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10. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489

Ma un giorno, come volle il suo fato funesto, dalla nave sconquassata nel lungo viaggio e corrosa dalle intemperie, cadde una trave sulla testa dell’Eroe e lo uccise. […] Ma lo stesso Cantù nella sua Storia Universale non ha potuto dare un giudizio sicuro sulla genealogia dei re di Troia e sulla verità dei fatti che di loro si raccontano. […] Quindi è fondata sulla credenza che gli Dei manifestino agli uomini la loro volontà e le loro intenzioni con certi segni sensibili più o meno evidenti. […] 3ª La Sibilla Dèlfica, di cui parlò il filosofo Crisippo in quel libro che egli compose sulla Divinazione. […] Il parafulmine situato sulla cupola della chiesa era illuminato da luce fosforescente, e non la sola punta, ma anche l’ asta ed una parte della catena.

11. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215

E che quel soggiorno fosse pur troppo inamabile, come dicono i poeti latini, e tetro, si può dedurre pur anco dal sapere che nessuna Dea o Ninfa, per quanto ambiziosa e vana, acconsentì a sposar Plutone per divenir regina ; e se egli volle aver moglie gli convenne rapirla, e poi contentarsi che ella stesse ogni anno per sei mesi con la madre o sulla Terra o nel Cielo. […] Questi giudici si chiamavano Minos, Eaco e Radamanto, i quali in origine erano stati sulla Terra tre ottimi re della Grecia, celebri per la loro giustizia ; e perciò dopo la morte meritarono l’onorevole ufficio di giudicar le anime degli estinti. […] Lo stesso Virgilio ci narra che nelle regioni sotterranee vi son due porte da cui escono i sogni per venire sulla Terra ; la prima è di corno da cui escono i sogni veri, e la seconda di avorio, e n’escono i sogni falsi : della quale invenzione non è facile intendere il significato. […] « Colà donde si niega « Che più ritorni alcun, » disse il Parini traducendo esattamente a parola in poesia italiana il famoso verso di Catullo sulla morte di un passero : « Illuc unde negant redire quemquam. » Il poeta latino impreca al tenebroso regno in questi versi : « At vobis male sit, malæ tenebræ « Orci, quæ omnia bella devoratis : « Tam bellum mihi passerem abstulistis. » 241. […] « Correndo viene, e ’l muso a guisa porta « Che ’l bracco suol, quando entra in sulla traccia.

12. (1841) Mitologia iconologica pp. -243

Se sulla terra son costruite per ornamento, e difesa torri, e castella, come non apporre alle chiome di questa Dea Tellure il glorioso serto di torri ? […] Mille, mille cese diconsi da Scrittori sulla felicità ; ma di tutte una sola mi appaga, quello cioè esser felice, che a Dio fonte di felicità sol vive, ed in lui centro d’ogni bene soltanto confida, giusta quel di Davidde Psal. 143. […] Del quadrisillabo e quinario Il verso di quattro sillabe vuol la cesura sulla terza. […] Nel verso quinario la inflessione della voce cade sulla quarta sua sillaba. […] Il novenario perchè metro sciocco, rozzo, ed astruso inflettente per altro anch’esso sulla fine non è da veruno di buon senno per avventura maneggiato.

13. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54

Raccontano i mitologi che Proserpina come dea di secondo ordine stava sulla terra e precisamente in Sicilia con diverse ninfe sue compagne od ancelle ; che mentre essa coglieva fiori alle falde del monte Etna fu rapita da Plutone Dio dell’inferno, per farla sua sposa e regina de’ sotterranei regni ; che questo ratto fu eseguito con tal prestezza che neppur le Ninfe a lei vicine se ne accorsero, e non poteron dire alla madre che fosse avvenuto della perduta Proserpina. […] Cerere indispettita gettò a costui sulla faccia l’acqua del fiume Flegetonte, e lo cangiò in gufo o barbagianni, uccello di cattivo augurio. Si venne allora ad una transazione, e fu convenuto per la mediazione di Giove che Proserpina restasse 6 mesi dell’anno col marito Plutone nell’inferno, e gli altri 6 mesi colla madre sulla terra54. […] Sono emblemi suoi distintivi una corona di spighe di grano sulla fronte e parimente un fascio o covone di spighe in braccio ; in una mano la falce, e talvolta un mazzo di papaveri nell’altra.

14. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-

Il sacerdote assaggiava il vino di cui era colma la tazza, l’offriva ad alcuno degli assistenti, e versava il resto sull’ altare o sulla terra o sulla fronte delle vittime. […] La Chiromanzia era una parte della magia, e consisteva nel predire il destino di un uomo dall’esame delle linee che s’incontrano sulla palma della mano. […] La tenevano in un vaso sulla porta dei templi, e prima d’entrare in essi, ognuno se ne lavava il viso e le mani, o si faceva lavare da un sacerdote.

15. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252

Un tripode, che alcuni dissero coperto della pelle del serpente Pitone, serviva di sedile alla Pitonessa, ed era tenuto sospeso sulla voragine ; e ai piedi di quello pendeva un vaso circolare e concavo, una specie di caldaia, che i Greci chiamavano lebete e i Latini cortina, dentro la quale si conservavano i denti e le ossa del serpente Pitone. — In appresso la parola cortina in latino fu interpretata per tenda o velario, col qual significato è passata nella lingua italiana. […] Cicerone compose un’opera sulla Divinazione, nella quale confuta ad una ad una tutte le asserzioni di suo fratello Quinto sulle pretese cause soprannaturali degli Oracoli e di qualunque altra creduta manifestazione della volontà degli Dei287). […] Che mi va dunque fantasticando Plutarco nel suo trattato sulla Deficienza degli Oracoli coll’attribuire alla morte di alcuni Dèmoni o Genii che vi presiedevano la cessazione di alcuni oracoli, che derivò soltanto dal discredito in cui eran caduti ? […] E passando egli dalle osservazioni generali alle particolari sulla religione dei Pagani, così ne parla nel Cap. 12 : « La vita della religione gentile era fondata sopra i responsi degli Oracoli, e sopra la sètta degli arioli e degli aruspici ; tutte le altre loro cerimonie dipendevano da questi.

16. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103

Si potrebbe disputare a lungo sulla greca etimologia di queste due parole, se si trattasse di filologia ; ma in mitologia possiamo starcene tranquillamente alla opinione di quegli antichi mitologi, i quali dicono che Apollo significa unico, e Febo luce e vita 105). […] Anticamente ergevasi nell’ isola di Rodi una statua colossale in bronzo rappresentante Apollo, di tali dimensioni che i due piedi posavano sulla estremità dei due moli del porto, e le navi passavano a piena vela fra le sue gambe. […] A spiegare il crepuscolo mattutino, ossia l’alba che precede il giorno, come dice Dante, inventarono i mitologi che tra i figli del Sole vi era una bellissima figlia chiamata l’Aurora, la quale ogni mattina apre le porte dell’oriente, e precede il padre, spargendo gigli e rose sulla terra. […] Inoltre gli attribuirono un figlio che fu il più valente medico sulla Terra, e dal quale nacque una figlia che fu la Dea della Salute.

17. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254

Cicerone specialmente, in questa parte, è più esplicito ed aperto degli altri ; e perciò i suoi libri sulla Natura degli Dei, sul Fato e sulla Divinazione furon considerati dai più scrupolosi Pagani siccome contrarii alla religione del Politeismo, mentre all’opposto i Santi Padri dei primitivi tempi del Cristianesimo citarono i detti di Cicerone forse più spesso di quei della Bibbia. […] Oggidì che hanno sì gran credito gli studii preistorici sugli uomini primitivi dell’età delle armi di pietra e delle abitazioni lacustri, di quel tempo cioè in cui i nostri antenati Europei eran forse più rozzi dei selvaggi dell’America scoperti da Colombo, non potrà stimarsi meno importante lo studio intorno alle origini delle idee morali che ebbero tanta efficacia sulla civiltà greca e romana.

18. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320

Ma Giove, per punirlo della sua folle superbia, mandò un tafano a molestare il caval Pegaso, che scosse dalla sua groppa il cavaliere e lo precipitò dall’alto sulla terra ; e così miseramente finì Bellerofonte i suoi giorni. […] Anzi sulla base o radicale di questa parola si son formati in italiano vocaboli di cui non esistono gli equivalenti neppure in latino, cioè il verbo chimerizzare e i nomi chimerizzatore e chimerizzatrice, i quali sebbene sieno poco usati parlando, pur si trovano registrati nei nostri Vocabolari. […] Ne esiste una di bronzo fuso nella Galleria degli Uffizi ; ma è dichiarata opera etrusca e dall’avere incisi sulla zampa destra etruschi caratteri, e perchè fu trovata presso Arezzo.

19. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72

Quando i Titani furono spodestati da Giove ed espulsi dal cielo, andarono profughi sulla terra ; e la loro stirpe crebbe e si moltiplicò. […] Ma per quanto piena di pregi fosse Pandora, gli Dei non avevan pensato a renderla immune dalla curiosità ; quindi essa aperse subito il vaso e ne uscirono immediatamente tutti i mali fisici piombando sulla umana specie81). […] Un uguale effetto deriva ancora talvolta per la prolungata agitazione del vento, che confricando tra loro in una selva selvaggia diversi rami degli alberi, produce estesissimi e spaventevoli incendii ; ed anche il fulmine (che credevasi venir dal Cielo e dalla mano stessa di Giove) comunica il fuoco alle materie combustibili che trovansi sulla Terra.

20. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325

Europa vedendolo così mansueto vi era salita in groppa per giovanile trastullo ; ma il toro giunto sulla riva del mare, si gettò in mezzo alle onde, e nuotando trasportò all’isola di Creta la giovinetta, ed ivi, riprese le forme divine, la fece sua sposa, e n’ebbe due figli Minos e Radamanto 57. […] Anche la trasformazione di Cadmo in serpente era tanto famigerata presso gli antichi Pagani che talvolta fu rappresentata perfino sulla scena : il che non dovrà recar maraviglia, ripensando che anche ai tempi nostri si è veduto rappresentare in qualche spettacolo Nabuccodonosor trasmutato in bestia coram populo. […] Anzi Dante, convinto che tali trasformazioni poeticamente ed ingegnosamente narrate fanno grandissimo effetto sulla immaginazione dei lettori, volle gareggiare anche in questo cogli antichi poeti, come fece nel Canto xxv dell’ Inferno, detto appunto delle trasformazioni ; e fu tanto contento e sicuro egli stesso dell’opra sua, che non potè nasconderlo ai suoi lettori, ed asserì di aver superato Lucano ed anche Ovidio, il famoso autore delle Metamorfosi : « Taccia Lucano omai, là dove tocca « Del misero Sabello e di Nassidio, « Ed attenda ad udir quel ch’or si scocca.

21. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122

Orazio rammenta più volte (ma ironicamente, perchè non vi credeva) questa magica potenza delle streghe sulla Luna e le Stelle136, e Ovidio aggiunge che si estendeva anche sul Sole137. […] Una più terribile punizione inflisse Diana al cacciatore Atteone, il quale essendo penetrato in un boschetto ov’era una fonte in cui si bagnava Diana colle sue Ninfe, la Dea gli gettò dell’acqua sulla faccia e lo trasformò in cervo, che nel fuggire fu raggiunto dai suoi propri cani e da essi miseramente dilaniato. […] Questa opinione divenne tanto comune che alcuni eruditi latinisti composero per comodo di memoria i seguenti versi sulla Dea Triforme : « Luna polo, Diana solo, Proserpina Averno. 

22. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194

« Bastiti, e batti a terra le calcagne ; « Gli occhi rivolgi al logoro che gira « Lo rege eterno con le rote magne. » I mitologi pretendevano ancora di sapere i nomi delle Sirene, e ne rammentano tre, cioè Lisia, Leucosia e Partenope ; ed aggiungono che la sirena Partenope andò a morire sulla costa del Tirreno dove fu poi fabbricata una città che in memoria di lei ebbe il nome di Partenope o Partenopea, e che in appresso rifabbricata fu detta, come dicesi ancora, Napoli, che significa città nuova. […] La geografia ci dice che Scilla è una scogliera sulla costa della Calabria ulteriore I228, ove le onde si frangono romoreggiando con un suono che sembra un latrato : quindi la favola dei cani alla cintura di Scilla ; e che Cariddi è un vortice poco distante, sulla opposta costa di Sicilia presso il faro di Messina.

23. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172

Anzi per indicare non tanto la forza del vino che dà alla testa, quanto ancora l’impudenza che ne deriva in chi ne abusa, si aggiungevano sulla fronte di Bacco le corna198 ; e i poeti dicono che egli non sempre le portava, il che significa che non era sempre ubriaco. […] Nel corteo di Bacco e a celebrare i Baccanali, secondo le favole, v’era pur anco la « Capribarbicornipede famiglia » dei Satiri, come scherzevolmente, con parola significante la forma dei Satiri, la chiama il Redi ; e tra i Satiri v’era l’aio di Bacco, cioè il vecchio Sileno, che dall’essere continuamente ubriaco non reggevasi in equilibrio neppur sulla groppa del suo asinello. […] Perciò il Giusti chiamo Ditirambo la sua celeberrima satira sulla Vestizione di Bécero a cavalier di S.

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231

Quindi in appresso si cessò dall’insistere sulla necessità del pagamento di quest’obolo, ma si confermò indispensabile la sepoltura del cadavere, affinchè l’anima potesse esser traghettata da Caronte all’altra riva, e non andare errando per 100 anni lungo lo Stige nella penosa incertezza della sede che erale destinata. […] Sisifo, figlio di Eolo, infestò l’Affrica e l’istmo di Corinto co’suoi ladroneggi e colle sue crudeltà ; e dopo la morte fu condannato nel Tartaro a spinger sulla cima di un monte un gran masso, che tosto ricadendo a valle rendeva eterna la sua pena. […] Perciò fu punito nel Tartaro col perpetuo timore di essere schiacciato da un masso che gli pendea sulla testa.

25. (1836) Mitologia o Esposizione delle favole

Dalle goccie di sangue, che indi caddero sulla terra, nacquero le Erinni o Furie, i Giganti, e le ninfe Melie; dalla spuma che formossi attorno alle parti recise cadute in mare nacque Venere, cui i Greci da afros spuma chiamarono Afrodite. […] Nelle nozze di Peleo, e di Tetide figlia dell’ Oceano alle quali furono invitati tutti gli Dei, eccetto la Discordia, avendo questa gettato sulla mensa un pomo di oro colla iscrizione: Diasi alla più bella, nacque contesa fra Giunone, Pallade, e Venere chi averlo dovesse. […] In Roma Vertunno avea un tempio sulla piazza del mercato. […] Per ordine di Euristeo scese all’ inferno e gli condusse incatenato il, cane Cerbero nato parimente da Echidna; e dalla velenosa bava che questi lasciò sulla terra, nacque l’ aconito. […] Pirro entrato a forza nella reggia di Priamo vi uccise Polite figlio di lui: indi Priamo stesso; e sacrificata Polissena sulla tomba di Achille, trasse prigioniera Andromaca vedova di Ettore.

26. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47

Se poco hanno avuto da inventare e da raccontarci i mitologi sulla vita semplice e monotona che attribuirono a questa Dea, molto ci hanno narrato gli storici romani sulla importanza del culto di Vesta e dell’ufficio delle Vergini Vestali in Roma.

27. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9

E qui mi piace avvertire che lo scopo di questo lavoro sulla Mitologia non è già di risalire alle origini primitive dei miti, indicando le migrazioni e le trasformazioni delle idee mitologiche dall’oriente all’occidente ; ma soltanto di far la storia e spiegare il significato dei miti e delle idee ed espressioni mitologiche che si trovano nei poeti greci, latini ed italiani, e per conseguenza ancora delle altre nazioni che hanno adottato la Mitologia e il linguaggio dei classici greci e latini. […] Ma questo non toglierà che sia sempre necessaria la cognizione della Mitologia greca e romana, nella guisa stessa che la Paleontologia presuppone ed esige la cognizione precedente della storia naturale, perchè è impossibile il dedurre da frammenti di esseri organici fossilizzati, da secoli e secoli non più viventi sulla faccia della terra, la loro antica forma, i loro istinti, le loro abitudini e le loro leggi di vitalità, senza aver prima di queste stesse cose cognizioni esatte negli esseri organizzati viventi.

28. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386

Nelle scuole di Atene o di Corinto, un filosofo epicureo, un cinico, un peripatetico disputava ingegnosamente sul vizio, sulla virtù, sull’anima, sugli Dei ; ma tutto ciò non altro era che spiritosa lizza d’ingegno. […] Allorchè il Cristianesimo apparve sulla terra, il genere umano più non vivea, per così dire, che pei sensi. […] In qualunque ipotesi che immaginare si voglia, si trova sempre che l’Evangelio impedì la distruzione della società : perchè, supponendo da un lato ch’esso non fosse comparso sulla terra, e dall’altro che i Barbari avessero continuato a starsene nelle loro foreste, il mondo romano, marcendo ne’suoi costumi, era minacciato de una spaventevole dissoluzione.

29. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294

E poichè Cicerone, a cui parrebbe che questa squisitezza filologica avesse dovuto importare più che a noi, non vi pensa nè punto nè poco, e ci dice soltanto che la voce Penati deriva da due vocaboli latini usitatissimi (penus e penitus), senza aggiungere che questi fossero d’origine troiana, bisognerà per ora starsene a quel che egli ne scrisse, e credere sulla sua parola che l’etimologia di quel termine fosse latina, e alludesse al vital nutrimento degli uomini dai Penati protetti, ovvero alla parte più interna dei tempii e delle case ove questi Dei erano adorati37. […] Perciò, oltre al distinguer gli Dei Penati dagli Dei Lari, e decider così la question mitologica sulla diversa loro personalità, viene ancora a significare che i primi eran protettori dei diritti del cittadino, ed i secondi di quelli del padre di famiglia ; senza dei quali, come egli sapientemente dichiara, non può esser buona una repubblica, nè ben viversi in essa 39.

30. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289

Si rappresentano generalmente seduti in un terreno alquanto declive e colle gambe stese per indicare il corso del fiume e la pendenza dell’ alveo : ha ciascuno di essi presso di sè un’urna da cui esce l’acqua per significar la sorgente ; e se il fiume è navigabile, si pone in mano alla figura del Dio un remo : se poi il suo corso si dirama in due o più alvei, si aggiungono sulla fronte del Nume due corna. […] Trovansi infatti anche altrove dei fiumi, le acque dei quali nel loro corso spariscono sotto terra, e a gran distanza ricompariscono sulla superficie di essa.

31. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91

Altri mitologi invece raccontano che l’isola di Delo fu sollevata da Nettuno con un colpo di tridente dal fondo del mare ; e questo racconto pure si può spiegare con un fatto geologico, che cioè per la forza del fuoco centrale del nostro globo si sollevano le montagne sulla terra e le isole dal fondo del mare. […] Ne parla Omero nel libro xxiv dell’ Iliade ; ne fa molto a lungo la narrazione Ovidio nel libro vi delle Metamorfosi ; e Dante trova il modo di darne un cenno efficace anche nel Purgatorio (Canto xii) dicendo di aver veduto sculto questo fatto in uno dei bassirilievi che rappresentavano esempii di superbia punita : « O Niobe con che occhi dolenti « Vedeva io te segnata in sulla strada « Tra sette e sette tuoi figliuoli spenti ! 

32. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — I. La Cosmogonia mitologica » p. 10

Tal genere di faticosa erudizione, consistente nel decifrare gli enigmi degli antichi, va in oggi a poco a poco cedendo il campo allo studio dei problemi che sulla Cosmogonia si propongono di risolvere le scienze fisiche, e principalmente l’astronomia e la geologia, coi dati offerti dalla natura stessa e dai naturali fenomeni.

33. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-

Contemporaneamente a queste prime apoteosi sorgeva e ben presto diffondevasi una nuova religione, i cui seguaci destarono l’ammirazione di tutti per la bontà e santità della vita : e questo parve un gran miracolo in mezzo a società così corrotta ; questo richiamò l’attenzione di tutti sulla nuova religione del Cristianesimo, perchè dagli ottimi effetti morali che quella produceva ne’suoi seguaci inducevasi la convinzione che ottime esser dovessero le massime che essa insegnava.

34. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263

III) fu accennato che gli Dei di 2° ordine eran detti Inferiori o Terrestri ; e questi appellativi spiegano bastantemente la minor potenza e l’ordinario soggiorno di tali Dei sulla Terra.

35. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496

Questa facoltà poetica di rappresentare con descrizioni o con immagini sculte o dipinte qualunque virtù, qualunque vizio, qualunque idea astratta non è già spenta negli uomini dei nostri tempi ; anzi vedesi sempre rinnuovata non solo nelle moderne poesie, ma pur anco nei monumenti ove le Virtù civili e militari, ed anche le religiose, sono rappresentate per mezzo di figure umane accompagnate da oggetti simbolici che ne suggeriscono il significato ed il nome, senza bisogno di scriverlo sulla base delle medesime o in qualche parte delle loro vesti o dei loro ornamenti.

36. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330

» E Virgilio a lui : « Se t’ammentassi come Meleagro « Si consumò al consumar d’un tizzo « Non fora, disse, questo a te sì agro. » Ma accorgendosi Virgilio che con questo esempio pretendeva di spiegare un mistero con un altro mistero, citò ancora un fenomeno fisico : « E se pensassi come al vostro guizzo « Guizza dentro allo specchio vostra image, « Ciò che par duro ti parrebbe vizzo. » E per quanto anche il poeta Stazio, a richiesta di Virgilio, gli desse bellissime spiegazioni scientifiche sulla generazione dell’uomo, sull’unione dell’anima col corpo e lo stato di essa dopo la morte, nulladimeno non sembra che Dante rimanesse tanto convinto quanto altra volta che Virgilio gli disse : « A sofferir tormenti e caldi e geli « Simili corpi la Virtù dispone « Che come sia non vuol che a noi si sveli. » E così con esempii mitologici, cattolici e scientifici viene a far conoscere che spesso s’incontrano nelle umane cognizioni misteri inesplicabili.

37. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308

Indigeti è parola di etimologia tutta latina, sia che debbasi interpretare inde geniti, o in diis agentes, cioè generati sulla Terra, o ascritti fra gli Dei.

38. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19

Cicerone compose una celebre opera intitolata Della natura degli Dei ; e Lucrezio un famoso poema sulla Natura delle cose.

39. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59

Ma spesso scendeva ad abitar sulla Terra, e teneva corte sul monte Olimpo in Grecia61 ; e perciò dai poeti il nome di Olimpo è usato come sinonimo di Cielo ; Olimpico è detto Giove ; Olimpici o Dei dell’ Olimpo tutti gli altri Dei superiori62.

40. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78

Giove, avuta notizia di questa general corruzione del genere umano, volle assicurarsene personalmente sulla faccia del luogo : il che dimostra che egli non aveva l’onniscienza e l’onnipresenza, attributi essenziali alla Divinità.

41. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137

XXI Minerva Un mito dei più straordinarii fu inventato sulla nascita di Minerva Dea della sapienza.

42. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393

Arcesilao di Paro inventa la pittura sulla cera e sullo smalto.

43. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-

Riconobbero però facilmente che la maggior parte di questi Dei eran molto turbolenti, producendo in mare orribili tempeste, e sulla terra bufere e devastazioni ; e che perciò v’era bisogno che fossero sottoposti a qualche altra più potente divinità che li raffrenasse ; diversamente, come dice Virgilio, « …..

44. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505

Clodio travestito da donna, egli fu stimato sacrilego ; e questo scandalo fu causa che Cesare ripudiò la propria moglie, dicendo che sulla moglie di Cesare non dovevan cadere nemmeno sospetti.

45. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85

Era questa una Ninfa o Dea inferiore, figlia di Taumante ; e credevasi che essa per discender sulla terra ad eseguire gli ordini di Giunone passasse per quella splendida via che è contrassegnata nel cielo dall’arcobaleno.

46. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38

Tutti però si accordano nell’ammettere, o nell’una o nell’altra epoca, l’età dell’oro e nel celebrarla per l’innocenza dei costumi e per le spontanee produzioni di ogni ben di Dio sulla terra ; giungono perfino a dire che scorrevano rivi di latte e di miele.

47. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151

Quindi alludendo a questa origine la rappresentarono nel primo fior dell’età e della bellezza, affatto nuda e senz’alcun ornamento, in una conchiglia marina spinta a gara dagli zeffiri sulla superficie del mare182.

48. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202

Egli asserisce, non già sulla fede altrui, ma come testimone oculare (poichè finge di aver percorso egli stesso quelle regioni), che l’Inferno è formato di circoli concentrici come un anfiteatro ; che il primo cerchio che si trova, poche miglia sotto la superficie terrestre, è il più grande di tutti gli altri, i quali, vanno gradatamente decrescendo fino al centro del nostro globo, nel qual punto termina l’Inferno stesso ; che i cerchi son 9 ; ma il 7° è diviso in 3 gironi, l’8° in dieci bolge e il 9° in quattro compartimenti chiamati Caina, Antenora, Tolomea e Giudecca.

49. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68

Nella Teogonia di Esiodo vi è un bell’episodio sulla battaglia dei Titani coi Saturnii, che fu tradotto in versi da quel sommo ingegno del Leopardi.

50. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160

Lo stesso Ganot (francese) comincia a trattare dell’elettricità dinamica con queste parole : « È dovuta a Galvani, professore di « anatomia a Bologna, l’esperienza fondamentale che condusse alla scoperta dell’elettricità dinamica, o del galvanismo, nuovo ramo della fisica, tanto importante per le innumerevoli applicazioni che se ne fecero da un mezzo secolo a questa parte. » — E parlando di quell’apparato detto pila, che serve a svolgere l’elettricità dinamica, e che fu inventato da Volta nel 1800, riporta questa notizia istorica nei seguenti termini : « Volta, fondandosi sulla teoria del contatto, fu condotto ad inventare il maraviglioso apparato che rese immortale il suo nome » (la pila di Volta).

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