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12. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386

Altri s’accomodavano ad un culto senza doveri, e ad una vita piena di passioni e di godimenti : il vecchio politeismo formava ancora la base della società romana : i suoi templi e i suoi idoli erano per tutto innanzi agli sguardi ; i suoi poeti signoreggiavano la serva fantasia. […] Dandosi mansueto in balia dei suoi persecutori. […] Preghiamo anco per l’imperadore, per i ministri suoi, per le potestà secolari, per la quiete delle cose, per lo ritardamento della fine del mondo. […] Ma si vede la festuca negli occhi altrui, e non si vede nei suoi la trave. […] Ma di quanti anni non avrebbe poi avuto bisogno questo albero dei popoli prima di stendere i suoi rami di nuovo su tutte quelle reliquie ?

13. (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62

Adorni gli antichi nostri padri di non volgare sapienza, volendo esprimere la natura, le forze ed i suoi fenomeni, si giovarono di miti e di simboli. […] E non meno, attenendoci alla etimologia de’varii suoi nomi, di leggieri scorgerassi, come questo nume in nulla si distingue dal Sole. […] Nelle classiche opere de’greci si possono spigolare molti suoi nomi tutti allusivi alla parola. […] A Venere assistono le Muse, e suoi compagni sono Suadela e Mercurio, poichè coloro che si amano restan presi dalla grazia e dalla parola. […] È questa una narrazione tutta istorica. — Atteone tutto intento a cacciar ne’boschi, alimentava molti cani, e nulla si dava cura dei suoi beni di fortuna, fino a mancargli del tutto, onde si disse essere stato cambiato in cervo, e divorato dai suoi cani.

14. (1836) Mitologia o Esposizione delle favole

I suoi sacerdoti eran detti Galli dal fiume Gallo nella Frigia, Dattili da dactylos, dito, perchè erano eguali in numero alle dita. […] La Notte dicevasi anch’ essa tener sede giù nell’ Inferno insieme colla Morte, eoi Sonno, e co’ Sogni suoi figli. […] Vinse Diomede re di Tracia, che pasceva i suoi cavalli colle carni degli ospiti, e da’ cavalli medesimi il fè divorare. […] Di Edipo, de suoi figli, e della guerra di Tebe. […] Adrasto perduti i suoi capitani e gran parte delle sue genti dovette tornarse scornato in Argo.

15. (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423

Cibele lo avea poi stabilito preside a’ suoi sacrifizj, a patto però che avesse doveto sempre viversene casto. […] Opponevasi a’ suoi disegni il fiume Idaspe, ed ei lo disectò. […] Se ne afflisse Giunone, e raccolti ad uno ad uno gli occh di’ Argo, ne fregiò le code de’ suoi pavoni. […] Corebo consultò l’Oracolo di Delfo, e la Pitonessa in risposta gli vietò di più ritornarsone tra’ suoi. […] Così trasformato s’incontrò ne’ suoi cani.

16. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325

Per gli usi del sacrifizio avea mandato alcuni dei suoi compagni a prender dell’acqua alla fonte che trovassero più vicina, e poi gli altri a sollecitare quei primi ; ma non vedendo tornare nè questi nè quelli, vi andò egli stesso, e vide un orribile drago, custode di quella fonte, che finiva di divorarsi l’ ultimo di essi. […] Ma per quanto avesse Cadmo strettissima parentela coi principali Dei, poichè Giove era suo genero, Venere e Marte suoi suoceri e Bacco suo nipote, oltre il proprio merito di fondatore di una illustre città, non ostante non fu felice, e neppure i suoi discendenti. […] La qual metamorfosi sta a significare che egli si ritirò insieme colla moglie dalla vita pubblica e finì oscuramente i suoi giorni. Dei suoi posteri, non i Mitologi e i poeti soltanto, ma anche gli storici narrano molte triste vicende ; di alcune delle quali avremo occasione di parlare a lungo in appresso. […] Anzi Dante, convinto che tali trasformazioni poeticamente ed ingegnosamente narrate fanno grandissimo effetto sulla immaginazione dei lettori, volle gareggiare anche in questo cogli antichi poeti, come fece nel Canto xxv dell’ Inferno, detto appunto delle trasformazioni ; e fu tanto contento e sicuro egli stesso dell’opra sua, che non potè nasconderlo ai suoi lettori, ed asserì di aver superato Lucano ed anche Ovidio, il famoso autore delle Metamorfosi : « Taccia Lucano omai, là dove tocca « Del misero Sabello e di Nassidio, « Ed attenda ad udir quel ch’or si scocca.

17. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172

Finsero che Bacco nei suoi viaggi di proselitismo enologico avesse trovato nell’isola di Naxo Arianna figlia di Minos re di Creta, abbandonata dal perfido Teseo che a lei doveva la sua salvezza dal labirinto e dal Minotauro. […] Fece sì che Licurgo, re di Tracia, il quale aveva ordinato che si tagliassero tutte le viti dei suoi Stati, nel volerne recidere alcune di propria mano si tagliasse da sè stesso le gambe. […] Fu poi generosissimo co’suoi devoti cultori, ma i suoi doni erano pericolosi per la sovrabbondanza stessa con cui li accordava, talchè divenivano facilmente dannosi, come avvenne a Mida figlio di Gordio re dei Frigii. […] In questo senso l’usò anche il Petrarca in uno dei suoi più celebri sonetti : « L’avara Babilonia ha colmo il sacco « D’ira di Dio, e di vizii empi e rei « Tanto che scoppia ; ed ha fatti suoi Dei « Non Giove e Palla, ma Venere e Bacco. » Alcuni mitologi antichi confusero Bacco con Apollo, cioè col Sole, o almeno lo fecero suo compagno ed amico ; e questi mi sembrano più ingegnosi e più filosofi naturali che gli altri. […] Il regno di Bacco è finito dove Febo non lo favorisce colla forza dei suoi raggi calorifici e chimici.

18. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30

Cibele aveva preso molte precauzioni per nascondere l’esistenza de’suoi figli a Saturno e a Titano, e tra le altre quella di far sollevare urli e strepiti da’ suoi sacerdoti, perchè non si udissero in cielo i vagiti di quei pargoletti numi. Ma Titano si accorse della frode e della violazione dei patti, e insiem co’ suoi figli mosse guerra a Saturno, lo detronizzò e lo chiuse con Cibele in una oscura prigione. Quando Giove fu adulto, coll’aiuto de’ suoi fratelli Nettuno e Plutone fece guerra allo zio Titano, lo vinse e lo cacciò dal trono e dalle celesti regioni con tutta la famiglia dei Titani ; liberò di carcere i suoi genitori, ma prese per sè il regno del Cielo e diede ai fratelli i regni del Mare e dell’ Inferno.

19. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24

Immaginavano che i suoi decreti, riferibili a tutte le future vicende (ecco la prima idea della predestinazione), fossero contenuti in un’urna o registrati in un libro di bronzo, e consultati dallo stesso Giove per conoscere fin dove potesse estendersi la sua potenza o il suo arbitrio. […] Anche in altri luoghi ritorna il sommo Poeta sullo stesso argomento, o indirettamente vi allude : tanto gli stava a cuore d’imprimer bene nella mente dei suoi lettori questa fondamentale dottrina del libero arbitrio, da cui dipende la moralità delle azioni, e quindi il merito o il demerito delle persone, e la giustizia del conferimento dei premii e della irrogazione delle pene ! A compagne del Fato e ministre esecutrici dei suoi decreti aggiungevansi dagli Antichi la Necessità, la Fortuna e la Morte ; e questa era anche chiamata l’estremo fato o l’ultima necessità. […] Finalmente la Morte, secondo il Paganesimo, era anche essa ministra del Fato e l’ultima esecutrice de’ suoi decreti sull’esistenza dei viventi ; ma fu considerata pur anco ministra di Plutone, perchè essa spinge le anime nei regni di lui.

20. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160

Ma o prima o poi che l’infortunio accadesse, anche Omero chiama Vulcano l’inclito zoppo, e come zoppo Vulcano è conosciuto questo Nume anche dal nostro volgo ; e la fama dei suoi esterni difetti, benchè a lui non imputabili, si è maggiormente diffusa (come accade pur troppo nel mondo) ed è stata più durevole di quella dei suoi rarissimi pregi nella Metallurgia. […] E per farne distinguere gli ufficii, gli pongono in mano un martello e presso a lui un’incudine, e qualcuno dei suoi più celebri lavori di metallo. […] Sentiamo dunque su questo proposito ciò che ne scriveva il poeta Virgilio, « Che visse a Roma sotto il buono Augusto, » e che Dante chiama suo maestro « E quel savio gentil che tutto seppe. » Nel libro viii dell’Eneide descrive prima la fucina di Vulcano coi Ciclopi suoi garzoni che lo aiutavano a fabbricare i fulmini ; e quindi enumera gli elementi o materie prime di cui li componevano : « …….Stavan nell’antro allora « Sterope e Bronte e Piracmone ignudi « A rinfrescar l’aspre saette a Giove.

21. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194

Omero inventò che Ulisse, volendo udire il canto delle Sirene e schivare qualunque pericolo, si fece legare all’albero della nave, avendo otturate prima le orecchie colla cera ai suoi compagni, e detto loro qual direzione tener dovessero per non accostarsi troppo agli scogli ov’esse abitavano. […] Ma oggidì può chiunque sa leggere sapere dai libri di Storia Naturale, o aver sentito raccontare da chi li ha letti, che la vera e propria Balena,231 senza pinna dorsale e con due sfiatatoi, mentre è il più grosso degli animali viventi, non è vero che sia un animale carnivoro, perchè i suoi stromenti masticatorii sono atti appena a maciullare una meschina aringa, e il suo esofago non è più largo di 4 pollici inglesi, ossia dieci centimetri circa ; e quindi non può trangugiare nè uomini nè donne e neppure un bambino appena nato : di fatti suo cibo prediletto sono i molluschi del genere Clio Borealis, non più grossi di un dito, non più lunghi di 2 pollici. […] « Fuor della grotta il vecchio Proteo, quando « Ode tanto rumor, sopra il mare esce ; « E visto entrare e uscir dall’Orca Orlando, « E al lido trar sì smisurato pesce, « Fugge per l’alto Oceano, oblïando « Lo sparso gregge : e sì il tumulto cresce, « Che fatto al carro i suoi delfini porre, « Quel dì Nettuno in Etiopia corre. […] Dante rammenta le balene nel fare una sapiente e filosofica osservazione, che cioè la Natura non ha da pentirsi di aver creato animali marini e terrestri di dimensioni e di forze tanto più grandi e potenti di quelle dell’uomo, perchè non avendo loro accordato l’argomento della mente, vale a dire l’intelligenza e il raziocinio, l’uomo che ne è fornito può non solo difendersi da essi, ma vincerli e dominarli, facendoli servire o vivi o morti ai suoi proprii vantaggi234.

22. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215

XXIX Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri Pur di esser re, Plutone benchè nato in Cielo ed allevato in una delle più belle regioni della Terra, accettò di regnar nell’ Inferno. […] La parola Orco fu adoprata dai poeti romanzeschi, e tra gli altri anche dall’Ariosto, per significare un mostro immaginario, come il Polifemo e l’Orca dei mitologi ; della quale invenzione, come di quella delle Fate, si abusò, e forse ancora, specialmente nelle campagne, si abusa, in tutte quante le novelle e favole « Che raccontano ai putti le bisavole243. » Tutta la guardia pretoriana del re e della regina dell’Inferno consisteva nel Can Cerbero che aveva 3 teste, e difendeva meglio e con maggior fedeltà i suoi padroni che far non potesse una coorte di Svizzeri. […] E dovendo le Parche far questo lavorìo per ogni persona che veniva al mondo, non mancava loro occupazione : quindi Dante per contraddistinguere una di esse Parche senza nominarla, usò questa perifrasi : colei che di e notte fila, supponendo che tutti i suoi lettori sapessero bene la Mitologia, e che perciò capissero che egli intendeva di parlare di Làchesi. […] « Non isperate mai veder lo Cielo : « Io vengo per condurvi all’altra riva « Nelle tenebre eterne, in caldo e in gielo. » E usando i soliti suoi modi cortesi, « Batte col remo qualunque si adagia. » Ha soltanto di buono che non esige più l’obolo per traghettar le anime all’altra riva, e le trasporta tutte gratuitamente.

23. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231

« Questi su quattro suoi giunti destrieri, « La man di face armato, alteramente « Per la Grecia scorrendo, e fin per mezzo « D’Elide, ov’è di Giove il maggior tempio, « Di Giove stesso il nome e degli Dei « S’attribuiva i sacrosanti onori. […] Per caso raro, forse a bella posta inventato, un fratello di Danao, chiamato Egitto, aveva 50 figli ; e perchè del regno di suo fratello non andassero in possesso generi estranei alla famiglia, propose che i suoi 50 figli sposassero le 50 figlie di Danao. […] Non tutti i dannati celebri dei Pagani introdusse Dante nel suo Inferno, perchè non volle che gli mancasse lo spazio per cacciarvi tanti storici personaggi dell’èra cristiana ed anche suoi contemporanei, di ogni classe e condizione, laici e cherci, poveri e ricchi, e perfino re e imperatori, e papi e cardinali. […] Avendo ammesso Pitagora nella dottrina della Metempsicòsi che le anime degli uomini, specialmente dei malvagi, passassero anche nel corpo dei bruti, proibi di mangiar la carne di qualsivoglia animale, e ridusse i suoi seguaci a cibarsi soltanto di vegetabili ; il che diede origine alla denominazione di vitto pitagorico.

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499

Nell’Impero Romano all’opposto l’apoteosi degl’Imperatori e delle Imperatrici era divenuto un vile atto di adulazione al potere assoluto e dispotico del supremo imperante o dei suoi eredi e successori, non già come in Grecia un atto spontaneo delle popolazioni memori delle virtù dei suoi uomini illustri, e grate dei benefizii da essi ricevuti. […] Quasi 700 anni corsero dalla morte di Romolo a quella di Cesare, nel qual tempo il popolo romano divenne conquistatore del mondo, senza che pensasse mai a deificare alcuno dei suoi più celebri generali che a tanta gloria e potenza lo guidarono.

25. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320

Gli Dei protettori dell’innocenza perseguitata favorirono quell’Eroe, sottoponendo ai suoi servigi il caval Pegaso posseduto prima da Perseo ; e con tale efficacissimo aiuto egli potè velocemente schermirsi da qualunque pericolo e vincere ed uccidere la Chimera. […] Ma Giove, per punirlo della sua folle superbia, mandò un tafano a molestare il caval Pegaso, che scosse dalla sua groppa il cavaliere e lo precipitò dall’alto sulla terra ; e così miseramente finì Bellerofonte i suoi giorni. […] Quest’ uso barbaro ed empio si estese anche ad altre prove, come a quella del fuoco, la cui sola proposta fanaticamente fattane dagli avversari del Savonarola ed imprudentemente accettata dai suoi fautori, riuscì funesta al Savonarola stesso.

26. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330

I più notabili erano : Meleagro figlio del re Oeneo e duce di quella eletta schiera, i suoi zii Plessippo e Tosseo, fratelli di Altea sua madre, e la sua fidanzata Atalanta valentissima cacciatrice. […] Ciò dispiacque ai suoi zii, mal tollerando che una donna con tal distintivo di onore potesse vantarsi di essere stata più valente degli uomini ; e volevano toglierle quell’insigne trofeo62. […] Quelli che gli apprestavano i suoi affettuosi compagni furono affatto inutili, e la vita del misero Meleagro si estinse allo spengersi dell’ ultima scintilla del tizzo fatale.

27. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43

Questa triplice distinzione richiama al pensiero l’ipotesi dei geologi e degli astronomi moderni sull’origine della Terra, che cioè essendo essa in principio una massa di materia incandescente, o in fusione ignea, non era atta alla produzione e conservazione dei vegetabili e degli animali ; che in appresso, in centinaia di secoli, a poco a poco raffreddandosi aveva formato la solida crosta del globo terrestre con tutti i diversi suoi strati ; e gradatamente prodotto tutti gli oggetti dei tre regni della Natura nelle diverse e successive epoche geologiche. […] Nè vi mancarono i pretesi miracoli, come racconta Ovidio nel iv dei Fasti : ogni superstiziosa religione ha i suoi adattati alle fantasie ed alla credulità dei popoli. […] Infatti questo vocabolo tellùre è l’ablativo del nome latino tellus, telluris, che significa la Terra ; e da quella voce latina son derivate in chimica più e diverse denominazioni scientifiche, come per sempio il tellurio, che è un corpo elementare elettro negativo, scoperto nel 1772 da Muller, e che per molti suoi caratteri imita le sostanze metalliche.

28. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19

Ma convien notare che tre di questi nomi, cioè il Sole, la Terra e la Luna son sinonimi di Apollo, Vesta e Diana, registrati di sopra tra i consiglieri di Giove ; poichè è avvenuto in tutte le religioni idolatre, che prima si diedero diversi nomi a una stessa divinità secondo i suoi diversi attributi, o poi questi diversi titoli a loro attribuiti furon considerati come rappresentanti altrettante divinità. […] Il notare questi diversi usi e significati della parola Natura e suoi derivati, credo che sia più utile per la studiosa gioventù, che una eruditissima discussione, a guisa de’più tenaci antiquarii o archeologi, per decidere se certe sculte o dipinte immagini rappresentino la Dea Natura, o la Dea Abbondanza, o la Dea Cerere. […] I moderni, dopo l’invenzione del telescopio, scoprirono molti altri pianeti, e ai primi e principali da loro scoperti diedero il nome degli altri Dei superiori, esclusi soltanto l’Orco, ossia Plutone, Bacco e il Genio ; e poi ricorsero anche ai nomi delle divinità secondarie o inferiori ; e ora a quei pianeti che scuoprono di mano in mano quasi tutti gli anni, e qualche volta più d’uno all’ anno, attribuiscono un nome pur che sia ; e qualcuno dei più celebri scienziati, a preghiera dell’ astronomo scopritore, propone il nome da darsi al neo-scoperto pianeta ; il qual nome è subito comunicato a tutto l’orbe scientifico che lo registra premurosamente in tutti i suoi periodici e in tutte le carte uranografiche coi connotati caratteristici e distintivi, ossia con tutti quegli elementi astronomici che furono sino allora osservati e calcolati.

29. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341

« E prima fa che ‘l re con suoi baroni « Di calda cera l’orecchio si serra, « Acciò che tutti, come il corno suoni, « Non abbiano a fuggir fuor della terra. […] Con tale aiuto potè egli solo compier l’impresa, rimanendo spettatori e pieni di maraviglia gli stessi Eroi suoi compagni. […] Nella sua schiavitù ebbe Issipile a custodire il piccolo figlio di Licurgo, chiamato Ofelte, o altrimenti Archemore ; ed avendolo lasciato solo in un prato per mostrare ad Adrasto e a’suoi compagni la fontana Langia non molto distante, al suo ritorno trovò il bambino morto pel morso velenoso di un serpente ; ed oltre al dispiacere provato avrebbe dovuto subire anche la morte, se non la di fendevano Adrasto e i suoi compagni.

30. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103

Come poi facesse per ritornar nella notte dalla parte d’Oriente, i più antichi poeti, Omero ed Esiodo, l’hanno prudentemente taciuto : soltanto in appresso qualche mitologo inventò che il Sole, dopo di essersi riposato nel palazzo di Teti, entrava in fondo ad una nave d’oro col suo carro ed i suoi cavalli, ed era trasportato velocissimamente per mare, girando a settentrione, per ritornare in tempo la mattina all’Oriente. […] È facile lo spiegar questa favola, se riflettiamo che il Sole coi suoi raggi chiamati poeticamente dardi, o strali, o saette 119), prosciugando gl’impaludati terreni, venne ad uccidere gli animali mostruosi e nocivi che vi erano nati. […] Ma Plutone re delle regioni infernali che vedeva togliersi le sue prede, ossia richiamare in prima vita i suoi sudditi, se ne lagnò con Giove ; e questi, non potendo altrimenti impedire ad Esculapio l’esercizio dell’arte medica, lo fulminò per contentar più pienamente il suo fratello Plutone.

31. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510

i e ix della sua Storia e Valerio Massimo in più luoghi, e ci fanno sapere che l’ara consacrata ad Ercole in Roma chiamavasi Massima, e che suoi sacerdoti erano i Potizii e i Pinarii. […] La base adunque della religione dei Romani era il politeismo dei Troiani e dei Greci già professato da Romolo e dai suoi compagni prima di fabbricare la città di Roma.

32. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59

Da queste idee filosofiche derivò il titolo di Ottimo Massimo che davasi a Giove dai romani politeisti ; e Cicerone stesso spiega questi due attributi colle seguenti parole : « Il popolo romano chiamò « Giove Ottimo per i suoi benefizii e Massimo per la sua potenza » 59. […] Parlando il Vico di questa Catena nel libro secondo de’ suoi Principii di Scienza Nuova, riferisce che in essa Dionigi Longino ammirava la maggior sublimità di tutte le favole omeriche ; e quindi aggiunge le seguenti osservazioni : « La qual Catena se gli Stoici vogliono che significhi la serie eterna delle cagioni, con la quale il lor Fato tenga cinto e legato il Mondo, vedano che essi non vi restino avvolti ; perchè lo strascinamento degli uomini e degli Dei con sì fatta Catena egli pende dall’arbitrio di esso Giove, ed essi vogliono Giove soggetto al Fato.

33. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85

Nella sua pubblica rappresentanza è una Dea maestosa e benefica ; ma essa pure, nella vita che diremmo privata o domestica, ha i suoi difetti non meno di Giove, sebbene di un altro genere : è superba, dispettosa e vendicativa. […] Iride si chiama in Anatomia quella membrana circolare che è situata sopra l’umor cristallino dell’occhio, ed ha appunto questo nome dalla varietà dei suoi colori, ed è quella che determina il colore particolare degli occhi di ciascuno ; e col derivativo Iritide chiamasi in Patologia qualunque affezione morbosa di quella membrana dell’occhio, e più specialmente l’infiammazionè della medesima.

34. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122

La Luna era adorata da quasi tutti i popoli idolatri ; e Cesare rammenta nei suoi Commentarii, che gli antichi Germani regolavano le loro imprese secondo le fasi lunari ; e stimavano più propizia per loro la luna nuova 139. […] Una più terribile punizione inflisse Diana al cacciatore Atteone, il quale essendo penetrato in un boschetto ov’era una fonte in cui si bagnava Diana colle sue Ninfe, la Dea gli gettò dell’acqua sulla faccia e lo trasformò in cervo, che nel fuggire fu raggiunto dai suoi propri cani e da essi miseramente dilaniato.

35. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68

Una delle più impossibili ed incredibili era tanto famigerata, che la eternò nei suoi mirabili versi lo stesso Virgilio. […] Il traduttore lo intitolò Titanomachia, aggiungendo ai suoi lettori questa avvertenza : « Già sapete che non è opera speciale, ma un gherone della Teogonia. » 68.

36. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241

Socrate diceva così per secondare il linguaggio e le idee dei suoi connazionali e per essere inteso da loro ; ma in cuor suo e per intimo convincimento era monoteista. Bastino a provarlo le seguenti massime che egli insegnava ai suoi discepoli : « Il Dio supremo governa il mondo come l’anima governa il corpo.

37. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183

XI) che agli Dei davasi il titolo di Padre in segno di affettuosa venerazione ; e l’Oceano lo merita al par di Giove, e pei grandi benefizii che arreca agli uomini colle innumerevoli e maravigliose produzioni ; ed anche, secondo la Mitologia, pel gran numero dei suoi figli, che Esiodo fa ascendere a 6000 ; cioè 3000 fiumi e 3000 ninfe Oceanine. […] Di Glauco poi raccontano uno dei più strani e singolari miti, unico nel suo genere ; e di cui nulladimeno seppe valersi Dante come di similitudine per dare idea di uno dei suoi più straordinarii e sublimi concetti.

38. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254

Cicerone specialmente, in questa parte, è più esplicito ed aperto degli altri ; e perciò i suoi libri sulla Natura degli Dei, sul Fato e sulla Divinazione furon considerati dai più scrupolosi Pagani siccome contrarii alla religione del Politeismo, mentre all’opposto i Santi Padri dei primitivi tempi del Cristianesimo citarono i detti di Cicerone forse più spesso di quei della Bibbia.

39. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14

Dante stesso fa dire a Virgilio esservi « ……. chi creda « Più volte il mondo in caos converso, » cioè ritornato nella prima mistura e confusione di tutti i suoi elementi2.

40. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27

Questo patto di famiglia fu causa di frodi, di dissenzioni, di guerre fraterne e di sciagure anche per Saturno e per Cibele, ma principalmente per Titano e pe’ suoi discendenti, come vedremo a suo luogo e tempo.

41. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47

. — Questo modo però potrebbe far sospettare il caso probabile che qualcuno andasse segretamente a liberarla e la tenesse altrove nascosta o incognita pel rimanente dei suoi giorni. — Altri poi asseriscono che si calava nella solita stanza sotterranea, ma subito dopo le si gettava sopra tanta terra da riempire tutto il sotterraneo ; e la morte così era inevitabile, ma meno crudele e orribile che nel primo caso.

42. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72

Se Giove in questo mito, sì riguardo a Prometeo che a Pandora e al genere umano, non fa la più bella figura, come abbiam notato di sopra, nei suoi doveri poi, che diremmo domestici, vale a dire di marito e di padre, è anche più biasimevole.

43. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294

Virgilio che nell’Eneide ha eternato co’suoi impareggiabili versi le origini mitologiche del popolo romano secondo le più comuni credenze antiche, fa derivare da Troia gli Dei Penati ; e da quel che egli ne scrive s’intende chiaramente che questi erano speciali Dei protettori della città, poichè fa dire ad Enea dall’ombra di Ettore, che Troia affida ad esso i suoi Penati ; e inoltre gli comanda che cerchi loro altre terre, erga altre mura 32.

44. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91

. — Il selenio è un corpo elementare elettronegativo che per molti dei suoi caratteri armonizza col solfo, ma è molto raro in natura.

45. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393

— Molte fondazioni furono poi fatte dai suoi figli e nipoti, detti Inachidi.

46. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54

Sono emblemi suoi distintivi una corona di spighe di grano sulla fronte e parimente un fascio o covone di spighe in braccio ; in una mano la falce, e talvolta un mazzo di papaveri nell’altra.

47. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269

Il matrimonio del Dio Pane con questa Ninfa sembra significare che solo ai detti suoi l’Eco rispose.

48. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-

Il primo lettisterno indicato dalla storia durò otto giorni, e fu celebrato l’anno 400 av. l’èra crist. in occasione di una pestilenza che devastava Roma e i suoi contorni.

49. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38

Quattro faccie poi gli avranno servito anche meglio pel disimpegno di tutti i suoi molteplici uffici.

50. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202

La reggia e la residenza di Plutone non era negli Elisii. ma nel Tartaro, ove più si manifestava il bisogno di raffrenar coll’impero sovrano le anime dei malvagi, e vegliar che i suoi ministri non mancassero al loro dovere di tormentare i dannati.

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