Tuttavia (poichè su questo proposito voglio che il mio pensiero sia da tutti ben inteso) la caduta della superstizione non è la ruina della religione. […] Ci rimane a parlare di quel popolo nato a mutar gli altri tutti, mentre egli solo dovea durare immutabile, e che, già sparso quasi per l’intero universo, non avea partecipato del generale traviamento, e solo tra tutti i popoli chiudeva il proprio tempio all’idolatria. […] Poichè tutti coloro che per lo passato odiarono, non sapendo ciò che fosse lo scopo dell’odio loro, subito che abbandonarono l’ignoranza, parimente cessarono d’odiare. […] Di presente avete meno nemici per la moltitudine dei Cristiani quasi tutti vostri cittadini, anzi quasi cittadini di tutte le città. […] Perciocchè dal martirio sono cancellati tutti i delitti.
Sarebbe perciò troppo lungo discorso e monotono il parlar di tutti particolarmente ; ed io credo che invece basterà descriverne tre o quattro dei principali e più famosi, e passar leggermente sugli altri con qualche osservazione che sia ad essi comune. […] Gli Oracoli si rendevano in un sotterraneo del tempio, inaccessibile a tutti i profani, ed ove ammettevasi soltanto qualche devoto che ne avesse ottenuto dai sacerdoti il permesso. […] Egli che visse sino all’anno 119 dell’èra cristiana e si mantenne pagano, e registrò nelle sue opere tutti i più strani ed assurdi miracoli del Politeismo, non seppe conoscere la vera causa della decadenza della religione pagana, e le diede, forse senza avvedersene, un colpo mortale, ammettendo la morte di alcuni Dèmoni o Genii ; poichè questa asserzione implicava la possibilità che morissero tutti gli altri ; e inoltre il creder negli Dei e il supporre che non fossero immortali era una contradizione, la negazione della loro stessa divinità, e perciò del culto religioso che ne dipendeva. […] Che i più celebri Oracoli abbiano avuto origine nei tempi preistorici è asserito non solo dai mitologi, ma da tutti i più antichi scrittori. […] Quel che di Orfeo dice Orazio nella Poetica è applicabile a tutti i fondatori delle antiche religioni ; dal che deducesi che il governo teocratico fu il primo governo regolare e il primo cemento della civil società288).
Sfidava esso Giove ad inudita tenzone, e lanciando infocati sassi contra il cielo, pose a’Numi tutti grandissima paura. […] Lucian.), e passò in legge a favore di tutti i colpevoli. […] Piacque a tutti la sentenza ; ma Mida solo osò dar la preferenza a Pane. […] Il che fece a tutti aperto il difetto del re. […] I solari destrieri erano bianchi e tutti sfolgoranti di luce.
XLV La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro Su questo argomento furon composti due poemi, uno in greco e l’altro in latino64 ; e sul duce o principal personaggio più e diverse tragedie antiche e moderne ; ed inoltre quasi tutti i poeti, incluso Dante, ne parlano o vi alludono. Cinquanta furono gli Eroi che vi presero parte, alcuni dei quali eran prima intervenuti alla caccia del cinghiale di Calidonia ; e tra questi Giasone che fu il duce e il protagonista degli Argonauti, e acquistò maggior fama di tutti in questa impresa, come Achille nella guerra di Troia. […] Ma gli Eroi di questa impresa per far lo stesso viaggio marittimo che fece Frisso sulla groppa del suo impareggiabile montone, furon costretti a costruire ed armare una nave che fu creduta la prima inventata dagli uomini, e celebrata perciò con lodi interminabili da tutti gli antichi. […] Orfeo interrompeva la monotonia del viaggio rallegrando i compagni col canto e col suon della cetra : tutti gli altri Eroi costituivano la ciurma che eroicamente remava. […] « E prima fa che ‘l re con suoi baroni « Di calda cera l’orecchio si serra, « Acciò che tutti, come il corno suoni, « Non abbiano a fuggir fuor della terra.
Tal’altra volta poi di più divinità se ne fece una sola, amalgamando in essa tutti gli attributi di quelle che anticamente erano distinte9. […] I moderni, dopo l’invenzione del telescopio, scoprirono molti altri pianeti, e ai primi e principali da loro scoperti diedero il nome degli altri Dei superiori, esclusi soltanto l’Orco, ossia Plutone, Bacco e il Genio ; e poi ricorsero anche ai nomi delle divinità secondarie o inferiori ; e ora a quei pianeti che scuoprono di mano in mano quasi tutti gli anni, e qualche volta più d’uno all’ anno, attribuiscono un nome pur che sia ; e qualcuno dei più celebri scienziati, a preghiera dell’ astronomo scopritore, propone il nome da darsi al neo-scoperto pianeta ; il qual nome è subito comunicato a tutto l’orbe scientifico che lo registra premurosamente in tutti i suoi periodici e in tutte le carte uranografiche coi connotati caratteristici e distintivi, ossia con tutti quegli elementi astronomici che furono sino allora osservati e calcolati. […] ii dei Principii di scienza nuova : « Quindi tanti Giovi che fanno maraviglia a’filologi ; perchè ogni nazione gentile n’ebbe uno, de’quali tutti gli Egizi per la loro boria dicevano il loro Giove Ammone essere lo più antico, sono tante Istorie fisiche conservateci dalle favole, ecc. ecc. » Fortunatamente in progresso di tempo di tutti quei Giovi, Mercurii, Ercoli ecc., se ne fece un solo Giove, un solo Mercurio, un solo Ercole ecc., vale a dire si attribuirono ad un solo tutti gli uffici e le imprese degli altri loro omonimi. […] La 1ª esamina e dichiara le leggi del movimento delle molecole, e perciò delle forze naturali, della composizione e decomposizione della materia, sotto i nomi principalmente di fisica generale e di chimica ; la 2ª cominciando dalla storia naturale, che è la descrizione di tutti gli esseri organici ed inorganici della creazione, comprende anche gli studii speciali riferibili a questa.
Il nome latino è conservato senza alterazione ortografica nelle moderne lingue francese e inglese, mentre in italiano lo traduciamo per Giove, prendendo questa voce, come generalmente suol farsi da noi in tutti gli altri nomi latini, dall’ablativo (Jove). […] Questa significazione è tanto chiara ed evidente, che un dei nostri poeti ha detto : quel Dio che a tutti è Giove, per dire che giova a tutti ; e Dante nel celeberrimo canto VI del Purgatorio, ove rimprovera la serva Italia di dolore ostello, ci presenta questa notabilissima perifrasi : « E se licito m’è, o sommo Giove « Che fosti in terra per noi crucifisso, « Son li giusti occhi tuoi rivolti altrove ? […] Sii giusto, sii benefico, dicono i moralisti ; e in questi due punti compendiano tutti i doveri della morale, il primo come dovere assoluto e il secondo come dovere relativo, a cui si sottintende se puoi e per quanto puoi 58 ; ma poichè la Divinità è onnipotente, perciò immensa e infinita è la sua beneficenza. […] Ma spesso scendeva ad abitar sulla Terra, e teneva corte sul monte Olimpo in Grecia61 ; e perciò dai poeti il nome di Olimpo è usato come sinonimo di Cielo ; Olimpico è detto Giove ; Olimpici o Dei dell’ Olimpo tutti gli altri Dei superiori62. […] In latino Jupiter significa, secondo Cicerone, juvans pater, il padre, ossia il Dio che giova, poichè il nome di padre davasi a tutti gli Dei benefici.
In somma è un mostro, che da se stesso si macera, e da tutti è detestato. […] Del resto questa guerra fu fatale a tutti coloro, che ci avevano preso parte. […] I suoi fratelli, i parenti, i Trojani tutti, e la stessa sua sposa diedero del ridicolo a questa fuga vergognosa. […] Per parte sua Procri divenne egualmente gelosa, spiando senz’esser veduta tutti gli andamenti dello sposo. […] I sacrifizj erano segreti, e tutti dovevano conservarne gli arcani, come rilevasi dalle parole taciti mystae di Stazio.
Ma quando la romana costanza che trionfò di tutti gli ostacoli e di tutte le più dure prove non fu abbastanza forte contro le prosperità e le ricchezze, e si lasciò vincer da queste, le idee morali cominciarono ad esser neglette ed obliate, e la religione stessa perdè il suo prestigio e la sua dignità, e non servì più allo scopo altamente sociale per cui fu istituita. […] Contemporaneamente a queste prime apoteosi sorgeva e ben presto diffondevasi una nuova religione, i cui seguaci destarono l’ammirazione di tutti per la bontà e santità della vita : e questo parve un gran miracolo in mezzo a società così corrotta ; questo richiamò l’attenzione di tutti sulla nuova religione del Cristianesimo, perchè dagli ottimi effetti morali che quella produceva ne’suoi seguaci inducevasi la convinzione che ottime esser dovessero le massime che essa insegnava. […] « E mentre che di là per me si stette, « Io gli sovvenni, e lor dritti costumi « Fer dispregiare a me tutt’altre sette. » Un ragionamento simile a quello del poeta Stazio condusse alla stessa conseguenza di farsi Cristiani tutti quei politeisti che non erano affatto privi del lume della ragione ; e se alcuni furon trattenuti dalla paura delle persecuzioni, molti altri si esposero ai tormenti ed anche alla morte, e suggellaron col sangue l’attestazione della loro novella Fede. […] Ai primi del secolo IV dell’era cristiana, Costantino Magno fu il primo imperatore cristiano ; ma soltanto negli ultimi anni dello stesso secolo furono officialmente aboliti da Teodosio il Grande quasi tutti i sacerdozii del Politeismo, incluso quello delle Vestali. […] Ma poichè la religione dell’Evangelo ai più santi precetti di morale univa la principal massima sociale che tutti gli uomini sono eguali, e perciò favoriva e comandava l’abolizione della schiavitù, anche i più rozzi ed ostinati contadini cominciarono ad apprezzare se non la sublimità, che non potevano intendere, almeno l’utilità di questa nuova religione ; e tutto l’impero romano, abiurato il paganesimo, divenne cristiano.
È quella l’immagine del Dio Mercurio, il più affaccendato di tutti gli Dei dell’Olimpo, essendo egli il Messaggiero di Giove e degli altri Numi superni. […] Era questo certamente un linguaggio allegorico, col quale si voleva significare che Mercurio col suo ingegno e la sua accortezza si era saputo cattivare l’affetto di tutti, o secondo la nostra frase familiare, aveva rubato il cuore a tutti. […] Come nunzio di Giove e di tutti gli Dei dovendo Mercurio far molti viaggi in Terrà e nell’Inferno, per diminuir le distanze e guadagnar tempo colla velocità, si metteva il petaso e i talari, e volava celere al pari del vento153. […] La borsa poi, piena di danari, alludeva evidentemente alle umane contrattazioni, poichè il danaro è il rappresentante di tutti gli oggetti godevoli, o, come dice l’inglese Hume, è l’olio che fa girar facilmente e senza attrito le ruote della gran macchina sociale. […] Dagli astronomi fu dato pensatamente il nome di Mercurio al pianeta più vicino al centro del nostro sistema planetario, perchè compie con maggior celerità di tutti gli altri pianeti primarii il suo movimento di rivoluzione intorno al Sole, vale a dire in 87 giorni, 23 ore e 15 minuti.
Avanti l’origine del Cristianesimo tutti i popoli conosciuti, tranne gl’Israeliti, erano politeisti, cioè adoravano molti Dei ; e di questi raccontavano la genealogia e i pretesi miracoli. […] Inoltre la Mitologia greca e romana è necessaria pure a coloro che non sanno nè le lingue dotte nè le orientali, se voglion leggere e intendere un libro di poesia italiana, poichè tutti i nostri poeti più grandi e più sommi hanno adottate nel loro linguaggio le immagini e le frasi dei poeti greci e latini. Primo senza contrasto e sotto ogni rispetto il nostro Alighieri, quantunque cristiano e cattolico e teologo per eccellenza, è quello che nel suo divino linguaggio poetico più sovente si vale delle immagini e delle frasi mitologiche ; e gli altri tutti per quanto grandi ed illustri, tengon bordone alle sue frasi ed alle sue rime. […] Per tutti gli altri che son principianti o. […] In compenso delle più logore o irrugginite anticaglie, oltre alla illustrazione di tutti i passi mitologici della Divina Commedia e di molti dei principali poeti italiani, ho aggiunto la spiegazione di tutti i termini scientifici che derivano dai vocaboli mitologici.
Ma per quanto piena di pregi fosse Pandora, gli Dei non avevan pensato a renderla immune dalla curiosità ; quindi essa aperse subito il vaso e ne uscirono immediatamente tutti i mali fisici piombando sulla umana specie81). […] Aggiungono però che la pena di Prometeo non fu perpetua, perchè Ercole lo liberò, ed uccise l’avvoltoio che gli rodeva il fegato : il che vuol significare che la forza d’animo, ossia la costanza, vince tutti gli ostacoli, e che gli utili effetti finali fanno dimenticare le pene sofferte83). […] Quanto poi al vaso di Pandora, onde, uscirono tutti i mali di questa Terra, l’espressione mitologica è tanto famigerata che odesi spesso dalla bocca di persone tutt’altro che eruditissime. […] Aggiungono di più che egli sposò Pandora, la quale gli portò in dote quel vaso pieno di tutti i mali. È poi molto notabile e filosofica l’interpretazione di Bacone da Verulamio che Pandora, unita in matrimonio coll’improvvido Epimeteo, significhi la voluttà e il mal costume che spasso derivano dalla raffinatezza delle arti e dal lusso nelle anime spensierate ed improvvide : dal che nascono tutti i mali che rovinano gli uomini e gli Stati85).
Ma qualunque fosse l’origine dell’uomo, secondo i diversi mitologi, convenivano però tutti nell’asserire, che quando Saturno fu esiliato dal Cielo era già la specie umana sparsa in diverse regioni del mondo, e che nel territorio ove ora è Roma esisteva un regno, di cui la capitale era sul monte Gianicolo. […] Aggiungono i Pagani che in questo tempo anche gli Dei celesti soggiornavano cogli uomini, perchè erano innocenti ; ma quando questi divennero malvagi, gli Dei si ritirarono tutti, e ultima partì Astrea, cioè la Giustizia32. […] Con tutti questi diversi emblemi s’intende facilmente che sta a simboleggiare il Tempo ; e secondariamente si vuol considerarlo come uno degli Dei dell’agricoltura, perchè la falce può significare egualmente che il tempo atterra ossia distrugge tutte le cose ; e indicare pur anco la principale operazione della mietitura. […] In Roma si celebravano nel mese di dicembre le Feste Saturnali in memoria di quel tempo felice sotto il regno di Saturno, in cui non si conoscevano nè servi nè padroni, ma tutti gli uomini erano eguali ed egualmente padroni di tutto, perchè la terra spontaneamente produceva più che abbastanza per tutti senza spesa o fatica di alcuno. […] Quattro faccie poi gli avranno servito anche meglio pel disimpegno di tutti i suoi molteplici uffici.
Nel Medio Evo dopo la caduta del romano Impero e le irruzioni dei Barbari, se non si rinnovò precisamente un circolo similare di tutte le antiche fasi sociali, come suppone il Vico, poichè vi restò un addentellato della greca e della romana civiltà, come dice il Romagnosi (e si può aggiungere anche di quella del Cristianesimo), che aiutarono e sollecitarono il risorgimento, ritornò per altro colla dissoluzione di tutti gli ordini sociali il predominio della forza in tutto il suo furibondo vigore e il così detto diritto della privata violenza. […] E a far questo ci aiuteranno diverse celebri imprese a cui intervennero quasi tutti gli Eroi contemporanei, che i Mitologi ed i Poeti si son dati cura di rammentare : tali sono la caccia del cinghiale di Caledonia, la spedizione degli Argonauti, la guerra di Tebe o dei 7 Prodi, e finalmente la guerra di Troia. Ora in queste diverse imprese trovansi rammentati quasi tutti gli Eroi di cui si ha notizia, e talvolta in una son nominati i padri e nell’altra i figli ; e di qualche eroe che intervenne a più d’una è detto in quale di esse egli era più giovane, in quale più vecchio : dal che deducesi senza tema di errare l’ordine cronologico di quelle imprese. […] Degli altri dirò a mano a mano che toccherà la lor volta per ordine cronologico ; e di quelli che si trovarono insieme in una data spedizione prima accennerò brevemente le particolari qualità di ciascuno di essi, e poi li metterò in azione tutti insieme ; parlando più a lungo del capo o protagonista di quella impresa nel narrare l’impresa stessa. Prima di por termine a questo Capitolo convien fare un’altra osservazione generale ; ed è questa : che attribuendosi oltre che una forza straordinaria, anche una lunghissima vita a tutti gli Eroi, non devesi calcolare la loro media e la loro probabile esistenza secondo le moderne tavole di Statistica ; e basta soltanto il sapere quel che dice Omero del Pilio Nestore, il più vecchio dei Duci che andarono alla guerra di Troia, che cioè « Di parlanti con lui nati e cresciuti.
Ma ben presto divennero quasi tutti empii, scellerati e crudeli. […] Giove tornato in Cielo radunò il consiglio degli Dei Superiori, narrò tutti gli orribili delitti degli uomini, e si mostrò risoluto di esterminare tutta quella razza bestiale più che umana. […] L’oracolo rispose : gettatevi dietro le spalle le ossa della gran madre. — Tutte le risposte degli oracoli erano oscure ed avevan bisogno d’interpretazione (e a suo luogo ne diremo il perchè) ; quindi Deucalione e Pirra non credendo possibile che l’oracolo suggerisse loro (come suonavan le parole intese letteralmente), una empietà o violazione dei sepolcri, interpetrarono che la gran madre fosse la Terra, madre comune di tutti i mortali86), e le ossa della medesima le pietre. […] In geologia si parla di più d’uno di questi cataclismi dei tempi preistorici ; e quello storico, chiamato il diluvio universale, e di cui trovasi una general tradizione in tutti i popoli, è l’ultimo di questi cataclismi riconosciuti e dimostrati dalla scienza geologica. […] Ma in geologia il nome generico di roccia si applica a tutti i materiali, solidi o molli, componenti la crosta del nostro globo, poichè vi si comprendono la creta e l’arena, ed alcuni vi aggiungono anche la torba.
Ma poichè ammettevasi nella classica Mitologia una Divinità più potente di Giove, il Fato, agli inesorabili decreti del quale eran sottoposti tutti gli Dei, attribuivansi al Fato tutte le irregolarità inventate dalla fantasia dei mitologi e dei poeti. […] A Vulcano infatti attribuivansi i più mirabili lavori in metallo, dal carro e dalla reggia del Sole al cinto di Venere ; e Omero aggiunge che tutti gli Dei possedevan palagi « ……che fabbricati « A ciascheduno avea con ammirando « Artifizio Vulcan l’inclito zoppo. […] Sopposte a tutti « D’oro avea le rotelle, onde ne gisse « Da sè ciascuno all’assemblea de’Numi, « E da sè ne tornasse onde si tolse : « Maraviglia a vederli ! […] Uno soltanto di essi era figlio di Nettuno e della ninfa Toosa, e questi chiamavasi Polifemo (il qual greco vocabolo significa celeberrimo) ed era considerato come il re di tutti gli altri, i quali furono pochi più di cento, ma tutti feroci ed antropofagi.
Era rappresentato con un berretto frigio coi sonagli, un bastone ed una maschera in mano, distintivi significanti che egli con sfrenata licenza plebea e con modi da pazzo censurava tutti, pretendendo di smascherarne i vizii. […] I Naturalisti per altro sin dal tempo di Linneo pare che li considerassero più bestie che uomini, poichè usarono a guisa di nome collettivo la Fauna per indicare complessivamente tutti gli animali che vivono in una data regione, nel modo stesso che dicono la Flora per significare tutti i fiori che si trovano nella regione medesima. […] Le feste Florali cominciavano in Roma il 28 di aprile e duravano sino a tutto il dì 1° di maggio, nei quali giorni v’era un gran lusso di fiori, di cui tutti facevano a gara a cingersi la testa e ornarne le mense e perfino le porte delle case. […] Ma gli aneddoti sconci ed abietti che raccontano di lui servono tutti a ispirar dispregio anzi che venerazione per esso.
Raccontano che Giunone essendosi accorta che Giove prediligeva Semele, figlia di Cadmo re di Tebe, volle vendicarsi della medesima, e trasformatasi nella vecchia Beroe nutrice di Semele, suggerì a questa di farsi promettere con giuramento da Giove di comparirle innanzi con tutta la maestà e tutti i distintivi con cui si mostrava in Cielo agli Dei. […] Gli altri nomi eran questi : Lenèo, Tionèo, Jacco, Bromio, Bassareo, Evio, tutti derivati dal greco, e molto in uso anche nei poeti latini, e qualcuno di questi, benchè più raramente, nei poeti italiani. […] Mida, che era avarissimo, chiese di poter trasformare in oro tutto ciò che toccava, e Bacco gliel’accordò ; ma presto egli ebbe a pentirsi di avere ottenuto una tal grazia, poichè quando si pose a mensa trovò con suo grande spavento che si cangiavano in solido oro non solo i vasellami e le stoviglie che egli toccava, ma pur anco tutti i cibi e le bevande che mettevasi in bocca, e presto sarebbe morto di fame in mezzo all’oro, se non avesse ottenuto da quel Nume benigno la cessazione di sì funesto dono. […] Testimoni i Germani, i Batavi, i Britanni e gli Sciti, e in una parola tutti i popoli nordici, bevitori di cervogia ossia birra, odiosissima a Bacco206. […] Quasi tutti i poeti lodano il vino ; ed anche gli astemii se ne fingono amantissimi : vale a dire adottano e celebrano, come è uso dei più, gli errori e le fantasie popolari predominanti.
II Il Caos e i quattro elementi Il Caos era considerato dagli Antichi come il principio di tutte le cose, poichè secondo la Cosmogonia di Esiodo, esso esisteva prima di tutti gli Dei e di tutte le Dee. […] Dante stesso fa dire a Virgilio esservi « ……. chi creda « Più volte il mondo in caos converso, » cioè ritornato nella prima mistura e confusione di tutti i suoi elementi2. […] Dopo che Esiodo aveva asserito che il Caos esisteva prima di tutti gli Dei, vennero altri a dire che il Caos stesso era un dio, ed aggiunsero che egli era stato l’ordinatore dell’Universo ; ed una volta che lo avevano personificato, dìssero ancora che aveva figli e che la sua moglie era la Notte. […] Sotto questo punto di vista nelle lingue moderne affini della latina, e specialmente nella italiana, furono accolti e adottati dai nostri poeti i miti dei Greci e dei Romani, non però tutti alla rinfusa e senza discriminazione, ma quelli soltanto o principalmente, che presentavano una più evidente, o almeno probabile spiegazione dei fenomeni fisici o morali.
Secondo gli antichi mitologi, ben pochi andavano in Cielo nel consesso degli Dei supremi e a mensa con essi a gustare il nettare e l’ambrosia ; e questi erano per lo più gli Eroi o Semidei, e non tutti, ma quelli soltanto che furono i più grandi benefattori della umanità. […] La pena generale per tutti i dannati al Tartaro era quella di esser tormentati dalle Furie e gettati nelle flamme del Flegetonte ; e le pene speciali si riferiscono soltanto a pochi, cioè a Issione, a Sisifo, a Tantalo, a Tizio gigante, a Flegia, a Salmoneo e alle Belidi o Danaidi. […] Il padre scellerato ed empio fu condannato nel Tartaro ad una pena che tutti i poeti greci e latini rammentano, ma niuno descrisse meglio di Omero (Odissea, xi.) […] In tal graduazione Dante si manifesta superiore non solo a tutti i poeti, ma pur anco ai legislatori ed ai criminalisti. […] Non tutti i dannati celebri dei Pagani introdusse Dante nel suo Inferno, perchè non volle che gli mancasse lo spazio per cacciarvi tanti storici personaggi dell’èra cristiana ed anche suoi contemporanei, di ogni classe e condizione, laici e cherci, poveri e ricchi, e perfino re e imperatori, e papi e cardinali.
Il volgo peraltro vi credeva di certo, perchè l’ignoranza fu sempre un terreno fertilissimo da allignarvi e crescervi qualunque più bestiale errore ; e la storia di tutti i tempi lo prova. […] I poeti poi quasi tutti, ed anche gl’italiani, rammentano il vago della Luna, Endimione e la sua Diva, il dormitore di Latmo. […] La Luna era adorata da quasi tutti i popoli idolatri ; e Cesare rammenta nei suoi Commentarii, che gli antichi Germani regolavano le loro imprese secondo le fasi lunari ; e stimavano più propizia per loro la luna nuova 139. […] Dante una sola volta nella Divina Commedia dà il nome di Trivia alla Luna : « Quale ne’plenilunii sereni « Trivia ride tra le ninfe eterne « Che dipingono il ciel per tutti i seni, ecc.
Il conoscer dunque le regioni infernali secondo che le hanno immaginate e descritte gli Antichi, è necessario non solo per intendere i classici greci e latini, ma altresì gl’italiani, e sopra gli altri Dante, che in questo è superiore a tutti gli antichi e ai moderni. […] Boschetti, giardini, e varii altri divertimenti v’erano come in prima vita, ma però non tutti, come noteremo particolarmente parlando dello stato delle anime dopo la morte : di straordinario e soprannaturale avevan soltanto la prescienza del futuro. […] Egli asserisce, non già sulla fede altrui, ma come testimone oculare (poichè finge di aver percorso egli stesso quelle regioni), che l’Inferno è formato di circoli concentrici come un anfiteatro ; che il primo cerchio che si trova, poche miglia sotto la superficie terrestre, è il più grande di tutti gli altri, i quali, vanno gradatamente decrescendo fino al centro del nostro globo, nel qual punto termina l’Inferno stesso ; che i cerchi son 9 ; ma il 7° è diviso in 3 gironi, l’8° in dieci bolge e il 9° in quattro compartimenti chiamati Caina, Antenora, Tolomea e Giudecca. […] Inoltre colle analisi spettrali che dimostrano nel Sole l’esistenza della maggior parte delle sostanze che si conoscono sul nostro globo239, si venne a confermare i raziocinii dei geologi, che cioè la Terra fosse in origine un globo in ignizione come il Sole, e che a poco a poco raffreddandosi avesse formato le rocce ignee, acquee, metamorfiche, ecc. ; insomma tutti i diversi strati, sull’ultimo dei quali abitiamo.
Eran tutti però molto alti e grossi, talchè da lontano tra la caligine infernale li aveva presi per torri, quantunque non apparissero che per metà, cioè dai fianchi in su ; e Virgilio lo disingannò dicendogli : « Acciò che il fatto men ti paia strano, « Sappi che non son torri, ma giganti. » Per quanto Dante ci confessi sinceramente ch’egli ebbe una gran paura al primo vederli, non lasciò per questo di guardarli bene e di misurarne a occhio le dimensioni ; e a forza di perifrasi e di confronti ci fa capire che quelli che vide dovevano essere alti in media più di venticinque braccia, ossia circa quattordici metri ciascuno, e di grossezza proporzionati all’altezza come nella specie umana. […] Il caso più strano di questa guerra si fu che tutti gli Dei, non che le Dee, ebbero una gran paura dei Giganti, e la massima parte fuggirono vilmente dal Cielo ; e per celarsi meglio e non esser riconosciuti, invece di travestirsi da plebei come fanno i principi fuggiaschi del nostro globo, si trasformarono in bestie ed alcuni anche in piante, e si ricovrarono quasi tutti in Egitto. […] Questa vittoria di Giove fu rammentata e celebrata da tutti i più illustri poeti antichi e moderni.
E quantunque non conoscessero in tutta la loro estensione che i principali mari interni di quello che ora chiamasi il Mondo antico, avevan però un’idea generale dell’Oceano che cinge da tutte le parti la Terra, e perciò lo chiamavan circumvagus, ossia che gira all’intorno, perchè vedevano da ogni parte dove finivan le terre da loro conosciute, una immensa e per loro incommensurabile estensione di onde salse, ove andavano a gettarsi le acque di tutti i più grandi fiumi. […] Scipione Africano partì dalla Sicilia andando con una flotta a fiaccare in Affrica la potenza cartaginese, fece dall’alto della nave una pubblica preghiera a tutti gli Dei e le Dee del mare, come lo stesso Tito Livio riferisce nella sua Storia, trascrivendo o componendo di suo le solenni frasi rituali. […] Proteo che si trasforma in tutti gli esseri, ossia corpi dei tre regni della Natura, rappresenta la materia che prende tutte le forme, la qual materia perciò con allusione mitologica elegantemente è chiamata proteiforme. Proteo conosceva qualunque segreto degli Dei e ciò che fosse utile o dannoso ai mortali, ma per rivelarlo ad essi bisognava che vi fosse costretto : così la materia contiene in sè tutti i segreti della Natura, ossia le leggi che regolano il mondo fisico, ma non le rivela, se non costretta.
LXVII L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii I Greci ed i Romani politeisti, oltre all’aver deificato tutti i fenomeni fisici e morali, come abbiam detto, attribuirono a queste Divinità pregi e difetti, virtù e vizii come agli esseri umani ; quindi vi furono divinità benefiche e divinità malefiche, come vi sono uomini buoni e malvagi ; ed anche le migliori divinità ebbero qualche difetto, come la stessa Minerva dea della Sapienza, della quale dissero che ambì il premio della bellezza, e, non avendolo ottenuto, si unì con Giunone a perseguitare per dispetto Paride ed i Troiani. […] Di tutte le affezioni dell’animo, e perciò di tutte le Virtù e di tutti i Vizii, hanno gli antichi ed i moderni poeti fatto la descrizione come di tanti esseri soprannaturali, di tante divinità o benefiche o malefiche ; e a seconda di queste descrizioni si sono aiutati gli artisti a rappresentarle in scultura e in pittura. […] E se nei pubblici monumenti non vedonsi che personificazioni di Virtù e di novelli pregi derivati dall’incremento e dal perfezionamento delle Scienze e delle Arti, nei poeti moderni trovansi ancora descritti e personificati i Vizii del loro secolo ; e basterà per tutti citare il Giusti, che ci rappresentò quelli predominanti a tempo suo (cioè nella prima metà del presente secolo) facendone poeticamente l’apoteosi mitologica nei seguenti versi : « Il Voltafaccia e la Meschinità « L’Imbroglio, la Viltà, l’Avidità « Ed altre Deità, « Come sarebbe a dir la Gretteria « E la Trappoleria, « Appartenenti a una Mitologia « Che a conto del Governo a stare in briglia « Doma educando i figli di famiglia, « Cantavano alla culla d’un bambino, « Di nome Gingillino, « La ninna nanna in coro, « Degnissime del secolo e di loro. »
Perciò il re invitò tutti i più coraggiosi e prodi giovani della Grecia a prender parte a questa caccia, e ne fe’capo il suo figlio Meleagro. Accorsero all’invito i più distinti eroi che vivessero in quel tempo : alcuni dei quali divennero anche più celebri in appresso per altre più importanti e mirabili imprese, come Giasone che fu poi duce degli Argonauti, Teseo vincitore del Minotauro, Piritoo suo fidissimo amico, Castore e Polluce gemelli affettuosissimi, che poi divennero la costellazione dei Gemini, l’indovino Anfiarao che fu uno dei sette prodi alla guerra di Tebe, Nestore ancora nella sua prima gioventù, Peleo che fu poi padre di Achille, Telamone padre di Aiace e Laerte di Ulisse ; dei quali tutti dovremo parlare anche in appresso. […] Raccontano i Mitologi ed i poeti, e più estesamente di tutti Ovidio nelle Metamorfosi, che quando nacque Meleagro, le Parche comparvero nella stanza ove Altea partorì, e, gettato nel fuoco un ramo d’albero, dissero : « tanto vivrai, o neonato, quanto durerà questo legno ; » e subito dopo disparvero63.
Non v’è termine nelle lingue moderne europee, che più di questo di Fato o Destino sia comune e frequente sulle labbra stesse del volgo ; e tutti l’usano nello stesso senso di legge suprema inevitabile. […] Quindi Orazio la chiama sœva Necessitas (crudel Necessità) e la rappresenta in atto di portar colla mano di bronzo lunghi e grossi chiodi da travi, e cunei, ossia biette o zeppe, e uncini e piombo liquefatto, simboli tutti di costrizione o coazione15 La parola Fortuna è di origine latina ; deriva da fors significante il caso ; Fortuna è dunque la Dea delle casuali vicende, ma per lo più buone ossia favorevoli agli uomini ; e perciò Cicerone ne deduce l’etimologia a ferenda ope, dal recar soccorso. […] Così fu ristretta fra certi limiti insormontabili non solo la potenza di Giove, ma quella pur anco di tutti gli altri Dei ; i quali spesso nei poeti pagani si lamentano pietosamente della inesorabilità del Destino come qualunque più misero mortale.
Afferma per altro che tutti eran d’accordo (e vi si unisce anch’egli) nella etimologia della parola Pan e nel simbolo indicato da questo Dio che, cioè, significhi il tutto e rappresenti perciò l’universa natura 10. […] « Temer si deve sol di quelle cose « Che hanno potenza di fare altrui male : « Dell’altre no, chè non son paurose, » diceva Dante nella Divina Commedia ; ma non tutti gli uomini e non sempre possono ragionare freddamente e conoscer subito la causa delle cose ; e per casi nuovi o ignorati o non preveduti avviene spesso che si alteri la fantasia, specialmente del volgo, e si tema ove nessuna ragion v’è di temere. […] Egli afferma che ai timori veri e necessari per la conservazion della vita si aggiungono sempre molti timori vani, da cui tutti gli uomini, chi più, chi meno, sono assaliti ; e quindi nota come immensamente più dannosa di qualunque altra vana paura la superstizione, che veramente, com’ egli dice, non è altro che un terror pànico (quœ vere nihil aliud quam panicus terror est).
Quasi tutti i popoli fecero i primi altari con piote erbose, e le alzavano sotto gli alberi coprendole di sacre palme ; quindi alle piote sostituirono le pietre, ed alle rozze pietre i mattoni, il marmo e i metalli più rari. […] Tarquinio il superbo le istituì per assuefare tutti i popoli latini a tener Roma in conto di città più ragguardevole e di capo luogo del Lazio, sì rispetto alla religione che alla politica. […] I cittadini stessi tenevan tavola aperta a tutti, e convitavano indistintamente amici e nemici, poveri e ricchi, incogniti, viaggiatori ec.
Cominciarono a dire che questa Dea, per la sua singolare e impareggiabil bellezza, era ambita in isposa da tutti gli Dei ; e questo è naturale e probabilissimo, e non sta di certo a disdoro di Venere ; ma poi vi aggiunsero che per voler di Giove suo padre fu data in moglie al più brutto, e che per di più era zoppo e tutto affumicato e fuligginoso per l’esercizio della sua professione di fabbro. […] Cupido è rappresentato come un fanciulletto, grazioso in apparenza benchè maligno in effetto, colle ali d’oro, e d’oro l’arco, gli strali e la faretra ; e si aggiunge dai poeti ch’egli è cieco o bendato ; e questi son tutti simboli dell’Amore facili a spiegarsi, ed a cui si fanno interminabili allusioni in verso e in prosa. […] Dante afferrò subito questa idea, e la espresse maravigliosamente in quella sublime terzina, che tutti sanno, o saper dovrebbero, a mente : « Non v’accorgete voi, che noi siam vermi, « Nati a formar l’angelica farfalla « Che vola alla giustizia senza schermi ?
Per questa stessa ragione che anticamente le poesie erano cantate e accompagnate dal suono di qualche musicale istrumento, tutti coloro che compongono poesie dicono sempre che cantano, ancorchè scrivano soltanto o belino versi da fare spiritare i cani, e da cantarsi al suon d’un campanaccio, come diceva scherzevolmente il Redi124. […] È dunque l’estro nel suo primitivo significato un insetto molestissimo alle bestie equine e bovine, e a tutti ben noto129. […] Il lauro d’allora in poi fu sempre la pianta sacra ad Apollo, che se ne fece una corona di cui portò sempre cinta la fronte ; e i poeti subito lo imitarono, e dopo i poeti anche i generali trionfanti e tutti gl’ imperatori, ancorchè non fossero poeti nè mai stati alla guerra.
Finchè il Paganesimo, che le spacciò per verità religiose, fu la religione degli Stati e dei popoli, è ben naturale che fossero da tutti celebrate ; ma pur anco i poeti e gli artisti cristiani, come abbiamo osservato di sopra, le stimarono degne delle arti loro. […] Egli fu il primo medico di cui le antiche tradizioni ci abbiano tramandato il nome, aggiungendo che nell’esercizio dell’arte salutare faceva cure tanto prodigiose, che guariva tutti i malati e perfino risuscitava i morti. […] Orazio nel Carme secolare, indica chiaramente con una sola strofa saffica tutti i principali attributi di questo Dio, fra i quali quello importantissimo di essere il nume dell’arte salutare : « Augur et fulgente decorus arcu « Phœbus, acceptusque novem Camœnis, « Qui salutari levat arte fessos Corporis artus.
E dovendo le Parche far questo lavorìo per ogni persona che veniva al mondo, non mancava loro occupazione : quindi Dante per contraddistinguere una di esse Parche senza nominarla, usò questa perifrasi : colei che di e notte fila, supponendo che tutti i suoi lettori sapessero bene la Mitologia, e che perciò capissero che egli intendeva di parlare di Làchesi. […] Non soltanto Ovidio tra gli antichi e l’Ariosto tra i moderni hanno fatto bellissime descrizioni della Casa del Sonno, ma quasi tutti i poeti parlano del Sonno e dei Sogni ; ed anche Dante racconta diversi sogni ch’egli ebbe nel suo viaggio allegorico. […] Basterà sentire la descrizione che l’ Ariosto fa dell’ Orco di Norandino nel Canto xvii dell’ Orlando Furioso per vedervi il vero modello di tutti gli Orchi delle più volgari novelle : « Mentre aspettiamo, in gran piacer sedendo, « Che da cacciar ritorni il signor nostro, « Vedemo l’ Orco a noi venir correndo « Lungo il lito del mar, terribil mostro.
Così, trovando il terreno preparato e disposto al fantastico e al maraviglioso, personificarono quasi tutti gli oggetti e i fenomeni dell’Universo, e primo d’ogni altro il Cielo, che perciò fu detto il più antico degli Dei. […] Da noi e presso molti altri popoli è abolito per legge tra i privati o sudditi di uno Stato ; e perciò tutti i figli ed anche le figlie hanno gli stessi diritti alla successione nei beni paterni ; ma si conserva nei regni ereditarii per non cagionare lo smembramento degli Stati nè le guerre di successione.
Sappiamo infatti anche dagli storici essere stata comune opinione che quegli stessi idoli degli Dei Penati venuti da Troia fossero custoditi dalle Vestali in luogo nascosto ai profani insieme col Palladio, sacre reliquie troiane, che nessun vide giammai, ma nella cui esistenza tutti credevano ; — e quando si tratta di credere, non v’è bisogno di dimostrazione ; sola fides sufficit. […] In quanto ai Lari, che questi fossero Dei familiari o domestici non può insorger questione, poichè li consideran tali tutti i Mitologi ed i poeti latini e pur anco gl’ Italiani : lo stesso Ugo Foscolo, peritissimo nelle lingue dotte e per conseguenza anche nella Mitologia, li chiama nel suo Carme I Sepolcri, come abbiamo veduto altrove, i domestici Lari.
Questa triplice distinzione richiama al pensiero l’ipotesi dei geologi e degli astronomi moderni sull’origine della Terra, che cioè essendo essa in principio una massa di materia incandescente, o in fusione ignea, non era atta alla produzione e conservazione dei vegetabili e degli animali ; che in appresso, in centinaia di secoli, a poco a poco raffreddandosi aveva formato la solida crosta del globo terrestre con tutti i diversi suoi strati ; e gradatamente prodotto tutti gli oggetti dei tre regni della Natura nelle diverse e successive epoche geologiche.
Ma poichè in oggi non si ammettono più le origini mitologiche e miracolose, quindi il Giusti, molto satiricamente, defini la Nobiltà : « Gente che incoccia maledettamente « D’esser di carne come tutti siamo, « E vorrebbe per padre un altro Adamo. » (La Vestizione.) […] Diremo per lo meno che qui è davvero applicabile la massima attribuita da Fedro a Giove : « Nisi utile est quod facimus, stulta est gloria. » Non è per verità molto utile neppure il conoscere quali furono le lettere inventate da Palamede, e quelle aggiunte da Simonide, mentre le altre furono attribuite a Cadmo ; tutt’ al più può essere una curiosità letteraria il sapere questa opinione degli Antichi : ma fu una vera pedanteria e ridicolezza il pretendere di distruggere il vocabolo alfabeto adottato nella lingua latina e in tutte le più colte lingue moderne, con tutti i suoi derivati e composti (alfabetico, alfabetare, analfabeta ecc.) per sostituirvene un altro di nuova formazione o etimologia.
L’adoravano ancora e le facevano splendidissime feste sotto il nome di Tesmòfora, cioè legislatrice, sapientemente considerando quel che anche oggidì ammettono tutti i pubblicisti e gli storici filosofi, che gli uomini solivaghi e nomadi, pescatori e cacciatori conduc endo una vita errante e senza dimora fissa, mal potevano assoggettarsi al consorzio sociale e vincolarsi con leggi ; e che solo allorquando per mezzo dell’agricoltura si fissarono su quei terreni che avevano coltivati, potè cominciare la civil società retta dal Governo e dalle leggi. […] Questo mito del ratto di Proserpina è tanto amplificato ed abbellito di straordinarie fantasie da tutti i poeti antichi e moderni, che troppo lungo sarebbe il voler tutte riportarle.
Per lui eran care delizie le risse e le zuffe, « E discordie e battaglie e stragi e sangue ; » e perciò a Giove stesso suo padre egli divenne fra tutti i celesti odioso, come troviamo scritto in Omero. […] Dante aveva osservato che gli astri riflettono una luce più rossa quando si vedono sul limite estremo dell’orizzonte, e specialmente dalla parte di ponente, ove son più spessi i vapori dell’atmosfera ; e tanto più questo fenomeno si manifesta nel pianeta di Marte, che per natura sua è sempre più rosso di tutti gli altri.
Poichè tutti i poeti epici han per costume di descrivere qualche tempesta in cui inevitabilmente incappano sempre i loro protagonisti o altri dei più famosi eroi, perciò Eolo ed i Venti figurano molto in tali descrizioni dei poeti pagani, e principalmente in Omero e in Virgilio. […] Più esatto di tutti è Dante, perchè più scienziato, e inoltre impareggiabile anche in astronomia.
Si tenevano tutti custoditi con molta cura, e solo una volta all’anno nel mese di marzo i sacerdoti del Dio Marte li portavano per le vie della città cantando e saltando secondo il rito. […] Il Dio Summàno, quantunque avesse un tempio in Roma, da prima nel Campidoglio, e poi, al tempo delle guerre di Pirro, presso il Circo Massimo, ove tutti gli anni si celebrava la detta festa il dì 20 di giugno ; e per quanto questo Nume sia rammentato da molti dei più celebri scrittori Latini, restò peraltro incerto per lungo tempo quale ufficio egli avesse.
Mercurio però col canto, col suono e con un soporifero fece completamente addormentare Argo, gli chiuse tutti i cento occhi, e poi gli tagliò la testa e liberò la vacca. […] Per quanto tutti i poeti antichi abbiano parlato magnificamente della dea Iride, descrittane la bellezza e chiamatala, come Virgilio96, fregio ed onore del cielo, eran per altro ben lungi dal conoscere le vere cause di questo splendido fenomeno.
Da circa 3000 anni quasi tutti i poeti, incominciando da Omero, ed incluso anche Dante, hanno parlato delle Sirene ; e raccogliendone tutte le descrizioni e le allusioni se ne formerebbe un volume. […] Tra i più eccellenti poeti d’ingegno divino e di mirabile fantasia l’Ariosto principalmente si dilettò di questo genere d’invenzioni ; e nel suo poema dell’ Orlando Furioso troviamo Cetacei a dovizia : « Pistrici, fisiteri, orche e balene « Escon dal mar con mostruose schiene. » E tra queste descrive il poeta più particolarmente « …… una balena, la maggiore « Che mai per tutto il mar veduta fosse : « Undici passi e più dimostra fuore « De l’onde salse le spallacce grosse : « Caschiamo tutti insieme in uno errore, « (Perch’era ferma e giammai non si mosse), « Ch’ella sia un’isoletta ci credemo ; « Così distante ha l’un dall’altro estremo. » Mirabile è poi sovra le altre la descrizione del modo con cui Orlando libera Olimpia dall’ Orca che stava per divorarla : « Tosto che l’Orca s’accostò, e scoperse « Nel schifo Orlando con poco intervallo, « Per inghiottirlo tanta bocca aperse, « Ch’entrato un uomo vi saria a cavallo.
Gli uomini di tutti i tempi, dai più antichi ai più moderni, hanno sempre mostrato curiosità di sapere l’origine di questo mondo, o vogliam dire dell’ universo ; e non solo tutte le religioni antiche degl’idolatri inventarono a modo loro una Cosmogonia, ma spesso anche i poeti e i filosofi ne hanno foggiate diverse l’una più strana dell’altra, a gara coi sacerdoti delle varie religioni1.
» Il maggior pregio di questo libro elementare consiste, a parer nostro, nella distribuzione delle materie, le quali sono ordinate in paragrafi numerati, e non contengono le ripetizioni inevitabili nei così detti Dizionarj della Favola, nè gl’ inconvenienti ormai a tutti noti del metodo per dimande e per risposte.
anche la Notte, ossia l’oscurità, l’assenza della Luce, era una Dea ; e tutti questi Dei e Dee avevano figli e figlie che erano altrettante Divinità ; le quali venivano a rappresentare i diversi effetti o fenomeni speciali, che, secondo le antiche idee (vere o false che fossero), dalla combinazione di quei principali elementi si producevano.
., tutti relativi al tempo.
E che questa Dea, prima della fondazione di Roma, fosse adorata in Alba e vi avesse un tempio e le sacerdotesse Vestali, lo deduciamo dallo stesso Tito Livio, non che da tutti gli altri storici e poeti latini, i quali concordemente ci narrano che Rea Silvia, che fu poi madre di Romolo, era stata costretta dallo zio Amulio a farsi Vestale.
Quando dunque dai Mitologi si parla di Dei stranieri adorati dai Romani non si deve intender delle greche Divinità che i Romani conoscevano e adoravano sin dall’origine di Roma, ma di tutte le altre di qualsivoglia nazione delle quali era ammesso o almeno tollerato il culto in Roma, dopo che fu accordata la cittadinanza romana a tutti i popoli conquistati.
Perciò il loro numero non potrebbero dirlo nemmeno i più valenti Geografi, in quanto che non sono stati a contar sul globo tutte le fonti, e tanto meno tutti i boschi e boschetti, a cui pur presiedevano almeno altrettante Ninfe.
Di questa sua folle empietà fu terribilmente punita nella causa stessa della sua ambizione o vanità, poichè Apollo e Diana invisibili a tutti saettarono a gara l’uno i figli e l’altra le figlie di Niobe ; e la madre per ineffabil dolore fu cangiata in pietra.