Verserò senza della man profana Il crudel ministero. […] Giove Soavemente colla man divina La carezzava: al fianco eragli il Nilo, Che con sette onde dà tributo al mare. […] Nò man può ritrovar onde l’annode. […] Una infelice e tetra notte oscura: Solo una man con tuo gran danno e scorno T’ha tolto i lumi, la vigilia e ‘1 giorno. […] Quando vi sarete entrato, vedrete sopra un muro a man dritta un gran quadro che rappresenta la presa di Troia, e a sinistra i Greci che s’imbarcano per il ritorno.
Omero la descrive così : « Sisifo altrove smisurato sasso « Fra l’una e l’altra man portava, e doglia « Pungealo inenarrabile. Costui « La gran pietra alla cima alta d’un monte, « Urtando con le man, coi piè puntando, « Spingea ; ma giunto in sul ciglion non era, « Che risospinta da un poter supremo, « Rotolavasi rapida pel chino « Sino alla valle la pesante massa. […] « Questi su quattro suoi giunti destrieri, « La man di face armato, alteramente « Per la Grecia scorrendo, e fin per mezzo « D’Elide, ov’è di Giove il maggior tempio, « Di Giove stesso il nome e degli Dei « S’attribuiva i sacrosanti onori. […] E ben fu degno « Ch’ei provasse per man del padre eterno « D’altro fulmine il colpo e d’altro vampo « Che di tede e di fumo ; e degno ancora « Che nel baratro andasse »269.
Diverse lingue, orribili favelle, Parole di dolore, accenti d’ira, Voci alte e fioche, e suon di man con elle, Facevan un tumulto, il qual s’aggira Sempre in quell’aria senza tempo tinta, Come la rena quando il turbo spira. […] Ella con l’una man la sferza impugna, Nell’altra ha serpi ; ed ambe intorno arrota, E grida e fere ; e delle sue sorelle Le mostruose ed empie schiere tutte Al ministero de’ tormenti invita. […] Questi su quattro suoi giunti destrieri, La man di face armato, alteramente Per la Grecia scorrendo, e fin per mezzo D’Elide, ov’è di Giove il maggior tempio, Di Giove stesso il nome e degli Dei S’attribuiva i sacrosanti onori. […] E ben fu degno Ch’ ei provasse per man del padre eterno D’altro fulmine il colpo e d’altro vampo Che di tede e di fumo ; e degno ancora Che nel baratro andasse. […] Se difendere omai più si potesse, Fôra per questa man difesa ancora.
« Quel si vede ondeggiar ; quei par che inciampino ; « Quel con un cembal bee ; quegli altri ridano ; « Qual fa d’un corno, e qual della man ciotola ; « Qual move i piedi in danza, e qual si ruotola. « Sopra l’asin Silen, di ber sempre avido, « Con vene grosse, nere e di mosto umide, « Marcido sembra, sonnacchioso e gravido ; « Le luci ha di vin rosse, enfiate e fumide ; « L’ardite ninfe l’asinel suo pavido « Pungon col tirso ; ed ei con le man tumide « A’crin s’appiglia, e mentre sì l’aizzano, « Casca nel collo, e i Satiri lo rizzano. » Bacco aveva diversi altri nomi e titoli.
« Le si fero d’appresso, e chi del loco « Re fosse, e su qual gente avesse impero « La domandaro ; ed ella pronta l’alto « Loro additò con man tetto del padre. […] « Mentre in Cariddi tenevam le ciglia, « Una morte temendone vicina, « Sei de’compagni, i più di man gagliardi, « Scilla rapimmi dal naviglio. […] « Le braccia apersi allora, e mi lasciai « Giù piombar con gran tonfo all’onde in mezzo, « Non lunge da que’ legni, a cui m’assisi « Di sopra e delle man remi io mi feci. […] « Uomini fummo, ed or sem fatti sterpi ; « Ben dovrebb’esser la tua man più pia, « Se state fossim’ anime di serpi. […] « ……Quegli in fretta « Le man distese, e prese il Duca mio, « Ond’Ercole senti già grande stretta.