Come poi facesse per ritornar nella notte dalla parte d’Oriente, i più antichi poeti, Omero ed Esiodo, l’hanno prudentemente taciuto : soltanto in appresso qualche mitologo inventò che il Sole, dopo di essersi riposato nel palazzo di Teti, entrava in fondo ad una nave d’oro col suo carro ed i suoi cavalli, ed era trasportato velocissimamente per mare, girando a settentrione, per ritornare in tempo la mattina all’Oriente. […] Così il Tasso ha scritto : « Sorgeva il nuovo sol dai lidi eoi « Parte già fuor, ma ’l più nell’onde chiuso. » I poeti minori poi non finiscono mai di rammentare le eoe maremme, che rimano sempre con le indiche gemme. […] La famosa Scuola Salernitana, di cui si citano tanti aforismi latini, che si odono spesso come proverbii sulle labbra di molti, suggerì tra gli assiomi generali il seguente : « Si tibi deficiant medici, medici tibi fiant « Hæc tria : mens hilaris, requies moderata, diæta. » E il celebre igienista Michel Lévy dichiara nella sua grand’ opera dell’ Igiene, che questo ed altri assiomi generali « sono la parte più sana della raccolta di massime della Scuola di Salerno. »
E poichè queste roccie (principalmente i graniti e alcuni porfidi), sono in parte affini alle formazioni vulcaniche, prescelsero per esse una denominazione derivata da Plutone Dio infernale che aveva maggiore affinità con Vulcano, Dio del fuoco. […] Anche il can Cerbero ha ricevuto l’onore dagli astronomi che il suo nome fosse dato ad una piccola costellazione, composta, secondo il catalogo di Arago, di tredici stelle : la quale resta nell’emisfero boreale, vicina a quella parte della costellazione di Ercole che si chiama la mano, volendosi così alludere alla favola che Ercole incatenò il can Cerbero nell’Inferno e lo trascinò seco sino alla vista del Cielo. […] Un commentatore storico vi troverebbe una reminiscenza di quei Potestà e giudici dell’antica repubblica fiorentina, tolti da altre terre, « Come suol esser tolto un uom solingo « Per conservar sua pace, » perchè cioè giudicassero senza spirito di parte, non fossero nè guelfi nè ghibellini.
Thésée voulut affranchir sa patrie de ce honteux tribut ; il se joignit aux victimes que le sort avait désignées, et partit pour la Crète. […] Il partit avec douze vaisseaux pour le siége de Troie, et s’y distingua à la tête des Mégariens et des habitants de Salamine. […] Renoncez à partir, ou permettez que je vous suive. […] Il partit : l’air était agité et le ciel obscur. […] Pars !
Giovi poi ripetere come la traduzione di quest’opera non sia un semplice volgarizzamento, giacchè il Signor Pietro Thouar l’ha in gran parte rifusa e vi ha fatte delle notabili aggiunte le quali consistono in molte e nuove illustrazioni poetiche dei fatti mitologici, cavate da alcuni dei nostri più valenti poeti ; in una Cronologia mitologica, ossia indicazione delle più notabili epoche storiche alle quali si riferiscono le favole ; e principalmente in un’ Appendice che contiene varj ragionamenti d’illustri scrittori concernenti la caduta del Paganesimo e la fondazione del Cristianesimo. […] Ma a volere che sia parte proficua della storia dell’umano incivilimento, e che vada immune da qualsivoglia rischio d’ingenerare [ILLISIBLE]nelle menti inesperte dei giovani, è mestieri che la ce[ILLISIBLE]ità dell’idolatria e del politeismo sia posta a confronto della Verità Divina del Cristianesimo, e che sia fatto conoscere il passaggio dalla civiltà antica basata su falsi fondamenti, alla civiltà nuova sostenuta dall’ opera della Redenzione.
Perciò queste Divinità non erano soltanto astrazioni filosofiche o personificazioni poetiche, ma facevano parte della religione del popolo, e stavano a dimostrare che quando si stabilì il loro culto pubblico e fintantochè si mantenne, il popolo credeva nell’esistenza della Virtù ; e solo dopo le orribili guerre civili, allo spegnersi della repubblica colla vita di Marco Bruto, si udì la bestemmia che egli per disperato dolore proferì nell’atto di uccidersi : « O Virtù, tu non sei che un nome vano ! […] Questa facoltà poetica di rappresentare con descrizioni o con immagini sculte o dipinte qualunque virtù, qualunque vizio, qualunque idea astratta non è già spenta negli uomini dei nostri tempi ; anzi vedesi sempre rinnuovata non solo nelle moderne poesie, ma pur anco nei monumenti ove le Virtù civili e militari, ed anche le religiose, sono rappresentate per mezzo di figure umane accompagnate da oggetti simbolici che ne suggeriscono il significato ed il nome, senza bisogno di scriverlo sulla base delle medesime o in qualche parte delle loro vesti o dei loro ornamenti.
Sebbene i Mitologi la considerino un’impresa secondaria (ed è tale se riguardisi soltanto lo scopo di uccidere una belva feroce), e perciò ne parlino soltanto incidentalmente, è per altro di somma importanza per la cronologia degli Eroi, dimostrando essa che furon contemporanei coloro che vi presero parte. […] Perciò il re invitò tutti i più coraggiosi e prodi giovani della Grecia a prender parte a questa caccia, e ne fe’capo il suo figlio Meleagro.
E quanto alla sua sorella Europa, della quale dicono i Mitologi che ebbe da Giove il privilegio di dare il nome alla terza parte dell’antico continente che noi abitiamo, gli storici non sanno dire nulla di più nè di diverso. […] Anche gli altri nobili greci pretendevano di esser discesi da qualche eroe mitologico, e la maggior parte da Perseo.
A partir de cette époque commence la troisième période ou les temps historiques. […] Puis, renonçant au pouvoir souverain, il partit pour de nouvelles aventures. […] De là ils vont débarquer sur les côtes de la Thessalie, d’où ils étaient partis. […] Une flotte partit ; mais le vaisseau principal, nommé Argo, revint seul et resta célèbre. […] Ils feignent en effet de partir.
Inventarono i Greci che Cerere avesse prima che agli altri insegnato l’agricoltura a Trittolemo figlio di Celeo re d’ Eleusi, (antica città greca fra Megara e il Pireo), e che questi sul carro di Cerere tirato da draghi volanti avesse percorso gran parte della terra per insegnar quell’arte agli altri popoli. […] Cerere ebbe da Giove una figlia chiamata Proserpina in latino e in italiano, Persephone in greco, che rappresenta una splendida parte nelle vicende e negli attributi di sua madre.
E le donne antiche e le moderne ne capiron bene il significato, che cioè l’arte nell’abbigliamento favorisce la venustà, o almeno nasconde in parte i danni dell’età. […] Con questa greca voce Psiche (anima) è composto il termine psicologia, che perciò significa quella parte della filosofia che tratta dell’anima e delle sue facoltà.
Oltre l’esecrazione religiosa, corrispondente alla scomunica maggiore, v’era la pena della deportazione in un’isola e la confisca del bestiame e di una terza parte dei beni del condannato. […] « Te duo diversa domini pro parte coronant, « Binaque serta tibi, binaque liba ferunt.
Parmi les guerriers qui partirent avec Jason, on distinguait Hercule, Thésée, Orphée, qui devait charmer l’ennui du voyage par ses chants et les sons de sa lyre ; le pilote Tiphys ; Lyncée, qui avait la vue très perçante, et qui était chargé de signaler les écueils ; Castor et Pollux, etc. […] Comme il se croyait fils de Polybe et de Péribée, il résolut de ne jamais retourner à Corinthe, et partit pour la Phocide. […] Après l’arrivée de ces deux héros, les Grecs partirent. […] Ulysse était parti de Troie avec les douze vaisseaux qu’il avait emmenés d’Ithaque. […] Hippomène se présenta dans la lice ; il partit le premier et laissa tomber en courant, à quelque distance l’une de l’autre, trois pommes d’or du jardin des Hespérides, que Vénus lui avait données.
Ora però è a dirsi che i poeti hanno attribuito anche a sè stessi in gran parte questa facoltà di presagire il futuro, dicendosi inspirati dal loro Dio ; e perciò si chiamarono Vati, cioè indovini o profeti : dalla qual voce poi si derivò e compose il nome vaticinio e il verbo vaticinare 131. […] Invenzione semplicissima, basata sul nome e la proprietà di questo fiore, di voltarsi sempre dalla parte dove si trova il sole.
Le héros partit sous la garde des dieux protecteurs de l’innocence, et parvint heureusement en Lycie sur les bords du Xanthe. […] Il obtint d’Égée, son père, la permission de partir avec les prisonniers, sans y avoir été contraint par le sort. […] Les Argonautes partirent sans attendre le retour d’Hercule. […] Les Argonautes eurent alors la liberté de partir. […] Tous les objets de leur voyage étant terminés, ils arrivèrent sur les mêmes côtes de Thessalie d’où ils étaient partis.
C'était elle qui préparait son char quand il partait pour la guerre. […] Dans le nombre de ces divinités, on trouve : Alémone déesse de l’allaitement, Cuba qui présidait, à Rome, au coucher des enfans, Cuna ou Cunina déesse romaine des enfans au berceau, Egerie ou Lucine, Eugérie que les dames romaines invoquaient pendant la gestation, Geneta ou Mama-Geneta, déesse latine qui présidait à la génération de tous les animaux, Ingénicole, c’était Ilithye à Tégée, Intercidua était un dieu protecteur des enfantemens, Jugatin était un autre dieu latin du mariage, Lalle était le dieu du balbutiement enfantin, Levana déesse latine, protégeait les nouveaux nés, Maturne était à Rome la déesse de la maternité, Nixi Dii étaient trois dieux protecteurs des femmes en couche, à Rome, Nundina présidait comme déesse romaine à la purification des enfans, Orbona protectrice romaine des enfans, Orthésie était une Diane-Lucine protégeant les accouchées, Orthia était à Sparte une espèce d’Artémise ou d’Opis, et présidait à la flagellation annuelle des enfans, Ossilégo ou Ossipaga, déesse latine qui présidait à la formation des os, Partes étaient deux déesses latines que les femmes enceintes de neuf à dix mois, invoquaient pour leur délivrance, Portuta était une espèce de Lucine Latine, présidant au temps de la grossesse, Pota ou Potica ou Pontina était une déesse qui présidait à Rome au boire des enfans, Prorsa ou Porrima, ou Anteverta et Postverta, elles étaient deux sœurs souveraines des accouchemens à Rome, Rumanées espèce de Lucine des Teriboci et des Vangiones, Rumia, ou Rumisca, ou Rumina protectrice romaine des enfans à la mamelle, Sentia et Sentine déesse qui protégeait les nouveaux nés chez les Latins, Statinus et Statina affermissait les pieds des enfans en bas âge à Rome ; Utérina était une déesse latine qui présidait à la gestation et aux accouchemens ; Vagilan était un dieu latin protecteur de l’enfant qui crie ; Vitumne était la déesse, à Rome, protectrice de l’enfant après sa conception. […] Quelques instans avant de partir, et n’étant âgé que de cinq jours, il fit tomber sous ses traits, pour les essayer, le serpent Python que la jalouse Junon avait envoyé à la poursuite de Latone, et qui cherchait à étouffer les deux Latonides dans leur berceau. […] Varron en comptait dix qu’il nommait : la Persique ou Sambète ; elle se donnait pour bru de Noé dans les vers sibyllins qu’elle était supposée avoir tracés ; la Libyenne, fille de Jupiter et de Lamia, s’était montrée à Claros, à Delphes et à Samos ; la Delphique était la fille du devin Tirésias ; la Cuméenne résidait à Cumes en Italie ; l’Erythréenne avait prédit le succès des Grecs lorsqu’ils partirent pour la guerre de Troie ; la Samienne avait laissé quelques prophéties dans les annales de Samos ; la Cumane était de Cumes en Eolide : l’Helespontine prophétisait du temps de Solon à Marpesse, en Troade ; la Phrygienne séjournait à Ancyre ; enfin la Tiburtine, ou Albanée, ou Lybyca, fille de la Libyenne, prophétisait dans les bois de Tibur, actuellement Tivoli : on la croyait Ino, femme d’Athamas, ou Leucothée, ou Matuta.
On dit que Jupiter, desirant connaître où était le milieu de la terre, fit partir deux aigles en même temps, l’un vers l’orient, l’autre vers l’occident, et qu’ils se réunirent sur la ville de Delphes, si célèbre par les oracles d’Apollon. […] Elle ne peut partir de ces aimables lieux ; Cent humides baisers achèvent ses adieux. […] Lorsqu’un général romain partait pour l’armée, il entrait dans le temple de Mars, remuait les boucliers sacrés et secouait la pique de la statue de ce dieu, en lui criant : « Mars, veille à notre conservation. » La planète la plus voisine de celle de Vénus était consacrée à Mars. […] De là partent des cris, des accents lamentables, Le bruit affreux des fers traînés par les coupables, Le sifflement des fouets dont l’air au loin gémit. […] Depuis ce temps, les nochers ne passaient qu’en tremblant près de cet île dangereuse, d’où partaient continuellement les cris et les hurlements des malheureux que Circé avait métamorphosés en animaux de toute espèce.
Il leva une puissante armée d’hommes et de femmes, puis il partit pour la conquête des Indes. […] Pour faire entendre que Persée avait les vertus d’un grand capitaine, les poètes feignent qu’avant qu’il partît pour cette expédition, Minerve lui donna son miroir, Mercure ses ailes, Pluton son casque, et que son cimeterre fut forgé par Vulcain. […] Il en partit avec Andromède pour aller bâtir la ville de Mycènes, où il régna paisiblement. […] Possesseur de ce trésor, Jason partit de la Colchide avec Médée, qu’il épousa. […] Avant de partir, Myrtile ôta le fer qui retenait la roue : Œnomaüs fut renversé de son char et périt misérablement.
Le Dieu prêt à partir fait briller dans sa main Son Sceptre redouté, dont le charme divin Peut donner ou ravir aux mortels misérables, Du paisible sommeil les vapeurs secourables. […] Quand Rome de l’oracle eut connu la réponse, Et le séjour du Dieu que sa promesse annonce, Pour les murs d’Épidaure, un décret du sénat Fait partir un vaisseau, messager de l’état. […] Mais l’heure de la table Désarme les joueurs ; un flacon délectable Verse avec son nectar les aimables propos, Et, comme son bouchon, fait partir les bons mots. […] Cyrène s’en émeut ; ses compagnes timides Ont tressailli d’effroi dans leurs grottes humides ; Aréthuse, cherchant d’où partent les sanglots, Montre ses blonds cheveux sur la voûte des flots : O ma sœur ! […] De-là partent le Phase et le vaste Lycus, Le père des moissons, le riche Caïcus, L’Énipée orgueilleux d’orner la Thessalie, Le Tibre encor plus fier de baigner l’Italie, L’Hypanis se brisant sur des rochers affreux, Et l’Anio paisible, et l’Eridan fougueux, Qui, roulant à travers des campagnes fécondes, Court dans les vastes mers ensevelir ses ondes.
Le Dieu prêt à partir fait briller dans sa main Son Sceptre redouté, dont le charme divin Peut donner ou ravir aux mortels misérables, Du paisible sommeil les vapeurs secourables. […] Quelle félicité pour ses tendres parens, S’ils soupçonnent leurs noms dans ses premiers accens ; S’ils retrouvent en eux des traits de ressemblance, Ils partissent jouir d’une double existence. […] Cyrène s’en émeut ; ses compagnes timides Ont tressailli d’effroi dans leurs grottes humides ; Aréthuse, cherchant d’où partent les sanglots, Montre ses blonds cheveux sur la voûte des flots : O ma sœur ! […] tu partiras tranquille. […] Du glaive que soutient son épaule guerrière, Partent en longs faisceaux mille traits de lumière.
E la lettera correva di certo, ed io la spedii subito, e qui la riporto per copia conforme : « Il saggio di Mitologia in uso delle Scuole, che sotto fascia le mando, è parte di un lavoro compiuto, e che da esperti nell’insegnare ebbe lode ; e io, proponendoglielo, ne dico assai ; e meglio di me lo raccomanda il Compendio di Cosmografia, lavoro dell’autore medesimo, accettato da più di una Scuola in Toscana, e di cui l’avveduto signor Barbèra credette utile farsi editore.
Nous partons, nous désertons nos Thermes, nous abandonnons votre patrie à la barbarie dont nous l’avons tirée, et où son mépris pour nous va infailliblement la replonger. » VII Je voulais le consoler et lui dire que ses dieux notaient pas aussi oubliés qu’il le pensait ; que la Mythologie était encore notre religion littéraire ; que, si les enfants n’apprenaient pas la fable, en même temps que le catéchisme, dans des traités élémentaires, ils l’apprenaient dans les écoles avec Homère et Virgile ; que beaucoup de souvenirs vieillis, ou devenus ridicules par l’abus qu’on en avait fait, étaient tombés de la haute poésie dans le vaudeville ou dans la farce, mais que d’autres vivaient encore, rajeunis par des interprétations nouvelles, et fournissaient à nos écrivains des images hardies et des rapports ingénieux ; que ces novateurs eux-mêmes, dont il maudissait les réformes, étaient restés païens à leur manière, et rappelaient sans cesse le souvenir des traditions qu’ils avaient répudiées, pareils à ces athées qui ont toujours à la bouche le nom de Dieu ; mais l’ombre était rentrée sous terre sans attendre ma réponse. […] — Le beau tambour partait laissant une demi-douzaine d’Arianes inconsolables de son départ, mais il s’en moquait bien. […] Partira-t-il ? Ne partira-t-il pas ?
Così nelle vicende mitologiche di Saturno troviamo rappresentate, e quasi storicamente narrate come avvengono tra gli uomini, la maggior parte delle vicende politiche di un regno, cioè successione per abdicazione del padre, patti di famiglia, violazione dei medesimi, guerre, detronizzazioni, prigionie, congiure ed esilio.
Poichè Urano significa Cielo, il suo nome stesso serve a manifestare qual parte dell’ Universo egli rappresenti ; e inoltre l’esser creduto figlio del Giorno e dell’Aria indica l’opinione degli antichi mitologi che il Cielo fosse composto di questi due più leggieri e più puri fra i 4 elementi del Caos.
Se ne trova tuttora uno vicino al Tevere, e si crede situato quasi sul posto stesso di quello che Orazio dice atterrato a tempo suo da una violenta inondazione ; un altro simile si vede nella parte più elevata di Tivoli.
Fortunatamente, per chi deve studiar la Mitologia, a ben pochi di questi Dei fu dato dai Pagani un nome proprio, e la maggior parte furon compresi sotto certe generali denominazioni, come ora suol farsi nella Storia Naturale in cui si distinguono soltanto i generi, le specie, le famiglie, le varietà, ecc. e non gl’individui, o vogliam dire i singoli prodotti naturali.
La spiegazione più plausibile che suol darsi della Chimera è questa : che invece di essere un mostro fosse un monte ignivomo della Licia, nella parte più alta del quale soggiornassero i leoni, a mezza costa le capre selvagge e alle falde i serpenti.
E poichè Cicerone, a cui parrebbe che questa squisitezza filologica avesse dovuto importare più che a noi, non vi pensa nè punto nè poco, e ci dice soltanto che la voce Penati deriva da due vocaboli latini usitatissimi (penus e penitus), senza aggiungere che questi fossero d’origine troiana, bisognerà per ora starsene a quel che egli ne scrisse, e credere sulla sua parola che l’etimologia di quel termine fosse latina, e alludesse al vital nutrimento degli uomini dai Penati protetti, ovvero alla parte più interna dei tempii e delle case ove questi Dei erano adorati37.
Scendendo ora a parlare dei principali Eroi, e Semidei e Indigeti di quest’epoca, convien prima di tutto determinare l’estensione, o vogliam dire la durata dell’età eroica ; ed io l’accennerò prima di tutto colle parole stesse del nostro Giovan Battista Vico : « Tutti gliStorici, egli dice, danno il principio al Secolo eroico coi corseggi di Minosse e con la spedizione navale che fece Giasone in Ponto, il proseguimento con la guerra Troiana e il fine con gli error degli Eroi, che vanno a terminare nel ritorno di Ulisse in Itaca. » Volendo poi determinare cronologicamente quest’epoca, non abbiamo dati certi neppure dell’anno preciso della distruzione di Troia, poichè si trova in taluni Autori la differenza di più di un secolo ; ma seguendo la Cronologia greca più accreditata colle modificazioni di Petit-Radel nel suo Examen critique, troveremo almeno in qual ordine di tempo vissero gli eroi più antichi di quelli che presero parte attiva nella guerra di Troia.
Dal che si deduce che le Divinità adorate allora nel Lazio e nel territorio stesso ove sorse Roma esser dovevano per la massima parte quelle stesse dei Troiani e dei Greci al tempo della guerra di Troia, poichè Omero in tutta quanta l’Iliade ne rammenta sempre almeno le principali, come adorate egualmente da entrambe le nazioni.
Le era particolare il titolo di Gran Madre, tanto in greco (megale meter,) quanto in latino (magna mater,) perchè oltre ad esser la madre di Nettuno Dio del Mare, di Plutone Dio dell’Inferno, di Giunone regina del Cielo, era anche la madre di Giove re supremo, del quale eran figli la maggior parte degli altri Dei.
Dell’ Oracolo di questo tempio parleremo in un capitolo a parte, spiegando in che consistessero gli Oracoli dei Pagani.
La qual trasformazione graduale è significata nella pittura col rappresentar le diverse pietre in maggiore o minor parte trasformate, talchè in alcune scorgesi abbozzata o formata la testa soltanto, in altre anche il petto e le braccia, e così di seguito gradatamente, finchè ne apparisce qualcuna tutta cangiata in forma umana, o a cui manca soltanto il complemento di un piede che vedesi ancora di rozza pietra.
— Pelope, figlio di Tantalo re di Frigia, invade una parte del Peloponneso.
Egli è mezz’uomo e mezzo bestia : ha le gambe e i piedi di capra, il naso camuso, ossia schiacciato, le orecchie a sesto acuto, ossia appuntate dalla parte superiore, e due lunghissime corna gli torreggiano sopra la fronte.
Riconobbero però facilmente che la maggior parte di questi Dei eran molto turbolenti, producendo in mare orribili tempeste, e sulla terra bufere e devastazioni ; e che perciò v’era bisogno che fossero sottoposti a qualche altra più potente divinità che li raffrenasse ; diversamente, come dice Virgilio, « …..
Malcontenta era sì, ma non rassegnata, come ben si capisce da questi versi ; e Giove faceva di certo ogni suo volere, ma non senza disturbi ed impacci per parte di Giunone ; la quale, superba e invidiosa com’era, fremeva all’idea di potere essere ripudiata, e che un’altra divenisse regina degli Dei.
« Ora vides Hecates in tres vergentia partes, « Servet ut in ternas compita secta vias.
Le ali di Mercurio non formavano parte del suo corpo come quelle degli uccelli, ma due eran fissate in un cappello da viaggio chiamato con greco nome il petaso (termine adottato in latino e in italiano) ; e ciascuna delle altre due in un paio di stivaletti o ghette che si chiamano con termine latino talari dal porsi ai talloni.
iii di Orazio ; della quale qui cito soltanto quella parte che si riferisce a quanto ho detto di sopra nel testo : « Inclusam Danaën turris aënea « Robustaeque fores et vigilum canum « Tristes excubiæ munierant satis « Nocturnis ab adulteris, « Si non Acrisium virginis abditæ « Custodem pavidum Juppiter et Venus « Risissent : fore enim tutum iter et patens « Converso in pretium Deo.
La flotte partit du cap de Magnésie en Thessalie. […] Mais enfin, après tous ces malheurs et toutes ces fatigues, ils débarquèrent en Thessalie à l’endroit d’où ils étaient partis. […] Il partit donc pour sa périlleuse entreprise. […] On s’y préparait par des ablutions et une offrande de pain et de vin ; on partait nu-pieds, habillé de blanc : sitôt qu’on avait aperçu la plante, on se baissait comme par hasard, et, glissant la main droite sous le bras gauche, on l’arrachait sans jamais employer le fer, puis on l’enveloppait d’un linge qui ne devait servir qu’une fois.
U Ulisse, re d’ Itaca, 568 ; — sua finta follia, 569 ; — sue gesta all’assedio di Troja, 570 ; — scampa da Polifemo, 573 ; — tempesta che distrugge gran parte della sua flotta, 574 ; — si libera dagli incantesimi di Circe, 575 ; — sua discesa all’Inferno, 576 ; — sua dimora nell’isola di Calisso e presso Alcinoo re dei Feaci, 578 ; — suo ritorno a Itaca, 579 ; — come egli punisce i Proci, 580-581 ; — sua morte, 582.