XV Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera Il nome di Giunone ha la stessa etimologia di quello di Giove ; deriva cioè dal giovare (quod una cum Jove juvat, dicono i mitologi latini). I greci la chiamavano Era, che, secondo alcuni grecisti, sarebbe un’abbreviazione di Erate cioè amabile e, secondo altri, Era significa signora, ossia padrona 91). […] Il nome poi di Argo è rimasto celebre in tutte le lingue moderne affini alla greca ed alla latina, per significare antonomasticamente un uomo oculatissimo, cioè vigilantissimo ed a cui nulla sfugga. […] Newton sullo scorcio del secolo xvii fu il primo a distinguere che la luce solare era composta di un infinito numero di raggi di differenti gradi di rifrangibilità, e che allorquando questa luce è fatta cadere sopra un prisma, i raggi che la compongono son separati, e presentano per ordine questi sette colori, cominciando da quello meno refratto, cioè : rosso, arancio, giallo, verde, turchino, indaco e violetto. […] Anche in latino hera è sinonimo di domina, cioè padrona ; ed herus equivale a dominus, cioè padrone.
Ebbero ancora il Cielo e la Terra altri figli, cioè i superbi Titani, Cotto, Briareo e Gige, i quali aveano cento mani e cinquanta teste. […] Ponto, cioè il mare, dal suo commercio colla Terra ebbe il giusto Nereo, Taumante, Forci, Ceto ed Euritia. […] Giove Epidoto, cioè datore di beni, onorò Sparta severa. […] Le medaglie e gli altri monumenti antichi c’insegnano facilmente ciò che dovea sostenere; la patera, cioè, e lo scettro, simboli consueti della regina degli Dei. […] Cammillo, cioè ministro degli Dei, lo dissero gli Etruschi con nome ai Beoti ancora comune.
All’invito di Giasone accorsero gli Eroi da tutte le parti della Grecia, alcuni dei quali eran già stati con lui alla caccia del cinghiale di Calidonia, cioè Teseo, Piritoo, Castore, Polluce e Telamone ; ed altri di cui non si è ancora parlato, cioè Calai e Zete figli di Borea, Ercole, Orfeo, Linceo, Tifi, Tideo, ecc. […] Troppo lungo e monotono sarebbe il racconto di tutti e singoli gl’incidenti, che per lo più son comuni alla maggior parte dei viaggi marittimi narrati dai poeti, come, per esempio, qualche tempesta, qualche combattimento coi popoli delle coste marittime o delle isole, qualche pericolo di scogli o di sirti ; in quella vece ci arresteremo piuttosto a riferire un episodio di nuovo genere, imitato anche dall’Ariosto, e rammentato più d’una volta dall’Alighieri, cioè la liberazione del re Fineo dalle Arpie. Le Arpie eran mostri che Dante dipinge così : « Ale hanno late e colli e visi umani, « Piè con artigli e pennuto il gran ventre, « Fanno lamenti in sugli alberi strani. » E bisogna aggiungere quel che ne dicono i poeti greci e i latini, che cioè questi mostri avevano l’istinto di rapire i cibi dalle mense e di contaminarle con escrementi che fieramente ammorbavano. […] Perciò dai Latini è spesso indicato col patronimico Æsonides, cioè figlio di Esone, e coll’aggettivo Pagasaeus da Pagasa (ora Armiro,) città marittima della Tessaglia, rammentata anche da Plinio il naturalista, ed ove Valerio Fiacco dice che fu costruita la nave Argo. […] Dante in un sol verso accenna questo fatto, anzi ne fa una perifrasi del nome di Issipile, o Issifile, dicendo nel Canto xxii del Purgatorio : « Vedesi quella che mostrò Langia, » cioè la fontana detta Langia, ad Adrasto e a’compagni di lui.
I poeti classici greci diedero perciò a Bacco il titolo di Ditirambo, e i poeti latini di Bimater, cioè figlio di due madri, che meglio direbbesi due volte nato, perchè la così detta seconda madre non era una femmina, ma un maschio. […] Egli aveva sempre l’aspetto di giovane197, con volto reso più rubicondo dalle copiose libazioni di vino ; in testa una corona di ellera e di corimbi, ed anche di pampini con grappoli d’uva pendenti ; in mano un tirso (cioè una verga a cui era attortigliata l’ellera, oppure i pampini) ; una pelle di tigre o di pantera gli ricuopriva in parte le membra, nude in tutto il resto ; e viaggiava in un carro tirato da animali feroci, per lo più tigri o pantere. […] Nel corteo di Bacco e a celebrare i Baccanali, secondo le favole, v’era pur anco la « Capribarbicornipede famiglia » dei Satiri, come scherzevolmente, con parola significante la forma dei Satiri, la chiama il Redi ; e tra i Satiri v’era l’aio di Bacco, cioè il vecchio Sileno, che dall’essere continuamente ubriaco non reggevasi in equilibrio neppur sulla groppa del suo asinello. […] Anche le Baccanti avevano altri nomi, cioè di Menadi, Tiadi, Bassaridi ; il primo dei quali significa furenti, il secondo impetuose, ed il terzo è derivato da uno degli appellativi di Bacco accennati di sopra. […] Tre figli nacquero da questo matrimonio di Bacco, ed ebbero nomi relativi alla vite, all’uva ed al vino, cioè Evante, che significa fiorente ; Stafilo, nome derivato da staphis che era una specie di vite e d’uva anticamente chiamata stafusaria ; ed Enopio, che vuol dire bevitor di vino.
XI) che agli Dei davasi il titolo di Padre in segno di affettuosa venerazione ; e l’Oceano lo merita al par di Giove, e pei grandi benefizii che arreca agli uomini colle innumerevoli e maravigliose produzioni ; ed anche, secondo la Mitologia, pel gran numero dei suoi figli, che Esiodo fa ascendere a 6000 ; cioè 3000 fiumi e 3000 ninfe Oceanine. […] Le Ninfe Oceanine, così chiamate perchè figlie dell’Oceano e di Teti, erano, secondo Esiodo, 3000 ; e solamente di 41 ce ne dice il nome, di cui farò grazia al lettore, riserbandomi a nominarne qualcuna a tempo e luogo, quando cioè converrà raccontare che prese marito e fu madre di qualche altra Divinità. […] Queste Ninfe, che eran qualche centinaio, hanno or l’uno or l’altro nome, cioè di Doridi derivato dalla madre, o di Nereidi dal padre ; ma il secondo è il più comunemente usato dai poeti, i quali annoverano fra le Nereidi la stessa Amfitrite moglie di Nettuno e la ninfa Teti madre di Achille. […] E fu saggio consiglio l’affidar la protezione dei naviganti e le due cose più da loro desiderate, cioè la calma del mare ed il ritorno in porto, a due Divinità che avevan provato le più terribili procelle di questo mare infido della vita222. […] A questo Nume costituito in sì umile ufficio attribuirono una prerogativa degna dei più grandi Numi e dello stesso Giove, quella cioè di prevedere il futuro ; ed inoltre di poter prendere qualunque forma che più gli piacesse.
L’adoravano ancora e le facevano splendidissime feste sotto il nome di Tesmòfora, cioè legislatrice, sapientemente considerando quel che anche oggidì ammettono tutti i pubblicisti e gli storici filosofi, che gli uomini solivaghi e nomadi, pescatori e cacciatori conduc endo una vita errante e senza dimora fissa, mal potevano assoggettarsi al consorzio sociale e vincolarsi con leggi ; e che solo allorquando per mezzo dell’agricoltura si fissarono su quei terreni che avevano coltivati, potè cominciare la civil società retta dal Governo e dalle leggi. […] Quindi i Misterii Eleusini, cioè i riti arcani che si celebravano nelle feste di Cerere in Eleusi. […] Quando poi s’incominciò a rappresentare l’estate presso a poco come Cerere, cioè colla corona e col covone di spighe, e inoltre la falce da grano, parve anche necessario l’aggiungere il distintivo del mazzo di papaveri all’immagine della dea Cerere. […] Dante che ben volentieri riporta nella Divina Commedia anche le punizioni mitologiche dei delitti umani, e specialmente dell’empietà, non avrebbe trascurato di riferire anche questa, se contro i fanciulli insolenti e molesti non ne avesse trovata una più solenne e tremenda nella Bibbia, quella cioè dei fanciulli che per aver beffato il profeta Eliseo della sua calvizie, furono divorati dagli orsi ; e se ne valse per fare una perifrasi dei nome di quel profeta : « E qual colui che si vengiò55 con gli orsi « Vide ’l carro d’ Elia al dipartire, « Quando i cavalli al cielo erti levorsi, « Sì come nuvoletta, in su salire. » Un altro celebre miracolo mitologico attribuito a Cerere è rammentato da molti poeti, e dallo stesso Dante, e perfino dal Giusti ; ed è la punizione dell’empietà di Eresittone. […] Ma in italiano in questo senso figurato è poco usata la parola Cerere, e invece si preferisce l’aggettivo latino cereale, cioè appartenente a Cerere ; e si usa al plurale in forza di nome, dicendosi i cereali per significar le biade o le granaglie.
Quanto poi a Porrima e Posverta, Ovidio e Macrobio asseriscono che esse erano o sorelle o compagne di Carmenta, e che la prima, cioè Porrima, indovinava le cose accadute, e la seconda, cioè Posverta, le future. […] Le feste Robigali, cioè in onore del Dio Robìgo, facevansi per implorare da questo Dio che tenesse lontana la ruggine dalle biade. […] Bellona, il cui nome è di origine tutta romana, derivando da bellum cioè dalla guerra, era creduta sorella del Dio Marte ed auriga del medesimo nelle battaglie, quando egli combatteva dal suo carro. […] Zandonella in un suo articolo inserito nell’Ateneo di Firenze del 15 febbraio 1874, esaminando il nome Monsummano « applicato a borgo e monte nel Veneto e nella Val di Nievole » mentre non approva « l’etimologia di Monsummano da Sommo Mane (il Plutone dei Pagani) che fu adottata dal Proposto Gori e poi dal Tigri nella descrizione di Pistoia e suo territorio, » e invece riconosce giusta la conclusione del Preller, non nasconde per altro che le notizie date dal dotto autore tedesco non discordano punto da quelle, più erudite del Giornale Arcadico stampato in Roma nel 1820, cioè mezzo secolo prima degli scritti del Preller. — Avvertimento agli ammiratori di tutto ciò che è straniero, e non curanti o dispregiatori di ciò che è nostro.
Aggiungono i Pagani che in questo tempo anche gli Dei celesti soggiornavano cogli uomini, perchè erano innocenti ; ma quando questi divennero malvagi, gli Dei si ritirarono tutti, e ultima partì Astrea, cioè la Giustizia32. […] Nel tempo che Saturno si trattenne nel Lazio insegnò a quei rozzi e semplici popoli a seminar le biade, primo fondamento dell’agricoltura ; e il nome stesso di Saturno si fa derivare dal latino Satum, cioè dal seminare 34. […] Fu gratissimo al suo ospite Giano, poichè prima di tutto insegnò ai popoli del Lazio l’agricoltra, e li rese così più sicuri del loro nutrimento al cessare dell’età dell’oro ; e poi accordò a Giano stesso due singolari privilegi, quello cioè di prevedere il futuro, e l’altro di non dimenticarsi mai del passato. Giano in tutto questo racconto dell’esilio di Saturno e dell’età dell’oro, ci comparisce un semplice mortale, quantunque ottimo re ; ma altrove lo troviamo rappresentato come portinaio della celeste reggia, e come il Dio che fa girare le sfere e l’asse del mondo38, cioè il Dio del moto ; e finalmente come il mediatore dei mortali presso gli altri Dei. […] La Grecia non ha alcun Dio pari a questo, asserisce Ovidio nei Fasti, ed anche Cicerone e Macrobio fanno derivare dal latino anzi che dal greco il nome di Giano (quasi Eanus ab eundo, cioè dall’andare).
Cinque fiumi scorrevano nelle regioni infernali, cioè lo Stige, l’ Acheronte, il Cocìto, il Flegetonte e il Lete. […] Oltre i quattro fiumi dell’Inferno Pagano, cioè l’Acheronte, lo Stige, il Flegetonte e il Cocìto si trovano nell’ Inferno di Dante cascate d’acqua, paludi, pantani, un gran lago gelato, argini, ponti, torri, un castello « Sette volte cerchiato d’alte mura, « Difeso intorno da un bel fiumicello, » e finalmente, tralasciando ogni altra singolarità, la città di Dite, ossia del fuoco con mura ferruginose, e dentro, invece di case, cassoni di ferro rovente, pieni di dannati. […] Questa curiosità d’investigare l’interna struttura e material composizione del globo terrestre, divenuta potente sull’animo degli scienziati, li condusse passo passo, di osservazione in osservazione, di raziocinio in raziocinio a creare recentemente una nuova scienza, la Geologia, che comprende la Geogonia, cioè la storia dell’origine della Terra e la Geognosia, vale a dire la scienza della struttura interiore della solida crosta del nostro globo238. […] Tutte le scienze da qualche tempo congiurano amichevolmente ad ottenere lo stesso fine ed effetto, di scuoprire cioè l’origine del nostro pianeta e la fisica costituzione di esso anche internamente. […] Inoltre colle analisi spettrali che dimostrano nel Sole l’esistenza della maggior parte delle sostanze che si conoscono sul nostro globo239, si venne a confermare i raziocinii dei geologi, che cioè la Terra fosse in origine un globo in ignizione come il Sole, e che a poco a poco raffreddandosi avesse formato le rocce ignee, acquee, metamorfiche, ecc. ; insomma tutti i diversi strati, sull’ultimo dei quali abitiamo.
Non ammetteva idoli ; ed il suo culto, cioè quello di Zoroastro, era un’adorazione dell’Essere eterno rappresentato sotto il simbolo del fuoco. […] Contavansi tra’Giudei tre sètte distinte, i Farisei, i Saducei e gli Essenj ; ma nel mentre che i Romani vennero a cinger d’assedio Gerusalemme, queste sètte si fusero in quella degli Zelanti, cioè di coloro che voleano scacciare i Romani o perire sotto le ruine del tempio. […] Pure se noi siamo colpevoli, perchè non ci trattate da pari nostri, cioè come gli altri colpevoli ? […] Solo si attende quello che è lo scopo del pubblico odio, cioè la confessione del nome e non l’esame del delitto. […] Con un altro titolo ingiurioso noi siamo accusati, cioè come inutili per ogni affare.
Egli era figlio di Giove e della Ninfa Maia una delle sette figlie d’Atlante che furon cangiate nella costellazione delle Pleiadi ; quindi Mercurio dai poeti trovasi denominato Atlantiade, cioè nipote di Atlante148. Dai Greci era chiamato Erme, che significa interprete ; perciò il nome stesso indica l’ufficio suo principale, quello cioè di messaggiero degli Dei. […] La prima, cioè la verga sola, significava l’ufficio che aveva Mercurio di condurre le anime dei morti al regno di Plutone, e richiamarle alla vita secondo la dottrina della Metempsicosi, ossia della trasmigrazione delle anime155 ; la seconda, ossia la verga coi serpenti, indicava che questo Dio consideravasi allora come ambasciatore di pace ; e perciò il caducèo era il distintivo che i Pagani davano ai loro ambasciatori : ora è divenuto il simbolo del Commercio, che è arte di pace, e prospera utilmente per tutti soltanto in tempo di pace156. […] Son due trasformazioni, cioè quella del pastor Batto in pietra di paragone e di Aglauro in livido sasso. […] Il significato di questo mito s’intende facilmente ; indica cioè che l’onestà degli uomini si mette alla prova col denaro ; e la conclusione o morale della favola è questa : chi, nelle cose illecite, per lucro favorisce, per lucro tradisce.
Ciascuna di esse presiedeva ad un’ arte speciale, cioè : Calliope al poema eroico ; Polinnia all’ode ; Erato alle poesie erotiche, ossia amorose ; Clio alla storia ; Talia alla commedia ; Melpomene alla tragedia ; Euterpe al suono degl’ istrumenti ; Terpsicore al ballo e Urania all’ astronomia127. […] Per altro Ugo Foscolo ne ha intredotto, nel suo Carme I Sepolcri, uno dei più rari a trovarsi anche nelle lingue dotte, quello cioè di Pimplèe, dato alle Muse, perchè talvolta soggiornavano sul monte Pimpla, o presso la omonima fonte in Macedonia sui confini della Tessaglia. […] Ora però è a dirsi che i poeti hanno attribuito anche a sè stessi in gran parte questa facoltà di presagire il futuro, dicendosi inspirati dal loro Dio ; e perciò si chiamarono Vati, cioè indovini o profeti : dalla qual voce poi si derivò e compose il nome vaticinio e il verbo vaticinare 131. […] A Dante non sfuggì neppur questo mito ; anzi per la stessa ragion che lo mosse nella invocazione alle Muse a rammentare la punizione delle Piche, cioè a terrore degl’invidi, rammentò poi nell’invocare Apollo la punizione di Marsia : « Entra nel petto mio, e spira tue, « Sì come quando Marsia traesti « Dalla vagina delle membra sue. » (Parad. […] Gli avvenne d’invaghirsi di una Ninfa chiamata Dafne figlia di Peneo, la quale essendosi consacrata a Diana, e fatto voto di non prender marito, non solo ricusò di sposare, ma neppure volle ascoltare Apollo, e datasi a fuggire pregando gli Dei a sottrarla da tal persecuzione, fu cangiata in quella pianta di cui portava il nome, cioè in alloro, poichè Dafne in greco significa lauro.
XVII Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina Due erano i nomi principali che più comunemente si davano a questo Dio, cioè Apollo e Febo. […] Questa zona del cielo fu detta con greco nome Zodiaco, cioè zona di animali, perchè le costellazioni che vi si trovano (meno una sola) hanno il nome di diversi esseri animati. […] Discorrendo di nobiltà di sangue 112) con un vanerello par suo, cioè con Epafo figlio di Giove e della Ninfa lo, già vacca e poi Dea, si trovò impegnato per fanciullesco puntiglio a dimostrare ad Epafo ed al mondo che egli era figlio di Apollo col guidar per un giorno il carro della luce. […] Fetonte fulminato cadde nel Po113), sulle rive del quale fu pianto e sepolto dalle sorelle dette Eliadi, cioè figlie del Sole ; le quali vinte dal dolore e dall’ afflizione furono trasformate in pioppi e le loro lagrime in ambra 114). […] Dal greco nome Eos che significa l’Aurora hanno i poeti formato Eoo che vorrebbe dire orientale, per indicare uno dei cavalli del sole ; e di più si son serviti di questo stesso vocabolo come aggettivo poetico, invece del più comune, cioè orientale.
Indigeti è parola di etimologia tutta latina, sia che debbasi interpretare inde geniti, o in diis agentes, cioè generati sulla Terra, o ascritti fra gli Dei. […] La voce Eroi, divenuta tanto comune in verso e in prosa non solo nelle lingue dotte, ma pur anco nella italiana e nelle altre lingue affini, è di origine greca ; ed i filologi antichi, incominciando da Servio commentator di Virgilio, ne danno tre diverse etimologie,45deducendole da tre diverse accezioni in cui trovasi usata quella voce, cioè di Semidei, di Dei Indigeti, e di uomini divenuti illustri o per dignità o per imprese di sovrumano valore. […] Prima di por termine a questo Capitolo convien fare un’altra osservazione generale ; ed è questa : che attribuendosi oltre che una forza straordinaria, anche una lunghissima vita a tutti gli Eroi, non devesi calcolare la loro media e la loro probabile esistenza secondo le moderne tavole di Statistica ; e basta soltanto il sapere quel che dice Omero del Pilio Nestore, il più vecchio dei Duci che andarono alla guerra di Troia, che cioè « Di parlanti con lui nati e cresciuti. […] Servio nel commento all’egloga 4ª di Virgilio deduce il nome di Heros da Hera significante, secondo esso, la Terra : quindi Eroe, secondo Servio, corrisponderebbe a Indigete, che abbiamo detto di sopra significare indes genitus cioè è terra genitus.
VIII Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre Abbiamó detto nel N. V, che Vesta Prisca moglie di Urano era considerata come la Dea della Terra : ora aggiungiamo che anche due altre Dee, cioè Cibele e Tellùre, avevano la stessa rappresentanza. — Eran forse uguali e comuni i loro uffici, oppure diversi e disgiunti ? […] Questa triplice distinzione richiama al pensiero l’ipotesi dei geologi e degli astronomi moderni sull’origine della Terra, che cioè essendo essa in principio una massa di materia incandescente, o in fusione ignea, non era atta alla produzione e conservazione dei vegetabili e degli animali ; che in appresso, in centinaia di secoli, a poco a poco raffreddandosi aveva formato la solida crosta del globo terrestre con tutti i diversi suoi strati ; e gradatamente prodotto tutti gli oggetti dei tre regni della Natura nelle diverse e successive epoche geologiche. […] xii chiama Cibele la Madre Idèa, cioè adorata sul monte Ida : « Cerere poi che dalla Madre Idèa « Tornando in fretta alla solinga valle, ecc. » 44.
Nei primi tempi non fecero distinzione fra stelle e pianeti ; e questi pure chiamarono stelle ; e solo quando si accorsero che avevano un movimento molto diverso da quello apparente delle Stelle, e apparentemente molto irregolare, li chiamaron pianeti, cioè corpi erranti. […] Prima di tutto però rammenteremo quel che fu detto altrove, che cioè avanti la nascita di questi due Numi figli di Giove e di Latona, il Sole e la Luna esistevano da gran tempo ; e quanto al Sole accennai che era regolato da un Titano di nome Iperione. […] Anzi Dante considerando forse che un simil vocabolo trovasi anche in Ebraico in significato di eccelso (poichè deriva da El, uno dei nomi ebraici di Dio), l’adoprò con questa doppia allusione per indicare l’ eccelso Sole, cioè Dio, quando nel C. […] Altri mitologi invece raccontano che l’isola di Delo fu sollevata da Nettuno con un colpo di tridente dal fondo del mare ; e questo racconto pure si può spiegare con un fatto geologico, che cioè per la forza del fuoco centrale del nostro globo si sollevano le montagne sulla terra e le isole dal fondo del mare.
Il nome latino di Mars (Marte) consideravasi una abbreviazione di Mavors, che significa, come dice Cicerone, magna vertens 174, cioè che sconvolge grandi cose ; significato funesto, e pur troppo vero nei terribili effetti della guerra. […] Da Marte deriva l’aggettivo marziale adoperato non solo nel linguaggio militare, come nelle espressioni tenuta marziale, aspetto marziale, corti marziali (o consigli di guerra), legge marziale (o stato d’assedio), ecc. ; ma anche nel linguaggio della chimica, come sostanze o preparati marziali, in cui cioè entra in composizione il ferro181. […] Chi conosce o studia la lingua latina sa bene che i Romani usavano l’aggettivo bellus, a, um nel significato non di pulchrum, cioè bello, ma più comunemente di comodo e utile. […] Trovasi infatti in Cicerone : Marte nostro, per significare colle nostre forze, cioè col nostro ingegno e senza l’aiuto di alcuno.
Afferma per altro che tutti eran d’accordo (e vi si unisce anch’egli) nella etimologia della parola Pan e nel simbolo indicato da questo Dio che, cioè, significhi il tutto e rappresenti perciò l’universa natura 10. […] E il Dio Pane gareggiando con Apollo ad onorare in quella pianta la prediletta Ninfa, formò di sette canne di diversa lunghezza, unite fra loro colla cera, un musicale stromento, che in greco chiamavasi col nome stesso della Ninfa, cangiata in canna, cioè Siringa, in latino fistula e in italiano sampogna 11. […] i delle Metamorfosi, che cioè Mercurio per addormentare Argo non solo suonasse la lira, ma gli raccontasse pur anco la favola di Pane e Siringa : « S’io potessi ritrar come assonnaro « Gli occhi spietati, udendo di Siringa, « Gli occhi a cui più vegghiar costò sì caro ; « Come pittor che con esemplo pinga « Disegnerei com’ io m’addormentai ; « Ma qual vuol sia che l’assonnar ben finga. » Il Dio Pane, mancatagli la sposa che ambiva, si ammogliò in appresso colla Ninfa Eco, la quale era stata da Giunone cangiata in voce, in punizione della sua loquacità, e condannata a tacere se nessun le parlava, ed a ripeter soltanto le ultime voci di chi le dirigeva il discorso : favola ricavata evidentemente dai noti effetti del fenomeno acustico dell’Eco. […] Dai Romani ebbe questo Dio anche il nome di Luperco (ab arcendis lupis) dal tener lontani i lupi dal gregge ; e si celebravano le feste Lupercali, in onore cioè di Luperco, ossia del Dio Pane, nel mese di febbraio.
XIX La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno Al pari di Apollo aveva Diana diversi ufficii non solo in Cielo ed in Terra, ma pur anco nell’Inferno ; e secondo ciascuno di questi rappresentavasi in 3 diverse forme ; quindi ebbe il titolo di Dea Triforme 135. […] In Roma v’era un tempio dedicato a Diana Noctiluca, cioè alla Luna che splende di notte, nel qual tempio tenevano accesi i lumi tutta la notte innanzi alla statua di questa Dea. […] Alcuni mitologi aggiungono che anche Arcade figlio di Callisto fu cangiato in una costellazione detta Arctophylax, cioè custode dell’Orsa : più comunemente però si chiama Boote, ossia il bifolco 142. […] Diana aveva in Efeso un famoso tempio, considerato come una delle 7 maraviglie del mondo, che fu arso, pur d’acquistar fama ancorchè infame, da Erostrato Efesio la notte in cui nacque Alessandro Magno, cioè il 6 di giugno, 356 anni avanti l’era cristiana.
Del nome di Venere che le fu dato dai Latini, ed è divenuto tanto comune nelle lingue affini, Cicerone dà questa etimologia e significazione : Venus, quia venit ad omnia, perchè cioè la bellezza s’avviene in tutte le cose184. […] Venere era considerata in principio come Dea dell’Amore, e poi le fu aggiunto per questo particolare attributo un figlio chiamato Eros dai Greci e Cupido dai Latini186 ; ed inoltre un corteo di tre figlie col nome a tutte comune di Càriti in greco e di Grazie in latino, e con un altro proprio e particolare a ciascuna di esse, cioè Aglaia, Talìa ed Eufrosine. […] E le donne antiche e le moderne ne capiron bene il significato, che cioè l’arte nell’abbigliamento favorisce la venustà, o almeno nasconde in parte i danni dell’età. […] Infatti Dante, nel Canto xxvii del Purgatorio, assomiglia la bellezza di Lia (che nello stile biblico e religioso significa la vita attiva) a quella di Citerèa, cioè di Venere, considerata come il pianeta che ne porta il nome : « Nell’ora, credo, che dell’orïente « Prima raggiò sul monte Citerèa, « Che di fuoco d’amor par sempre ardente, « Giovane e bella in sogno mi parea « Donna vedere andar per una landa « Cogliendo fiori, e cantando dicea : « Sappia qualunque il mio nome dimanda, « Ch’io mi son Lia, e vo movendo intorno « Le belle mani a farmi una ghirlanda. » 184.
Credendo per altro che esistesse anche in Cielo il diritto di primogenitura 20, a subentrare nel regno sarebbe toccato regolarmente al primogenito, cioè a Titano. […] I moderni astronomi, che seguendo il sistema Copernicano abolirono anche le sfere, non che il loro movimento intorno al nostro globo, diedero il nome di Urano al pianeta scoperto da Herschel nel 1781, imitando così gli antichi astronomi, che ai pianeti più vicini al centro del loro sistema planetario avevano dato il nome dei principali figli di Giove, e al più lontano quello del padre di esso, cioè di Saturno ; perciò al pianeta che è più lontano di Saturno assegnarono il nome del padre di questo, cioè di Urano.
VIII, ed anche altre Divinità Superiori ai principali prodotti della Terra, cioè Cerere alle biade, Bacco al vino, Vulcano alla metallurgia, ecc. ; e lasciando libero il freno alla immaginazione videro Divinità da per tutto, nei monti, nei fiumi, nelle fonti, nelle selve e perfino nelle piante, come col microscopio si vedono da per tutto brulicar gl’insetti e gl’infusorii. […] Agostino, cioè in più di quattro secoli, poichè i Pagani avevano libertà di adottare anche gli Dei stranieri, e poi per mezzo della cerimonia detta l’Apoteosi facevano diventar Divi i loro Imperatori dopo la morte, e spesso li consideravano tali anche in vita4. […] Senza occuparci della distinzione che fanno i canonisti della Simonia a pretio, a precibus, ab obsequio, ci contenteremo della definizione che ne dà l’Alighieri pel 1° capo, cioè per la Simonia a pretio : « O Simon Mago, o miseri seguaci, « Che le cose di Dio, che di bontate « Deono essere spose, e voi rapaci « Per oro e per argento adulterate, « Or convien che per voi suoni la tromba, « Perocchè nella terza bolgia state. » 6.
Da Tito Livio e da Cicerone sappiamo che esistevano in Roma sino dai primi secoli della Repubblica più e diversi tempii dedicati alla Pietà, alla Fede, alla Libertà, alla Speranza, alla Concordia, alla Pudicizia, alla Virtù militare, all’Onore, alla Vittoria ed alla Salute pubblica, cioè alla più felice conservazione dello Stato. […] Anche Orazio mette in versi la preghiera di un ladro a Laverna, Dea dei ladri, in cui alla furfanteria è congiunta la ipocrisia colle parole da justum sanctumque videri, perchè cioè quel ladro non si contentava di rimanere impunito, ma voleva anche apparire agli occhi del mondo uomo santo e pio per ingannare più facilmente il prossimo suo. […] E se nei pubblici monumenti non vedonsi che personificazioni di Virtù e di novelli pregi derivati dall’incremento e dal perfezionamento delle Scienze e delle Arti, nei poeti moderni trovansi ancora descritti e personificati i Vizii del loro secolo ; e basterà per tutti citare il Giusti, che ci rappresentò quelli predominanti a tempo suo (cioè nella prima metà del presente secolo) facendone poeticamente l’apoteosi mitologica nei seguenti versi : « Il Voltafaccia e la Meschinità « L’Imbroglio, la Viltà, l’Avidità « Ed altre Deità, « Come sarebbe a dir la Gretteria « E la Trappoleria, « Appartenenti a una Mitologia « Che a conto del Governo a stare in briglia « Doma educando i figli di famiglia, « Cantavano alla culla d’un bambino, « Di nome Gingillino, « La ninna nanna in coro, « Degnissime del secolo e di loro. »
Da queste idee pagane del Fato e della predestinazione derivò in filosofia il Fatalismo, il creder cioè e l’asserire che le nostre azioni non sono libere, ossia non dipendono dalla nostra libera volontà, ma da legge irrevocabile e da forza insuperabile del destino, come i fenomeni fisici. […] Ma se non è accettabile il concetto pagano che la Fortuna sia un essere soprannaturale esistente sin dalla origine del mondo o degli angeli (tra le altre prime creature), quando però ivi si afferma che « Colui lo cui saver tutto trascende, (cioè Dio) « Ordinò general ministra e duce « Che permutasse a tempo li ben vani « Di gente in gente e d’uno in altro sangue « Oltre la difension de’ senni umani, » s’intende facilmente che con questo linguaggio poetico si vogliono significare le occulte disposizioni della Provvidenza, imprevedibili ed inevitabili dai mortali. […] Nella Mitologia greca per altro si dà il potere del Fato alle Mire, cioè alle Parche.
Di Pandora stessa raccontasi pur anco da alcuni mitologi, che Giove, nel regalarle il fatal vaso, le avesse ordinato di portarlo a Prometeo ; ma questi il cui nome significa provvido o cauto, non volle aprirlo ; ed avendolo essa portato quindi ad Epimeteo, il cui nome significa l’opposto, cioè improvvido o incauto, questi l’aprì. […] Su questa favola il poeta Eschilo compose tre celebrate tragedie, che facevan seguito l’una all’altra, cioè Prometeo portator del fuoco, Prometeo incatenato e Prometeo liberato. — Di queste esiste soltanto la seconda, cioè : Prometeo incatenato.
Ma convien notare che tre di questi nomi, cioè il Sole, la Terra e la Luna son sinonimi di Apollo, Vesta e Diana, registrati di sopra tra i consiglieri di Giove ; poichè è avvenuto in tutte le religioni idolatre, che prima si diedero diversi nomi a una stessa divinità secondo i suoi diversi attributi, o poi questi diversi titoli a loro attribuiti furon considerati come rappresentanti altrettante divinità. […] Giove sposò Giunone elevandola al grado di regina del Cielo, ed ebbe da essa Marte, Vulcano ed Ebe ; e poi da altre Dee, ed anche da donne mortali, altri figli in gran numero, tra i quali qui noteremo soltanto quelli che furono divinità di prim’ordine, cioè Apollo, Diana, Mercurio e Bacco. […] Ai sette pianeti visibili ad occhio nudo, e perciò conosciuti ancora dagli antichi, diedero questi il nome di sette divinità del primo ordine, cioè la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove e Saturno ; e gli stessi nomi assegnarono ancora ai giorni della settimana.
Soltanto del più impetuoso e del più mite fra loro, cioè di Borea e di Zeffiro, narrano brevemente qualche fatto. […] Di Zeffiro abbiamo già detto altrove che egli sposò la Dea Flora e le diede potestà sui fiori ; e questa favola significa soltanto che il tepido vento chiamato Zeffiro o Favonio favorisce la vegetazione delle piante fanerogame, cioè che producono fiori. […] Quand’egli dice nel Canto xi dell’Inferno, « Che i Pesci guizzan su per l’orizzonta « E’l Carro tutto sovra’l Coro giace, » accenna con precisione astronomica che eran due ore prima dello spuntar del Sole in quel giorno del mese di marzo che aveva prima indicato, poichè appunto in quell’ora che egli voleva significare appariva la costellazione dei Pesci sulorizzonte, e inoltre la costellazione del Carro, ossia dell’Orsa maggiore giaceva tutta sovra’l Coro, cioè fra settentrione ed occidente, ossia presso a poco a ponente-maestro o nord-ovest, come ora direbbesi.
Al terzo però soltanto, cioè al figlio di Giove e di Giunone, alluder sogliono i poeti, e vi ebbe pure chi della sola Giunone lo volle figlio, come altri dissero di Marte. […] Agli Dei terrestri aggiunger si possono ancor gl’ Indigeti, cioè, quegli uomini che per le loro azioni meritaron gli onori divini. […] Giove però convertilo in pioggia d’ oro, cioè corrompendo coll’ oro i custodi, seppe penetrar nella torre. […] Fu quindi Chirone rappresentato come Centauro, cioè mezzo uomo e mezzo cavallo. […] Furono poi trasportati in cielo amendue nella costellazione de’ Gemelli, ed ebbero amendue il nome comune di Dioscuri, cioè figli di Giove, e di, Tindaridi, cioè figli di Tindaro; e in somma venerazione erano entrambi, presso de’ naviganti, perchè il loro apparire dicevasi portator del bel tempo.
Aveva per compagni la terribile Enio (Enyo), dea della strage in guerra, e Dimo e Fobo, cioè il Timore e lo Spavento; anche Eris, la contesa, erane inseparabile. […] Il vento tempestoso uccide Argo, cioè oscura il sole e fa che la nuvola scorra qua e là per le regioni del cielo. […] Al maschio Faunus corrisponde la dea Fauna, cioè la propizia, la buona, detta anche Fatua come divinatrice e Maia o Bona Dea, cioè la dea che accresce, che aumenta i prodotti della terra e la ricchezza degli uomini. […] Questi ultimi si dicevano figli di Issione e di Nefele, cioè una nuvola foggiata da Giove a somiglianza di Era. […] Già s’ è avuto occasione di ricordare le avventure delle figlie di Cadmo, e de’ loro figliuoli, cioè di Ino madre di Melicerte, di Semele madre di Dioniso, di Agave madre di Penteo; e già s’ è toccata anche la sorte toccata al figlio della più vecchia Autonoe, cioè Atteone, mutato in cerva e sbranato da’ suoi cani per castigo di aver vista in bagno Artemide, o come altri narrava, per essor venuto a gara con lei di abilità cacciatrice.
Molti sono i lavori di questo Dio, descritti e celebrati dai poeti ; e di alcuni avremo occasione di parlare in appresso nel ragionar di quei personaggi per cui furono eseguiti : qui basterà soltanto accennarne due, cioè gli automi ed i fulmini. […] Passando ora a parlare dei Ciclopi, dei quali si è fatto un sol cenno col dire che tre di essi, cioè Bronte, Sterope e Piracmone aiutavano Vulcano a fabbricare i fulmini a Giove, noteremo prima di tutto l’etimologia del loro nome, che è composto di due parole greche ciclos (circolo) e ops (occhio), per indicare la straordinaria particolarità a loro attribuita di aver cioè un sol occhio circolare « Di targa e di Febea lampade in guisa « Sotto la torva fronte, » come dice Virgilio.
Il solo modo di render bugiardo l’Oracolo era troppo crudele, cioè di uccider subito la figlia ; e Acrisio non fu così snaturato come furono in appresso Aristodemo ed Agamennone, i quali non esitarono ad uccider le loro figlie, non già per salvarsi la vita, ma per ambizione di regno. […] Questi nomi dati dagli Antichi a cinque delle costellazioni boreali si conservano tuttora dai moderni Astronomi, i quali ci dicono pur anco di quante stelle è formata ciascuna di queste costellazioni, cioè Perseo di 6551 ; Andromeda di 27 ; Cefeo di 58 ; Cassiopea di 60, e il Pegaso di 91. […] Ho dato questo cenno in conferma di quanto osservai nel precedente capitolo, che cioè bisogna cercar le origini storiche dei popoli antichi nella Mitologia.
« Bastiti, e batti a terra le calcagne ; « Gli occhi rivolgi al logoro che gira « Lo rege eterno con le rote magne. » I mitologi pretendevano ancora di sapere i nomi delle Sirene, e ne rammentano tre, cioè Lisia, Leucosia e Partenope ; ed aggiungono che la sirena Partenope andò a morire sulla costa del Tirreno dove fu poi fabbricata una città che in memoria di lei ebbe il nome di Partenope o Partenopea, e che in appresso rifabbricata fu detta, come dicesi ancora, Napoli, che significa città nuova. […] Tali ci furon descritte le più terribili Orche dagli antichi poeti, quella cioè che devastò la Troade ai tempi dello spergiuro Laomedonte, e l’altra da cui Perseo liberò Andromeda : e di queste dovremo parlare lungamente a suo tempo. […] Dante rammenta le balene nel fare una sapiente e filosofica osservazione, che cioè la Natura non ha da pentirsi di aver creato animali marini e terrestri di dimensioni e di forze tanto più grandi e potenti di quelle dell’uomo, perchè non avendo loro accordato l’argomento della mente, vale a dire l’intelligenza e il raziocinio, l’uomo che ne è fornito può non solo difendersi da essi, ma vincerli e dominarli, facendoli servire o vivi o morti ai suoi proprii vantaggi234.
Bacco in riconoscenza e rendimento di grazie, fece innalzare in quel luogo un tempio, che fu detto Ammone cioè Arenario, per essere collocato in mezzo all’arena del deserto e nel quale Giove era adorato sotto la figura di un montone. […] Un tale avvenimento dette origine al proverbio di Catone : mullum interesi inter os eto ossam cioè : motto cammino v’è tra la tazza e il labbro. […] Asfalione. — Detto anche Asfalio, cioè tutelare, soprannome che veniva dato a Nettuno. […] Ippomene ebbe col soccorso di Venere il premio, avendo seguito il consiglio della dea di gettare cioè lungo il cammino dei pomi di oro che Atalante si fermò a raccogliere invece di seguitare la corsa. […] Atamanti. — Venivano così detti i figli di Atamaso cioè Prisso, Melicerte e Learco.
Molti asseriscono che le antichissime e fantastiche tradizioni mitologiche alludono alle grandi catastrofi della Terra, cioè diluvj, inondazioni, eruzioni di vulcani, sprofondamenti di paesi, apparizioni d’isole, pestilenze e carestie ; ed allora potrebbero esser dette favole fisiche. […] Nella terza eran collocati i Semidei, cioè tutte le divinità supposte prole di un Nume o di una Dea, come Ercole, Esculapio, Castore, Polluce, ec., e con essi gli eroi che avevano meritata l’ immortalità, come Achille, Ettore Ulisse, ec. […] Gli Dei della prima classe abitavano il cielo nella reggia d’ Olimpo, o presiedevano alla terra, al mare o all’ inferno ; e dodici di essi componevano il consiglio celeste, cioè : Giove, Giunone, Nettuno, Cerere, Mercurio, Minerva, Cibèle, Apollo, Diana, Venere, Marte e Vulcano. […] La chiamarono anche Tellus, dal presiedere alla terra, come Saturno aveva presieduto al cielo ; ed Ops, cioè soccorso, ricchezza, perchè stimavano che procacciasse ai mortali ogni sorta di beni. […] Quindi era chiamato anche Ippio ossia equestre ; e Ippodromio, cioè, preside degli equestri certami.
Infatti risalendo alla Cosmogonia dei Pagani, la materia era eterna, il Caos era un Dio, ed erano Divinità anche gli elementi che lo componevano, cioè il Fuoco ossia la Luce, l’Aria, l’Acqua e la Terra. […] Oggidì che hanno sì gran credito gli studii preistorici sugli uomini primitivi dell’età delle armi di pietra e delle abitazioni lacustri, di quel tempo cioè in cui i nostri antenati Europei eran forse più rozzi dei selvaggi dell’America scoperti da Colombo, non potrà stimarsi meno importante lo studio intorno alle origini delle idee morali che ebbero tanta efficacia sulla civiltà greca e romana.
Saturno memore del patto di famiglia convenuto col fratello maggiore Titano, di non allevar cioè figli maschi, il primo che gli nacque da sua moglie Cibele, lo divorò. […] Così nelle vicende mitologiche di Saturno troviamo rappresentate, e quasi storicamente narrate come avvengono tra gli uomini, la maggior parte delle vicende politiche di un regno, cioè successione per abdicazione del padre, patti di famiglia, violazione dei medesimi, guerre, detronizzazioni, prigionie, congiure ed esilio.
Dante stesso fa dire a Virgilio esservi « ……. chi creda « Più volte il mondo in caos converso, » cioè ritornato nella prima mistura e confusione di tutti i suoi elementi2. I corpi elementari, secondo gli antichi, non erano più di quattro, cioè : terra, aria, acqua e fuoco 3 ; mentre i fisici e i chimici moderni colle loro analisi, ne hanno per ora distinti e caratterizzati più di 60 ; e non si stancano di cercarne, nè disperano di trovarne molti altri.
XLII Bellerofonte Quest’Eroe fu pronipote di Eolo, nipote di Sisifo e figlio di Glauco, della dinastia dei re di Efira, cioè di Corinto. […] Anzi sulla base o radicale di questa parola si son formati in italiano vocaboli di cui non esistono gli equivalenti neppure in latino, cioè il verbo chimerizzare e i nomi chimerizzatore e chimerizzatrice, i quali sebbene sieno poco usati parlando, pur si trovano registrati nei nostri Vocabolari.
Questa trasformazione è fondata sopra due somiglianze, quella cioè del nome di Licaone che deriva dal greco licos che significa lupo, e l’altra degl’istinti feroci di questo animale con quelli di quel re bestiale, primo modello dei più efferati tiranni. […] Per lo scopo nostro, cioè in relazione al diluvio, basta il parlare delle roccie acquee per conoscere come la scienza ammette e dimostra il gran cataclisma del diluvio.
Il più bel tempio però e la più famosa statua di questa Dea erano in Atene : la statua distinguevasi col nome di Parthenos (la vergine), cioè statua della vergine, e il tempio chiamavasi il Partenone, cioè sacro alla vergine, sottinteso Atena, vale a dire Minerva.
Si disse Delio dall’isola di Delo, ov’ebbe i natali, e dava oracoli sei mesi dell’anno, cioè la primavera e l’estate, e gli altri sei in Patara, città della Licia, nell’ Asia Minore, donde acquistò anche il nome di Patareo(f). […] Omero non ne accenna che due, Lampo cioè, e Faetonte(b). […] Esiodo dice, che la Luna era figlia di uno de’ Titani, cioè d’ Iperione, il quale la ebbe da Tia, una anch’ella delle Titanidi, per cui la Luna fu chiamata Titania (b). […] Tre volte si cantava in lode del vincitore un Inno, detto Callinico : una volta cioè nel luogo, ov’era coronato ; l’altra nel ginnasio, dov’erasi esercitato prima d’esporsi al pubblico certame ; e la terza in patria da’suoi concittadini. […] Il suo carro è una vasta conchiglia, tirata sulla superfizie del mare da animali anfibj, cioè mezzo cavallo e mezzo pesci, chiamati anche Ippocampi, vale a dire cavalli, che aveano due piedi soli, e la coda di pesce(d).
In antico furono pochi, cioè quelli soli della messe e della vendemmia ; ma il numero delle feste aumentò con quello degli Dei. […] Vi furono i Flamini maggiori, i tre, cioè, di Giuve, di Marte e di Quirinu, ed i Flamini minori pel culto degli altri Dei.
Il popolo generalmente considerava questi Dèmoni o Genii come Dei che regolassero le vicende della vita degli uomini ; e dagli effetti li distingueva in agatodèmoni e in cacodèmoni, cioè in buoni e in cattivi spiriti. Anche i più celebri filosofi della Grecia, anzi del mondo, cioè Socrate, Platone e Aristotele, espressero la loro opinione su questi Dèmoni, o spiriti, o genii.
La pena generale per tutti i dannati al Tartaro era quella di esser tormentati dalle Furie e gettati nelle flamme del Flegetonte ; e le pene speciali si riferiscono soltanto a pochi, cioè a Issione, a Sisifo, a Tantalo, a Tizio gigante, a Flegia, a Salmoneo e alle Belidi o Danaidi. […] Essi in fatti nelle dispute non adducevano altra ragione che l’Ipse dixit, cioè le parole del loro maestro : ipse autem erat Pythagoras, come dice Cicerone.
I principali tra questi ultimi erano que’che spiravano dai quattro punti cardinali del cielo, Borea o Aquilone cioè dal settentrione, Euro da levante, Austro o Noto da mezzogiorno, Zefiro da ponente. […] Pretendesi da alcuni che non se ne contassero che tre dagli antichi perchè non eranvi che tre stagioni, cioè la primavera, l’estate e l’inverno. […] A questo Lino che era Tebano e secondo alcuni fratello di Orfeo si attribuiscono diverse opere, cioè quelle sull’origine del mondo, sul corso del sole e della luna, sulla natura degli animali e delle piante. […] Questo tempio fu chiuso sotto il regno di Numa una sol volta ; dopo la seconda guerra punica un’altra volta, cioè l’anno di Roma 519 e tre volte sotto il regno di Augusto. […] Edipo conobbe che in questo animale si figurava l’uomo, perchè l’uomo sul mattino della sua vita, cioè quando è bambino, se ne va carponi, onde si può dire che cammini con quattro gambe ; sul mezzogiorno, cioè mentre dura il fiore della sua vita, cammina su due piedi, e venuta finalmente la sera della sua vecchiezza, è costretto ad aiutarsi col bastone, onde qui pur dir si può che con tre piedi, e non più con due cammini.
Giove, ovvero, come altri dicono, Temi avea decretato, che dei due fanciulli, i quali doveano nascere, l’uno cioè da Alcmenà, l’altrò da Nicippe, figlia di Pelope, e moglie di Stenelo, re di Micene ; quegli, che fosse comparso il primo alla luce, avesse ad esercitare sull’ altro assoluto dominio (a). […] Passò il Greco Eroe dopo sette giorni alla spiaggia de’ Lestrigoni, popoli selvaggi, che Omero denomina antropofagi, cioè mangiatori d’uomini, poichè tal’era il loro cibo. […] Altri le danno per figliuole Irene, Dice, ed Eunomia, cioè la Pace, la Legge, e l’Equità(e). […] E’ questa l’indole di chi ama d’essere adulato, di lasciarsi cioè trasportare ove meglio piace all’ Adulatore. […] In Anzio pure, città de’ Volsci, in Italia, eravi un magnifico tempio, dedicato alle Fortune Gemelle, cioè alla buona e alla cattiva.
Sulla Cosmogonia dunque creduta vera dai Greci e dai Romani, e ammessa come base dei loro miti, convien trattenersi alquanto, considerando il principio generale da essi riconosciuto, che la materia fosse eterna, cioè fosse sempre esistita, ma tutta confusa e mista, in una massa rozza ed informe chiamata Caos (Ovid., Metam.
IX Vesta Dea del fuoco e le Vestali Ad una delle figlie di Saturno e di Cibele fu dato il nome stesso dell’ava, cioè di Vesta ; e per distinguere l’una dall’altra fu aggiunto all’ava l’aggettivo di Prisca o Maggiore, e alla nipote quello di Giovane o Minore.