Come poi in questo nome tanto del borgo di Atene quanto del tribunale vi entrasse Marte, lo dice la Mitologia. […] Seì di quei giudici condannarono Marte, e gli altri sei lo assolsero ; e la parità dei voti fu tenuta per favorevole all’imputato, tanto più che per l’assoluzione era dato il voto di Minerva, Dea della sapienza173. […] Infatti il generale romano nel partir per la guerra scuoteva l’asta della statua di Marte dicendo : Mars vigila ; sottintendendo in favore dei Romani ; i quali si credevano tanto da lui prediletti e così esclusivamente protetti che lo intitolavano Marte Romano. […] Il nome di Marte si usa figuratamente tanto nella poesia latina quanto nella italiana per significare la guerra, e in prosa latina anche per indicare la forza non solo fisica, ma pur anco intellettuale180. […] Dante aveva osservato che gli astri riflettono una luce più rossa quando si vedono sul limite estremo dell’orizzonte, e specialmente dalla parte di ponente, ove son più spessi i vapori dell’atmosfera ; e tanto più questo fenomeno si manifesta nel pianeta di Marte, che per natura sua è sempre più rosso di tutti gli altri.
XXIV Vulcano e i Ciclopi Tutti i poeti si accordano a rappresentar Vulcano deforme e zoppo : differiscono solo nel raccontar la causa di questi difetti della sua forma corporea, che certamente debbono apparire strani e irrazionali ed anche impossibili in una Divinità, e tanto più in un figlio di Giove e di Giunone. […] Questo Dio è rappresentato in pittura e in scultura come un uomo robusto e con folta barba, ma non però tanto brutto quanto dicono i poeti ; e il difetto di essere zoppo da un piede è appena accennato. […] Chi ha veduto qualche automa in azione189, o almeno conosce storicamente il meccanismo e gli effetti maravigliosi di queste macchine ingegnosissime, che sotto forme di uomini o di animali eseguiscono lavori e operazioni proprie soltanto degli esseri animati (e quel che è più, mirabile anche delle persone che ragionano ed hanno studiato una scienza o un’arte), non troverà tanto strano il racconto di Omero, che Vulcano avesse congegnate « …….forme e figure « Di vaghe ancelle tutte d’oro, e a vive « Giovinette simili, entro il cui seno « Avea messo il gran fabbro e voce e vita « E vigor d’intelletto e delle care « Arti insegnate dai Celesti il senno. […] Parlando poi della formazione dei fulmini, dei quali gli Antichi attribuirono la costruzione meccanica a Vulcano, tanto i mitologi quanto i poeti dissero più spropositi che parole, perchè non avevano veruna idea del fluido elettrico, di questa misteriosa e tremenda forza invisibile e imponderabile della Natura, di cui la scienza è giunta in questo secolo a sapersi valere per eseguir lavori di precisione matematica e per trasmettere i concetti e i desiderii degli uomini anche agli antipodi colla velocità del lampo. […] Lo stesso Ganot (francese) comincia a trattare dell’elettricità dinamica con queste parole : « È dovuta a Galvani, professore di « anatomia a Bologna, l’esperienza fondamentale che condusse alla scoperta dell’elettricità dinamica, o del galvanismo, nuovo ramo della fisica, tanto importante per le innumerevoli applicazioni che se ne fecero da un mezzo secolo a questa parte. » — E parlando di quell’apparato detto pila, che serve a svolgere l’elettricità dinamica, e che fu inventato da Volta nel 1800, riporta questa notizia istorica nei seguenti termini : « Volta, fondandosi sulla teoria del contatto, fu condotto ad inventare il maraviglioso apparato che rese immortale il suo nome » (la pila di Volta).
Numa, riconosciuto quello scudo come lo scudo di Marte, a meglio conservarlo, ne fece fabbricare altri undici somigliantissimi a quello, tanto da non poteri distinguere. […] Apollo poi udito Ermes sonar la lira, tanto se ne compiacque che, pur di averla, gli lasciò le cinquanta giovenche. […] Col tempo si mutò il concetto di lei; e divenne significativa tanto della prospera quanto dell’ avversa fortuna. […] Chi può ridire il dolore della infelice Arianna quando, svegliatasi, si vide sola in un’ isola deserta, abbandonata da colui ch’ ella aveva tanto amato? […] Gentile usanza, per via della quale almeno un giorno dell’ anno quella tanto maltrattata classe d’ uomini aveva modo di dimenticare la propria miseria!
Il campo era un tempio, e quanto più la vita guerriera teneva occupati i Romani, tanto più le credenze del politeismo signoreggiavano ne’loro cuori, di cui formavano continuamente o la speranza o lo spavento. […] A qual guerra non saremmo idonei e pronti, anche ineguali di numero, noi che tanto volentieri ci lasciamo trucidare ? […] Nondimeno, non riflettendo alla ricompensa di tanto ajuto a voi prestato, noi che siamo un genere di persone non solo a voi non molesto, ma necessario, avete voluto stimare nemici, mentre che siamo certo nemici non del genere umano, ma bensì dell’umano errore…. […] Non però qualunque vostra crudeltà molto vi giova, servendo per allettamento ad abbracciare la nostra religione, che tanto più germoglia, quanto più da voi si miete, essendo il sangue de’ Cristiani una sorta di semenza. […] Ma forse tanto meno siamo reputati legittimi, o perchè non vi è tragedia che faccia strepito della nostra fratellanza, o perchè siamo fratelli rispetto a’nostri beni e alla nostra roba, la quale appresso di voi quasi rompe la fratellanza.
L’ambizione del parto ingegnoso portavali tanto appresso a loro numi, quanto l’ammirazione sopra il rimunente del volgo. La morale, che di qui trassero accomodata alle passioni de’letterati tanto allettava con l’albagia, quanto appagava con l’ apparenza. […] Nettvno — Creduto come Dio del mare, Tullio(2) lo vuole così detto a nando, dal nuotare ; ma ei va tanto poco soddisfatto di questa etimologia, che egli stesso poscia la rigetta. […] Esiodo nella sua Teogonia vuole che a loro nulla andava ignoto, nè il presente nè il passato, e che nulla allegrava di tanto lo augusto congresso degli Dei, quanto il melodioso concento di loro voce. […] Ercole lo strinse di tanto che stava per soffocarlo, quando cangiossi in toro, ma quegli presolo per le corna, e, strappandogliene uno, rovesciollo.
Perciò il loro numero non potrebbero dirlo nemmeno i più valenti Geografi, in quanto che non sono stati a contar sul globo tutte le fonti, e tanto meno tutti i boschi e boschetti, a cui pur presiedevano almeno altrettante Ninfe. […] La Ninfa Eco se ne afflisse tanto, e si consumò talmente dal dolore, che di essa vi rimase la voce sola che ripeteva appena le ultime parole altrui. […] Quanto poi all’orgoglioso amor proprio di Narciso, la Mitologia inventò molto a proposito che egli ne fu punito coll’essersi innamorato della propria immagine, veduta nello specchio delle acque di una fonte, e che credendola una Ninfa stette tanto a guardarla che ivi morì di estenuazione e fu cangiato nel fiore che porta il suo nome. […] Le Ninfe oltre ad esser giovani e belle, erano anche generalmente buone e cortesi ; e perciò tanto nelle lingue antiche quanto nelle moderne, e specialmente nella nostra, questo termine di Ninfa, anche nel senso traslato, cioè non mitologico, ha sempre un significato favorevole.
Il nome di Mercurio ha evidente relazione etimologica, tanto in latino quanto in italiano, con mercatura e con merce, e vien quindi a significare il Dio del Commercio. […] Ad Apollo piacque tanto questo stromento e tanto se ne invogliò che Mercurio suo fratello glie ne fece un regalo graditissimo. — I poeti non dimenticano veruna particolarità mitologica, e perciò Orazio chiama fraterna la lira di Apollo, perchè inventata e donatagli dal fratello159. Attribuirono a Mercurio anche i primi incentivi alla vita sociale e all’incivilimento, asserendo che egli avesse dirozzati i popoli selvaggi col canto e coll’uso dei giuochi ginnastici, esercizii tanto pregiati dagli Antichi160.
Ma questa invenzione, benchè sembri intesa a significare i crepuscoli e le aurore boreali, ebbe poca fortuna ; nè i più celebri poeti, e tanto meno i pittori, la stimarono degna di essere imitata o copiata. […] Ora devesi aggiungere che Giove vedendo la bravura di Apollo, lo incoraggiava a ferire, e gli ripeteva, come dicono i mitologi greci, le greche parole le Pai, che significano ferisci o figlio, e da queste parole trassero tanto i Greci quanto i Latini l’etimologia del nome di Pœan dato ad Apollo ; e Pœan chiamano ancora l’inno in onore di questo Dio. […] Egli fu il primo medico di cui le antiche tradizioni ci abbiano tramandato il nome, aggiungendo che nell’esercizio dell’arte salutare faceva cure tanto prodigiose, che guariva tutti i malati e perfino risuscitava i morti. […] Dante, nel Canto xiii del Paradiso, ha detto : « Li si cantò non Bacco, non Peana ; » e qui la voce Peana può significare tanto il nome di Apollo, quanto dell’inno che cantavasi in onore di lui.
Raccontano i Mitologi ed i poeti, e più estesamente di tutti Ovidio nelle Metamorfosi, che quando nacque Meleagro, le Parche comparvero nella stanza ove Altea partorì, e, gettato nel fuoco un ramo d’albero, dissero : « tanto vivrai, o neonato, quanto durerà questo legno ; » e subito dopo disparvero63. […] Dopo aver narrato che i golosi son puniti nel Purgatorio con una fame canina resa più acuta dal vedersi dinanzi agli occhi, come Tantalo nell’ Inferno pagano, i pomi e l’acqua senza poterne gustare ; il qual tormento rendeva talmente magre e scarne quelle anime, che « Negli occhi era ciascuna oscura e cava, « Pallida nella faccia e tanto scema « Che dall’ossa la pelle s’informava, cominciò a pensare « Alla cagione ancor non manifesta « Di lor magrezza e di lor trista squama ; » e non potendo trovarla da sè, finalmente, fattosi coraggio, domandò a Virgilio : « ……Come si può far magro « Là dove l’uopo di nutrir non tocca ? » E Virgilio a lui : « Se t’ammentassi come Meleagro « Si consumò al consumar d’un tizzo « Non fora, disse, questo a te sì agro. » Ma accorgendosi Virgilio che con questo esempio pretendeva di spiegare un mistero con un altro mistero, citò ancora un fenomeno fisico : « E se pensassi come al vostro guizzo « Guizza dentro allo specchio vostra image, « Ciò che par duro ti parrebbe vizzo. » E per quanto anche il poeta Stazio, a richiesta di Virgilio, gli desse bellissime spiegazioni scientifiche sulla generazione dell’uomo, sull’unione dell’anima col corpo e lo stato di essa dopo la morte, nulladimeno non sembra che Dante rimanesse tanto convinto quanto altra volta che Virgilio gli disse : « A sofferir tormenti e caldi e geli « Simili corpi la Virtù dispone « Che come sia non vuol che a noi si sveli. » E così con esempii mitologici, cattolici e scientifici viene a far conoscere che spesso s’incontrano nelle umane cognizioni misteri inesplicabili.
La voce Eroi, divenuta tanto comune in verso e in prosa non solo nelle lingue dotte, ma pur anco nella italiana e nelle altre lingue affini, è di origine greca ; ed i filologi antichi, incominciando da Servio commentator di Virgilio, ne danno tre diverse etimologie,45deducendole da tre diverse accezioni in cui trovasi usata quella voce, cioè di Semidei, di Dei Indigeti, e di uomini divenuti illustri o per dignità o per imprese di sovrumano valore. Lo stesso Omero l’usa assai spesso in quest’ultimo significato tanto nell’Iliade quanto nell’Odissea ; e del pari si adopra comunemente nella lingua italiana tanto in verso quanto in prosa ; e si applica pur anco agli uomini illustri della storia antica e della moderna, come pure ai più straordinarii personaggi d’invenzione della fantasia dei poeti.
Anzi i nobili Tebani dei secoli successivi credevano tanto (o fingevano di credere) in così strana favola, che derivavano la loro nobiltà di sangue dall’esser discendenti, com’essi vantavansi, di questi prodi guerrieri sì miracolosamente nati ; la quale illustre prosapia era detta degli Sparti, che significava seminati, alludendosi appunto alla sementa dei denti del serpente ucciso da Cadmo58. Anche la trasformazione di Cadmo in serpente era tanto famigerata presso gli antichi Pagani che talvolta fu rappresentata perfino sulla scena : il che non dovrà recar maraviglia, ripensando che anche ai tempi nostri si è veduto rappresentare in qualche spettacolo Nabuccodonosor trasmutato in bestia coram populo. […] Anzi Dante, convinto che tali trasformazioni poeticamente ed ingegnosamente narrate fanno grandissimo effetto sulla immaginazione dei lettori, volle gareggiare anche in questo cogli antichi poeti, come fece nel Canto xxv dell’ Inferno, detto appunto delle trasformazioni ; e fu tanto contento e sicuro egli stesso dell’opra sua, che non potè nasconderlo ai suoi lettori, ed asserì di aver superato Lucano ed anche Ovidio, il famoso autore delle Metamorfosi : « Taccia Lucano omai, là dove tocca « Del misero Sabello e di Nassidio, « Ed attenda ad udir quel ch’or si scocca.
., tanto frequenti nei poeti classici latini e greci ; e quelli specialmente di Ciprigna e di Citerèa anche negl’italiani e nello stesso Dante183. Del nome di Venere che le fu dato dai Latini, ed è divenuto tanto comune nelle lingue affini, Cicerone dà questa etimologia e significazione : Venus, quia venit ad omnia, perchè cioè la bellezza s’avviene in tutte le cose184. […] Con questo vennero a significare quanto sian condannabili i matrimonii fatti per forza ed a contraggenio ; ma però si estesero tanto ad inventare aneddoti scandalosi su questo tema, che spesso deturpano le più belle poesie dei classici antichi.
Sebbene i primi scrittori ecclesiastici si affatichino a citare centinaia di autori che avevano scritto contro gli Oracoli, per noi non è necessario tanto lusso di erudizione, tanta ricchezza di testimonianze ; e ci basterà il sapere che ne pensassero Demostene, Cicerone e Catone Uticense, di ciascuno dei quali l’autorità val per mille. […] E il Paganesimo cadde e seco trasse in ruina e in frantumi la pagana società, tanto illustre e potente finchè non disconobbe e non calpestò i principii eterni della morale, senza i quali non può prosperare l’umano consorzio, nè sostenersi religione alcuna, perchè la fede senza le opere è morta 292). […] Ha la stessa etimologia la parola orazione, tanto che Cicerone dichiara : « Oracula ex eo ipso appellata sunt, quod inest in his deorum oratio. » In greco avevano due o tre termini che non furono adottati nella lingua italiana, e soltanto da manteion furon composte le denominazioni di Necromanzia e Geomanzia ecc. di cui parleremo altrove.
Anzi per indicare non tanto la forza del vino che dà alla testa, quanto ancora l’impudenza che ne deriva in chi ne abusa, si aggiungevano sulla fronte di Bacco le corna198 ; e i poeti dicono che egli non sempre le portava, il che significa che non era sempre ubriaco. […] La qual voce Evoe fu adottata come esclamazione e nello stesso senso tanto dai poeti latini201) quanto ancora dagl’italiani, come troviamo, per esempio, nell’Orfeo del Poliziano, e nel Ditirambo202) del Redi, intitolato Bacco in Toscana. […] Che la parola corna in senso figurato, tanto in latino quanto in italiano, significhi più comunemente superbia e oltracotanza, si può dedurre principalmente da Orazio, da Ovidio, dall’ Ariosto e dal Tasso.
Il Sole ammirò tanto coraggio, e lo regalò d’una tazza d’oro. […] Ha in mano una palla, perchè siccome questa, quanto più è percossa in terra, tanto più s’inalza ; così l’Umiltà viene esaltata a misura ch’ essa da se si abbassa. […] A questo tanto più s’accresce la sete, quanto più beve ; non altrimenti l’Avarizia cresce in chi la coltiva, a misura che si moltiplica in mano di lui le ricchezze. […] Costui era tanto goloso, che desiderava d’avere il collo di gru, per godere più a lungo del cibo, mentre questo gli discendeva nel ventre. […] Talvolta tiene un piede sulla prora d’un naviglio : lo che dà a conoscere, che questa Dea esercita il suo dominio tanto sulla terra, che sul mare.
I Titani vennero soggiogati e profondati nel Tartaro, che tanto, dic’ egli, s’ innabissa di sotto alla terra, quanto sopra di quella s’ innalza il cielo. […] Ma non sapendo Factente guidarlo, tanto alla terra sì accostò che ne arse essa, ed il mare. […] Sdegnato però Giove che tanto potere ei si arrogasse, lo fulminò e Apollo, che prese a farne vendetta col saettare i Ciclopi, che fabbricati avevano i fulmini a Giove., venne esigliato dal cielo. […] Al suo nascere le Parche misero un tizzone sul fuoco, dicendo che tanto sarebbe durata la vita di lui, quanto il tizzone, il che udendo la madre ritrasse il tizzone dal fuoco, e gelosamente il nascose. […] Di là salpando fu dalla tempesta gettalo ai lidi della Libia, ove dice Virgilio che Didone vedova di Sicheo fuggendo dal fratello Pigmalione re di Tirto, il quale ucciso aveale il marito, approdata era non molto innanzi, e ottenuto dal re Jarba tanto di terra quanto ne potesse cingere con un cuojo di bue, e tagliato questo in sottilissime liste, tanto spazio ne circondò, che potè fabbricarvi la città di Cartagine.
xxii del Purgatorio, relativamente a questi primi Cristiani : « Vennermi poi parendo tanto santi, « Che quando Domizian li perseguette, « Senza mio lagrimar non fur lor pianti. […] I più ostinati a conservare il culto dei falsi Dei furono gli abitanti delle campagne e dei villaggi o borghi, che in latino chiamavansi pagani (aggettivo derivato da pagus che significa borgo o villaggio), e perciò il politeismo stesso fu detto il Paganesimo ; il qual termine divenne poi, tanto in prosa quanto in poesia, più comune e più usato che gli altri due di politeismo e di gentilesimo 169.
Pochi altri termini mitologici son tanto famigerati e comuni nelle lingue moderne, e specialmente nella italiana, quanto quello di Chimera, nel significato però di cosa insussistente, inverisimile, impossibile ; e così dicasi dell’aggettivo chimerico che ne deriva55. […] Il duello che usa tuttora è un avanzo dei secoli barbari, e fa una gran tara alla tanto vantata civiltà moderna.
Quegli antichi Romani per altro che tanto fecero maravigliare delle loro morali virtù gli stessi Padri della Chiesa, non conobbero le assurdità della greca fantasia ; e gli antichi precetti religiosi riportati da Cicerone con antico stile nel libro ii delle Leggi, sono ben lontani dalle aberrazioni dei poeti greci e dei latini dell’ultimo secolo della repubblica, che studiarono e imitarono la greca mitologia. […] Ma ognuno poi l’interpretava a suo modo e secondo le sue proprie passioni ; e lo spirito di vendetta tanto potente e feroce nei secoli barbari, ben poco perdè della sua forza e della sua intensità nei secoli così detti civili, neppure dopo la promulgazione dell’ Evangelio che santificò il perdono e l’oblio delle offese.
Anche in altri luoghi ritorna il sommo Poeta sullo stesso argomento, o indirettamente vi allude : tanto gli stava a cuore d’imprimer bene nella mente dei suoi lettori questa fondamentale dottrina del libero arbitrio, da cui dipende la moralità delle azioni, e quindi il merito o il demerito delle persone, e la giustizia del conferimento dei premii e della irrogazione delle pene ! […] E poichè credevasi che spesso portasse prosperi eventi, quindi non le mancavano e immagini e tempii e adoratori, tanto in Grecia quanto in Italia, e in Roma stessa più che altrove.
Circa alla Dea Tellùre basterà il sapere che Cicerone nel libro iii della Natura degli Dei dice che Tellùre non è altra Dea che la Terra40 ; che tanto i poeti quanto i prosatori latini usarono la parola tellùre come sinonimo di terra 41 ; e che Dante stesso nella Divina Commedia rammenta l’orazione lamentevole della Dea Terra in occasione dell’incendio mondiale cagionato dall’imprudenza di Fetonte42, come a suo luogo vedremo. […] Le era particolare il titolo di Gran Madre, tanto in greco (megale meter,) quanto in latino (magna mater,) perchè oltre ad esser la madre di Nettuno Dio del Mare, di Plutone Dio dell’Inferno, di Giunone regina del Cielo, era anche la madre di Giove re supremo, del quale eran figli la maggior parte degli altri Dei.
Questa significazione è tanto chiara ed evidente, che un dei nostri poeti ha detto : quel Dio che a tutti è Giove, per dire che giova a tutti ; e Dante nel celeberrimo canto VI del Purgatorio, ove rimprovera la serva Italia di dolore ostello, ci presenta questa notabilissima perifrasi : « E se licito m’è, o sommo Giove « Che fosti in terra per noi crucifisso, « Son li giusti occhi tuoi rivolti altrove ? […] Questo titolo è divenuto in oggi tanto comune e familiare, che anche i giornalisti più prosaici fanno lusso e spreco dell’espressione mitologica e poetica di Giove Pluvio tutte le volte che parlano di pioggie troppo continuate.
XXXVII Gli Dei Dei Fiumi Se i Mitologi ed i poeti inventarono le Divinità delle fonti, tanto più è presumibile che non avranno mancato d’immaginare gli Dei dei Fiumi. […] come fanciullo « Di mandre guardïan cui ne’piovosi « Tempi il torrente, nel guadarlo, affoga. » Avremo da parlar tanto delle prodezze di Achille (invidiato dallo stesso Alessandro il Grande per la singolar fortuna di averne per banditore Omero), che non vi sarà spazio a raccontar questa sua unica paura, che trova qui posto più opportuno, parlandosi delle prodezze e dei vanti dei fiumi della Troade.
E particolarmente in questo senso filosofico l’usa Dante nel Canto xi del Purgatorio, facendo così parlare Omberto Aldobrandeschi dei conti di Santa Fiora, che fu ucciso per la sua superbia arrogante : « L’antico sangue e l’opere leggiadre « De’miei maggior mi fecer si arrogante, « Che non pensando alla comune madre, « Ogni uomo ebbi in dispetto tanto avante « Ch’io ne morii, come i Senesi sanno « E sallo in Campagnatico ogni fante. » (Purg. […] Finalmente chi conosce il valore della parola metamorfosi, che significa trasformazione, come abbiamo spiegato altra volta, e di cui tanto avvien di parlare nella Mitologia, intenderà facilmente il significato generale di roccie metamorfiche, e lo tradurrà per trasformate.
Il volgo però vi presta va pienissima fede, e tanto più allora quando in alcuni luoghi invalse l’uso nei trivii di offrir delle cene ad Ecate, che lasciate intatte da questa Dea eran poi ben volentieri divorate dai poveri. […] Questa opinione divenne tanto comune che alcuni eruditi latinisti composero per comodo di memoria i seguenti versi sulla Dea Triforme : « Luna polo, Diana solo, Proserpina Averno.
Perciò gli Antichi avevano in proverbio che tanto sappiamo quanto teniamo a memoria 125 ; e Dante aggiunge « ……….. che non fa scïenza « Senza lo ritenere, avere inteso. » Le Muse erano nove, ed avevano questi nomi : Calliope, Polinnia, Erato, Clio, Talia, Melpomene, Euterpe, Terpsicore, Urania 126. […] Su tale argomento basti l’ aver citato i due grandi poeti, padri dell’ italiana poesia : « Degli altri fia laudabile tacere, « Chè il tempo saria corto a tanto suono. » Ad Apollo avvenne ancora un caso opposto, ma non meno funesto.
Se non è bene che l’uomo sia solo sulla Terra, vale a dire senza aver moglie e famiglia, sarà questo non men vero nel Mare ; e se il matrimonio può convenire in generale a qualunque privato, tanto più conviene a un re, e specialmente a un re assoluto che è padrone di tutto217), e a cui non può mancar mai un lauto trattamento per una numerosa famiglia. […] « Nel tempo che Giunone era crucciata « Per Semelè contra ’l sangue tebano, « Come mostrò già una ed altra fiata, « Atamante divenne tanto insano, « Che veggendo la moglie co’due figli « Andar carcata da ciascuna mano « Gridò : tendiam le reti sì ch’io pigli « La lionessa e i lioncini al varco : « E poi distese i dispietati artigli « Prendendo l’un ch’avea nome Learco, « E rotollo e percosselo ad un sasso ; « E quella s’annegò con l’altro incarco »221.
Fissate e dichiarate le mie idee sul fine e sui limiti dello studio della Mitologia, sarà questo il filo di Arianna per non smarrirmi nell’ intricato labirinto di questa antichissima erudizione ; e così ciascun che legge potrà seguirmi senza temer fatica o disagio ; anzi anche il salire gli parrà tanto leggiero « Come a seconda giù l’andar per nave. » 2.
Ma le opinioni e le scoperte dei dotti antichi eran tenute nascoste al volgo, e costituivano la scienza segreta, colla quale cercavano d’imporre rispetto alle moltitudini e di tenerle soggette ; e con false immagini e miracolose, quanto più strane e tanto più credute dagl’ignoranti, li pascevano di vane illusioni e li dominavano, « Forse con intenzion casta e benigna, » per rimuoverli dalla vita selvaggia e vincolarli in un più umano consorzio.
Tutte le volte che uscivano in pubblico erano precedute da sei littori come i magistrati curuli, inferiori soltanto ai consoli : assistevano ai pubblici spettacoli fra i senatori nell’orchestra, che era il primo gradino dell’anfiteatro e del circo : la loro parola valeva come un giuramento, e la fiducia di cui godevano era tanto grande, e talmente sicura l’inviolabilità del loro soggiorno, che nelle loro mani si depositavano i testamenti e gli atti di molta importanza e segretezza non solo dai privati, ma anche dai magistrati della Repubblica e dai principi stessi dell’ Impero.
IV che, ammessi più Dei, nessuno di loro poteva essere onnipotente, perchè il poter di ciascuno era limitato dalle speciali attribuzioni degli altri ; e se ciò era vero per gli Dei Superiori e per lo stesso Giove, come ci è accaduto di narrare più volte, tanto più è presumibile e conseguente per gli altri Dei che furon detti e considerati Inferiori.
E quantunque il termine di Mitologia in senso lato sia riferibile a tutte le religioni pagane, è per altro più specialmente applicabile a quella dei Greci e dei Romani, le cui classiche lingue e letterature tanto contribuirono e contribuiscono a dar pregio e vigore alla lingua e alla letteratura italiana.
Quanto poi al vaso di Pandora, onde, uscirono tutti i mali di questa Terra, l’espressione mitologica è tanto famigerata che odesi spesso dalla bocca di persone tutt’altro che eruditissime.
E poi, in quanto al Politeismo dei Romani, aggiungendovisi le tradizioni che l’Arcade Evandro, creduto figlio della Dea Carmenta, venuto nel Lazio prima di Enea, avea fondata la città di Fenèo su quel monte che dal nome di suo figlio Pallante fu detto il Palatino, sarà necessario ammettere che egli avesse introdotto il politeismo greco nel luogo stesso che in appresso fu il centro della nuova città di Romolo : tanto è vero che anche a tempo di Cicerone, com’egli afferma nelle sue lettere, esisteva nel monte Palatino l’antro consacrato da Evandro al culto del Dio Luperco, vale a dire del Dio Pane.
Ma più frequentemente per Natura s’intende l’essenza degli oggetti esistenti, o vogliam dire il complesso di tutte le qualità o caratteri distintivi di qualunque essere creato tanto fisico, quanto morale o intellettuale12.
Questo mito del ratto di Proserpina è tanto amplificato ed abbellito di straordinarie fantasie da tutti i poeti antichi e moderni, che troppo lungo sarebbe il voler tutte riportarle.
« Ma la possa maggior del padre eterno « Provvide a tanto mal ; serragli e tenebre « D’abissi e di caverne e moli e monti « Lor sopra impose ; ed a re tale il freno « Ne diè, ch’ei ne potesse or questi or quegli « Con certa legge o rattenere o spingere.
E Numa ne fece costruire altri undici, non solo simili, ma tanto uguali che neppur l’artefice seppe in appresso distinguere qual fosse quello caduto dal Cielo.
Il nome di vittima era dato solamente agli oggetti vivi ed agli animali grossi ; quello di ostia agli animali di latte, e tanto alle eose animate ehe inanimate ; e l’olocausto era un sacrifizio nel quale la vittima veniva interamente consumata dal fuoco, senza che ne restasse alcuna parte per il banchetto dei sacerdoti o degli assistenti.
La sua poetica descrizione è tanto chiara ed evidente che molti cultori delle arti belle, e tra questi lo stesso Michelangiolo, hanno potuto rappresentarla senza alcuna difficoltà colla matita e col pennello.