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10. (1897) Mitologia classica illustrata

Ma più di tutto la Vesta dei Romani fu oggetto di venerazione come dea protettrice dello Stato. […] Son sette stelle in tutto, le quali eran dette figlie di Atlante. […] Esse erano venerate come datrici di tutto quello che abbellisce e rende gradevole la vita. […] Vi si facevano preghiere e sacrifizi a favore di tutto lo Stato, e i maschi ne erano severamente esclusi. […] Alla fine Elio che tutto vede e tutto sente, le rivelò la verità, nè tacque che Ade aveva rapito Persefone col consenso di Zeus.

11. (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423

Questa, veggendolo tutto tremante, lo cuoprì colla sua veste. […] Numerose genti da per tutto concorrevano a quel tempio per offerirvi sacrifizj. […] Poco tempo dopo avvenne agli Egialesi una pestilenza desolatrice di tutto il loro paese. […] Ivi comperavasi tutto ciò, che doveva servire a’ funerali. […] Venere, cui la trista sorte di Selinno continuava a destare compassione, gli fece obbliare del tutto la memoria di quella Ninfa.

12. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489

Trovò Teseo tutto il regno in iscompiglio ed in lutto, perchè appressavasi il tempo di mandar per la terza volta il tributo di sangue a Minosse. […] Molte però furono le opere egregie di lui ; ma non tutto gli andò a seconda, come vedremo. […] Si raccontano ancora diverse imprese di Teseo compiute in compagnia del suo maggiore amico Piritoo ; ed ecco prima di tutto come nacque la loro amicizia. […] In tutto ciò concorda anche Virgilio, che spesse volte rammenta Dardano come autore della regia stirpe troiana124. […] Anche chi non abbia prima d’ora letto l’Iliade, potrà, dopo l’introduzione da me fatta di sopra a questa lettura, intender tutto il poema senza fatica.

13. (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387

Con tutto ciò non gli riuscì mai d’ucciderlo, perchè la pelle n’era impenetrabile. […] Mise il tutto a cuocere in una pentola, e lo mangiò co’suoi compagni. […] Nello stesso naviglio portavasi tutto quello, ch’era necessario per la Festa, e pe’sacrifizj. […] Eglidopo tale matrimonio si occupava tutto il dì nell’ inguire cinghiali e leoni. […] Il timore ben tosto s’impadronì dell’animo di un soldato, e tutto si ridusse in disordine.

14. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68

E prima di tutto, com’eran fatti i Giganti ? […] Alcuni ci narrano che Encelado, o, secondo altri, Gige aveva cento braccia, e perciò maneggiava cinquanta scudi e cinquanta lance ; che Briarèo scagliava enormi massi e interi scogli a sì prodigiose distanze da perdersi di vista dove andassero a colpire o cadere ; che Tifèo o Egeòne aveva una lunghissima coda di serpente ed era tutto coperto di scaglie come un coccodrillo o un armadillo. […] Gli antichi mitologi aborrivano le minuzie aritmetiche e geometriche, e spacciavano tutto all’ingrosso ; e ci danno un’idea, secondo loro, sublime della grandezza e forza dei Giganti dicendo, che per dar la scalata al cielo posero tre monti uno sopra l’altro, cioè sul monte Olimpo il monte Ossa e su questo il monte Pelio 73). […] Giove rimase a combattere con due figli soltanto, cioè con Apollo e con Bacco ; e tutto al più con quattro, secondo altri poeti, e tra questi anche Dante, che vi aggiunge Marte e Minerva. […] Infatti Virgilio, che Dante scelse per suo maestro 78), e. che egli chiama il mar di tutto il senno, dovendo come poeta pagano raccontar questa favola, le fa precedere una dottissima e splendida descrizione delle eruzioni del monte Etna, così egregiamente tradotta dal Caro : « …..

15. (1836) Mitologia o Esposizione delle favole

Le acque di Leto erano l’ acque dell’ oblivione, e bevute faceano dimenticare tutto il passato. […] Sotto al regno di Saturno fiori l’ età dell’ oro, in cui la terra tutto producea da se medesima. […] Mide ottiene da Bacco di cangiare in oro tutto ciò ch’ egli tocca. […] Le figlie di Anio ottengon da Bacco di cangiare tutto quello che toccano in frumento, olio, e vino. […] La Sibilla Cumana amata da Apollo, è da esso invitata a domandare tutto ciò ch’ ella brama.

16. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308

XL Osservazioni generali Questi tre termini di Semidei, Indigeti ed Eroi si trovano usati talvolta indistintamente l’uno per l’altro, benchè differiscano tra loro non solo etimologicamente, ma pur anco per certe speciali condizioni, che converrà prima di tutto accennare. […] Nel Medio Evo dopo la caduta del romano Impero e le irruzioni dei Barbari, se non si rinnovò precisamente un circolo similare di tutte le antiche fasi sociali, come suppone il Vico, poichè vi restò un addentellato della greca e della romana civiltà, come dice il Romagnosi (e si può aggiungere anche di quella del Cristianesimo), che aiutarono e sollecitarono il risorgimento, ritornò per altro colla dissoluzione di tutti gli ordini sociali il predominio della forza in tutto il suo furibondo vigore e il così detto diritto della privata violenza. […] Scendendo ora a parlare dei principali Eroi, e Semidei e Indigeti di quest’epoca, convien prima di tutto determinare l’estensione, o vogliam dire la durata dell’età eroica ; ed io l’accennerò prima di tutto colle parole stesse del nostro Giovan Battista Vico : « Tutti gliStorici, egli dice, danno il principio al Secolo eroico coi corseggi di Minosse e con la spedizione navale che fece Giasone in Ponto, il proseguimento con la guerra Troiana e il fine con gli error degli Eroi, che vanno a terminare nel ritorno di Ulisse in Itaca. » Volendo poi determinare cronologicamente quest’epoca, non abbiamo dati certi neppure dell’anno preciso della distruzione di Troia, poichè si trova in taluni Autori la differenza di più di un secolo ; ma seguendo la Cronologia greca più accreditata colle modificazioni di Petit-Radel nel suo Examen critique, troveremo almeno in qual ordine di tempo vissero gli eroi più antichi di quelli che presero parte attiva nella guerra di Troia.

17. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38

In Roma si celebravano nel mese di dicembre le Feste Saturnali in memoria di quel tempo felice sotto il regno di Saturno, in cui non si conoscevano nè servi nè padroni, ma tutti gli uomini erano eguali ed egualmente padroni di tutto, perchè la terra spontaneamente produceva più che abbastanza per tutti senza spesa o fatica di alcuno. […] Fu gratissimo al suo ospite Giano, poichè prima di tutto insegnò ai popoli del Lazio l’agricoltra, e li rese così più sicuri del loro nutrimento al cessare dell’età dell’oro ; e poi accordò a Giano stesso due singolari privilegi, quello cioè di prevedere il futuro, e l’altro di non dimenticarsi mai del passato. Giano in tutto questo racconto dell’esilio di Saturno e dell’età dell’oro, ci comparisce un semplice mortale, quantunque ottimo re ; ma altrove lo troviamo rappresentato come portinaio della celeste reggia, e come il Dio che fa girare le sfere e l’asse del mondo38, cioè il Dio del moto ; e finalmente come il mediatore dei mortali presso gli altri Dei. […] Giano era rappresentato con due faccie, e talvolta con quattro : con due, dicevano i pagani, per simboleggiare le due prerogative accordategli da Saturno, di prevedere il futuro e di non dimenticarsi del passato, ed anche come portinaio del cielo, affinchè potesse vedere e invigilare da per tutto senza bisogno di voltarsi.

18. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202

Era questo il primo fiume che trovavasi nello scendere all’Inferno, e tutto lo cingeva ; e perchè non v’erano ponti, nè l’acqua era sì bassa da poterlo guadare, bisognava necessariamente passarlo in barca. […] Nei Campi Elisii per altro la scena mutava in tutto e per tutto. […] v ; e asserisce che la terra di quelle isole produceva tutto come nell’età dell’oro, senza bisogno di esser coltivata : « Nos manet Oceanus circumvagus : arva, beata « Petamus arva, divites et insulas, « Reddit ubi cererem tellus inarata quotannis « Ét imputata floret usque vinea ; « Mella cavâ manant ex ilice, etc. » e seguita questa enumerazione per una ventina di versi, conchiudendo : « Jupiter illa piæ secrevit littora genti, « Ut inquinavit ære tempus aureum ; — « Ære, dehinc ferro duravit secula : quorum « Piis secunda, vate me, datur fuga. » Questa descrizione di Orazio potrebbe considerarsi come una amplificazione del passo di Esiodo nelle Opere : « Eroi felici, che disgombro il core « D’affanni, in riva all’Ocean profondo « Soggiorno fan nell’Isole beate, « Ove fecondo il suol tre volte l’anno « Dolci dispensa saporite frutta. » Ma anche Plutarco nella Vita di Sertorio dice, che « perfino i Barbari stessi tengon ferma credenza esser ivi il Campo Elisio e quell’abitazione de’beati decantata da Omero. » 236.

19. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194

« Io volsi Ulisse dal suo cammin vago « Al canto mio ; e qual meco s’aùsa « Rado sen parte, sì tutto l’appago. » Con questi detti della Sirena, il poeta ce la rappresenta come l’immagine del vizio che alletta « Col venen dolce che piacendo ancide. […] Tra i più eccellenti poeti d’ingegno divino e di mirabile fantasia l’Ariosto principalmente si dilettò di questo genere d’invenzioni ; e nel suo poema dell’ Orlando Furioso troviamo Cetacei a dovizia : « Pistrici, fisiteri, orche e balene « Escon dal mar con mostruose schiene. » E tra queste descrive il poeta più particolarmente « …… una balena, la maggiore « Che mai per tutto il mar veduta fosse : « Undici passi e più dimostra fuore « De l’onde salse le spallacce grosse : « Caschiamo tutti insieme in uno errore, « (Perch’era ferma e giammai non si mosse), « Ch’ella sia un’isoletta ci credemo ; « Così distante ha l’un dall’altro estremo. » Mirabile è poi sovra le altre la descrizione del modo con cui Orlando libera Olimpia dall’ Orca che stava per divorarla : « Tosto che l’Orca s’accostò, e scoperse « Nel schifo Orlando con poco intervallo, « Per inghiottirlo tanta bocca aperse, « Ch’entrato un uomo vi saria a cavallo. […] Dopo questa arditissima e veramente omerica invenzione, ornata di tante belle similitudini, di bene adattate idee classiche e mitologiche e di tutto lo splendor dello stile ariostesco, chi potrà legger pazientemente nel Ricciardetto la secentistica e plebea descrizione di « Una balena larga dieci miglia « E lunga trenta,……… » avente nelle interne cavità delle sue viscere terreni arborati e seminativi, un ampio lago ed un mercato di grano con gente che compra e vende, e inoltre una chiesa con le campane che suonano a festa, un convento di frati cappuccini ed altre simili stravaganze ? […] In tutto il rimanente questa descrizione par tratta da qualche libro moderno di Storia Naturale, sol che all’àncora si sostituisca il rampone al quale è attaccata la lunga fune che si tiene fissata alla nave, e se è possibile anche alla spiaggia.

20. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103

Le dodici Ninfe poi che danzano intorno al carro rappresentano le Ore del giorno ; le quali sebbene soltanto per gli equinozii sieno precisamente dodici, non sono però ragguagliatamente più di dodici un giorno per l’altro in tutto l’anno ; e per gli antichi Romani v’era inoltre una ragione speciale riferibile all’uso che avevano di dividere il giorno vero, ossia il tempo della presenza del sole sull’orizzonte, in dodici ore soltanto. […] Lo stesso Michelangelo, che tutto osò e in tutto fu sommo, volle rappresentare in scultura il Crepuscolo mattutino e il vespertino, le cui statue si ammirano nell’ antica sacrestia di San Lorenzo in Firenze. […] Da per tutto s’udivano i gemiti degli uomini, e i lamenti degli Dei ; e Giove conosciuta la causa del male, e non sapendo come altrimenti rimediarvi, coi fulmini trafisse Fetonte e sbigottì i cavalli che tornarono indietro alle loro stalle.

21. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231

E poichè Virgilio, nel dare un’idea generale dello stato delle anime dopo la morte, accenna ancora la dottrina della Metempsicòsi, ne riporterò qui la traduzione di Annibal Caro, e in nota i versi stessi del poeta latino : « Primieramente il ciel, la terra e ’l mare « L’aer, la luna, il sol, quant’è nascosto, « Quanto appare e quant’è, muove, nudrisce, « E regge un che v’è dentro o spirto o mente « O anima che sia dell’Universo ; « Che sparsa per lo tutto e per le parti « Di sì gran mole, di sè l’empie e seco « Si volge, si rimescola e s’unisce. […] Ed oltre a ciò, morendo, « Perchè sien fuor della terrena vesta, « Non del tutto si spoglian le meschine « Delle sue macchie ; chè ’l corporeo lezzo « Sì l’ha per lungo suo contagio infette, « Che scevre anco dal corpo, in nuova guisa « Le tien contaminate, impure e sozze. […] « De’violenti il primo cerchio è tutto : « Ma perchè si fa forza a tre persone, « In tre gironi è distinto e costrutto. […] Panteismo è voce derivata dal greco pan (tutto) e teos (Dio.)

22. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59

Virgilio imitando Omero dice che Giove con un cenno faceva tremar tutto l’Olimpo (Æneid., ix), e Orazio non lascia da aggiunger nulla di più affermando, che facea muover tutto a un balenar di ciglio (Od., iii, 1). […] Se tutto questo e null’altro si sapesse di Giove, avremmo in esso una nobilissima idea del Dio filosofico, riconosciuto e affermato da Socrate, da Cicerone e dagli altri sommi greci e romani antichi.

23. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137

Raccontano i mitologi che questa Dea nacque adulta e armata di tutto punto dal cervello di Giove. […] In questi limiti il mito fu adottato volenterosamente e con piacere non solo dai nostri poeti, ma pur anco dagli eleganti dicitori e scrittori di prose ; e non è raro il sentir dire o leggere nei libri, che un’invenzione o una teoria uscì adulta e armata di tutto punto dalla mente del suo autore, come Minerva dal cervello di Giove. […] Prima di tutto convien conoscere l’etimologia e il significato dei principali nomi di questa Dea.

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505

Da questo giorno, come al presente, incominciava l’anno civile sin dal tempo di Numa Pompilio, e inauguravasi con molta solennità, in quanto che i nuovi Consoli con purpurea veste e preceduti dai loro littori prendevano possesso dell’annuo ufficio, e tutto il popolo vestito a festa li accompagnava al Campidoglio per assistere ai riti religiosi. […] Era giorno solenne e lieto, come lo chiama Ovidio, non però tutto festivo, ma, come ora direbbesi, di mezza festa, e allora dicevasi intercisus o endotercisus, perchè dopo i riti solenni religiosi e civili ciascuno attendeva al proprio ufficio, o professione nelle altre ore del giorno. […] Zandonella in un suo articolo inserito nell’Ateneo di Firenze del 15 febbraio 1874, esaminando il nome Monsummano « applicato a borgo e monte nel Veneto e nella Val di Nievole » mentre non approva « l’etimologia di Monsummano da Sommo Mane (il Plutone dei Pagani) che fu adottata dal Proposto Gori e poi dal Tigri nella descrizione di Pistoia e suo territorio, » e invece riconosce giusta la conclusione del Preller, non nasconde per altro che le notizie date dal dotto autore tedesco non discordano punto da quelle, più erudite del Giornale Arcadico stampato in Roma nel 1820, cioè mezzo secolo prima degli scritti del Preller. — Avvertimento agli ammiratori di tutto ciò che è straniero, e non curanti o dispregiatori di ciò che è nostro.

25. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160

Ma questi sforzi della meccanica consumano molti anni e molti danari di persone ingegnosissime senza una pratica utilità ; pochi istanti di maraviglia, ecco tutto il fine e l’effetto ! […] Sentiamo dunque su questo proposito ciò che ne scriveva il poeta Virgilio, « Che visse a Roma sotto il buono Augusto, » e che Dante chiama suo maestro « E quel savio gentil che tutto seppe. » Nel libro viii dell’Eneide descrive prima la fucina di Vulcano coi Ciclopi suoi garzoni che lo aiutavano a fabbricare i fulmini ; e quindi enumera gli elementi o materie prime di cui li componevano : « …….Stavan nell’antro allora « Sterope e Bronte e Piracmone ignudi « A rinfrescar l’aspre saette a Giove. […] Passando ora a parlare dei Ciclopi, dei quali si è fatto un sol cenno col dire che tre di essi, cioè Bronte, Sterope e Piracmone aiutavano Vulcano a fabbricare i fulmini a Giove, noteremo prima di tutto l’etimologia del loro nome, che è composto di due parole greche ciclos (circolo) e ops (occhio), per indicare la straordinaria particolarità a loro attribuita di aver cioè un sol occhio circolare « Di targa e di Febea lampade in guisa « Sotto la torva fronte, » come dice Virgilio.

26. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241

Inoltre è notabile che questa credenza nei Genii o negli spiriti, come poi si chiamarono nelle lingue nordiche, si diffuse più che altrove tra gli antichi Germani ; e che non si fosse del tutto dileguata a tempo del Goethe ce ne dà prova egli stesso colla sua quanto mirabile altrettanto fantastica invenzione del Fausto. […] Passando ora alla Mitologia classica per ordine cronologico, noterò prima di tutto che i Genii nel linguaggio dei Greci eran detti Dèmoni ; e in Omero troviamo che gli stessi Dei davansi tra loro per onorificenza questo titolo. […] L’opinione poi di Socrate sull’esistenza dei Dèmoni o Genii non potrebbe esser più manifesta ; sapendosi da’suoi stessi discepoli Platone e Senofonte, che egli attribuivasi fin dalla prima gioventù un Dèmone il quale suggerivagli tutto ciò che doveva fare275).

27. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172

Egli aveva sempre l’aspetto di giovane197, con volto reso più rubicondo dalle copiose libazioni di vino ; in testa una corona di ellera e di corimbi, ed anche di pampini con grappoli d’uva pendenti ; in mano un tirso (cioè una verga a cui era attortigliata l’ellera, oppure i pampini) ; una pelle di tigre o di pantera gli ricuopriva in parte le membra, nude in tutto il resto ; e viaggiava in un carro tirato da animali feroci, per lo più tigri o pantere. […] Avendo questo re lietamente e sontuosamente accolto in ospizio Bacco con tutto il suo corteo, gli fu data in premio dal Nume la facoltà di scegliere un dono di suo piacere. Mida, che era avarissimo, chiese di poter trasformare in oro tutto ciò che toccava, e Bacco gliel’accordò ; ma presto egli ebbe a pentirsi di avere ottenuto una tal grazia, poichè quando si pose a mensa trovò con suo grande spavento che si cangiavano in solido oro non solo i vasellami e le stoviglie che egli toccava, ma pur anco tutti i cibi e le bevande che mettevasi in bocca, e presto sarebbe morto di fame in mezzo all’oro, se non avesse ottenuto da quel Nume benigno la cessazione di sì funesto dono.

28. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492

Riconobbero dunque che il loro sistema storico non spiegava tutto in Mitologia, e confessarono implicitamente che la massima parte delle Divinità del paganesimo erano personificazioni degli affetti dell’animo o buoni o rei. […] Ma quando nella pagana religione si giunse ad abusare dell’apoteosi col deificare per vile adulazione i potenti della Terra non solo dopo la loro morte, ma pur anco in vita, si cadde allora nell’abiezione del feticismo, si tolse tutto il prestigio al culto degli altri Dei ; e gli uomini ragionevoli sentirono il bisogno di una religione più pura e più razionale.

29. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47

Il culto di Vesta, fu abolito in tutto l’impero romano nel quarto secolo dell’èra cristiana dall’imperator Teodosio il Grande. […] Alcuni autori dicono che la Vestale colpevole era calata in una stanza sotterranea nel campo scellerato, e postole appresso un pane, un vaso d’acqua ed un lume, vi era chiusa ermeticamente e abbandonata senz’altro al suo orribile destino. — Questo modo però potrebbe far sospettare il caso probabile che qualcuno andasse segretamente a liberarla e la tenesse altrove nascosta o incognita pel rimanente dei suoi giorni. — Altri poi asseriscono che si calava nella solita stanza sotterranea, ma subito dopo le si gettava sopra tanta terra da riempire tutto il sotterraneo ; e la morte così era inevitabile, ma meno crudele e orribile che nel primo caso.

30. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263

. ; e lasciando libero il freno alla immaginazione videro Divinità da per tutto, nei monti, nei fiumi, nelle fonti, nelle selve e perfino nelle piante, come col microscopio si vedono da per tutto brulicar gl’insetti e gl’infusorii.

31. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72

Parve esorbitante e tirannico questo supplizio agli stessi Dei, che inoltre rimasero indispettiti delle pretese di Giove di arrogarsi per sè solo la facoltà di creare gli uomini ; ma invece di protestare con parole o con dimostrazioni clamorose, asserirono il loro diritto, esercitandolo di fatto e creando una donna fornita di tutte le più rare doti di corpo e di spirito, la quale chiamarono Pandora, che in greco significa tutto dono, perchè tutti avevano contribuito a darle qualche particolar pregio. […] In tutto questo racconto mitico Giove non fa più la figura del Dio che giova, del Dio benefico, ma quella d’invidioso, maligno e malefico.

32. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19

Vedremo però in appresso che essa Natura fu goffamente e bizzarramente simboleggiata nel Dio Pan (che in greco significa tutto), Dio secondario e campestre, mezzo uomo e mezzo capro. […] I moderni, dopo l’invenzione del telescopio, scoprirono molti altri pianeti, e ai primi e principali da loro scoperti diedero il nome degli altri Dei superiori, esclusi soltanto l’Orco, ossia Plutone, Bacco e il Genio ; e poi ricorsero anche ai nomi delle divinità secondarie o inferiori ; e ora a quei pianeti che scuoprono di mano in mano quasi tutti gli anni, e qualche volta più d’uno all’ anno, attribuiscono un nome pur che sia ; e qualcuno dei più celebri scienziati, a preghiera dell’ astronomo scopritore, propone il nome da darsi al neo-scoperto pianeta ; il qual nome è subito comunicato a tutto l’orbe scientifico che lo registra premurosamente in tutti i suoi periodici e in tutte le carte uranografiche coi connotati caratteristici e distintivi, ossia con tutti quegli elementi astronomici che furono sino allora osservati e calcolati.

33. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91

Prima di tutto però rammenteremo quel che fu detto altrove, che cioè avanti la nascita di questi due Numi figli di Giove e di Latona, il Sole e la Luna esistevano da gran tempo ; e quanto al Sole accennai che era regolato da un Titano di nome Iperione. […] Poteva dunque Pindaro aver sentito parlare ed anche aver veduto delle isole natanti ; e valendosi della facoltà accordata ai poeti quidlibet audéndi (di tutto osare)101), ne abbia almeno usato discretamente102), ammettendo soltanto che un’isola galleggiante potesse trovarsi anche in mare103).

34. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54

Dante stesso nel descrivere il Paradiso terrestre accenna questo mito, e dice alla bella Matelda, « ………… (che si gìa « Cantando ed iscegliendo fior da fiore, « Ond’era sparsa tutta la sua via), « Tu mi fai rimembrar dove e qual’era « Proserpina nel tempo che perdette « La madre lei, ed ella primavera. » A questo punto cederò la parola all’ Ariosto, la cui splendida poesia è facile ad intendersi come la prosa : « Cerere poi che dalla madre Idea52 « Tornando in fretta alla solinga valle « Là dove calca la montagna Etnea « Al fulminato Encelado le spalle, « La figlia non trovò dove l’avea « Lasciata fuor d’ogni segnato calle ; « Fatto ch’ebbe alle guance, al petto, ai crini « E agli occhi danno, alfin svelse due pini ; « E nel fuoco li accese di Vulcano « E diè lor non poter esser mai spenti ; « E portandosi questi uno per mano « Sul carro che tiravan due serpenti, « Cercò le selve, i campi, il monte, il piano, « Le valli, i fiumi, gli stagni, i torrenti, « La terra e ’l mare ; e poi che tutto il mondo « Cercò di sopra, andò al tartareo fondo53. » Cerere per altro non pensava nemmen per ombra di dover cercar la figlia nel tartareo fondo, ossia nell’ Inferno, se non era la ninfa di una fontana chiamata Aretusa, le cui acque scorrevano sotto terra, che le avesse significato di aver veduto Proserpina piangente e spaventata, in un carro ferrugginoso tirato da neri cavalli guidati e spinti precipitosamente da Plutone per le vie sotterranee verso le regioni infernali. […] Questo re di Tracia (o di Tessaglia) aveva atterrato per dispregio una selva sacra al culto di Cerere ; e la Dea lo punì col farlo invadere dalla Fame (considerata come una Dea malefica), la quale lo ridusse a divorarsi in poco tempo tutto il suo ricco patrimonio, vendendo perfino la figlia Metra, ed a morire ciò non ostante di estenuazione e di tal disperazione « Che in sè medesmo si volgea co’denti. » Dante rammenta questo celebre mito, e se ne vale per una similitudine della magrezza a cui per pena eran ridotti i golosi nel Purgatorio : « Non credo che così a buccia strema « Erisiton si fosse fatto secco « Per digiunar quando più n’ebbe tema. » E il Giusti, nella Scritta, rammenta una pittura che rappresenta Eresittone come simbolo di un insaziabile usuraio : « Da un lato un gran carname « Erisitone ingoia, « E dall’aride cuoia « Conosci che la fame « Coll’intimo bruciore « Rimangia il mangiatore56. » Il nome di Cerere in latino stava a significare, per figura rettorica di metonimia, il grano o le biade, come Bacco il vino, Minerva la sapienza ecc. ; e nello stesso Virgilio troviamo l’espressione Cerere corrotta dalle onde (Cererem corruptam undis), per indicare il grano avariato dall’acqua del mare.

35. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269

Il nome di questo Dio in greco è Pan che significa tutto ; e gli antichi Mitologi basandosi sul significato di questo vocabolo e interpretando la forma strana di questo Nume come emblematica dei principali oggetti della creazione, lo considerarono come simbolo della Natura o dell’Universo. […] Afferma per altro che tutti eran d’accordo (e vi si unisce anch’egli) nella etimologia della parola Pan e nel simbolo indicato da questo Dio che, cioè, significhi il tutto e rappresenti perciò l’universa natura 10.

36. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316

Proseguendo ora il racconto mitologico delle gesta di Perseo, è da dirsi prima di tutto che dal sangue sgorgato dal teschio di Medusa nacquero molti orribili serpenti, e dal tronco o busto di essa uscì l’alato caval Pegaso, che servì poi sempre di cavalcatura a Perseo. […] Dipoi volle Perseo tornar colla sposa a riveder sua madre Danae ; e nel passare dalla Mauritania gli fu negata l’ospitalità dal re Atlante ; il quale avea saputo dall’Oracolo, che per quanto egli fosse di statura e di forza gigantesca, dovea tutto temere da un figlio di Giove.

37. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114

Non la sdegnò il Poliziano, adoratore devoto e felice di tutto ciò che fu scritto dalla classica antichità ; e così vi fece allusione : « Bagna Cipresso ancor pel cervio gli occhi, « Con chiome or aspre, e già distese e bionde. » Più tristi effetti ebbe per Apollo la morte del giovinetto Giacinto. […] Mentre egli un giorno giuocava con esso al disco (ora direbbesi alle piastrelle), il vento Zeffiro invidioso che Apollo col suo ingegno avesse trovato il modo di esser tranquillo e contento anche nell’esilio, spinse con tutto il suo fiato contro una tempia di Giacinto il disco scagliato da Apollo ; e il giovinetto per questo colpo dopo brevi istanti morì.

38. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341

Lo scopo della spedizione era la conquista del Vello d’oro ; e perciò di questo convien prima di tutto parlare. […] « Uno sul collo, un altro su la groppa « Percuote, e chi nel petto e chi nell’ala ; « Ma come fera in su un sacco di stoppa, « Poi langue il colpo, e senza effetto cala : « E quei non vi lasciâr piatto nè coppa « Che fosse intatta ; nè sgombrâr la sala « Prima che le rapine e il fiero pasto « Contaminato il tutto avesse e guasto. » (Orl.

39. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215

Altri mitologi dicono che ebbero esse questo nome per antifrasi, cioè per significare tutto l’opposto, vale a dire implacabili. […] « Non gli può comparir quanto sia lungo, « Sì smisuratamente è tutto grosso : « In luogo d’occhi, di color di fungo « Sotto la fronte ha duo coccole d’osso.

40. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30

Convien sapere prima di tutto che Saturno era considerato come il Dio del Tempo, e perciò in greco chiamavasi Cronos 21 che appunto significa tempo.

41. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499

In brev’ora le fiamme riducevano in cenere tutto l’edifizio, e consumavano inutilmente un tesoro che avrebbe potuto alleviar le miserie di molte migliaia di famiglie.

42. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-

Ma poichè la religione dell’Evangelo ai più santi precetti di morale univa la principal massima sociale che tutti gli uomini sono eguali, e perciò favoriva e comandava l’abolizione della schiavitù, anche i più rozzi ed ostinati contadini cominciarono ad apprezzare se non la sublimità, che non potevano intendere, almeno l’utilità di questa nuova religione ; e tutto l’impero romano, abiurato il paganesimo, divenne cristiano.

43. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27

« Ben s’avvide il poeta ch’io stava « Stupido tutto al carro della luce « Ove fra me ed aquilone entrava. » 20.

44. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24

Ma se non è accettabile il concetto pagano che la Fortuna sia un essere soprannaturale esistente sin dalla origine del mondo o degli angeli (tra le altre prime creature), quando però ivi si afferma che « Colui lo cui saver tutto trascende, (cioè Dio) « Ordinò general ministra e duce « Che permutasse a tempo li ben vani « Di gente in gente e d’uno in altro sangue « Oltre la difension de’ senni umani, » s’intende facilmente che con questo linguaggio poetico si vogliono significare le occulte disposizioni della Provvidenza, imprevedibili ed inevitabili dai mortali.

45. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510

I sacerdoti Egiziani dopo tre anni lo annegavano in un lago, e poi dicevano che era morto o perduto ; di che facevasi un gran lutto con gemiti e pianti da tutto il popolo ; ma dopo tre giorni, avendo già pronto un altro bove simile, dicevano che si era ritrovato o era risuscitato ; e il popolo ne faceva maravigliosa festa.

46. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78

Trovarono da per tutto orribili delitti, nefandità di nuova idea ; e saputo tra le altre cose, che v’era un re d’Arcadia, Licaone figlio di Pelasgo, il quale imbandiva agli ospiti nuovamente venuti le carni di quelli arrivati prima, e facea poi servir di pasto le carni loro agli ospiti che arrivavano dopo, volle presentarsi egli stesso all’infame reggia divenuta macello e cucina di carne umana.

47. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143

Rappresentavasi Marte tutto armato, e con aspetto fiero ; ma talvolta anche nudo ; specialmente nelle statue di marmo e di bronzo (chè il nudo è il campo della statuaria), però sempre almeno coll’elmo in testa e coll’asta nella destra.

48. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-

Quand’egli dice nel Canto xi dell’Inferno, « Che i Pesci guizzan su per l’orizzonta « E’l Carro tutto sovra’l Coro giace, » accenna con precisione astronomica che eran due ore prima dello spuntar del Sole in quel giorno del mese di marzo che aveva prima indicato, poichè appunto in quell’ora che egli voleva significare appariva la costellazione dei Pesci sulorizzonte, e inoltre la costellazione del Carro, ossia dell’Orsa maggiore giaceva tutta sovra’l Coro, cioè fra settentrione ed occidente, ossia presso a poco a ponente-maestro o nord-ovest, come ora direbbesi.

49. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-

Gli auguri goderono in Roma di molta considerazione ; ma a poco per volta caddero in discredito ; e un cittadino poteva dire impunemente : « Io non so come due auguri possano incontrarsi senza ridere l’uno dell’altro. » Ma il volgo ignorante e coloro che ci trovavano il proprio conto mantennero per lungo tempo siffatte puerili e dannose superstizioni, che non sono ancora del tutto distrutte, benchè non sussista più la religione che le aveva consentite.

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