Quantunque abbiamo trovato prima d’ora, e troveremo anche in appresso, qualche Divinità che, a giudicarne dalla forma, si prenderebbe piuttosto per un mostro di natura che per un essere soprannaturale, il Dio Pane richiama maggiormente la nostra attenzione per gli uffici che gli furono attribuiti, e per quanto ragionan di lui non solo i poeti, ma anche gli storici e i filosofi. […] Ma la spiegazione che soglion dare delle diverse parti della figura del Dio Pane, e più specialmente delle corna, dei velli e degli zoccoli caprini, non solo i Mitologi quanto ancora il celebre filosofo Inglese, potrà sembrare ai dì nostri piuttosto uno sforzo d’immaginazione, che una indubitabile interpretazione, poichè dicono sul serio che le corna significano i raggi del Sole e la Luna crescente, i velli gli alberi e i virgulti del nostro suolo, e i solidi zoccoli caprini la stabilità della Terra. […] Dante rammenta la favola di Siringa nel Canto xxxii del Purgatorio ; e, com’è suo stile di esser concisissimo e presentare al lettore più idee che parole, qui è più conciso che altrove, poichè con una sola similitudine e in soli due versi e mezzo, riunisce due miti, ed allude evidentemente al racconto che ne fa Ovidio nel lib. […] Il matrimonio del Dio Pane con questa Ninfa sembra significare che solo ai detti suoi l’Eco rispose. […] È però usato nelle lingue moderne comunemente, e parlando e scrivendo, e trovasi anche registrato nei vocabolarii non solo italiani, ma altresì in quelli francesi, inglesi e spagnuoli : anzi gl’Inglesi l’usano assolutamente come nome.
Quello poi della sera si fece da Potizio solo, perchè Pinario non v’arrivò che tardi. […] Il vincitore non inferocì di più contro il vinto, e solo si contentò di esiliarlo nell’Isola di Citera. […] Gli Dei la chiamano Moli, ed eglino solo potevano facilmente raccorla. […] Esiodo dice, che Temi è la madre non solo delle Ore, ma anche delle Parche. […] Il Lupo vive solo di furti, come fanno i ladri.
Tre soli, ciascuno di diversa famiglia, potevano fare in Atene siffatto sacrifizio. […] Al di fuori lo ungevano d’olio, e poi vi saltavano sopra, studiandosi di rimanervi ritti con un solo piede. […] Questa Festa fu detta Ascolia dal greco verbo, ascoliazin, saltar con un solo piede sopra l’otre. […] Così si fece ; e Poliso stessa fu non solo autrice, ma ministra eziandio dell’esterminio. […] I soli cittadini liberi v’intervenivano, e n’erano esclusi i servi, i quali si dicevano monofagi, ossia che mangiavano soli.
Ma come quest’ ultimo fu il più rinomato, così a lui solo venne attribuito anche quello, che non gli apparteneva. […] Questi scoperse la frode togliendo il grasso, e per punire non solo Prometeo, ma gli altri uomini ancora, tolse il fuoco, e lo seppellì sotto terra. […] Ulisse rimase solo nella carena, che dal vento fu portalo sopra Cariddi, ove la carena fu inghiottita. […] Questi uniscono i due corpi in un solo fornito di ambi i sessi. […] A’ conviti che celebravansi dopo i sacrifici presedevano gli Epuloni, che prima furon tre soli, poi cinque, sette, e infine a dieci.
E in questo stesso significato si usa nelle scienze anche oggidì, per non star sempre a rammentare il nome di Dio : e non solo nelle scienze fisiche, ma pur anco nelle scienze morali, come per esempio, dove si tratta del diritto naturale. […] ii dei Principii di scienza nuova : « Quindi tanti Giovi che fanno maraviglia a’filologi ; perchè ogni nazione gentile n’ebbe uno, de’quali tutti gli Egizi per la loro boria dicevano il loro Giove Ammone essere lo più antico, sono tante Istorie fisiche conservateci dalle favole, ecc. ecc. » Fortunatamente in progresso di tempo di tutti quei Giovi, Mercurii, Ercoli ecc., se ne fece un solo Giove, un solo Mercurio, un solo Ercole ecc., vale a dire si attribuirono ad un solo tutti gli uffici e le imprese degli altri loro omonimi.
Le Feste Caristie erano un solenne convito fra i parenti ed affini che si riunivano annualmente in questo giorno alla stessa mensa, non solo in attestazione e conferma del loro reciproco affetto, ma principalmente per avere occasione di sopire in mezzo alla comune letizia qualche discordia che fosse nata fra taluni di loro nel corso dell’anno. […] Il buon popolo di Numa non solo vide co’suoi propri occhi il miracolo, ma udì anche una voce dal Cielo che prometteva ai Romani la maggior potenza finchè avessero conservato quello scudo. E Numa ne fece costruire altri undici, non solo simili, ma tanto uguali che neppur l’artefice seppe in appresso distinguere qual fosse quello caduto dal Cielo. Si tenevano tutti custoditi con molta cura, e solo una volta all’anno nel mese di marzo i sacerdoti del Dio Marte li portavano per le vie della città cantando e saltando secondo il rito. Quei sacerdoti eran chiamati Salii dal saltar che facevano processionalmente ; e l’inno che essi cantavano essendo stato composto ai tempi di Numa, era divenuto inintelligibile a loro stessi : solo dall’esservi più volte ripetuta la parola Mamurio si credè che quel vocabolo fosse il nome dell’artefice degli undici ancili, poichè dicevasi per tradizione che egli null’altro premio avesse richiesto dell’ opra sua che di esser rammentato nell’inno saliare.
E perciò Dante, poeta e filosofo, invoca non solo Apollo e le Muse, ma altresì l’alto ingegno che lo aiuti122. Abbiamo in proverbio anche in italiano che Musica e Poesia nacquer sorelle ; e infatti sin dagli antichissimi tempi, sappiamo dalle istorie, che cantavansi gl’inni accompagnandoli col suono degli strumenti ; anzi spesso vi si univa contemporaneamente anche il ballo, e non solo fra gli idolatri, ma pur anco nel popolo eletto 123. […] 132 e ne hanno non solo l’esempio delle Muse nella metamorfosi delle Piche, ma altresì di Apollo, che in un modo più tremendo (e diremo ancora crudele) fece scorticar vivo il satiro Marsia, dopo averlo vinto nella sfida da lui ricevuta a chi meglio cantasse. […] Gli avvenne d’invaghirsi di una Ninfa chiamata Dafne figlia di Peneo, la quale essendosi consacrata a Diana, e fatto voto di non prender marito, non solo ricusò di sposare, ma neppure volle ascoltare Apollo, e datasi a fuggire pregando gli Dei a sottrarla da tal persecuzione, fu cangiata in quella pianta di cui portava il nome, cioè in alloro, poichè Dafne in greco significa lauro. […] Neppure i poeti latini del secol d’oro usaron mai la parola estro per l’ispirazione poetica : solo nel secolo d’argento, trovasi nella Tebaide del poeta Stazio in quello stesso significato che talvolta gli si dà in italiano.
Al desolato fratello convenne continuar solo il viaggio marittimo che ebbe termine nella Colchide ov’era diretto. […] In questa comune e nazionale impresa per altro il solo Giasone è quello di cui si raccontano fatti straordinarii e maravigliosi, degni di poema ; gli altri Eroi vi rappresentan soltanto una parte molto secondaria ; ma appunto per questo vi è maggiore unità e si rende più facile e più breve la narrazione. […] Dante, amico non timido amico al vero ed al retto67, dopo aver narrato l’inganno di Giasone, non fa come certi lassisti 68 che scusano facilmente i così detti errori giovanili : per lui qualunque inganno dannoso al prossimo, in qualunque età commesso, è non solo meritevole di punizione, ma anche di pena maggiore dell’omicidio ; e perciò mette Giasone nella prima bolgia dell’Inferno fra i dannati che eran puniti « Da quei Dimon cornuti con gran ferze « Che li battean crudelmente di retro ; » e soggiunge : « Tal colpa a tal martirio lui condanna, « Ed anche di Medea si fa vendetta. […] Con tale aiuto potè egli solo compier l’impresa, rimanendo spettatori e pieni di maraviglia gli stessi Eroi suoi compagni. […] Nella sua schiavitù ebbe Issipile a custodire il piccolo figlio di Licurgo, chiamato Ofelte, o altrimenti Archemore ; ed avendolo lasciato solo in un prato per mostrare ad Adrasto e a’suoi compagni la fontana Langia non molto distante, al suo ritorno trovò il bambino morto pel morso velenoso di un serpente ; ed oltre al dispiacere provato avrebbe dovuto subire anche la morte, se non la di fendevano Adrasto e i suoi compagni.
Io dunque non intendo di scrivere un trattato di Mitologia appositamente per gli studiosi delle lingue greca e latina ; chè sarebbe un portar vasi a Samo e nottole ad Atene, mentre sì fatti libri di antichissima e minuta erudizione esistono in tutte le lingue e specialmente in latino, e se ne trovano ancora tradotti in italiano dal francese e dal tedesco ; ma son libri troppo eruditi e di una erudizione troppo antiquata, e contengono un cibo non solo difficile alla assimilazione, ma talvolta ancora ostico, o almeno poco soave al gusto. […] Chi leggerà questo libro troverà, che quasi tutte le scienze, dall’astronomia che è la più antica, alla geologia che è la più moderna, hanno tratte dai vocaboli mitologici molte delle loro denominazioni, la cui etimologia, o vera spiegazione del termine, può solo dedursi dalla cognizione della Mitologia. […] Considerando poi che le Arti Belle non hanno mai cessato da tremila anni, neppur dopo la caduta della religione pagana, di rappresentare in tavole e in tele, in bronzi e in marmi le più poetiche e leggiadre personificazioni delle idee mitologiche ; e che di tal genere trovansi antichi e moderni capi d’opera di scultura e di pittura, non solo nelle pubbliche gallerie e nei palagi dei maggiorenti, ma pur anco nelle piazze e nelle strade, non in Roma soltanto, ma per tutta Italia, la cognizione della Mitologia si rende necessaria non solo ai cultori delle Arti Belle, ma altresì a chiunque non ami di apparir rozzo ed insensibile al bello artistico, che tanti stranieri richiama dalle più lontane regioni in Italia ad ammirarlo.
Metempsicòsi è parola greca che significa trasmigrazione delle anime ; questa dottrina suppone che le anime degli estinti, dopo essere state un certo numero di anni (che i più fissano a mille) negli Elsii o nel Tartaro, ritornino in questo mondo, entrando nei corpi non solo degli uomini nascituri, ma pur anco dei bruti254. […] « Sitibondo mostravasi, e una stilla « Non ne potea gustar : chè quante volte « Chinava il veglio le bramose labbra, « Tante l’onda fuggìa dal fondo assorta, « Sì che appariagli ai piè solo una bruna « Da un Genio avverso inaridita terra. […] In tal graduazione Dante si manifesta superiore non solo a tutti i poeti, ma pur anco ai legislatori ed ai criminalisti. […] « L’ipotesi dell’ anima del mondo, dice il Pestalozza, non è erronea per sè stessa, ma pel solo motivo che in essa l’anima s’immedesima colla divina sostanza, supponendosi emanata da questa, ovvero sussistente eternamente con essa. » Questo stesso filosofo rosminiano chiama Antropomorfismo il politeismo greco e romano, perchè, dic’ egli, « gli Dei della natura presero forma e natura umana. […] Perciò non solo poeticamente, ma storicamente scriveva Ugo Foscolo nel suo Carme dei Sepolcri : « Testimonianza ai fasti eran le tombe « Ed are ai figli ; uscian quindi i responsi « De’domestici Lari, e fu temuto « Sulla polve degli avi il giuramento : « Religïon che con diversi riti « Le virtù patrie e la pietà congiunta « Tradussero per lungo ordine d’anni. » 261.
XIII Difetti e vizii del Dio Giove Anche sulle labbra degli analfabeti, che non sieno privi affatto di qualunque idea di religione, udiamo sovente il comune proverbio, che è solo Iddio senza difetti. Ma gli antichi Pagani ammettevano nei loro Dei non solo difetti, ma pur anco azioni talmente nefande che sarebbero punibili tra gli uomini nella civil società. […] Parve esorbitante e tirannico questo supplizio agli stessi Dei, che inoltre rimasero indispettiti delle pretese di Giove di arrogarsi per sè solo la facoltà di creare gli uomini ; ma invece di protestare con parole o con dimostrazioni clamorose, asserirono il loro diritto, esercitandolo di fatto e creando una donna fornita di tutte le più rare doti di corpo e di spirito, la quale chiamarono Pandora, che in greco significa tutto dono, perchè tutti avevano contribuito a darle qualche particolar pregio. […] Questo è l’ordito della favola, secondo i più ; ma poi vi si fanno sopra tanti ricami e intorno intorno tante aggiunte e frangie, da tener lungamente occupato chi volesse darne di tutte la descrizione e la spiegazione : è questo l’argomento prediletto non solo dei poeti, ma pur anco di molti filosofi nostri e stranieri.
Anche il culto di Ercole Tebano fu introdotto nella stessa regione da Evandro ed accolto dai popoli limitrofi in ringraziamento dell’averli Ercole liberati da quel mostro dell’assassino Caco, « Che sotto il sasso di monte Aventino « Di sangue fece spesse volte laco. » Della qual liberazione e del qual culto non solo ragionano a lungo Virgilio nel lib. […] Lo stesso Numa Pompilio che inventò tante cerimonie e pratiche religiose, non aggiunse alcun Dio a quelli adorati al tempo di Romolo ; e solo fece credere che quanto egli ordinava gli fosse suggerito dalla Ninfa Egeria. […] Per altro raramente i poeti greci e i latini rammentano qualche divinità delle altre nazioni, e solo alcuni di loro fanno un’eccezione per le principali Divinità Egiziane, che sono Osìride, Iside ed Anùbi. […] Sono tuttora soggetto d’interminabili dispute non solo il feticismo e l’interpretazione dei geroglifici, ma pur anco le piramidi, gli obelischi, l’istmo, le oasi, il delta, le bocche o foci del Nilo e la stessa sorgente di questo fiume.
E poichè è un’alta gloria di quel piccolo fiume l’aver fatto paura egli solo al tremendissimo Achille, che non aveva paura di alcuno, non sarà discaro il sentire con quale impetuosa eloquenza il Xanto incoraggiava il fratello Simoenta ; e poi quanto fu grande lo sgomento di Achille che disperatamente si lamentava, e pietosamente si raccomandava agli Dei che lo salvassero. […] Parlata del Tevere ad Enea, quando gli comparve in sogno : « O sate gente Deûm, trojanam ex hostibus urbem « Qui revehis nobis, æternaque Pergama servas, « Expectate solo Laurenti, arvisque latinis ; « Hic tibi certa domus, certi (ne absiste) Penates. […] « Iamque tibi, ne vana putes hæc fingere somnum, « Litoreis ingens inventa sub ilicibus sus, « Triginta capitum fetus enixa, jacebit ; « Alba, solo recubans, albi circum ubera nati. […] Non solo Ovidio ed altri poeti raccontano questo fatto mitologico, ma pur anco Strabone il geografo e Pausania lo storico lo registrano, e come fisicamente possibile, e come realmente vero.
Nei primi tempi non fecero distinzione fra stelle e pianeti ; e questi pure chiamarono stelle ; e solo quando si accorsero che avevano un movimento molto diverso da quello apparente delle Stelle, e apparentemente molto irregolare, li chiamaron pianeti, cioè corpi erranti. […] Quindi Latona andò lungo tempo errando in mezzo ai disagi ; e potè solo fermarsi nell’isola di Ortigia, detta poi Delo, una delle Cicladi nel mare Egeo, isola natante, ossia galleggiante, che Nettuno per compassione di Latona rese stabilé. […] I geologi poi, collo studio degli strati del nostro globo e delle materie componenti i diversi terreni, sanno dire non solo l’origine delle montagne, ma perfino l’età, ossia l’epoca geologica in cui esse si sollevarono. […] Era Niobe figlia di Tantalo e moglie di Anfione re di Tebe ; e andava superba, come se fosse un gran merito, di aver sette figli e sette figlie ; e perciò dispregiava, non solo in cuor suo, ma pubblicamente, Latona e la stimava a sè inferiore, perchè questa Dea aveva soltanto un figlio ed una figlia.
XIX La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno Al pari di Apollo aveva Diana diversi ufficii non solo in Cielo ed in Terra, ma pur anco nell’Inferno ; e secondo ciascuno di questi rappresentavasi in 3 diverse forme ; quindi ebbe il titolo di Dea Triforme 135. […] Col solo nome di Diana era considerata come Dea della caccia ; e credevasi che accompagnata da 50 ninfe, le quali al par di lei avevan rinunziato a prender marito, passasse il tempo nei boschi ad inseguire ed uccider le fiere. […] Orazio in tre odi che han per soggetto le streghe e le stregonerie non rammenta mai Ecate, e solo nella Sat. 8 del lib. […] Questa opinione divenne tanto comune che alcuni eruditi latinisti composero per comodo di memoria i seguenti versi sulla Dea Triforme : « Luna polo, Diana solo, Proserpina Averno.
E Bacco divenne il Nume protettore non solo dei viticultori e degli enologi, ma pur anco dei bevitori e dei gozzovigliatori ; e trovò facilmente adoratori devoti e ferventi non solo fra gli uomini, ma ancor fra le donne. […] Ma qui cederò la parola al Poliziano, che maravigliosamente in due sole ottave di versi endecasillabi sdruccioli non solo descrive, ma dipinge il corteo di Bacco : « Vien sopra un carro, d’ellera e di pampino « Coperto, Bacco il qual duo tigri guidano ; « E con lui par che l’alta rena stampino « Satiri e Bacche ; e con voci alte gridano. […] Mida, che era avarissimo, chiese di poter trasformare in oro tutto ciò che toccava, e Bacco gliel’accordò ; ma presto egli ebbe a pentirsi di avere ottenuto una tal grazia, poichè quando si pose a mensa trovò con suo grande spavento che si cangiavano in solido oro non solo i vasellami e le stoviglie che egli toccava, ma pur anco tutti i cibi e le bevande che mettevasi in bocca, e presto sarebbe morto di fame in mezzo all’oro, se non avesse ottenuto da quel Nume benigno la cessazione di sì funesto dono.
Andando su queste traccie, riesce più facile o almeno più probabile la spiegazione di molte idee mitologiche degli antichi Pagani ; e facendo tesoro delle interpretazioni che hanno date alle medesime, non solo i nostri poeti, e principalmente l’Alighieri, ma pur anco i filosofi di maggior fama, possiamo almeno conoscere quale opinione avessero dell’antica sapienza contenuta nella Mitologia gli uomini più grandi e più sommi. La più evidente interpretazione dei miti abbiamo veduto esser quella di considerare le Divinità del Gentilesimo come altrettante personificazioni o deificazioni dei fenomeni fisici e delle passioni degli uomini, e perfino delle idee non solo concrete, ma anche astratte, come noteremo più specialmente nelle seguenti parti di questa Mitologia. […] Passata quest’epoca, che è la più poetica e che ha dato origine e materia ai più celebri poemi epici, si continua la personificazione di nuove idee astratte, non solo delle virtù, ma pur anco dei vizii, e si termina con l’apoteosi degl’Imperatori romani, che fu l’ultimo anelito del Paganesimo.
Perciò queste Divinità non erano soltanto astrazioni filosofiche o personificazioni poetiche, ma facevano parte della religione del popolo, e stavano a dimostrare che quando si stabilì il loro culto pubblico e fintantochè si mantenne, il popolo credeva nell’esistenza della Virtù ; e solo dopo le orribili guerre civili, allo spegnersi della repubblica colla vita di Marco Bruto, si udì la bestemmia che egli per disperato dolore proferì nell’atto di uccidersi : « O Virtù, tu non sei che un nome vano ! […] Ma poi nel cadere della Repubblica e nei primi tempi dell’Impero sappiamo non solo dagli Storici, ma dai poeti stessi imperiali, che la corruzione avea dal mondo romano bandita ogni virtù religiosa e civile. […] Questa facoltà poetica di rappresentare con descrizioni o con immagini sculte o dipinte qualunque virtù, qualunque vizio, qualunque idea astratta non è già spenta negli uomini dei nostri tempi ; anzi vedesi sempre rinnuovata non solo nelle moderne poesie, ma pur anco nei monumenti ove le Virtù civili e militari, ed anche le religiose, sono rappresentate per mezzo di figure umane accompagnate da oggetti simbolici che ne suggeriscono il significato ed il nome, senza bisogno di scriverlo sulla base delle medesime o in qualche parte delle loro vesti o dei loro ornamenti.
Questa invenzione dell’aurea catena che lega la Terra al Cielo è sempre sembrata sì bella e sapiente, che non solo fu accolta con plauso dai poeti e dai letterati, ma commentata pur anco splendidamente dai filosofi, e tra questi da quel potente e straordinario ingegno del nostro Giovan Battista Vico66. […] M. non solo nelle iscrizioni dei documenti storici delle chiese e di altre fabbriche addette al culto, ma pur anco ne’ monumenti e nelle epigrafi delle sepolture. […] Giove fu detto Olimpico non solo perchè credevasi che spesso abitasse sul monte Olimpo, ma ancora perchè era adorato in Olimpia città dell’ Elide nel Peloponneso ; presso la qual città (alla distanza di un miglio e mezzo) sorgeva il magnifico tempio del Nume, e facevansi ogni 4 anni i celebri giuochi detti appunto perciò Olimpici.
. — Di quale stirpe e famiglia erano essi i due fortunati o pii, che soli ebbero in sorte o meritarono di scampare dal generale esterminio ? Furono ambedue della stirpe dei Titani : Deucalione era figlio di Prometeo, e la sua moglie Pirra era figlia di Epimeteo e di Pandora ; ed essendo rimasti soli nel mondo, e quindi il solo modello dei due sessi della specie umana, parve loro un poco lungo, com’è realmente l’aspettare ad aver compagni e sudditi, che fosser nati e cresciuti i loro figli e discendenti ; ed entrati nel tempio della dea Temi che era sul monte Parnaso, dimandarono all’oracolo di essa qual sarebbe un modo più sollecito di ripopolare il mondo.
Il nome di Marte si usa figuratamente tanto nella poesia latina quanto nella italiana per significare la guerra, e in prosa latina anche per indicare la forza non solo fisica, ma pur anco intellettuale180. Da Marte deriva l’aggettivo marziale adoperato non solo nel linguaggio militare, come nelle espressioni tenuta marziale, aspetto marziale, corti marziali (o consigli di guerra), legge marziale (o stato d’assedio), ecc. ; ma anche nel linguaggio della chimica, come sostanze o preparati marziali, in cui cioè entra in composizione il ferro181. […] L’epiteto di marziali alle sostanze o ai prodotti chimici, in cui trovasi in combinazione o mistione anche il ferro, suol darsi in Terapeutica non solo per indicar la presenza di questo elemento, ma pur anco l’effetto del medesimo di rinforzar la fibra, e il sangue.
E il nostro Dante valendosi della facoltà consentita ai poeti greci e latini, e specialmente dietro l’esempio di Virgilio suo maestro ed autore, costruì un Inferno che sarà sempre una maraviglia non solo della sua fantasia, ma pur anco della sua sapienza morale e politica. Il conoscer dunque le regioni infernali secondo che le hanno immaginate e descritte gli Antichi, è necessario non solo per intendere i classici greci e latini, ma altresì gl’italiani, e sopra gli altri Dante, che in questo è superiore a tutti gli antichi e ai moderni. […] Con una periferia di 21,600 miglia geografiche pari a 40,000 chilometri, e per conseguenza con una superficie di più di 500 milioni di chilometri quadri ed una capacità per più di 3000 milioni di chilometri cubi, vi possono star comodamente non solo migliaia, ma anche milioni di materie e di sostanze diverse, solide, liquide e aeriformi.
Noi avremo occasione più volte di rammentare fatti mirabili compiutisi coll’assistenza e col favore di Mercurio, narrati splendidamente dallo stesso Omero : qui basterà parlare di due soli che si riferiscono alla vita privata di questo Dio. […] I filosofi naturali chiamaron Mercurio il solo metallo che sia liquido a temperatura ordinaria, e che si solidifica soltanto a 40 gradi di gelo. […] Mercuriali si chiamavano dai Latini non solo i mercanti, ma anche gli uomini dotti, perchè Mercurio era pure il Dio dell’eloquenza164 ; Mercuriali (secondo il Menagio) le adunanze dei letterati che si tenevano il mercoledì in casa di qualcuno di loro ; Mercuriali anticamente in Francia le assemblee delle corti sovrane, Mercuriali in commercio i registri officiali delle derrate.
Gli Oracoli e tutti gli altri modi di divinazione preindicati erano altrettante solenni imposture del Politeismo, e sì abilmente organizzate da allucinare per molti secoli non solo i popoli rozzi e barbari, ma quelli ancora « ………..che fenno « L’antiche leggi e furon sì civili. » Che fossero un’impostura dei sacerdoti pagani non credo che sia d’uopo dimostrarlo ai tempi nostri, tanti secoli dopo che furon riconosciuti falsi e bugiardi gli stessi Dei a cui quegli oracoli erano attribuiti. […] Resta per altro a spiegarsi il fatto storico, pur troppo vero e indubitabile, che per tanti secoli gli Oracoli avessero credito e fama non solo presso gl’ignoranti, ma anche presso i dotti e sapienti. […] Che i più celebri Oracoli abbiano avuto origine nei tempi preistorici è asserito non solo dai mitologi, ma da tutti i più antichi scrittori.
Questi nomi appellano evidentemente e principalmente alle proprietà distintive del sole, di essere egli nel nostro sistema planetario il solo astro che dà luce e vita ad ogni mortal cosa. […] I pittori e i poeti han fatto a gara a rappresentare splendidamente questi simboli del Dio della luce ; ed ognuno li intende facilmente senza bisogno di spiegazione : solo son da notarsi i nomi assegnati dai poeti ai quattro cavalli e il numero delle Ninfe che accompagnano il Sole. […] I nomi dei segni del zodiaco appellano a fatti mitologici, dei quali sinora ne conosciamo due soli, di Ganimede coppiere di Giove che è rappresentato nel segno dell’ aquario, e di Astrea dea della giustizia, che fu simboleggiata nel segno della Vergine : delle altre denominazioni apprenderemo in seguito la ragion mitologica nel trattar dei miti che vi hanno relazione.
La Mitologia Greca e Romana a dichiarazione non solo de’greci e de’ latini poeti, ma degl’italiani e d’altre nazioni, e di molte locuzioni viventi tuttavia nel comune linguaggio ; in uso delle scuole e di ogni colta persona. […] Il che ora io vo tentando di fare col presente Manifesto ; e confido che gl’illustri Direttori e gli egregi Insegnanti che hanno favorevolmente accolti e adottati nelle loro Scuole gli altri miei libri, vorranno accogliere e proporre ai loro scolari ed ai loro amici la soscrizione a questa Mitologia ; la quale spero che possa esser utile non solo agli scolari, ma ancora ad ogni colta persona, poichè voile il Tommasèo che cosi fosse detto nel titolo della medesima.
Fu questo il ponte di passaggio dal culto materiale del feticismo al Panteismo mitologico, in cui si fece l’apoteosi di tutte le forze e leggi della creazione non solo del mondo fisico, ma pur anco del mondo morale. […] Ma quando nella pagana religione si giunse ad abusare dell’apoteosi col deificare per vile adulazione i potenti della Terra non solo dopo la loro morte, ma pur anco in vita, si cadde allora nell’abiezione del feticismo, si tolse tutto il prestigio al culto degli altri Dei ; e gli uomini ragionevoli sentirono il bisogno di una religione più pura e più razionale.
Infatti in Grecia richiedevasi 1° che l’eroe da considerarsi come un Dio fosse figlio di una Divinità o per padre o per madre ; 2° che vivendo avesse compiute imprese straordinarie per valore o per ingegno a prò dell’umanità ; e 3° che solo dopo la morte, e quando in lui si riconoscessero le due precedenti condizioni fosse considerato e adorato qual Nume. […] Tutte le cerimonie dell’apoteosi, o consacrazione degl’ Imperatori romani, ci furono descritte estesamente non solo da Erodiano, ma ancora da Dione Cassio senatore, che assistè per dovere d’ufficio a quella dell’Imperator Pertinace l’anno 193 dell’E.
Il culto di Vesta aveva importanza non solo relativamente alla religione, ma pur anco alla politica. […] Tutte le volte che uscivano in pubblico erano precedute da sei littori come i magistrati curuli, inferiori soltanto ai consoli : assistevano ai pubblici spettacoli fra i senatori nell’orchestra, che era il primo gradino dell’anfiteatro e del circo : la loro parola valeva come un giuramento, e la fiducia di cui godevano era tanto grande, e talmente sicura l’inviolabilità del loro soggiorno, che nelle loro mani si depositavano i testamenti e gli atti di molta importanza e segretezza non solo dai privati, ma anche dai magistrati della Repubblica e dai principi stessi dell’ Impero.
XL Osservazioni generali Questi tre termini di Semidei, Indigeti ed Eroi si trovano usati talvolta indistintamente l’uno per l’altro, benchè differiscano tra loro non solo etimologicamente, ma pur anco per certe speciali condizioni, che converrà prima di tutto accennare. […] La voce Eroi, divenuta tanto comune in verso e in prosa non solo nelle lingue dotte, ma pur anco nella italiana e nelle altre lingue affini, è di origine greca ; ed i filologi antichi, incominciando da Servio commentator di Virgilio, ne danno tre diverse etimologie,45deducendole da tre diverse accezioni in cui trovasi usata quella voce, cioè di Semidei, di Dei Indigeti, e di uomini divenuti illustri o per dignità o per imprese di sovrumano valore.
. — Questi termini essendo significativi degli attributi speciali di quelle Ninfe a cui erano assegnati, conviene che li tengano a memoria anche coloro che non studiano le lingue dotte, perchè li adoprano non solo i poeti greci e i latini, ma altresì, benchè più di rado, gl’ italiani. […] In Architettura poi sin dal tempo dei Classici greci e latini chiama vasi Ninfèo non solo il tempio sacro alle Ninfe, ma altresì una particolar costruzione architettonica, o fabbrica sui generis, destinata il più spesso ad uso di bagni, annessa ai palazzi e alle ville dei più doviziosi cittadini, ove, oltre le acque scorrenti in ruscelli e zampillanti in fontane (e necessariamente le vasche e i bacini), aggiungevansi per ornamento e statue e vasi e talvolta ancora un tempietto dedicato alle Ninfe.
In questi limiti il mito fu adottato volenterosamente e con piacere non solo dai nostri poeti, ma pur anco dagli eleganti dicitori e scrittori di prose ; e non è raro il sentir dire o leggere nei libri, che un’invenzione o una teoria uscì adulta e armata di tutto punto dalla mente del suo autore, come Minerva dal cervello di Giove. […] E Minerva non solo è una Dea ingegnosa, come la chiama Ovidio, ma è pur anco la protettrice degl’ingegni, l’ispiratrice delle invenzioni nelle arti e nelle scienze168.
Da quella strana sementa vide Cadmo con sua gran maraviglia uscir poco dopo una quantità di uomini armati che si misero subito a combattere fra loro, finchè i più rimasero estinti, e i soli cinque sopravvissuti lo aiutarono a fabbricare la città. […] Nel 1821 fu pubblicato dal Bagnoli il suo poema epico in venti Canti, intitolato : Il Cadmo, nel quale l’autore (come è detto anche nella sua prefazione) considera quest’ Eroe Fenicio non solo come guerriero, ma altresì come « il primo che introdusse l’alfabeto in Europa, le pratiche religiose e molte di quelle arti che procurarono l’universale coltura. » Ma il poema non ebbe credito, perchè vi predomina la fiacchezza d’ idee e di stile.
In antico furono pochi, cioè quelli soli della messe e della vendemmia ; ma il numero delle feste aumentò con quello degli Dei. […] Prima furon tre soli ; il flamine di Giove, quello di Marte e quello di Quirino ; poi arrivarono a quindici.
Ed è questa l’opinione non solo dei commentatori della Bibbia, ma pur anco del sommo Alighieri, il quale nel Canto xxviii del Purgatorio, descrivendo le bellezze del Paradiso terrestre, fa dire alla celeste Matelda : « Quelli che anticamente poetaro « L’età dell’oro e suo stato felice « Forse in Parnaso esto loco sognaro. […] Aveva in una mano una chiave, e nell’altra una verga : la prima significava non solo che Giano era il celeste portinaio, ma ancora il custode delle case ; e colla verga si voleva far supporre che egli indicasse ai viandanti la strada.
Il solo punto di contatto fra queste due opinioni, e che serve di transizione dall’una all’altra è questo, che essendo Dione una Dea marina, e Venere sua figlia nata nel mare, e comparsa per la prima volta nel mondo alla superficie delle onde spumanti, fu detto figuratamente che era nata dalle onde del mare per dire che era uscita da quelle. […] Qualche poeta le ricoprì d’un sottilissimo velo, per significare che debbono esser temperate e non affettate ; e perciò Ugo Foscolo nel suo delicatissimo poemetto intitolato Le Grazie, le ricuopre d’un candido velo in cui finge istoriato il mito di Psiche, per indicare che il candor dell’animo è il solo ornamento delle Grazie.
Esce talvolta « Da questo monte all’aura un’atra nube « Mista di nero fumo e di roventi « Faville, che di cenere e di pece « Fan turbi e groppi, ed ondeggiando a scosse « Vibrano ad ora ad or luride fiamme, « Che van lambendo a scolorar le stelle ; « E talvolta le sue viscere stesse « Da sè divelte, immani sassi e scogli « Liquefatti e combusti al Ciel vomendo, « Infin dal fondo romoreggia e bolle79). » E Dante gareggiando col maestro, e, com’è suo stile, distinguendosi da esso e da qualsivoglia altro scrittore per insuperabile concisione, accenna con un solo verso l’opinione mitologica e dà la spiegazione della causa de’ vapori sulfurei dell’Etna, dicendo nel Canto iv del Paradiso, che la bella Trinacria, cioè la Sicilia, caliga, ossia cuopresi di caligine, fra Pachino e Peloro (ove appunto è situata l’Etna), « Non per Tifeo, ma per nascente zolfo. » Vedano ora i moderni geologi e chimici (se pure taluno di loro ha tempo di studiare il Dante), come il nostro divino poeta parlava cinque in sei secoli fa, secondo le loro odierne teorie ed analisi chimiche, accennando che lo zolfo nasce e si forma nei sotterranei abissi dei vulcani, e ne vengon tramandate le esalazioni nell’aria circostante ai crateri. […] « Tu sei lo mio maestro e ’l[ILLISIBLE]mio autore : « Tu se’ solo colui, da cui io tolsi « Lo bello stile che m’ha fatto onore. » (Inf.
XXIV Vulcano e i Ciclopi Tutti i poeti si accordano a rappresentar Vulcano deforme e zoppo : differiscono solo nel raccontar la causa di questi difetti della sua forma corporea, che certamente debbono apparire strani e irrazionali ed anche impossibili in una Divinità, e tanto più in un figlio di Giove e di Giunone. […] Erravano però nel credere che il fuoco che essi chiamavan celeste fosse di natura diversa da quello terrestre, non sapendo essi che risulta egualmente da combustione o ignizione di materie più o meno infiammabili ; e soltanto gli astronomi moderni colle loro analisi spettroscopiche hanno dimostrato sinora, che nel Sole si trovano in ignizione la maggior parte delle sostanze del nostro globo ; e che le stelle non sono che altrettanti Soli generalmente molto più grandi del nostro, ma composte presso a poco degli stessi elementi.
Il solo modo di render bugiardo l’Oracolo era troppo crudele, cioè di uccider subito la figlia ; e Acrisio non fu così snaturato come furono in appresso Aristodemo ed Agamennone, i quali non esitarono ad uccider le loro figlie, non già per salvarsi la vita, ma per ambizione di regno. […] Con questi due potentissimi aiuti, il Pegaso e il teschio di Medusa, divenne Perseo il più formidabile eroe dell’antichità, perchè egli solo più di qualunque esercito fornito di qualsivoglia arme più micidiale e diabolica valeva per velocità e potenza di mezzi di distruzione delle umane esistenze.
Queste e simili notizie sulle Balene non potevano averle non solo i più antichi mitologi greci e latini, ma non le avevano neppure i poeti classici e i dotti del secolo di Augusto232, e neppure lo stesso Plinio il Naturalista che morì l’anno 79 dell’era cristiana il 2° giorno della prima eruzione del Vesuvio. […] Dante rammenta le balene nel fare una sapiente e filosofica osservazione, che cioè la Natura non ha da pentirsi di aver creato animali marini e terrestri di dimensioni e di forze tanto più grandi e potenti di quelle dell’uomo, perchè non avendo loro accordato l’argomento della mente, vale a dire l’intelligenza e il raziocinio, l’uomo che ne è fornito può non solo difendersi da essi, ma vincerli e dominarli, facendoli servire o vivi o morti ai suoi proprii vantaggi234.
Quindi non solo i poeti greci e i latini, ma pur anco gl’italiani lo invocano come un Nume. […] Se non è bene che l’uomo sia solo sulla Terra, vale a dire senza aver moglie e famiglia, sarà questo non men vero nel Mare ; e se il matrimonio può convenire in generale a qualunque privato, tanto più conviene a un re, e specialmente a un re assoluto che è padrone di tutto217), e a cui non può mancar mai un lauto trattamento per una numerosa famiglia.
Ma di Caronte, dei Giudici dell’Inferno e del Sonno, non solo i poeti greci e i latini, ma anche gl’italiani ci presentano singolari fantasie, che è necessario conoscere. […] Le Furie eran destinate non solo a punire le anime dei malvagi nel Tartaro, ma pur anco a spaventare e perseguitare in vita gli scellerati che avevano commesso i più gravi e nefandi misfatti.
Gli uomini di tutti i tempi, dai più antichi ai più moderni, hanno sempre mostrato curiosità di sapere l’origine di questo mondo, o vogliam dire dell’ universo ; e non solo tutte le religioni antiche degl’idolatri inventarono a modo loro una Cosmogonia, ma spesso anche i poeti e i filosofi ne hanno foggiate diverse l’una più strana dell’altra, a gara coi sacerdoti delle varie religioni1.
» Ci siamo poi studiati di render profittevole alla morale questa lettura, eccitando i giovinetti a ricavare utili avvertimenti da ciò che per lo più era di solo pascolo alla curiosità giovanile.
Nei tempi eroici della romana Repubblica (eroici non solo per valore, ma ancora per senno e per moralità), i riti degli Dei stranieri non erano ammessi in Roma, come avverte T.
Così fu ristretta fra certi limiti insormontabili non solo la potenza di Giove, ma quella pur anco di tutti gli altri Dei ; i quali spesso nei poeti pagani si lamentano pietosamente della inesorabilità del Destino come qualunque più misero mortale.
Cicerone nelle sue opere filosofiche aggiunge un’altra notabile rassomiglianza, che essi avevano coi nostri frati mendicanti, perchè asserisce che i Galli della madre degli Dei erano i soli sacerdoti a cui fosse lasciata per pochi giorni la facoltà di far la questua ; ma non ne dice il perchè, non vedendo forse una buona ragione di questo eccezional privilegio, e, a quanto pare dal contesto delle sue parole, disapprovandolo45.