fine della sua vita. » Conoscendo questi ufficii attribuiti anche dal divino Platone ai Dèmoni, non dee recar maraviglia che Filone, filosofo alessandrino, ma di stirpe ebraica, asserisse che i Dèmoni dei Greci equivalevano a quelli che Mosè chiama Angeli 273) ; ed Apuleio lasciò scritto che corrispondono ai Genii dei Latini. […] Da dèmone derivò in latino il diminutivo demonio ; ed ambedue questi nomi servirono nel Cristianesimo a significare gli spiriti infernali, ossia gli Angeli ribelli discacciati dal Cielo e condannati all’Inferno. […] Il Cecchi, citato dal Vocabolario della Crusca, nei seguenti versi rammenta il Genio buono con tali caratteri che potrebbero convenire anche ad un Angelo : « Da chi lo feo gli fu dat’anco « Quel santo precettor, quell’alma guida « Genio appellato, il qual come ministro « Della ragion lo sproni al bene oprare, « E dall’opere ingiuste il tiri e frene. » Il Parini, nel suo celebre poemetto satirico il Giorno, personifica il Piacere come un Genio e così lo descrive : « L’uniforme degli uomini sembianza « Spiacque ai Celesti, e a varïar la Terra « Fu spedito il Piacer. […] La voce diabolus deriva dal greco e significa calunniatore e accusatore, ed era il titolo che si dava soltanto al principe delle tenebre, come deducesi da queste parole di sant’Agostino : « Diabolus et angeli eius in scripturis sanctis manifestati sunt nobis, quod ad ignem æternum sint destinati. » Anche il Forcellini nello spiegar la parola Diabolus aggiunge : Cognomen proprium est principis Dœmoniorum ; e cita Tertulliano e Lattanzio.
Quando Giove fu adulto, coll’aiuto de’ suoi fratelli Nettuno e Plutone fece guerra allo zio Titano, lo vinse e lo cacciò dal trono e dalle celesti regioni con tutta la famiglia dei Titani ; liberò di carcere i suoi genitori, ma prese per sè il regno del Cielo e diede ai fratelli i regni del Mare e dell’ Inferno. […] Giove scuoprì la congiura, ed esiliò Saturno dal Cielo ; ma non estese la condanna a Cibele sua madre, perchè questa, dopo la perdita del trono e il carcere sofferto, aveva prudentemente rinunziato ad immischiarsi negli affari di Stato. […] Feto deriva dal latino foetus che significa parto, frutto, prodotto.
Per me dunque il parlare separatamente delle Apoteosi è un riassunto della parte fondamentale del mio lavoro, è una conferma di quanto ho dichiarato dal principio alla fine di questa Mitologia. […] Dal culto dei corpi celesti si passò presto a quello dei corpi terrestri, ossia dei prodotti della terra, e principalmente degli animali ; ed eccoci al Feticismo, che per antichità gareggia col Sabeismo, e fu principalmente professato dagli Egiziani, i quali anche al tempo di Mosè adoravano come loro Dio il bue Api, la qual goffa idolatria fu imitata dagli Ebrei nel deserto col vitello d’oro, che costò la vita, per ordine di Mosè, a tante migliaia di quegli stupidi imitatori del culto Egiziano. […] Fu questo il ponte di passaggio dal culto materiale del feticismo al Panteismo mitologico, in cui si fece l’apoteosi di tutte le forze e leggi della creazione non solo del mondo fisico, ma pur anco del mondo morale.
La madre, che non si sa per qual privilegio o grazia speciale potè vederle e udirle, corse a levar dal fuoco quel tizzo che già ardeva dall’ un de’ capi, lo spense e lo chiuse fra le cose più care e più preziose. […] Quando lo seppe la madre, agitata dal rimorso e divenuta folle per disperato dolore si diede la morte ; il padre ne rimase affranto e istupidito e poco sopravvisse ; e le sorelle (tranne Deianira che era già moglie di Ercole), furon cangiate in uccelli detti Meleàgridi, nome che da alcuni Ornitologi si dà tuttora alle galline affricane (Numida Meleagris). […] Dopo aver narrato che i golosi son puniti nel Purgatorio con una fame canina resa più acuta dal vedersi dinanzi agli occhi, come Tantalo nell’ Inferno pagano, i pomi e l’acqua senza poterne gustare ; il qual tormento rendeva talmente magre e scarne quelle anime, che « Negli occhi era ciascuna oscura e cava, « Pallida nella faccia e tanto scema « Che dall’ossa la pelle s’informava, cominciò a pensare « Alla cagione ancor non manifesta « Di lor magrezza e di lor trista squama ; » e non potendo trovarla da sè, finalmente, fattosi coraggio, domandò a Virgilio : « ……Come si può far magro « Là dove l’uopo di nutrir non tocca ?
Onde che con questo sistema (adottato dai Turchi come principio religioso), si veniva a toglier dal mondo la moralità e l’imputabilità delle azioni. […] Quindi Orazio la chiama sœva Necessitas (crudel Necessità) e la rappresenta in atto di portar colla mano di bronzo lunghi e grossi chiodi da travi, e cunei, ossia biette o zeppe, e uncini e piombo liquefatto, simboli tutti di costrizione o coazione15 La parola Fortuna è di origine latina ; deriva da fors significante il caso ; Fortuna è dunque la Dea delle casuali vicende, ma per lo più buone ossia favorevoli agli uomini ; e perciò Cicerone ne deduce l’etimologia a ferenda ope, dal recar soccorso. […] La parola Fato deriva dal verbo latino fari che significa parlare, pronunziare ; (e la parola italiana favella ha la stessa latina etimologia).
Dal che si deduce che le Divinità adorate allora nel Lazio e nel territorio stesso ove sorse Roma esser dovevano per la massima parte quelle stesse dei Troiani e dei Greci al tempo della guerra di Troia, poichè Omero in tutta quanta l’Iliade ne rammenta sempre almeno le principali, come adorate egualmente da entrambe le nazioni. E poi, in quanto al Politeismo dei Romani, aggiungendovisi le tradizioni che l’Arcade Evandro, creduto figlio della Dea Carmenta, venuto nel Lazio prima di Enea, avea fondata la città di Fenèo su quel monte che dal nome di suo figlio Pallante fu detto il Palatino, sarà necessario ammettere che egli avesse introdotto il politeismo greco nel luogo stesso che in appresso fu il centro della nuova città di Romolo : tanto è vero che anche a tempo di Cicerone, com’egli afferma nelle sue lettere, esisteva nel monte Palatino l’antro consacrato da Evandro al culto del Dio Luperco, vale a dire del Dio Pane. […] Quest’atto è anche segno di stare attenti, come abbiamo in Dante : « Perch’io, acciò che ‘l Duca stesse attento, « Mi posi il dito su dal mento al naso. » I Latini poi, e fra questi Catullo, usarono la frase reddere aliquem Harpocratem per significare ridurre qualcuno al silenzio.
Queste nutrirono l’infante Nume col latte di una capra detta comunemente Amaltea dal nome di una di queste due Ninfe a cui apparteneva. […] La Ninfa Eco se ne afflisse tanto, e si consumò talmente dal dolore, che di essa vi rimase la voce sola che ripeteva appena le ultime parole altrui. […] In Architettura poi sin dal tempo dei Classici greci e latini chiama vasi Ninfèo non solo il tempio sacro alle Ninfe, ma altresì una particolar costruzione architettonica, o fabbrica sui generis, destinata il più spesso ad uso di bagni, annessa ai palazzi e alle ville dei più doviziosi cittadini, ove, oltre le acque scorrenti in ruscelli e zampillanti in fontane (e necessariamente le vasche e i bacini), aggiungevansi per ornamento e statue e vasi e talvolta ancora un tempietto dedicato alle Ninfe.
Ma spenta con Marco Bruto la libertà e perduta affatto anche l’ombra di essa sotto Tiberio, le apoteosi degli Imperatori e delle Imperatrici non furono altro che solennità comandate dal Principe e servilmente festeggiate dal popolo, come abbiam detto di sopra ; e nel frasario stesso degl’Imperanti l’esser trasformati in Dei significava morire.
I Romani sino al termine della seconda guerra punica furono i puritani della pagana religione, e considerarono sin dal tempo di Numa il sentimento religioso e morale come il primo fattore dell’incivilimento ; e perciò ebbero cura di tenerne lungi qualunque elemento che tendesse a viziare la moralità delle azioni, senza la quale non può esistere vera civiltà. […] Quando poi cessarono le persecuzioni, e i re stessi e gl’imperatori divenner cristiani, si dileguò ben presto il politeismo dal mondo romano, e il Cristianesimo si diffuse pur anco fra i popoli barbari, fuor dei confini del romano impero.
V Urano e Vesta Prisca avi di Giove Dal prospetto genealogico del N° III sappiamo che Urano sposò Vesta Prisca, e che loro figli furono Titano, Saturno e Cibele. […] Deor. aveva dato prima d’ Ovidio la stessa derivazione del nome di Vesta dal greco Estia : Nam Vestæ nomen a Græcis est : ea est enim quæ ab illis Estia dicitur.
Io dunque non intendo di scrivere un trattato di Mitologia appositamente per gli studiosi delle lingue greca e latina ; chè sarebbe un portar vasi a Samo e nottole ad Atene, mentre sì fatti libri di antichissima e minuta erudizione esistono in tutte le lingue e specialmente in latino, e se ne trovano ancora tradotti in italiano dal francese e dal tedesco ; ma son libri troppo eruditi e di una erudizione troppo antiquata, e contengono un cibo non solo difficile alla assimilazione, ma talvolta ancora ostico, o almeno poco soave al gusto.
I due vocaboli Semidei e Indigeti son termini appartenenti esclusivamente alla Mitologia classica : il vocabolo Eroi, oltre a poter esser comprensivo degli altri due sopraddetti, si estende dai più antichi e famosi personaggi ai più moderni e ridicoli Eroi da poltrona proverbiati dal Giusti46. […] Ora in queste diverse imprese trovansi rammentati quasi tutti gli Eroi di cui si ha notizia, e talvolta in una son nominati i padri e nell’altra i figli ; e di qualche eroe che intervenne a più d’una è detto in quale di esse egli era più giovane, in quale più vecchio : dal che deducesi senza tema di errare l’ordine cronologico di quelle imprese.
La Genealogia degli Dei, ossia la loro filiazione e parentela (almeno dei principali), è necessaria a conoscersi nella Mitologia pel doppio scopo, che da quella si deducono spesso i rapporti di causa e di effetto considerati dagli antichi nei fenomeni del mondo, e poi perchè frequentemente i poeti, invece di rammentare una divinità col suo nome principale e più conosciuto, fanno uso del patronimico, ossia di un vocabolo derivato o composto dal nome del padre di quella data divinità. […] Minerva nacque miracolosamente dal cervello di Giove.
Il nome più antico è attribuito dal poeta al linguaggio degli Dei, e il più moderno a quello degli uomini. […] Tale è l’opinione di Vibio, di Plutarco e di altri ; ma Plinio il naturalista afferma che lo Scamandro era un fiume navigabile diverso dal Xanto.
Danao, già re della Cirenaica nella Libia, cacciato dal fratello Egitto, si ricovera nell’isola di Rodi, indi s’impadronisce d’Argo, scacciandone gl’Inachidi. […] Espulsione degli Eraclidi dal Peloponneso, per opera dei Pelopidi.
Di Marte diedero il nome gli astronomi antichi a quel pianeta visibile ad occhio nudo, che resta più della Terra lontano dal centro del nostro sistema planetario, vale a dire del Sole. […] Essendo però comune opinione a quei tempi che Attila fosse stato il distruttore di Firenze, a quella, come tant’altre volte, s’attiene il Poeta. » (Dal Commento del Can.
Alcuni dei più fantastici mitologi e poeti aggiungono, che le acque del mare furono fecondate dal sangue di Urano mutilato da Saturno ; e che da questa fecondazione delle acque marine nacque Afrodite, ossia Venere, raggiante di celeste bellezza. […] Dal greco nome Eros (Amore) è derivato in italiano l’aggettivo erotico che significa amoroso o riferibile all’amore.
« Nel 1838 fu pubblicata a Parigi la quinta edizione del Corso di Mitologia dei signori Noël e Chapsal, che è stato sempre favorevolmente accolto dal pubblico, e che riesce molto utile nelle scuole.