I dogmi religiosi erano in Roma rafforzati dalla politica, tenuti in pregio come la patria, e osservati come leggi tutelari dello Stato. […] I vecchi odj tra le città rivali erano sepolti sottò il comune servaggio ; ma disputavasi ancora pel possesso di un tempio, o d’un terreno consacrato. […] In tutti gli angoli dell’universo, qualche antico rito, qualche superstizione locale conservava tutto il suo potere : intieri popoli erano ingolfati nella più crassa ignoranza, e troppo erano istupiditi per poter diffidare d’alcuna impostura che tuttavia mirasse a tenerli soggetti. […] Che prima erano idolatri. […] Tra queste erano le cene di Serapi, dio egizio, nelle quali, pe’gran fuochi che si facevano in cucina, slavano vigilanti le guardie del fuoco delte Sparteoli.
Aveva il diritto di accordare sicuro asilo ai colpevoli che appo lui si rifugiavano, e di far grazia a quelli che, andando al supplizio, erano da lui incontrati per via. […] Non vi erano sacrifizj senza libazione, ma spesso facevano libazioni senza sacrifizj, come nei matrimonj, nei funerali, nei trattati d’alleanza, nei banchetti, nei pasti giornalieri ec. […] In tempo di peste e di carestia le purifieazioni dei Greci erano aceompagnate da azioni erudeli. […] Ogni divinità aveva le sue vittime diverse, ed erano scelte fra le più belle. […] Le mogli dei Flamini erano dette Flaminicæ, ed avevanu parte nel sacerdozio dei luru mariti. — Il populu eleggeva i Flamini ; il Pontefice Massimo li consacrava.
Tali erano Orfeo ed Anfione, la cui esistenza appartiene ai tempi eroici più remoti. […] Minosse per allontanarlo dalla vista di tutti lo fece chiudere nel labirinto, ove gli erano dati a divorare i condannati a morte. […] Così raccontano i pœti, i quali erano in quell’epoca più arditi di Darwin e compagni Antropologi a far derivare gli uomini dalle bestie senza che alcuno li contraddicesse. […] Telefo vinto in battaglia fu costretto a fuggir dal suo regno ; e per maggiore sciagura rimase colpito dall’asta di Achille, le cui ferite erano insanabili. […] Quindi si raccolsero i loro responsi, veri o supposti, e una copia di queste raccolte erano i così detti libri sibillini comprati da Tarquinio.
Lo stesso Omero dice chiaramente che quelle infernali regioni, oltre ad esser prive della luce del Sole, erano orrende anche al guardo del Cielo (Iliade, xx), cioè facevano orrore anche agli Dei. […] Di maggiore importanza erano le Parche, figlie di Giove e di Temi 244, e corrispondevano a quelle Dee che i Greci chiamavano le Mire. […] Da quanto leggesi scritto e narrato intorno alle Parche si deduce che esse erano indipendenti da Plutone ; e perciò dovrebbero chiamarsi piuttosto ministre del Fato che del re dell’Inferno. […] Questi giudici si chiamavano Minos, Eaco e Radamanto, i quali in origine erano stati sulla Terra tre ottimi re della Grecia, celebri per la loro giustizia ; e perciò dopo la morte meritarono l’onorevole ufficio di giudicar le anime degli estinti. Minos e Radamanto erano figli di Giove e di Europa ; Eaco poi di Giove e di Egina.
La 1 classe abbracciava gli Iddii superiori detti Maiorum Gentium, come quelli, che erano adorati da tutte le nazioni della terra, e questi erano venti, de’quali dodici formavano il supremo consiglio, Luc. dial. de Deor. […] Nel numero di questi erano ancora annoverati quegli Eroi, che a riguardo de’ loro meriti erano stati innalzati al grado di Dei indigeti, come di Enea divinizzato da sua madre parla Ovidio. […] Gl’ animali poi da svenarsi in suo onore erano bianchi bovi, da’ quali credevasi esser egli unicamente rapito. […] Gl’animali inoltre da sacrificarsi nelle sue feste erano una bianca vacca, la scrofa, il montone, l’ Oca, e finalmente il Pavone. […] Se così severi però furono per esse i castighi ; larghi d’altronde erano i loro privilegj.
Perciocchè i suoi risponsi erano obbliqui, ambigui e difficili ad intendersi, fu detto da’greci Λοξιας obbliquo, se pur ciò meglio non può dirsi a cagione della obbliquità dell’apparente corso del sole per lo Zodiaco. […] Le Muse non erano che personificazioni allegoriche, cui intendevasi la poesia, la musica, la danza ec. […] Rabaud di Saint-Etienne porge al mito di Venere una diversa interpetrazione « I pianeti, così egli, erano adorati relativamente alle vere o false influenze, che una lunga osservazione ad essi attribuiva. […] Nè tre nè nove erano le Muse ; ma co’loro nomi dagli antichi sapienti altro non intendevasi, che personificazioni allegoriche delle belle arti, della poesia, della musica, delle danze, e degli effetti da queste prodotti. […] E Varrone come rapporta Macrobio(3) vuole che a lui si erano innalzati dodici altari, per dare una simbolica dei dodici mesi dell’anno.
Il furore divino che invasava la Pizia era l’effetto delle esalazioni naturali o artificiali che uscivano dalla voragine ; le mistiche parole che essa proferiva erano vocaboli sconnessi, detti a caso e senza alcun senso, che i sacerdoti cercavano di connettere in frasi ambigue, ossia con doppio senso ; e il sacro orrore che investiva i creduli devoti ammessi a queste fantasmagorie era la paura prodotta dalla tetraggine del luogo e dalla alterazione della loro fantasia285). […] Gli Oracoli e tutti gli altri modi di divinazione preindicati erano altrettante solenni imposture del Politeismo, e sì abilmente organizzate da allucinare per molti secoli non solo i popoli rozzi e barbari, ma quelli ancora « ………..che fenno « L’antiche leggi e furon sì civili. » Che fossero un’impostura dei sacerdoti pagani non credo che sia d’uopo dimostrarlo ai tempi nostri, tanti secoli dopo che furon riconosciuti falsi e bugiardi gli stessi Dei a cui quegli oracoli erano attribuiti. […] Catone Uticense ai suoi amici che gli suggerivano (quand’egli era in Affrica armato contro Cesare) di consultare l’Oracolo di Giove Ammone, rispose, che gli Oracoli erano buoni per le donne, i fanciulli, e gl’ignoranti. […] Se ne trovano riportate alcune anche nei libri di rettorica e belle lettere, come quella che si suppone data a Pirro re dell’Epiro prima di muover guerra ai Romani : « Aio te, Æacida, Romanos vincere posse. » E l’altra : « Ibis, redibis, non, in bello morieris. » Notabilissima è poi la risposta dell’Oracolo di Delfo ai figli di Tarquinio il Superbo che insieme con Bruto erano andati a consultarlo per sapere chi dovesse regnare in Roma. […] Anche il Giusti chiama santa impostura l’artifizio di Numa nel dare ad intendere al popolo romano che le sue prescrizioni religiose e civili gli erano suggerite dalla Dea Egeria : « Con aspri precetti « Licurgo severo « Corresse i difetti « Del Greco leggiero ; « E Numa con arte, « Di santa impostura « La buccia un po’ dura « Del popol di Marte. » (Apologia del Lotto).
XXVII I Mostri marini Mitologici e Poetici Distingueremo subito i mostri marini che avevano in parte figura umana da quelli che erano soltanto animali marini di orribili forme. […] Le Sirene, credute figlie del fiume Acheloo e della ninfa Calliope, erano rappresentate dalla testa ai fianchi come donne e nel rimanente del corpo come mostruosi pesci con doppia coda224. Oltre al dire che erano bellissime, aggiungevano i mitologi ed i poeti, che esse cantavano dolcissimamente, e suonavano egualmente bene diversi strumenti musicali ; e dimorando nel mar Tirreno fra la Sicilia e l’Italia meridionale attraevano col canto e col suono i naviganti, per avere il barbaro diletto di annegarli nel mare o di divorarseli. […] L’antico volgo esagerò i pericoli che v’ erano a passar lo stretto fra Scilla e Cariddi ; e i poeti, incominciando da Omero229, abbellirono con straordinarie invenzioni favolose le fantastiche ed esagerate paure del volgo. […] Per altro si capisce che quelle così terribili Orche non erano altro che Balene.
XXVIII che i Campi Elisii erano il soggiorno dei buoni dopo la morte, e il Tartaro, dei malvagi. Secondo gli antichi mitologi, ben pochi andavano in Cielo nel consesso degli Dei supremi e a mensa con essi a gustare il nettare e l’ambrosia ; e questi erano per lo più gli Eroi o Semidei, e non tutti, ma quelli soltanto che furono i più grandi benefattori della umanità. […] Aggiunsero infatti i mitologi che tutte quelle anime così dette beate si esercitavano nell’altro mondo in quelle stesse arti ovvero occupazioni che erano state per loro più gradite in questo252. […] Esse erano precisamente 50, tutte figlie di Danao re di Argo e nipoti di Belo ; dai quali nomi del padre e dell’avo derivarono i loro appellativi o patronimici di Danaidi e di Belidi. […] Fissò il suo soggiorno in Crotone città della Magna, Grecia, ed ivi ebbe molti discepoli, e costituì la famosa scuola dei Pitagorici, nella opinione dei quali acquistò egli tanta autorità, che tutte le sue asserzioni erano stimate verità indubitabili.
Quanto poi a Porrima e Posverta, Ovidio e Macrobio asseriscono che esse erano o sorelle o compagne di Carmenta, e che la prima, cioè Porrima, indovinava le cose accadute, e la seconda, cioè Posverta, le future. […] Le Feste Caristie erano un solenne convito fra i parenti ed affini che si riunivano annualmente in questo giorno alla stessa mensa, non solo in attestazione e conferma del loro reciproco affetto, ma principalmente per avere occasione di sopire in mezzo alla comune letizia qualche discordia che fosse nata fra taluni di loro nel corso dell’anno. […] Sotto questo titolo erano considerati i protettori della città. […] Perciò le matrone romane le prestavano un culto religioso in un tempio chiamato opertum (che in latino vuol dir chiuso), perchè a quei riti e in quel tempio non erano ammessi gli uomini. […] Aveva un tempio fuori di Roma, ove si radunava il Senato per dare udienza a quegli ambasciatori che non erano ammessi in città.
Infatti i mitologi latini adoprano quest’aggettivo al plurale, e intendono regioni al di sotto della superficie della Terra, perchè supponevano che nel seno di essa esistessero due inferne regioni molto diverse tra loro per l’uso a cui erano destinate. […] L’Acheronte, il Cocìto e il Flegetonte scorrevano dentro il Tartaro, ed erano fiumi propriamente da dannati, perchè le acque dell’Acheronte erano corrosive, quelle del Cocìto erano formate dalle lagrime dei malvagi, e nel Flegetonte scorreva un liquido infiammabile (come lo spirito di vino o il petrolio) che sempre ardeva, e serviva per tuffarvi i dannati. […] Alcuni mitologi e poeti antichi hanno detto che i Campi Elisii, non erano nel seno della terra, ma nelle Isole Fortunate, che ora si chiamano Le Canarie ; ma gli Antichi dovevan conoscerle soltanto di nome e non averle vedute che da lontano, poichè credevano che vi abitassero le anime dei Beati.
Ma quanto erano scarsi di cognizioni positive e scientifiche, altrettanto erano ricchi di fantasia e d’invenzione. […] Le Ninfe Oceanine, così chiamate perchè figlie dell’Oceano e di Teti, erano, secondo Esiodo, 3000 ; e solamente di 41 ce ne dice il nome, di cui farò grazia al lettore, riserbandomi a nominarne qualcuna a tempo e luogo, quando cioè converrà raccontare che prese marito e fu madre di qualche altra Divinità. […] Proteo, secondo gli antichi Mitologi, era figlio dell’Oceano e di Teti, ed avea per ufficio di condurre a pascer le mandre di Nettuno, che erano composte principalmente di orche, di foche e di vitelli marini. […] Vi aggiunsero ancora una sua stranezza, che egli cioè non volesse presagire il futuro se non costretto, e che per esimersene si trasformasse in mille guise ; ed inventarono che bisognava legarlo mentre dormiva per costringerlo a dare i responsi, perchè allora, per quanto si sbizzarrisse a trasformarsi, se finalmente voleva riprender la primitiva sua forma e figura di Nume, trovavasi come prima legato, ed era costretto a rispondere veracemente alle domande che gli erano fatte.
I due punti principali erano : primo, la conservazione perpetua del fuoco sacro, che simboleggiava, come abbiam detto, la perpetua durata di Roma e del suo impero ; e secondo, la più scrupolosa illibatezza delle Vestali che si erano dedicate al servizio della Dea della castità. […] I voti e gli obblighi che riguardavano l’interesse pubblico erano quei due indicati di sopra ; e severissime le pene minacciate ed inflitte per la violazione di quelli. […] Tutte le volte che uscivano in pubblico erano precedute da sei littori come i magistrati curuli, inferiori soltanto ai consoli : assistevano ai pubblici spettacoli fra i senatori nell’orchestra, che era il primo gradino dell’anfiteatro e del circo : la loro parola valeva come un giuramento, e la fiducia di cui godevano era tanto grande, e talmente sicura l’inviolabilità del loro soggiorno, che nelle loro mani si depositavano i testamenti e gli atti di molta importanza e segretezza non solo dai privati, ma anche dai magistrati della Repubblica e dai principi stessi dell’ Impero.
. — Di quale stirpe e famiglia erano essi i due fortunati o pii, che soli ebbero in sorte o meritarono di scampare dal generale esterminio ? […] L’oracolo rispose : gettatevi dietro le spalle le ossa della gran madre. — Tutte le risposte degli oracoli erano oscure ed avevan bisogno d’interpretazione (e a suo luogo ne diremo il perchè) ; quindi Deucalione e Pirra non credendo possibile che l’oracolo suggerisse loro (come suonavan le parole intese letteralmente), una empietà o violazione dei sepolcri, interpetrarono che la gran madre fosse la Terra, madre comune di tutti i mortali86), e le ossa della medesima le pietre. E poichè il tentarne la prova a nulla nuoceva, vi si provarono ; e poco dopo videro con maraviglia che le pietre scagliate dietro di sè da Pirra erano divenute donne e quelle di Deucalione uomini. […] L’appellativo poi di plutoniche derivato dal nome di Plutone dio dell’Inferno sembrerebbe che volesse indicare presso a poco le stesse qualità delle roccie vulcaniche ; ma siccome l’Inferno dei Pagani non consisteva soltant o nel Tartaro, luogo di pena, nè le pene eran tutte di fuoco, perciò i geologi chiamaron plutoniche quelle roccie che erano affini in alcuni dei loro caratteri alle vulcaniche, ma ne differivano in altri, accostandosi più alle materie o roccie sedimentarie.
Aggiungono i Pagani che in questo tempo anche gli Dei celesti soggiornavano cogli uomini, perchè erano innocenti ; ma quando questi divennero malvagi, gli Dei si ritirarono tutti, e ultima partì Astrea, cioè la Giustizia32. […] In Roma si celebravano nel mese di dicembre le Feste Saturnali in memoria di quel tempo felice sotto il regno di Saturno, in cui non si conoscevano nè servi nè padroni, ma tutti gli uomini erano eguali ed egualmente padroni di tutto, perchè la terra spontaneamente produceva più che abbastanza per tutti senza spesa o fatica di alcuno. In quelle feste gli schiavi dei Romani erano serviti a mensa dai loro padroni, ed avevano libertà di rimproverarli dei loro difetti36). […] Suppongono alcuni che, dopo essere stata la Giudea conquistata da Pompeo conoscessero i dotti, specialmente del secolo d’Augusto, i racconti biblici ; e sebbene non si trovi mai rammentata la Bibbia negli scrittori di quell’epoca, si sa per altro di certo anche da Orazio, che molti Ebrei (o come li chiamavano allora Giudei, perchè appartenenti al regno di Giuda), si erano trasferiti ad abitare e far loro arti in Roma ; e che si mantenevano sempre scrupolosi osservatori del giorno di sabato.
III Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori A 30,000 si faceva ascendere il numero degli Dei pagani : quindi la necessità di dividerli in classi ; la prima delle quali era detta degli Dei maggiori o superiori o supremi ; e questi erano soltanto venti, per lo più conosciuti e adorati da tutte le antiche nazioni. […] Di venti Dei superiori, dodici formavano il supremo consiglio celeste a cui presiedeva Giove come re del Cielo ; e questi erano Giove, Giunone, Vesta Prisca, Cibele, Venere, Minerva, Diana, Apollo, Nettuno, Marte, Mercurio e Vulcano. […] Tal’altra volta poi di più divinità se ne fece una sola, amalgamando in essa tutti gli attributi di quelle che anticamente erano distinte9.
Ebe oltre ad esser la dea della gioventù, mesceva il nettare agli Dei, quando erano a convito con Giove ; perciò si rappresenta come una giovanetta ingenua e gentile con un’idria in mano ed in atto di mescer da quella la celeste bevanda. […] Favoriva sì e proteggeva essa quei popoli che le erano più devoti, come gli Argivi, i Samii, i Cartaginesi ; ma guai a coloro che avessero la disgrazia di dispiacerle, specialmente poi se Giove o qualche Dea sua nemica li proteggesse, o fossero parenti od anche soltanto connazionali di qualche donna preferita da Giove. […] Ottenutala, la diede in custodia ad Argo che aveva cento occhi, cinquanta dei quali erano sempre aperti e vigilanti anche quando Argo dormiva.
Così venne a significarsi che la Bellezza, l’Amore e le Grazie avevano strettissima parentela, e che le Grazie erano il necessario complemento della Bellezza e dell’Amore. […] Le tre Grazie, di cui l’appellativo stesso spiega l’ufficio o attributo, erano rappresentate come giovanette gentili ed ingenue, nude e abbracciate amorevolmente tra loro, per indicar che le grazie debbono esser naturali e spontanee e che non hanno bisogno di stranieri o compri ornamenti ed aiuti. […] Si aggiogavano al carro di Venere le colombe, perchè sono affettuosissime e feconde ; e la favola aggiunge che erano sacre a questa Dea, perchè fu cangiata in colomba una Ninfa sua prediletta chiamata Peristeria, per un infantile vendetta di Cupido su questa Ninfa che aveva aiutato Venere a vincere una scommessa a chi coglieva più rose.
XVII Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina Due erano i nomi principali che più comunemente si davano a questo Dio, cioè Apollo e Febo. […] È facile lo spiegar questa favola, se riflettiamo che il Sole coi suoi raggi chiamati poeticamente dardi, o strali, o saette 119), prosciugando gl’impaludati terreni, venne ad uccidere gli animali mostruosi e nocivi che vi erano nati. Anche i paleontologi hanno riconosciuto negli avanzi fossili dei terreni secondarii l’esistenza preistorica di certi immani e terribili mostri del genere dei rettili, e perciò chiamati Plesiosauri, Pleurosauri, Ittiosauri ecc., alcuni dei quali erano lunghi otto o nove metri.
Infatti risalendo alla Cosmogonia dei Pagani, la materia era eterna, il Caos era un Dio, ed erano Divinità anche gli elementi che lo componevano, cioè il Fuoco ossia la Luce, l’Aria, l’Acqua e la Terra. […] anche la Notte, ossia l’oscurità, l’assenza della Luce, era una Dea ; e tutti questi Dei e Dee avevano figli e figlie che erano altrettante Divinità ; le quali venivano a rappresentare i diversi effetti o fenomeni speciali, che, secondo le antiche idee (vere o false che fossero), dalla combinazione di quei principali elementi si producevano.
Nei tempi eroici della romana Repubblica (eroici non solo per valore, ma ancora per senno e per moralità), i riti degli Dei stranieri non erano ammessi in Roma, come avverte T. […] « E mentre che di là per me si stette, « Io gli sovvenni, e lor dritti costumi « Fer dispregiare a me tutt’altre sette. » Un ragionamento simile a quello del poeta Stazio condusse alla stessa conseguenza di farsi Cristiani tutti quei politeisti che non erano affatto privi del lume della ragione ; e se alcuni furon trattenuti dalla paura delle persecuzioni, molti altri si esposero ai tormenti ed anche alla morte, e suggellaron col sangue l’attestazione della loro novella Fede.
Gli Dei Superiori, di cui abbiamo parlato nella Iª Parte, erano soltanto venti, e gl’Inferiori a migliaia, e costituivano la plebe degli Dei, come li chiama Ovidio : de plebe Deos. […] Agostino) asserisce che i Pagani erano giunti ad assegnare quattordici Divinità alla vegetazione del grano.
Perciò queste Divinità non erano soltanto astrazioni filosofiche o personificazioni poetiche, ma facevano parte della religione del popolo, e stavano a dimostrare che quando si stabilì il loro culto pubblico e fintantochè si mantenne, il popolo credeva nell’esistenza della Virtù ; e solo dopo le orribili guerre civili, allo spegnersi della repubblica colla vita di Marco Bruto, si udì la bestemmia che egli per disperato dolore proferì nell’atto di uccidersi : « O Virtù, tu non sei che un nome vano ! […] Non è noto però che la Dea Laverna avesse un pubblico tempio in Roma ; e degli Dei superiori adoravansi pubblicamente i pregi e le virtù, e non i vizii che erano loro dai mitologi e dai poeti attribuiti.
XLIV La caccia del cinghiale di Calidonia È questa la prima impresa dei tempi eroici in cui si trovino riuniti molti celebri eroi, e che serve perciò, in mancanza di altri dati cronologici, a stabilire almeno che quegli eroi erano contemporanei. […] I più notabili erano : Meleagro figlio del re Oeneo e duce di quella eletta schiera, i suoi zii Plessippo e Tosseo, fratelli di Altea sua madre, e la sua fidanzata Atalanta valentissima cacciatrice.
Nel n° XI notammo tutte le eccellenti qualità che gli erano attribuite, per le quali veniva ad esser l’ideale della divinità dei filosofi. […] Prometeo ed Epimeteo erano figli di uno dei Titani chiamato Japeto, ed ambedue ingegnosissimi : il primo faceva le statue di creta rappresentanti esseri simili a lui, o vogliam dire di forma umana ; e il secondo modellava e plasmava, parimente in creta, gli animali bruti.
Virgilio che nell’Eneide ha eternato co’suoi impareggiabili versi le origini mitologiche del popolo romano secondo le più comuni credenze antiche, fa derivare da Troia gli Dei Penati ; e da quel che egli ne scrive s’intende chiaramente che questi erano speciali Dei protettori della città, poichè fa dire ad Enea dall’ombra di Ettore, che Troia affida ad esso i suoi Penati ; e inoltre gli comanda che cerchi loro altre terre, erga altre mura 32. […] E poichè Cicerone, a cui parrebbe che questa squisitezza filologica avesse dovuto importare più che a noi, non vi pensa nè punto nè poco, e ci dice soltanto che la voce Penati deriva da due vocaboli latini usitatissimi (penus e penitus), senza aggiungere che questi fossero d’origine troiana, bisognerà per ora starsene a quel che egli ne scrisse, e credere sulla sua parola che l’etimologia di quel termine fosse latina, e alludesse al vital nutrimento degli uomini dai Penati protetti, ovvero alla parte più interna dei tempii e delle case ove questi Dei erano adorati37.
i e ix della sua Storia e Valerio Massimo in più luoghi, e ci fanno sapere che l’ara consacrata ad Ercole in Roma chiamavasi Massima, e che suoi sacerdoti erano i Potizii e i Pinarii. […] I sacerdoti Isiaci portavano il capo raso ed erano vestiti di tela di lino, e perciò si chiamavano linìgeri ; e linìgera trovasi detta la stessa Dea Iside.
. — Questi termini essendo significativi degli attributi speciali di quelle Ninfe a cui erano assegnati, conviene che li tengano a memoria anche coloro che non studiano le lingue dotte, perchè li adoprano non solo i poeti greci e i latini, ma altresì, benchè più di rado, gl’ italiani. […] Le Ninfe oltre ad esser giovani e belle, erano anche generalmente buone e cortesi ; e perciò tanto nelle lingue antiche quanto nelle moderne, e specialmente nella nostra, questo termine di Ninfa, anche nel senso traslato, cioè non mitologico, ha sempre un significato favorevole.
Erano infatti i Titani di origine divina, non che di regia stirpe e della linea del primogenito di Urano ; e invece i Giganti, esseri mostruosi e di origine terrestre, erano affatto estranei al fondamento e al titolo della contesa. […] L’idea generale che ciascuno suol farsene si è che fossero uomini di grandezza e di forza straordinaria ; e i mitologi aggiungono che molti d’essi erano anche di struttura mostruosa.
E Omero narrandoci che quelle ancelle di Vulcano, veramente auree (perchè tutte d’oro) erano simili a vive giovinette, viene a significare che eran veri e proprii automi. […] Aggiungasi che erano di gigantesca corporatura e di forze corrispondenti alla medesima.
I poeti italiani hanno introdotto i Satiri anche nelle Favole pastorali, ossia in quelle drammatiche rappresentazioni, i cui personaggi erano antichi pastori mitologici. […] I Fauni erano antiche divinità campestri d’origine italica15 : in appresso si confusero coi Satiri, ma non furon mai rappresentati colle gambe e colle corna di capra16.
Per questa stessa ragione che anticamente le poesie erano cantate e accompagnate dal suono di qualche musicale istrumento, tutti coloro che compongono poesie dicono sempre che cantano, ancorchè scrivano soltanto o belino versi da fare spiritare i cani, e da cantarsi al suon d’un campanaccio, come diceva scherzevolmente il Redi124. […] Perciò gli Antichi avevano in proverbio che tanto sappiamo quanto teniamo a memoria 125 ; e Dante aggiunge « ……….. che non fa scïenza « Senza lo ritenere, avere inteso. » Le Muse erano nove, ed avevano questi nomi : Calliope, Polinnia, Erato, Clio, Talia, Melpomene, Euterpe, Terpsicore, Urania 126.
Le Baccanti erano rappresentate come donne furibonde colla testa alta e piegata indietro, colle chiome scarmigliate e svolazzanti, in atto di far passi concitati o salti, e perciò colle vesti che formavano obliquamente molte pieghe ; e in mano il tirso o il cembalo o il crotalo 203), il flauto o le nacchere ; ed anche talvolta la spada o il pugnale. […] Fu poi generosissimo co’suoi devoti cultori, ma i suoi doni erano pericolosi per la sovrabbondanza stessa con cui li accordava, talchè divenivano facilmente dannosi, come avvenne a Mida figlio di Gordio re dei Frigii.
VI Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno Il regno di Saturno sarebbe stato felicissimo e durevole a sazietà senza disturbo alcuno, se non erano le astuzie e le pietose frodi della sua moglie Cibele.
Riconobbero dunque che il loro sistema storico non spiegava tutto in Mitologia, e confessarono implicitamente che la massima parte delle Divinità del paganesimo erano personificazioni degli affetti dell’animo o buoni o rei.
I corpi elementari, secondo gli antichi, non erano più di quattro, cioè : terra, aria, acqua e fuoco 3 ; mentre i fisici e i chimici moderni colle loro analisi, ne hanno per ora distinti e caratterizzati più di 60 ; e non si stancano di cercarne, nè disperano di trovarne molti altri.
Avanti l’origine del Cristianesimo tutti i popoli conosciuti, tranne gl’Israeliti, erano politeisti, cioè adoravano molti Dei ; e di questi raccontavano la genealogia e i pretesi miracoli.
Se grandi erano le virtù, non meno grandi furono i vizii consistenti principalmente nell’abuso della forza, o come dicono i poeti, nel viver di rapina : era per lo più questa la causa delle antiche guerre.
Cicerone nelle sue opere filosofiche aggiunge un’altra notabile rassomiglianza, che essi avevano coi nostri frati mendicanti, perchè asserisce che i Galli della madre degli Dei erano i soli sacerdoti a cui fosse lasciata per pochi giorni la facoltà di far la questua ; ma non ne dice il perchè, non vedendo forse una buona ragione di questo eccezional privilegio, e, a quanto pare dal contesto delle sue parole, disapprovandolo45.
Tra i Fiumi della Grecia ve n’erano alcuni molto bizzarri.