XXXII Gli Oracoli Quantunque gli Oracoli più celebri fossero nella Grecia ed esistessero molti secoli prima della fondazione di Roma, questo vocabolo sotto cui si conoscono in italiano e in altre lingue moderne è d’origine latina ; e derivando dal nome os, oris (labbro o bocca), sta a significare le risposte a voce che rendevansi dagli Dei ai mortali per mezzo dei sacerdoti281). […] Quanto all’origine del tempio e dell’Oracolo di Giove Ammone nella Libia parlammo a lungo nel N° XI : ora basterà dire che in quest’Oracolo i responsi deducevansi dalle osservazioni degli smeraldi e delle altre pietre preziose, di cui era formata l’immagine del Nume, come asseriscono Diodoro Siculo e Q. […] Lo stesso Machiavelli dice chiaramente e senza bisogno d’interpretazione : « Fra tutti gli uomini laudati sono laudatissimi quelli che sono stati capi e ordinatori delle religioni. » E dopo avere attribuito gradatamente qualche parte di laude maggiore o minore secondo la diversa importanza a tutte le altre occupazioni ed arti utili alla umana società, aggiunge con forza mirabile di convinzione : « Sono, per lo contrario, infami e detestabili gli uomini destruttori delle religioni, dissipatori de’regni e delle repubbliche, inimici delle virtù, delle lettere e d’ogni altra arte che arrechi utilità e onore alla umana generazione, come sono gli empii e i violenti, gli ignoranti, gli oziosi, i vili e i da poco. […] E passando egli dalle osservazioni generali alle particolari sulla religione dei Pagani, così ne parla nel Cap. 12 : « La vita della religione gentile era fondata sopra i responsi degli Oracoli, e sopra la sètta degli arioli e degli aruspici ; tutte le altre loro cerimonie dipendevano da questi. […] Di qui nascevano i tempii, di qui i sacrifizii, di qui le supplicazioni ed ogni altra cerimonia in venerarli, perchè l’oracolo di Delo, il tempio di Giove Ammone ed altri celebri Oracoli tenevano il mondo in ammirazione e devoto. » Da tutte le preaccennate autorità e da altre molte che si potrebbero citare, e delle quali ciascun che legge queste pagine avrà facilmente præ manibus più d’una, si può dedurre con sicurezza di non errare, che gli Oracoli e gli altri modi d’interpretazione della volontà degli Dei furono inventati da prima con intenzion casta e benigna per uno scopo altamente sociale, e che essendo diretti al pubblico bene furono utilissimi, e divennero, come direbbe il Romagnosi, uno dei primi fattori dell’Incivilimento.
Molte altre sono le gloriose gesta d’ Ercole. […] Dopo tali ed altre eroiche imprese fu in sogno avvertito da Ettore, che si salvasse colla fuga. […] Questi in vece di latte lo fece nutrire di midolle dì leoni, e di altre bestie selvaggie. […] Molte altre gloriose imprese si operarono da Achille. […] Nè contenta di tale vendetta, fece altre sì, che poco tempo dopo la peste desolasse il di lui regno.
La Mitologia Greca e Romana a dichiarazione non solo de’greci e de’ latini poeti, ma degl’italiani e d’altre nazioni, e di molte locuzioni viventi tuttavia nel comune linguaggio ; in uso delle scuole e di ogni colta persona. […] Anzi fu il Tommaséo stesso che mi suggeri di aggiungere al semplice titolo di Mitologia Greca e Romana, tutte le altre parole che ora vi si leggono ; e non si contentò di dirmelo a voce in familiare conversazione, ma lo ripetè in una delle lettere ch’egli ebbe occasione di scrivermi ; e poi rese noto pubblicamente nel detto fascicolo della Nuova Antologia, che egli mi suggeriva di adottare il soprascritto titolo. Fece anche di più : voile proporre spontaneamente l’anno scorso la stampa di questa Mitologia ad un editore milanese con una sua lettera, che egli, abbondando meco di cortesia, mi mandò perchè la leggessi e la spedissi io stesso ; e tra le altre benevole e squisite espressioni mi scriveva : Vegga se questa lettera che io scriverei, possa correre. […] Ella, signore, proponga che condizioni farebbe per il diritto a certo termine, o per l’intera proprietà. » Il contratto non potè aver luogo, perchè all’editore milanese impegnato in molte altre pubblicazioni mancava il tempo, com’ egli rispose direttamente a me stesso, di pubblicare anche questo libro prima della riapertura delle Scuole ; e allora il Tommasèo mi consigliò di stamparlo l’anno appresso per associazione.
Invero non istà bene ai fanciulli pigliarsi beffe d’alcuno, e in ispecie di coloro che essendo per miseria o per altre necessità travagliati dalla fame possono parere ingordi nel satollarsi. […] Le vergini ateniesi offerivano a Bacco panieri pieni delle primizie della stagione ; e le feste di Bacco andavano sempre, come tante altre, a finire in banchetti. […] Intanto altre vergini ed altre donne si appressavano all’ ara di Venere nuziale che teneva nell’una mano il globo del mondo da essa rigenerato, e presso alle mammelle la face dell’ Imeneo (174). […] Sul limitare crescono papaveri ed altre piante sonnifere, onde la Notte raccoglie i soporiferi umori per ispanderli sulla terra. […] I sogni siano certe figurette, altre di bello aspetto, altre di brutto, come quelli che parte dilettano e parte spaventano.
Attraversata dagli eserciti macedoni, l’India avea dischiusi i suoi tesori all’avidità dell’Occidente ; era il nuovo mondo di quell’epoca, e vi s’accorreva dalla Grecia e da altre parti dell’universo, e se ne narravano le cento maraviglie. […] Imperciocchè Plinio Secondo, mentre reggeva la sua provincia, condannati alcuni Cristiani, alcuni dal suo posto rimossi, turbato alfine per tanta moltitudine, scrisse a Trajano, allora imperatore, che, fuori dell’ostinazione di non voler sacrificare agl’idoli, niente altro aveva delle loro cerimonie scoperto, cho alcune adunanze avanti giorno tra loro praticate per cantare inni a Gesù Cristo, come a Dio, e per confermar il loro istituto che proibiva l’omicidio, la fraude, la perfidia e l’altre scelleraggini. […] Son forse in maggior numero i Mauri, i Marcomani, gli stessi Parti, o l’altre genti qualunque siano, purchè d’un sol luogo e dei suoi confini, che le genti d’un mondo intero ? […] Le altre imposte ringraziano i Cristiani per la fedeltà con cui sono pagate puntualmente, essendo noi lontani dal defraudare quel d’altrui. […] I Cristiani de’primi tempi nell’imbalsamare i cadaveri facevano uso di mirra, d’aromi e d’altre prodazioni dell’Arabia.
Virgilio che nell’Eneide ha eternato co’suoi impareggiabili versi le origini mitologiche del popolo romano secondo le più comuni credenze antiche, fa derivare da Troia gli Dei Penati ; e da quel che egli ne scrive s’intende chiaramente che questi erano speciali Dei protettori della città, poichè fa dire ad Enea dall’ombra di Ettore, che Troia affida ad esso i suoi Penati ; e inoltre gli comanda che cerchi loro altre terre, erga altre mura 32. […] Sappiamo poi che nelle case dei più ricchi politeisti romani v’era il Larario, ossia la cappella dei Lari ; e nelle altre, almeno un tabernacolo colle statue o immagini di questi Dei, le quali spesso ponevansi ancora dentro certe nicchie nei focolari, parola questa che alcuni etimologisti notano come composta colla voce Lari 38.
V, che Vesta Prisca moglie di Urano era considerata come la Dea della Terra : ora aggiungiamo che anche due altre Dee, cioè Cibele e Tellùre, avevano la stessa rappresentanza. — Eran forse uguali e comuni i loro uffici, oppure diversi e disgiunti ? […] Di Vesta Prisca abbiamo parlato abbastanza trattando di Urano ; nè qui, dopo aver notato come distinguevasi essa dalle altre due Dee rappresentanti la Terra, resta altro da aggiungere. […] Da questo termine primitivo derivarono o furon composte le altre chimiche denominazioni di telluri-sali, telluriti, tellurati, tellururi metallici, ecc.
Trovarono da per tutto orribili delitti, nefandità di nuova idea ; e saputo tra le altre cose, che v’era un re d’Arcadia, Licaone figlio di Pelasgo, il quale imbandiva agli ospiti nuovamente venuti le carni di quelli arrivati prima, e facea poi servir di pasto le carni loro agli ospiti che arrivavano dopo, volle presentarsi egli stesso all’infame reggia divenuta macello e cucina di carne umana. […] La qual trasformazione graduale è significata nella pittura col rappresentar le diverse pietre in maggiore o minor parte trasformate, talchè in alcune scorgesi abbozzata o formata la testa soltanto, in altre anche il petto e le braccia, e così di seguito gradatamente, finchè ne apparisce qualcuna tutta cangiata in forma umana, o a cui manca soltanto il complemento di un piede che vedesi ancora di rozza pietra. […] Un simil termine usano anche i geologi delle altre nazioni, come in francese roche, in inglese rock e in tedesco felsart.
Tutte le altre sue membra son di forma umana, ma coperte di pelo caprino ; e in queste membra semibestiali alberga l’anima di un Nume immortale. […] Risparmierò al cortese lettore altre simili spiegazioni ; e aggiungerò soltanto al ritratto del Dio Pane, che ho delineato in principio, i distintivi che gli si davano perchè non si confondesse con altre inferiori divinità di forme presso a poco così graziose come quella di lui.
La Mitologia è molto incerta su tal questione, e non la decise mai dommaticamente : lasciò correre diverse opinioni, tra le quali accenneremo per ora quella soltanto che è la più semplice e sbrigativa, e che prima delle altre espone Ovidio nelle Metamorfosi, vale a dire che quel Dio stesso che dal Caos formò l’universo creasse l’uomo di divin seme 26, appellando così principalmente all’anima umana, e facendola di origine divina. […] Di altre che sono totalmente favolose e strane avremo occasione di parlare a lungo in appresso, narrando, sotto il regno di Giove, le vicende di Prometeo e di Pandora, che cronologicamente vengono dopo il regno di Saturno. […] Virgilio nel ii delle Georgiche dopo avere enumerati i pregi dell’ Italia, che dichiara superiori a quelli delle altre regioni del mondo, conchiudendo la saluta con questa apostrofe : « Salve, magna parens frugum, Saturnia tellus, Magna virûm !
Anche Ovidio così erudito negli antichi miti, come dimostrano tutte le sue poesie e principalmente i Fasti e le Metamorfosi che ne son piene, si era accinto a cantar la guerra dei Giganti, e non dei Titani ; ma distratto da altre più facili poesie, e impedito poi dall’esilio non potè eseguire quel poema che aveva ideato. […] — Mai si, mai si, risponderà qualunque chimico ; lo zolfo nativo è quello derivato dai vulcani, come già sapete ; ma questo corpo elementare si trova in molte combinazioni con altre sostanze. […] Finalmente contiensi solfo in uno stato di particolare combinazione nelle sostanze proteiche di provenienza di ambedue i regni organici ; e fra i prodotti che son propri degli animali si distinguono, quanto alla proporzione dello solfo, i peli, i capelli ed altre materie cornee. » — Cosi risponderebbe tutto in un fiato quel chimico ; e a chi volesse sapere ancora come si fa a liberare, ossia ad estrarre lo zolfo dalle sue molteplici combinazioni, soggiungerebbe : La spiegazione è troppo lunga ; e se volete saperla, studiate la chimica, e vi troverete più maraviglie e metamorfosi, visibili e palpabili, che in tutte quante le Mitologie dei poeti e degl’ideologi le fantastiche e immaginabili.
« Perciò di purga han d’uopo, e per purgarle « Son dell’antiche colpe in varii modi « Punite e travagliate : altre nell’aura « Sospese al vento, altre nell’acqua immerse, « Ed altre al foco raffinate ed arse : « Chè quale è di ciascuno il genio e ’l fallo, « Tale è il castigo.
Personificato il Cielo, ossia considerato come una persona divina, si pensò a personificare analogamente le altre parti o forze dell’Universo ; e poi perchè queste divine persone riuscissero intelligibili e paressero possibili al volgo, attribuirono ad esse bisogni, abitudini, idee e passioni come alle persone di questo mondo. […] Apollo, questo Dio oltre molte altre attribuzioni ebbe in perpetuo anche quella di guidare il carro della luce19, e sotto il nome particolare di Febo fu considerato come il Sole istesso.
VIII, ed anche altre Divinità Superiori ai principali prodotti della Terra, cioè Cerere alle biade, Bacco al vino, Vulcano alla metallurgia, ecc. ; e lasciando libero il freno alla immaginazione videro Divinità da per tutto, nei monti, nei fiumi, nelle fonti, nelle selve e perfino nelle piante, come col microscopio si vedono da per tutto brulicar gl’insetti e gl’infusorii. […] » Convinti dunque che il numero degli Dei Pagani fosse anzi più che meno di trentamila8, e assicurati al tempo stesso che migliaia e migliaia di questi sono sine nomine vulgus, e da spacciarsi in massa, (o come taluni dicono in blocco) e con poche e generali considerazioni sul loro comune appellativo, procediamo senza spaventarci ad osservare anche altre fantasmagorie preistoriche dei nostri più remoti Antenati.
E qui mi piace avvertire che lo scopo di questo lavoro sulla Mitologia non è già di risalire alle origini primitive dei miti, indicando le migrazioni e le trasformazioni delle idee mitologiche dall’oriente all’occidente ; ma soltanto di far la storia e spiegare il significato dei miti e delle idee ed espressioni mitologiche che si trovano nei poeti greci, latini ed italiani, e per conseguenza ancora delle altre nazioni che hanno adottato la Mitologia e il linguaggio dei classici greci e latini. […] Quindi, benchè d’ora in avanti s’inaridisse per qualche secolo (e non sarebbe un gran danno) la vena poetica degli italiani, o si abolisse (come fu inutilmente tentato un mezzo secolo indietro),. l’uso della Mitologia nei futuri poetici componimenti, resteranno pur sempre necessarie le cognizioni mitologiche per bene intendere il linguaggio poetico di quei sommi, « che non saranno senza fama, « Se l’universo pria non si dissolve. » La Divina Commedia principalmente, che sin dai primi anni della ricuperata indipendenza dagli stranieri, è divenuta il libro nazionale degl’Italiani, esige tra le altre infinite cognizioni anche quelle della Mitologia.
Accorsero all’invito i più distinti eroi che vivessero in quel tempo : alcuni dei quali divennero anche più celebri in appresso per altre più importanti e mirabili imprese, come Giasone che fu poi duce degli Argonauti, Teseo vincitore del Minotauro, Piritoo suo fidissimo amico, Castore e Polluce gemelli affettuosissimi, che poi divennero la costellazione dei Gemini, l’indovino Anfiarao che fu uno dei sette prodi alla guerra di Tebe, Nestore ancora nella sua prima gioventù, Peleo che fu poi padre di Achille, Telamone padre di Aiace e Laerte di Ulisse ; dei quali tutti dovremo parlare anche in appresso. […] I cacciatori che vi rimasero uccisi dalla fiera non hanno altra celebrità che quella acquistata con questa trista fine ; ma, come dice un moderno poeta : « Trar l’immortalità dalla sua morte « È una sorte meschina, o non è sorte. » Dopo altre vicende che poco importa narrare, finalmente ebbe Meleagro la gloria di atterrare quell’immane belva ; e il diritto che egli avea di prender per sè il teschio e la pelle del cinghiale lo cedè ad Atalanta.
Quando dunque dai Mitologi si parla di Dei stranieri adorati dai Romani non si deve intender delle greche Divinità che i Romani conoscevano e adoravano sin dall’origine di Roma, ma di tutte le altre di qualsivoglia nazione delle quali era ammesso o almeno tollerato il culto in Roma, dopo che fu accordata la cittadinanza romana a tutti i popoli conquistati. Per altro raramente i poeti greci e i latini rammentano qualche divinità delle altre nazioni, e solo alcuni di loro fanno un’eccezione per le principali Divinità Egiziane, che sono Osìride, Iside ed Anùbi.
Sino al presente secolo non se ne dubitava, ed oltre al dirsi precisamente quali erano le sedici lettere importate da Cadmo, si notavano ancora le quattro inventate da Palamede al tempo dell’assedio di Troia, e le altre quattro aggiuntevi da Simonide cinque secoli dopo ; che in tutte vengono a formar l’alfabeto greco di ventiquattro lettere61. […] Diremo per lo meno che qui è davvero applicabile la massima attribuita da Fedro a Giove : « Nisi utile est quod facimus, stulta est gloria. » Non è per verità molto utile neppure il conoscere quali furono le lettere inventate da Palamede, e quelle aggiunte da Simonide, mentre le altre furono attribuite a Cadmo ; tutt’ al più può essere una curiosità letteraria il sapere questa opinione degli Antichi : ma fu una vera pedanteria e ridicolezza il pretendere di distruggere il vocabolo alfabeto adottato nella lingua latina e in tutte le più colte lingue moderne, con tutti i suoi derivati e composti (alfabetico, alfabetare, analfabeta ecc.) per sostituirvene un altro di nuova formazione o etimologia.
Anzi l’uso che vi fu allora di dir l’uno all’altro parole di buon augurio si mantiene tuttora da quasi tremila anni, e non in Roma e in Italia soltanto, ma per tutta Europa e presso molti popoli delle altre parti del mondo. Era giorno solenne e lieto, come lo chiama Ovidio, non però tutto festivo, ma, come ora direbbesi, di mezza festa, e allora dicevasi intercisus o endotercisus, perchè dopo i riti solenni religiosi e civili ciascuno attendeva al proprio ufficio, o professione nelle altre ore del giorno.
Le risposte degli auguri avevano quattro sorgenti primarie : 1° i fenomeni celesti, come i venti, il fulmine, i lampi, le comete e gli ecclissi ; 2° il volo e il canto degli uccelli ; 3° il modo di beccare dei polli sacri a qualche Nume : se non volevano uscir di gabbia nè cibarsi, il presagio era funesto ; se divoravano i grani e raccoglievano quelli sgusciati dal becco, favorevole ; 4° infine gli auguri traevan prognostici da molte altre combinazioni, come dall’arrovesciarsi d’una saliera, da uno starnuto, da uno strepito insolito, da un incendio, da una candela che si spengesse senza motivo apparente, da un topo che rodesse i mobili, dall’incontro di una serpe, di una lepre, di una volpe, ec. ! […] La divisero in più rami, come astrologia giudiziaria, sortilegio, incanti, evocazione di morti, divinazione o predizione del futuro, scoperta di tesori nascosti, guarigione di malattie incurabili, e simili altre imposture.
Ebbero il nome di Mercurio sin dal 1672 alcuni giornali ed altre pubblicazioni a stampa, perchè furon considerati quei fogli come messaggieri veloci al par di Mercurio. […] Le ali di Mercurio non formavano parte del suo corpo come quelle degli uccelli, ma due eran fissate in un cappello da viaggio chiamato con greco nome il petaso (termine adottato in latino e in italiano) ; e ciascuna delle altre due in un paio di stivaletti o ghette che si chiamano con termine latino talari dal porsi ai talloni.
Tralascierò di parlare della Trimurti, o trinità Indiana di Brahma, Visnù e Siva, o di altre triadi poco da questa dissimili ; e mi basta per la spiegazione dei Genii il rammentare soltanto il dualismo, che riconosce due principii, o vogliam dire due cause supreme di tutte le cose, entrambe eterne, l’una opposta e nemica dell’altra ; e, senza aggiungervi nulla di mio, riporterò quel che ne dice un filosofo ortodosso, discepolo e fido seguace di Rosmini, il Pestalozza. […] Nel Dizionario del Manuzzi, oltre le eccezioni approvate dalla Crusca, se ne trovano altre 6 ; tra le quali è da notarsi il genio della lingua, espressione che il Manuzzi ammette, citando due esempii, uno del Salvini, e l’altro del Magalotti ; ma il Fanfani riportando nel suo Dizionario questa stessa espressione dichiara che è francese affatto.
Tra i più eccellenti poeti d’ingegno divino e di mirabile fantasia l’Ariosto principalmente si dilettò di questo genere d’invenzioni ; e nel suo poema dell’ Orlando Furioso troviamo Cetacei a dovizia : « Pistrici, fisiteri, orche e balene « Escon dal mar con mostruose schiene. » E tra queste descrive il poeta più particolarmente « …… una balena, la maggiore « Che mai per tutto il mar veduta fosse : « Undici passi e più dimostra fuore « De l’onde salse le spallacce grosse : « Caschiamo tutti insieme in uno errore, « (Perch’era ferma e giammai non si mosse), « Ch’ella sia un’isoletta ci credemo ; « Così distante ha l’un dall’altro estremo. » Mirabile è poi sovra le altre la descrizione del modo con cui Orlando libera Olimpia dall’ Orca che stava per divorarla : « Tosto che l’Orca s’accostò, e scoperse « Nel schifo Orlando con poco intervallo, « Per inghiottirlo tanta bocca aperse, « Ch’entrato un uomo vi saria a cavallo. […] Dopo questa arditissima e veramente omerica invenzione, ornata di tante belle similitudini, di bene adattate idee classiche e mitologiche e di tutto lo splendor dello stile ariostesco, chi potrà legger pazientemente nel Ricciardetto la secentistica e plebea descrizione di « Una balena larga dieci miglia « E lunga trenta,……… » avente nelle interne cavità delle sue viscere terreni arborati e seminativi, un ampio lago ed un mercato di grano con gente che compra e vende, e inoltre una chiesa con le campane che suonano a festa, un convento di frati cappuccini ed altre simili stravaganze ?
La sola Issipile, figlia del re Toante, con pietosa frode salvò la vita a suo padre ; e meritava perciò una miglior sorte di quella che si racconta di essa, poichè giunto in quell’isola insieme cogli altri Argonauti Giasone, « Ivi con segni e con parole ornate « Issifile ingannò la giovinetta, « Che prima tutte l’altre avea ingannate ; » e poi traditane la buona fede la lasciò alle persecuzioni delle sue crudeli compagne, che scoperta la sua pietà filiale, le tolsero il trono e la cacciarono dal regno. […] Ma poichè l’Ariosto, coll’immaginare che il Senàpo imperatore dell’Etiopia avesse ricevuto una punizione simile a quella di Fineo, ha riunito in poche ottave tutte le classiche reminiscenze degli antichi poeti su questo fatto mitologico, aggiungendovi di suo altre invenzioni medioevali, riporterò prima l’imitazione degli Antichi, e dipoi il diverso modo di liberazione da lui immaginato : « Dentro una ricca sala immantinente « Apparecchiossi il convito solenne, « Col Senàpo s’assise solamente « Il Duca Astolfo, e la vivanda venne.
Ha in testa una corona d’alghe o altre piante marine, e sta in una gran conchiglia posta sopra un carro tirato da quattro cavalli marini attaccati di fronte. […] Ma lasciamo raccontare a Dante la sventura di questa famiglia ; e poi poche altre parole basteranno a compir la narrazione del mito.
La favorevole accoglienza ottenuta dalle nostre due antecedenti edizioni del Corso di Mitologia dei Signori Nöel e Chapsal, ci ha confortati a mettere al la luce questa terza edizione, che abbiamo cercato rendere anche migliore delle altre per esattezza nella correzione, e per un numero maggiore d’incisioni in legno intercalate nel testo.
Quindi, per esempio, alla causa mitologica delle eruzioni vulcaniche abbiamo aggiunto la spiegazione della causa fisica delle medesime ; alla formazione favolosa del fulmine la causa vera di questo fenomeno ; e così di tante altre.
Cibele aveva preso molte precauzioni per nascondere l’esistenza de’suoi figli a Saturno e a Titano, e tra le altre quella di far sollevare urli e strepiti da’ suoi sacerdoti, perchè non si udissero in cielo i vagiti di quei pargoletti numi.
anche gli Antichi ci hanno trasmesso come in nube molti di quei principii che l’età moderna ci presenta sotto altre forme !
Quest’ uso barbaro ed empio si estese anche ad altre prove, come a quella del fuoco, la cui sola proposta fanaticamente fattane dagli avversari del Savonarola ed imprudentemente accettata dai suoi fautori, riuscì funesta al Savonarola stesso.
E se nei pubblici monumenti non vedonsi che personificazioni di Virtù e di novelli pregi derivati dall’incremento e dal perfezionamento delle Scienze e delle Arti, nei poeti moderni trovansi ancora descritti e personificati i Vizii del loro secolo ; e basterà per tutti citare il Giusti, che ci rappresentò quelli predominanti a tempo suo (cioè nella prima metà del presente secolo) facendone poeticamente l’apoteosi mitologica nei seguenti versi : « Il Voltafaccia e la Meschinità « L’Imbroglio, la Viltà, l’Avidità « Ed altre Deità, « Come sarebbe a dir la Gretteria « E la Trappoleria, « Appartenenti a una Mitologia « Che a conto del Governo a stare in briglia « Doma educando i figli di famiglia, « Cantavano alla culla d’un bambino, « Di nome Gingillino, « La ninna nanna in coro, « Degnissime del secolo e di loro. »
Divinità favolose d’altre nazioni.
Ma se non è accettabile il concetto pagano che la Fortuna sia un essere soprannaturale esistente sin dalla origine del mondo o degli angeli (tra le altre prime creature), quando però ivi si afferma che « Colui lo cui saver tutto trascende, (cioè Dio) « Ordinò general ministra e duce « Che permutasse a tempo li ben vani « Di gente in gente e d’uno in altro sangue « Oltre la difension de’ senni umani, » s’intende facilmente che con questo linguaggio poetico si vogliono significare le occulte disposizioni della Provvidenza, imprevedibili ed inevitabili dai mortali.
Lo stesso gran luminare degli Inglesi, Bacone da Verulamio, nel suo libro De Sapientia Veterum, esamina ed interpetra più a lungo questa favola che le altre trenta da lui prescelte come meritevoli delle sue considerazioni.
La voce Eroi, divenuta tanto comune in verso e in prosa non solo nelle lingue dotte, ma pur anco nella italiana e nelle altre lingue affini, è di origine greca ; ed i filologi antichi, incominciando da Servio commentator di Virgilio, ne danno tre diverse etimologie,45deducendole da tre diverse accezioni in cui trovasi usata quella voce, cioè di Semidei, di Dei Indigeti, e di uomini divenuti illustri o per dignità o per imprese di sovrumano valore.
Giove sposò Giunone elevandola al grado di regina del Cielo, ed ebbe da essa Marte, Vulcano ed Ebe ; e poi da altre Dee, ed anche da donne mortali, altri figli in gran numero, tra i quali qui noteremo soltanto quelli che furono divinità di prim’ordine, cioè Apollo, Diana, Mercurio e Bacco.
M. non solo nelle iscrizioni dei documenti storici delle chiese e di altre fabbriche addette al culto, ma pur anco ne’ monumenti e nelle epigrafi delle sepolture.
Stabilita la base, e lieti della prima applicazione bene appropriata, presero coraggio a metterne fuori anche altre, e diedero il nome di Ninfale a un genere di Lepidotteri diurni della tribù dei Papilionidi ; e poi al Ninfale del pioppo (N. populea) assegnarono anche un altro nome più familiare e comune, tratto parimente dalla Mitologia, vale a dire Gran Silvano.
« Certo non si scotea sì forte Delo « Pria che Latona in lei facesse il nido « A parturir li due occhi del Cielo ; » ove è da notarsi tra le altre belle espressioni l’ardita e sublime metafora di chiamare Apollo e Diana, considerati come il Sole e la Luna, i due occhi del Cielo.
Di Minerva avremo occasione di parlare molte altre volte, ma specialmente raccontando il giudizio di Paride, la guerra di Troia e la vita di Ulisse e di Telemaco.
Non è però possibile scambiarla o confonderla con altre Dee, quando si vede rappresentata in un carro tirato da serpenti alati, o vogliam dire draghi volanti, ed avente in mano una o due faci accese : si riconosce subito Cerere che va in cerca della smarrita Proserpina.
E di queste ci occuperemo principalmente, non però subito, in questo capitolo, per evitare la monotonia dello stesso argomento, ma quando se ne presenterà l’occasione nel parlare di altre divinità odiose a questa Dea, o di famiglie o di popoli da essa perseguitati.
E quella graziosissima particolarità del mitologico racconto, che Cupido si rendeva invisibile a Psiche facendole soltanto sentire la sua voce, esprime filosoficamente, che questa e tutte le altre affezioni dell’anima, o vogliam dir le passioni di qualunque genere, non sono che modificazioni dell’animo stesso, ed è impossibile che abbiano realmente forme corporee, nella guisa stessa che non sono esseri di per sè esistenti le febbri, i dolori, gli starnuti, gli sbadigli, ecc., ma soltanto modificazioni più o meno morbose o moleste del nostro corpo.
Fu primo il Gilbert, medico della regina Elisabetta d’Inghilterra, che sullo scorcio del secolo xvi richiamò di nuovo l’attenzione dei fisici sulle proprietà dell’ ambra gialla, facendo notare del pari che anche altre sostanze potevano acquistare, mediante lo strofinamento, la proprietà di attrarre.
XXXV I Satiri ed altre Divinità campestri Chiunque ha veduti sculti o dipinti i Satiri avrà notato una gran somiglianza di forme fra essi e il Dio Pane, e riconoscerà quanto graziosamente e concisamente il Redi nel suo Ditirambo intitolato Bacco in Toscana li abbia definiti : « Quella che Pan somiglia « Capribarbicornipede famiglia. » Molti di essi formavano il corteo di Bacco, come dicemmo parlando di questo Dio, ed ivi notammo che per frastuono, stravizii ed ogni genere di follie non la cedevano alle più effrenate Baccanti.