Questi gli presentò la testa di Medusa, la quale, come abbiamo detto, avea la virtù di cangiare in pietra chiunque la rimirava. […] Per tale fatto Ercole fu detto Indicante (a). […] Costei gli partorì un figlio, detto Cotito(4). […] Sopra di questo sta riposandosi una, Civetta, animale, il quale abbiamo detto essere sacro a Minerva, Dea della sapienza. […] Nella destra il pesce, detto Torpedine.
Assabino fu detto Giove dagli Arabi; Ermontide dagli Egiziani dalla città di Ermonto. […] Aluchete fu detto, dal suono del mare imitatore del muggito, o perchè usanza era d’immolargli un toro. […] Dal celebre edifizio che sacro gli era in Tenedo, Tenedio fu detto. […] Pietà crudele diede fine alla pena della sventurata, in croceo fiore, detto Elitropio, trasformata. […] Apollo detto di Belvedere.
Quali fossero queste Divinità, e come i pianeti che ne prendono il nome fossero situati e girassero, secondo che gli Antichi credevano, intorno alla Terra, lo abbiamo già detto nel Cap. […] Prima di tutto però rammenteremo quel che fu detto altrove, che cioè avanti la nascita di questi due Numi figli di Giove e di Latona, il Sole e la Luna esistevano da gran tempo ; e quanto al Sole accennai che era regolato da un Titano di nome Iperione. Il Sole era detto dai Greci anche Elios, e Dante lo rammenta più d’una volta con questo nome. […] Che Delo fosse stata nei tempi preistorici un’isola galleggiante fu detto la prima volta dal poeta Pindaro, il quale vi aggiunse ancora che Nettuno la rese stabile, perchè servisse di ricovero a Latona.
Il territorio poi fu detto Beozia dal greco nome dell’animale ivi trovato e sacrificato da Cadmo. […] Abbiamo già detto altrove che Ino fu cangiata nella Dea marina Leucotoe, e che Semele fu madre di Bacco. […] Anzi Dante, convinto che tali trasformazioni poeticamente ed ingegnosamente narrate fanno grandissimo effetto sulla immaginazione dei lettori, volle gareggiare anche in questo cogli antichi poeti, come fece nel Canto xxv dell’ Inferno, detto appunto delle trasformazioni ; e fu tanto contento e sicuro egli stesso dell’opra sua, che non potè nasconderlo ai suoi lettori, ed asserì di aver superato Lucano ed anche Ovidio, il famoso autore delle Metamorfosi : « Taccia Lucano omai, là dove tocca « Del misero Sabello e di Nassidio, « Ed attenda ad udir quel ch’or si scocca. […] Nel 1821 fu pubblicato dal Bagnoli il suo poema epico in venti Canti, intitolato : Il Cadmo, nel quale l’autore (come è detto anche nella sua prefazione) considera quest’ Eroe Fenicio non solo come guerriero, ma altresì come « il primo che introdusse l’alfabeto in Europa, le pratiche religiose e molte di quelle arti che procurarono l’universale coltura. » Ma il poema non ebbe credito, perchè vi predomina la fiacchezza d’ idee e di stile.
I Romani onorarono Giano con special culto ; e pel suo regno lungo e tranquillo fu detto il Dio della pace. […] Quel corno aveva la prerogativa di produrre tutto ciò ch’elleno a vesser bramato ; e fu detto il Corno dell’Abbondanza o Cornucopia. […] Questo terribile detto le scosse l’animo ; la prostrò : le rese odiosa la luce del giorno, e insopportabile la vita. […] Inoltre fu detto Conso, o Dio dei buoni consigli ; Poseidon, ovvero sfascia vascelli, ed Enosigeo, ossia scotitor della terra. […] Le genti di Grecia e d’ Italia, memori delle sue gesta, gli eressero molti templi, uno dei quali, tra’ più celebri in Roma, era detto il Tempio del grand’ Ercole.
Omero inventò che Ulisse, volendo udire il canto delle Sirene e schivare qualunque pericolo, si fece legare all’albero della nave, avendo otturate prima le orecchie colla cera ai suoi compagni, e detto loro qual direzione tener dovessero per non accostarsi troppo agli scogli ov’esse abitavano. […] Da sì lieve causa e somiglianza, che doveva sembrare anche più grande alla robusta e sbrigliata immaginazione degli Antichi, ebbe origine la favola delle Sirene, abbellita dall’arte dei poeti nel modo che abbiam detto. Non si può parlar di Scilla senza che ricorra alla mente anche Cariddi, essendo questi due termini collegati fra loro nel detto proverbiale : trovarsi fra Scilla e Cariddi, e collocati fronte a fronte geograficamente. […] Cariddi poi, benchè creduta figlia di Nettuno e di Gea, ossia della Terra, fu detto che si dilettava di assaltare i passeggieri e i naviganti, e di annegarli nel mare ; e che, fulminata da Giove, cadde nello stretto o faro di Messina, e vi formò una pericolosa voragine.
Per dare anche a questa un qualche ufficio fu inventato che presiedesse al fuoco, il quarto degli elementi del Caos ; e siccome il fuoco nulla produce, fu detto che Vesta minore non prese marito e fu Dea della castità. […] I due punti principali erano : primo, la conservazione perpetua del fuoco sacro, che simboleggiava, come abbiam detto, la perpetua durata di Roma e del suo impero ; e secondo, la più scrupolosa illibatezza delle Vestali che si erano dedicate al servizio della Dea della castità. […] La Vestale che avesse lasciato spengere il fuoco sacro, era battuta pubblicamente colle verghe dal Pontefice Massimo, e quella che avesse mancato al voto di castità era seppellita viva, in un campo, detto scellerato, fuori di Roma.
Nel Medio Evo dopo la caduta del romano Impero e le irruzioni dei Barbari, se non si rinnovò precisamente un circolo similare di tutte le antiche fasi sociali, come suppone il Vico, poichè vi restò un addentellato della greca e della romana civiltà, come dice il Romagnosi (e si può aggiungere anche di quella del Cristianesimo), che aiutarono e sollecitarono il risorgimento, ritornò per altro colla dissoluzione di tutti gli ordini sociali il predominio della forza in tutto il suo furibondo vigore e il così detto diritto della privata violenza. […] Ora in queste diverse imprese trovansi rammentati quasi tutti gli Eroi di cui si ha notizia, e talvolta in una son nominati i padri e nell’altra i figli ; e di qualche eroe che intervenne a più d’una è detto in quale di esse egli era più giovane, in quale più vecchio : dal che deducesi senza tema di errare l’ordine cronologico di quelle imprese. […] Servio nel commento all’egloga 4ª di Virgilio deduce il nome di Heros da Hera significante, secondo esso, la Terra : quindi Eroe, secondo Servio, corrisponderebbe a Indigete, che abbiamo detto di sopra significare indes genitus cioè è terra genitus.
XXXVI Le Ninfe Nel parlar delle Divinità marine notammo che v’erano seimila Ninfe Oceanitidi e alcune centinaia di Nereidi e di Doridi, oltre all’aver detto anche prima, che Giunone aveva per suo corteo quattordici Ninfe, Diana cinquanta e Cerere e Proserpina non si quante. […] Amadriadi poi è un greco vocabolo composto, che significa insiem colla quercia, o come si è detto di sopra, coll’albero ; e davasi questo titolo a quelle Ninfe la cui esistenza era legata alla vita vegetativa di una data pianta ; inaridendosi la quale, oppure essendo recisa o arsa, periva ad un tempo la Ninfa Amadriade. — Questi termini essendo significativi degli attributi speciali di quelle Ninfe a cui erano assegnati, conviene che li tengano a memoria anche coloro che non studiano le lingue dotte, perchè li adoprano non solo i poeti greci e i latini, ma altresì, benchè più di rado, gl’ italiani. […] Questo corno fu detto in latino cornucopia, e in italiano più comunemente il corno dell’abbondanza, come significa la parola latina. — A Giove stesso fu dato dai Greci l’appellativo di Egioco, che alcuni interpretano nutrito dalla Capra ; il qual termine per altro non fu adottato dai Latini, e l’usò soltanto qualche moderno poeta italiano.
Inaco, oriundo di Fenicia o d’Egitto, conduce una colonia nel paese che poi fu detto Argolide. […] Ma vero fondatore di quella città è detto dalla storia essere stato Sisifo, figlio di Deucalione (altri dice d’Eolo), capo dei Sisifidi che tennero lo stato finché non furono cacciati dai Pelopidi. […] In un frammento d’Eraclide Pontico è detto : « Omero attesta dalla Tirrenia (Toscana) esser egli venuto in Cefallenia ed Itaca, ove per malattia perdette gli occhi. » (Vedi Mazzoldi, Origini Italiche).
Di Zeffiro abbiamo già detto altrove che egli sposò la Dea Flora e le diede potestà sui fiori ; e questa favola significa soltanto che il tepido vento chiamato Zeffiro o Favonio favorisce la vegetazione delle piante fanerogame, cioè che producono fiori. […] 44 In Esiodo si trova rammentato il vento Argeste (che vuol dir sereno, e secondo altri grecisti veloce) ; e siccome in quel poeta non si trova nominato il vento Euro, alcuni Eruditi hanno detto che è sinonimo di questo., Ma Plinio il Naturalista afferma che l’Argeste greco corrispondeva al Cauro o Coro dei Latini, ossia al ponente-maestro (nord-ovest). […] iv delle Metamorfosi : « Clauserat Hippotades æterno carcere ventos. » Orazio chiama Eolo ventorum pater, volendo colla parola pater significare Deus, secondo che abbiamo detto altra volta spiegando il titolo di padre dato ad Apollo anche da Dante ; e per la stessa ragione Virgilio appella Giove pater omnipotens.
Alla pericolosa conquista di quest’aureo vello fu diretta la spedizione degli Argonauti ; e non la considerarono essi una impresa di rapina, ma come l’esercizio di un diritto imprescrittibile, di riacquistar ciò che è suo, essendo che l’aureo montone appartenesse originariamente alla Grecia e precisamente alla real famiglia di Tebe, come abbiam detto di sopra. […] È ben facile che alla primitiva tradizione, di cui fa cenno anche Omero, non che Esiodo, siano stati aggiunti in appresso nuovi eroi dei diversi Stati della Grecia per accomunar la gloria di questa impresa a tutta la Nazione, poichè si fanno ascendere, come abbiam detto, almeno a cinquanta, uno per remo, essendo Argo una nave di cinquanta remi. […] Per quanto cercasse, non lo trovò più ; e fu detto dai poeti che le Ninfe Naiadi avevano rapito il giovinetto Ila ; il che in prosa significherebbe che era annegato in quella fonte ov’egli andò ad attingere l’acqua.
212 Abbiamo detto altra volta (V. il N. […] « Era già l’ora che volge il desio « Ai naviganti, e intenerisce il core « Lo dì ch’han detto ai dolci amici addio. » (Purg. […] La più vera e naturale spiegazione delle mirabili Metamorfosi di coloro che caddero in mare o in un fiume, e sparirono dal mondo, è che vi rimanessero annegati ; e Dante stesso lo ha detto parlando d’Ino e Melicerta : « E quella s’annegò coll’altro incarco. » In quel Canto non aveva bisogno di valersi della mitologica trasformazione ; e gli bastava soltanto l’esempio del furore di Atamante per preludio alla descrizione di quelle furibonde anime dannate di cui allora voleva parlare.
Anzi fu il Tommaséo stesso che mi suggeri di aggiungere al semplice titolo di Mitologia Greca e Romana, tutte le altre parole che ora vi si leggono ; e non si contentò di dirmelo a voce in familiare conversazione, ma lo ripetè in una delle lettere ch’egli ebbe occasione di scrivermi ; e poi rese noto pubblicamente nel detto fascicolo della Nuova Antologia, che egli mi suggeriva di adottare il soprascritto titolo. […] Il che ora io vo tentando di fare col presente Manifesto ; e confido che gl’illustri Direttori e gli egregi Insegnanti che hanno favorevolmente accolti e adottati nelle loro Scuole gli altri miei libri, vorranno accogliere e proporre ai loro scolari ed ai loro amici la soscrizione a questa Mitologia ; la quale spero che possa esser utile non solo agli scolari, ma ancora ad ogni colta persona, poichè voile il Tommasèo che cosi fosse detto nel titolo della medesima.
I più ostinati a conservare il culto dei falsi Dei furono gli abitanti delle campagne e dei villaggi o borghi, che in latino chiamavansi pagani (aggettivo derivato da pagus che significa borgo o villaggio), e perciò il politeismo stesso fu detto il Paganesimo ; il qual termine divenne poi, tanto in prosa quanto in poesia, più comune e più usato che gli altri due di politeismo e di gentilesimo 169. […] Negli scrittori della bassa latinità è detto paganitas, come abbiamo nel Codice Teodosiano, lib.
Così, trovando il terreno preparato e disposto al fantastico e al maraviglioso, personificarono quasi tutti gli oggetti e i fenomeni dell’Universo, e primo d’ogni altro il Cielo, che perciò fu detto il più antico degli Dei. […] Il Giusti parlando del cosi detto diritto di primogenitura lo chiama ironicamente il vero merito di nascer prima.
LXVII L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii I Greci ed i Romani politeisti, oltre all’aver deificato tutti i fenomeni fisici e morali, come abbiam detto, attribuirono a queste Divinità pregi e difetti, virtù e vizii come agli esseri umani ; quindi vi furono divinità benefiche e divinità malefiche, come vi sono uomini buoni e malvagi ; ed anche le migliori divinità ebbero qualche difetto, come la stessa Minerva dea della Sapienza, della quale dissero che ambì il premio della bellezza, e, non avendolo ottenuto, si unì con Giunone a perseguitare per dispetto Paride ed i Troiani. […] Ma non tutte queste allegoriche divinità ebbero culto pubblico e tempii presso i Pagani : delle Virtù però molte, come abbiam detto di sopra nominandole ; dei Vizii ben pochi.
Il Fato 14, detto altrimenti il Destino, era figlio del Caos e della Notte, e rappresentava, secondo la Cosmogonia degli antichi, la legge generale e immutabile dei fenomeni fisici e delle umane vicende. […] E altrove trattando lo stesso argomento aveva detto con non minore eloquenza : « Color che ragionando andaro al fondo, « S’accorser d’esta innata libertate, « Però moralità lasciaro al mondo.
Il Genio (il cui nome derivava dall’antico verbo latino geno, che significa generare), era detto il Dio della Natura, e consideravasi perciò come il simbolo della forza generatrice della creazione. […] Lo stesso Vico ha detto nel lib.
Noi abbiamo già detto nel corso di questa Mitologia che la Ninfa Carmenta era madre di Evandro, e che esulando insieme col figlio venne nel Lazio e fissò la sua dimora su quel monte che poi fu detto il Palatino.
In quel tempio v’eran dodici altari, indicanti i dodici mesi dell’anno romano ; il primo dei quali fu detto gennaio dal nome e in onore di Giano, considerato come portinaio del Cielo e dell’anno. […] Il pianeta di Saturno dai Greci era detto Phœnon, come sappiamo da Cicerone nel lib. 2° De Natura Deorum.
Tutto ciò che si riferisce a Diana in comune col suo fratello Apollo, vale a dire i genitori, il luogo di nascita e i nomi che da quello le derivarono, l’abbiamo detto nel N° XVI. […] Ma neppure il termine di Artofilace andò perduto o dimenticato nella poesia italiana ; e chi mai non si allontani da qualche cara cosa o persona fu detto che egli le sta sempre come Artofilace all’Orse (secondo la frase dell’Ariosto), appunto perchè questa costellazione è vicinissima a quelle, e di certo non si scosta mai da quel posto.
Il solo punto di contatto fra queste due opinioni, e che serve di transizione dall’una all’altra è questo, che essendo Dione una Dea marina, e Venere sua figlia nata nel mare, e comparsa per la prima volta nel mondo alla superficie delle onde spumanti, fu detto figuratamente che era nata dalle onde del mare per dire che era uscita da quelle. […] Il Monti ancor giovanissimo intuonò un Cantico adorno di graziose immagini e forme poetiche alla Bellezza dell’Universo, ove, con amplificazione per enumerazion delle parti, fa la rassegna delle più grandi bellezzè che son da ammirarsi nelle opere della creazione ; ed Ugo Foscolo ha detto : « Venere simboleggia la Bellezza dell’ Universo. » Da Venere, considerata come Dea della bellezza, son derivate le parole venustà ed avvenenza 185.
Alcuni mitologi e poeti antichi hanno detto che i Campi Elisii, non erano nel seno della terra, ma nelle Isole Fortunate, che ora si chiamano Le Canarie ; ma gli Antichi dovevan conoscerle soltanto di nome e non averle vedute che da lontano, poichè credevano che vi abitassero le anime dei Beati. […] Per dare un esempio quanto l’Alighierisia chiaro ed esatto nel far la descrizione dell’immensa fabbrica da lui architettata, riporterò soltanto quella di Malebolge, che è veramente ammirabile per la sua evidenza : « Luogo è in inferno, detto Malebolge, « Tutto di pietra e di color ferrigno, « Come la cerchia che d’intorno il volge.
A spiegar la favola dell’unico occhio fu detto che i Ciclopi eran soliti di portare in guerra una visiera con un sol foro circolare in direzione degli occhi, uso inventato dai tre aiutanti di Vulcano per ripararsi la faccia nel lavorare i metalli incandescenti. […] Lo stesso Ganot (francese) comincia a trattare dell’elettricità dinamica con queste parole : « È dovuta a Galvani, professore di « anatomia a Bologna, l’esperienza fondamentale che condusse alla scoperta dell’elettricità dinamica, o del galvanismo, nuovo ramo della fisica, tanto importante per le innumerevoli applicazioni che se ne fecero da un mezzo secolo a questa parte. » — E parlando di quell’apparato detto pila, che serve a svolgere l’elettricità dinamica, e che fu inventato da Volta nel 1800, riporta questa notizia istorica nei seguenti termini : « Volta, fondandosi sulla teoria del contatto, fu condotto ad inventare il maraviglioso apparato che rese immortale il suo nome » (la pila di Volta).
XXXI Il Genio e i Genii Fu detto nella classazione generale degli Dei (V. il N. […] Dopo aver detto che un Genio particolare presiedeva alla vita di ciascuna persona e l’accompagnava e dirigeva dalla culla alla tomba, considerando l’indole diversa degli uomini, o buona o rea, furono indotti a credere che esistessero Genii buoni e benefici e Genii maligni e malefici, che fossero in lotta tra loro per avere il predominio sul mondo in generale e sugli esseri umani in particolare271).
Come Dio della Poesia rappresentavasi Apollo con una corona di lauro, pianta a lui sacra ; e come Dio della Musica, con una cetra nelle mani, in atto di trarne suoni ; e generalmente questi due simboli si trovano riuniti nelle sue immagini sculte o dipinte, perchè le due arti sorelle non andavano anticamente disgiunte, come abbiam detto. […] Così Dante ha detto nel Canto xxix del Purgatorio : « Or convien ch’Elicona per me versi, « Ed Urania m’aiuti col suo coro « Forti cose a pensar, mettere in versi. » E con maggior licenza poetica nel Canto i del Paradiso ; « Insino a qui l’un giogo di Parnaso « Assai mi fu ; ma or con ambedue « M’è d’uopo entrar nell’arringo rimaso128.
Le figlie di Mineo re di Tebe, conosciute comunemente col patronimico di Mineidi, ricusando di prender parte alle feste di Bacco per attendere alla loro occupazione di tesser le tele, fu detto che furono cangiate in vipistrelli 205) e i loro telai in ellera per castigo del disprezzo mostrato pel culto di Bacco. […] Il nome nebris, nebridis si trova usato nel senso detto di sopra dai poeti latini Stazio e Claudiano : « Nebridas et fragiles thyrso portare putastis « Imbellem ad sonitum. » (Stat.
Dante usò più volte la parola Dite come sinonimo di Plutone, denominando città di Dite la città del fuoco (di cui abbiam detto nel Cap. precedente) : e poi da Virgilio poeta pagano facendo chiamar Dite il gran diavolo Lucifero242. […] Di Pluto, Dio delle ricchezze, considerato come un ente diverso da Plutone, conveniva trovare una diversa origine e parentela ; e fu detto che era figlio di Cerere dea delle biade e di un ricco agricoltore Giasione, per indicare che le vere e più sicure ricchezze derivano dall’agricoltura.
Veramente a noi calza quel detto di Diogene : I Megarensi mangiano come se dovessero morire il giorno dopo, e fabbricano come se non dovessero morir mai ! […] Gesù Cristo può dunque con tutta verità esser detto Salvatore del mondo nel senso materiale, come si dice nel senso spirituale.
Pane, Dio dei pastori, 294 ; — suo simulacro, 295 ; — sue feste e suoi sacerdoti, 296 ; — considerato qual simbolo dell’universo, ossia il gran Tutto, 297 ; — origine del cosi detto timor panico, 298 ; inventore della siringa o zampogna, 299. […] Titano, 30 ; — sue avventure con Giove, 30, 31 ; — si rifugia in Italia, 32 ; — ricompensa Giano, 33 ; — suo regno in Italia, detto Età dell’oro, 34 ; — feste in onor suo, 38 ; — come vien rappresentato, 39.
Ma spenta con Marco Bruto la libertà e perduta affatto anche l’ombra di essa sotto Tiberio, le apoteosi degli Imperatori e delle Imperatrici non furono altro che solennità comandate dal Principe e servilmente festeggiate dal popolo, come abbiam detto di sopra ; e nel frasario stesso degl’Imperanti l’esser trasformati in Dei significava morire.
Anzi vi aggiunsero anche un altro Dio, che schiverei di rammentare, se, oltre Lattanzio, non ne parlasse anche Plinio il Naturalista ; ed era il Dio Sterculio o Stercuzio, così detto perchè aveva inventato il modo di render più fertili i terreni col fimo o concime.
Ho detto di sopra che Danterammenta nella Divina Commedia la trista fine di Meleagro ; ed eccomi ad accennare in quale occasione.
Quindi il detto proverbiale : « L’ultima che si perde è la speranza. » 83.
E poi, in quanto al Politeismo dei Romani, aggiungendovisi le tradizioni che l’Arcade Evandro, creduto figlio della Dea Carmenta, venuto nel Lazio prima di Enea, avea fondata la città di Fenèo su quel monte che dal nome di suo figlio Pallante fu detto il Palatino, sarà necessario ammettere che egli avesse introdotto il politeismo greco nel luogo stesso che in appresso fu il centro della nuova città di Romolo : tanto è vero che anche a tempo di Cicerone, com’egli afferma nelle sue lettere, esisteva nel monte Palatino l’antro consacrato da Evandro al culto del Dio Luperco, vale a dire del Dio Pane.
VIII Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre Abbiamó detto nel N.
Inoltre la corona o ghirlanda del fiume è composta di canne, come del Tevere ha detto Virgilio, o ancora delle fronde di quegli alberi che più facilmente vegetano sulle sue rive, o che sono particolari alla regione nella quale scorre quel fiume.
Minerva rappresentavasi con volto serio e maestoso, e quasi sempre armata, coll’elmo in testa, nella sinistra lo scudo detto l’egida e nella destra un’asta ; e ai piedi una civetta o un gufo, animale a lei sacro.
A Marte e ai marziali esercizi fu consacrato in Roma il campo Marzio, che prima era un fondo rustico, ossia un vasto podere appartenente a Tarquinio il superbo, ed ora è pieno di case, fra le quali il palazzo detto di Firenze, perchè apparteneva all’Ambasciata fiorentina o toscana.
In Plauto è detto herus maior il padre di famiglia, ed herus minor il figlio di lui.