Quanto alla fiamma, perchè fosse buono il presagio, doveva elevarsi presto, impetuosa, a piramide, ed essere trasparente, senza molto crepitare, senza fumo, ec. […] Le risposte degli auguri avevano quattro sorgenti primarie : 1° i fenomeni celesti, come i venti, il fulmine, i lampi, le comete e gli ecclissi ; 2° il volo e il canto degli uccelli ; 3° il modo di beccare dei polli sacri a qualche Nume : se non volevano uscir di gabbia nè cibarsi, il presagio era funesto ; se divoravano i grani e raccoglievano quelli sgusciati dal becco, favorevole ; 4° infine gli auguri traevan prognostici da molte altre combinazioni, come dall’arrovesciarsi d’una saliera, da uno starnuto, da uno strepito insolito, da un incendio, da una candela che si spengesse senza motivo apparente, da un topo che rodesse i mobili, dall’incontro di una serpe, di una lepre, di una volpe, ec. ! […] Gli auguri goderono in Roma di molta considerazione ; ma a poco per volta caddero in discredito ; e un cittadino poteva dire impunemente : « Io non so come due auguri possano incontrarsi senza ridere l’uno dell’altro. » Ma il volgo ignorante e coloro che ci trovavano il proprio conto mantennero per lungo tempo siffatte puerili e dannose superstizioni, che non sono ancora del tutto distrutte, benchè non sussista più la religione che le aveva consentite. […] Non vi erano sacrifizj senza libazione, ma spesso facevano libazioni senza sacrifizj, come nei matrimonj, nei funerali, nei trattati d’alleanza, nei banchetti, nei pasti giornalieri ec. […] Il nome di vittima era dato solamente agli oggetti vivi ed agli animali grossi ; quello di ostia agli animali di latte, e tanto alle eose animate ehe inanimate ; e l’olocausto era un sacrifizio nel quale la vittima veniva interamente consumata dal fuoco, senza che ne restasse alcuna parte per il banchetto dei sacerdoti o degli assistenti.
Fra tutti quanti gli Oracoli, il più celebre del mondo pagano era senza dubbio quello di Delfo ; e Apollo a cui attribuivansi quei responsi fu perciò chiamato Delfico 283) ; e troviamo anche in Dante la perifrasi Delfica deità invece del nome di Apollo284). […] Il furore divino che invasava la Pizia era l’effetto delle esalazioni naturali o artificiali che uscivano dalla voragine ; le mistiche parole che essa proferiva erano vocaboli sconnessi, detti a caso e senza alcun senso, che i sacerdoti cercavano di connettere in frasi ambigue, ossia con doppio senso ; e il sacro orrore che investiva i creduli devoti ammessi a queste fantasmagorie era la paura prodotta dalla tetraggine del luogo e dalla alterazione della loro fantasia285). […] Egli che visse sino all’anno 119 dell’èra cristiana e si mantenne pagano, e registrò nelle sue opere tutti i più strani ed assurdi miracoli del Politeismo, non seppe conoscere la vera causa della decadenza della religione pagana, e le diede, forse senza avvedersene, un colpo mortale, ammettendo la morte di alcuni Dèmoni o Genii ; poichè questa asserzione implicava la possibilità che morissero tutti gli altri ; e inoltre il creder negli Dei e il supporre che non fossero immortali era una contradizione, la negazione della loro stessa divinità, e perciò del culto religioso che ne dipendeva. I primi Cristiani attribuirono gli Oracoli all’opera dei Demònii, ed asserivano che la potenza di questi era cessata col sorger del Cristianesimo ; e così assegnavano gratuitamente e senza necessità una causa soprannaturale a ciò che era l’effetto naturalissimo della impostura dei sacerdoti pagani, da prima nascosta ed ignota, e poi a poco a poco scoperta e smascherata. […] E il Paganesimo cadde e seco trasse in ruina e in frantumi la pagana società, tanto illustre e potente finchè non disconobbe e non calpestò i principii eterni della morale, senza i quali non può prosperare l’umano consorzio, nè sostenersi religione alcuna, perchè la fede senza le opere è morta 292).
Volendo gli uomini con gli esempii degl’ Iddii, che si creavano nella loro mente, trascorrere, senza rimorso, di errore in errore, di divieto in divieto, ingiunsero, come di Eusehio, ai miti, interpolandoli, significati mistici ed improprii, sensi laidi ed oscurissimi, e questo avvenne anche prima del cantore dell’ Iliade, chè a’Greci importava di non andare gli Dei avversi a’loro voti, come credevano avversi a’loro costumi, onde appiccarono a gl’ Iddii stessi i loro proprii trasporti, per trascorrere senza rimorso alcuno. […] Il chiarissimo scrittore della Scienza Nuova, senza indentificare Apollo con il sole, lo prende per la luce-civile, ossia per la nobiltà degli eroi. […] Si fingeva senza mani e senza piedi, per indicare non aver bisogno di questi per eseguire le cose a lui commesse, bastandogli solo la parola — di forma quadrata onde esprimere la sua stabilità e fermezza. […] Volendo porre mente a questi concetti del poeta, senza sfuggirne veruno, io vi trovo un’allegoria, cui sotto il nome di Giunone si intese dagli antichi l’aria portando seco tutte le attribuzioni, che convengono a questo elemento. […] Si disse di produrre terrori panici, ossia terrori che sembra di nascere senza cagione, che vengono o dallo stormire delle frondi degli alberi, o dall’agitamento delle selve, senza esser mosse da vento, o da altri improvvisi suoni dagli antri e dalle voragini della terra, onde vengono atterriti gli armenti e le greggi, per indicare non pochi commovimenti e fremiti di natura, che sembrano inaspettati ed improvvisi, perchè non se ne conosce la cagione.
Avevano i loro templi i loro sacerdoti, i loro sacrifici; il loro corso era sacro, nè era lecito mai passarii senza una preghiera, nè costruirvi ponti o altre opere manuali senza cerimonie d’ espiazione. […] Il fiore a cui diè nome è rimasto come simbolo di una bellezza senza cuore. […] Tutto ciò avveniva non senza il consenso di Zeus. […] Assunto l’ ufficio suo, Demofoonte cresceva così presto come fosse Dio, senza gustare latte nè pane. […] Alle Erinni si sacrificavano pecore nere, e si facevano libazioni senza vino, di miele misto con acqua.
Gli Dei principali, benchè fossero da per tutto riconosciuti, e però detti Azoni, ossia Deità senza paese determinato e senza particolare culto, tuttavia in certi luoghi più spezialmente si onoravano. […] Niuno poteva palesare il secreto di quelle sacre ceremonie senza soggiacere alla pena di morte. […] Per soddisfare alle sue voglie avea già consumato tutte le sue sostanze, senza però aver diminuito in modo alcuno l’interno suo martirio. […] L’animale si gettò a nuoto, ed egli fece lo stesso, cosicchè si trovò senza accorgersi in alto mare, dove vi perdette la vita. […] Si disse Calva, ossia senza capelli.
Ne uscì un agnelletto senza corna. […] Ercole bramava di prenderla senza ucciderla, perchè era sacra a Diana. […] Ella cercò tutti i mezzi di vendicarsene ; ed uno ne trovò, con cui fece molto bene la parte sua senza manifestarsi. […] Entrò Ulisse con quella, e senza timore bevette alla tazza avvelenata, che Circe aveagli tosto offerto. […] Cefalo allora comprese l’arcano, e procurò di toglierla dàl suo errore, ma senza frutto.
Ma gelosissima fu ella poscia di lui, ne certamente senza ragione; e la sua gelosia principalmente esercitò contro di Io figliuola d’ Inaco re di Argo. […] Amore in cambio di lei si accese, e la fece trasportare da Zefiro in un palagio rimoto, ov’ ella era di tutto lautamente fornita da ninfe invisibili, ed ei medesimo veniva da lei la notte senza lasciarsi veder giammai. […] Le feste della Dea buona celebravansi alle calende di Maggio nella casa del Pontefice massimo con gran mistero, e dalle sole donne, senza che alcun uomo potesse intervenirvi. […] Fauno, altro Dio campestre figlio di Mercurio e della Notte, dipingetesi come Pane, ma senza peli al mento ed al detto. […] Eseguiron esse l’ iniquo comandamento, eccetto Ipermestra, che salvò il marito Linceo, e perciò furon condannate nell’ inferno ad attinger acqua perpetuamente con un vaso senza fondo.
Siccome gli Antichi credevano che alcuni dei loro più famosi eroi, Teseo, Ercole, Orfeo, Ulisse ed Enea in corpo e in anima, ossia da vivi, fossero andati a visitar questi luoghi, e ritornati ne avessero raccontato mirabilia, i poeti impadronendosi di questa popolare credenza vi trovarono un vasto campo libero ed aperto alla loro immaginazione, che percorsero a briglia sciolta, e senza paura di essere smentiti da chi, dopo la morte, nulla vi avesse trovato di quel che essi dicevano. […] Il territorio del Tartaro era orrido e sterile come il paese della Fame descritto da Ovidio, senza biade, senz’alberi ; e soltanto nel vestibolo prima di arrivare allo Stige, eravi, secondo Virgilio, un bosco di alberi annosi ed un boschetto di mirti. […] La sua poetica descrizione è tanto chiara ed evidente che molti cultori delle arti belle, e tra questi lo stesso Michelangiolo, hanno potuto rappresentarla senza alcuna difficoltà colla matita e col pennello. […] v ; e asserisce che la terra di quelle isole produceva tutto come nell’età dell’oro, senza bisogno di esser coltivata : « Nos manet Oceanus circumvagus : arva, beata « Petamus arva, divites et insulas, « Reddit ubi cererem tellus inarata quotannis « Ét imputata floret usque vinea ; « Mella cavâ manant ex ilice, etc. » e seguita questa enumerazione per una ventina di versi, conchiudendo : « Jupiter illa piæ secrevit littora genti, « Ut inquinavit ære tempus aureum ; — « Ære, dehinc ferro duravit secula : quorum « Piis secunda, vate me, datur fuga. » Questa descrizione di Orazio potrebbe considerarsi come una amplificazione del passo di Esiodo nelle Opere : « Eroi felici, che disgombro il core « D’affanni, in riva all’Ocean profondo « Soggiorno fan nell’Isole beate, « Ove fecondo il suol tre volte l’anno « Dolci dispensa saporite frutta. » Ma anche Plutarco nella Vita di Sertorio dice, che « perfino i Barbari stessi tengon ferma credenza esser ivi il Campo Elisio e quell’abitazione de’beati decantata da Omero. » 236.
In fatti a che servirebbe l’oro senza i frutti della Terra ? […] E dovendo le Parche far questo lavorìo per ogni persona che veniva al mondo, non mancava loro occupazione : quindi Dante per contraddistinguere una di esse Parche senza nominarla, usò questa perifrasi : colei che di e notte fila, supponendo che tutti i suoi lettori sapessero bene la Mitologia, e che perciò capissero che egli intendeva di parlare di Làchesi. […] Insieme con queste si annoveravano ancora la Morte, il Lutto, il Timore, la Fatica, la Povertà, la Fame e perfino la Vecchiezza, funeste divinità allegoriche, ben note in tutta la loro orrenda realtà ai miseri mortali, e delle quali perciò i poeti rammentano soltanto il nome, tutt’al più con qualche epiteto espressivo senza estendersi in descrizioni247, tranne qualche rara eccezione, come quella del Petrarca nel Trionfo della Morte. […] Un commentatore storico vi troverebbe una reminiscenza di quei Potestà e giudici dell’antica repubblica fiorentina, tolti da altre terre, « Come suol esser tolto un uom solingo « Per conservar sua pace, » perchè cioè giudicassero senza spirito di parte, non fossero nè guelfi nè ghibellini.
Ma questo non toglierà che sia sempre necessaria la cognizione della Mitologia greca e romana, nella guisa stessa che la Paleontologia presuppone ed esige la cognizione precedente della storia naturale, perchè è impossibile il dedurre da frammenti di esseri organici fossilizzati, da secoli e secoli non più viventi sulla faccia della terra, la loro antica forma, i loro istinti, le loro abitudini e le loro leggi di vitalità, senza aver prima di queste stesse cose cognizioni esatte negli esseri organizzati viventi. […] Primo senza contrasto e sotto ogni rispetto il nostro Alighieri, quantunque cristiano e cattolico e teologo per eccellenza, è quello che nel suo divino linguaggio poetico più sovente si vale delle immagini e delle frasi mitologiche ; e gli altri tutti per quanto grandi ed illustri, tengon bordone alle sue frasi ed alle sue rime. Quindi, benchè d’ora in avanti s’inaridisse per qualche secolo (e non sarebbe un gran danno) la vena poetica degli italiani, o si abolisse (come fu inutilmente tentato un mezzo secolo indietro),. l’uso della Mitologia nei futuri poetici componimenti, resteranno pur sempre necessarie le cognizioni mitologiche per bene intendere il linguaggio poetico di quei sommi, « che non saranno senza fama, « Se l’universo pria non si dissolve. » La Divina Commedia principalmente, che sin dai primi anni della ricuperata indipendenza dagli stranieri, è divenuta il libro nazionale degl’Italiani, esige tra le altre infinite cognizioni anche quelle della Mitologia.
XXXVIII Gli Dei Penati e gli Dei Lari Se dovessimo prendere ad esaminare le diverse opinioni degli eruditi intorno a questi Dei, faremmo un lavoro arduo e poco piacevole, e poi senza alcun frutto, perchè non è possibile conciliarle tra loro, nè scuoprire chi meglio abbia colto nel segno. […] E poichè Cicerone, a cui parrebbe che questa squisitezza filologica avesse dovuto importare più che a noi, non vi pensa nè punto nè poco, e ci dice soltanto che la voce Penati deriva da due vocaboli latini usitatissimi (penus e penitus), senza aggiungere che questi fossero d’origine troiana, bisognerà per ora starsene a quel che egli ne scrisse, e credere sulla sua parola che l’etimologia di quel termine fosse latina, e alludesse al vital nutrimento degli uomini dai Penati protetti, ovvero alla parte più interna dei tempii e delle case ove questi Dei erano adorati37. […] Perciò, oltre al distinguer gli Dei Penati dagli Dei Lari, e decider così la question mitologica sulla diversa loro personalità, viene ancora a significare che i primi eran protettori dei diritti del cittadino, ed i secondi di quelli del padre di famiglia ; senza dei quali, come egli sapientemente dichiara, non può esser buona una repubblica, nè ben viversi in essa 39.
Non si può parlar di Scilla senza che ricorra alla mente anche Cariddi, essendo questi due termini collegati fra loro nel detto proverbiale : trovarsi fra Scilla e Cariddi, e collocati fronte a fronte geograficamente. […] E poichè stimavasi difficile schivare l’un pericolo senza incappare nell’altro, ne derivò il proverbio : trovarsi fra Scilla e Cariddi 230. […] Ma oggidì può chiunque sa leggere sapere dai libri di Storia Naturale, o aver sentito raccontare da chi li ha letti, che la vera e propria Balena,231 senza pinna dorsale e con due sfiatatoi, mentre è il più grosso degli animali viventi, non è vero che sia un animale carnivoro, perchè i suoi stromenti masticatorii sono atti appena a maciullare una meschina aringa, e il suo esofago non è più largo di 4 pollici inglesi, ossia dieci centimetri circa ; e quindi non può trangugiare nè uomini nè donne e neppure un bambino appena nato : di fatti suo cibo prediletto sono i molluschi del genere Clio Borealis, non più grossi di un dito, non più lunghi di 2 pollici.
Se non è bene che l’uomo sia solo sulla Terra, vale a dire senza aver moglie e famiglia, sarà questo non men vero nel Mare ; e se il matrimonio può convenire in generale a qualunque privato, tanto più conviene a un re, e specialmente a un re assoluto che è padrone di tutto217), e a cui non può mancar mai un lauto trattamento per una numerosa famiglia. […] Volle provare anch’egli a gustar di quell’erba, che subito gli fece lo stesso effetto, e sentendosi spinto e sollevato da forza soprannaturale, si trovò in un istante senza avvedersene in mezzo al mare, accolto dalle Divinità marine e trasformato in un Dio protettore della navigazione. […] Ma nel i Canto del Paradiso, gli fece molto comodo di citare l’esempio di Glauco secondo la favola, senza diminuirne in nessuna parte il maraviglioso, perchè voleva raccontar di sè stesso un fatto maraviglioso non meno.
Sotto questo punto di vista nelle lingue moderne affini della latina, e specialmente nella italiana, furono accolti e adottati dai nostri poeti i miti dei Greci e dei Romani, non però tutti alla rinfusa e senza discriminazione, ma quelli soltanto o principalmente, che presentavano una più evidente, o almeno probabile spiegazione dei fenomeni fisici o morali. […] Fissate e dichiarate le mie idee sul fine e sui limiti dello studio della Mitologia, sarà questo il filo di Arianna per non smarrirmi nell’ intricato labirinto di questa antichissima erudizione ; e così ciascun che legge potrà seguirmi senza temer fatica o disagio ; anzi anche il salire gli parrà tanto leggiero « Come a seconda giù l’andar per nave. » 2.
Dicemmo, parlando di Mercurio, che i mercanti romani, secondo quel che afferma Ovidio nei Fasti, pregavano questo Dio a proteggerli nell’ingannare il prossimo senza essere scoperti, e a potersi godere tranquillamente il frutto delle loro ruberie. […] Questa facoltà poetica di rappresentare con descrizioni o con immagini sculte o dipinte qualunque virtù, qualunque vizio, qualunque idea astratta non è già spenta negli uomini dei nostri tempi ; anzi vedesi sempre rinnuovata non solo nelle moderne poesie, ma pur anco nei monumenti ove le Virtù civili e militari, ed anche le religiose, sono rappresentate per mezzo di figure umane accompagnate da oggetti simbolici che ne suggeriscono il significato ed il nome, senza bisogno di scriverlo sulla base delle medesime o in qualche parte delle loro vesti o dei loro ornamenti.
Semidei, parola latina conservata senza alterazione ortografica nella lingua italiana, è traduzione del greco vocabolo Emitei ; e in tutte e tre le lingue significa evidentemente mezzi Dei, e vi si sottintende e mezzi uomini, non già mezze bestie, come si rappresentavano alcune delle Inferiori Divinità. […] Ora in queste diverse imprese trovansi rammentati quasi tutti gli Eroi di cui si ha notizia, e talvolta in una son nominati i padri e nell’altra i figli ; e di qualche eroe che intervenne a più d’una è detto in quale di esse egli era più giovane, in quale più vecchio : dal che deducesi senza tema di errare l’ordine cronologico di quelle imprese.
Il nome latino è conservato senza alterazione ortografica nelle moderne lingue francese e inglese, mentre in italiano lo traduciamo per Giove, prendendo questa voce, come generalmente suol farsi da noi in tutti gli altri nomi latini, dall’ablativo (Jove). […] Si fatta Autorità divina portò di seguito l’ Autorità umana con tutta la sua eleganza filosofica di proprietà di umana natura, che non può esser tolta all’uomo nemmen da Dio, senza distruggerlo. »
L’adoravano ancora e le facevano splendidissime feste sotto il nome di Tesmòfora, cioè legislatrice, sapientemente considerando quel che anche oggidì ammettono tutti i pubblicisti e gli storici filosofi, che gli uomini solivaghi e nomadi, pescatori e cacciatori conduc endo una vita errante e senza dimora fissa, mal potevano assoggettarsi al consorzio sociale e vincolarsi con leggi ; e che solo allorquando per mezzo dell’agricoltura si fissarono su quei terreni che avevano coltivati, potè cominciare la civil società retta dal Governo e dalle leggi. […] Ripeterò in questo scritto più d’una volta che senza la cognizione della Mitologia non si possono interpretar bene i poeti, e neppure le vere o probabili origini storiche.
Credevasi di cattivo augurio che il primo giorno dell’anno si lasciasse trascorrere inerte senza adempiere pur anco gli obblighi del proprio stato. […] Perciò questo Dio è rappresentato giovinetto e senza i fulmini in mano, ma invece accompagnato dalla capra che fu la sua nutrice nell’isola di Creta.
In Roma si celebravano nel mese di dicembre le Feste Saturnali in memoria di quel tempo felice sotto il regno di Saturno, in cui non si conoscevano nè servi nè padroni, ma tutti gli uomini erano eguali ed egualmente padroni di tutto, perchè la terra spontaneamente produceva più che abbastanza per tutti senza spesa o fatica di alcuno. […] Giano era rappresentato con due faccie, e talvolta con quattro : con due, dicevano i pagani, per simboleggiare le due prerogative accordategli da Saturno, di prevedere il futuro e di non dimenticarsi del passato, ed anche come portinaio del cielo, affinchè potesse vedere e invigilare da per tutto senza bisogno di voltarsi.
Parve strano ai mitologi ed ai poeti meno antichi che Cupido si occupasse sempre a saettar colle sue freccie uomini e donne, Dei e Dee, senza pensar mai a scegliersi una sposa per sè ; e inventarono una complicatissima favola, una specie di romanzetto all’uso di quelli delle Fate del medio evo, o delle Mille e una notti, e conclusero che dopo mille prove a cui Cupido, nascondendo l’esser suo, sottopose la curiosità e la fiducia della sua eletta, sposò finalmente e rese felice col più invidiabile degli imenei la bella e vivacissima Psiche. […] Dante afferrò subito questa idea, e la espresse maravigliosamente in quella sublime terzina, che tutti sanno, o saper dovrebbero, a mente : « Non v’accorgete voi, che noi siam vermi, « Nati a formar l’angelica farfalla « Che vola alla giustizia senza schermi ?
Ma gl’ignoranti intendevano questi furti alla lettera ; col rubare accortamente senza essere scoperti, non credevano di far male, poichè imitavano un Dio e si stimavano da lui protetti. […] La borsa poi, piena di danari, alludeva evidentemente alle umane contrattazioni, poichè il danaro è il rappresentante di tutti gli oggetti godevoli, o, come dice l’inglese Hume, è l’olio che fa girar facilmente e senza attrito le ruote della gran macchina sociale.
Ma questi sforzi della meccanica consumano molti anni e molti danari di persone ingegnosissime senza una pratica utilità ; pochi istanti di maraviglia, ecco tutto il fine e l’effetto ! […] Evidentemente del fuoco, senza del quale sarebbe impossibile eseguire i lavori di metallurgia.
L’impresa di ucciderla sarebbe stata impossibile senza l’aiuto degli Dei ; i quali per favorire il figlio di Giove gl’imprestarono le loro armi divine, Marte la spada o scimitarra, Nettuno l’elmo, Minerva lo scudo e Mercurio i talari e il petaso. […] Questa mirabile liberazione di Andromeda fu espressa da Benvenuto Cellini nel bassorilievo di bronzo fuso che vedesi nella base del Perseo ; ma l’eroe vi è rappresentato volante col petaso e i talari di Mercurio e non sul caval Pegaso ; con la scimitarra nella destra, e senza la testa di Medusa nell’altra mano.
Tralascierò di parlare della Trimurti, o trinità Indiana di Brahma, Visnù e Siva, o di altre triadi poco da questa dissimili ; e mi basta per la spiegazione dei Genii il rammentare soltanto il dualismo, che riconosce due principii, o vogliam dire due cause supreme di tutte le cose, entrambe eterne, l’una opposta e nemica dell’altra ; e, senza aggiungervi nulla di mio, riporterò quel che ne dice un filosofo ortodosso, discepolo e fido seguace di Rosmini, il Pestalozza. […] Quando poi i Genii sono senza le ali, indossano ancora la toga romana.
« Uno sul collo, un altro su la groppa « Percuote, e chi nel petto e chi nell’ala ; « Ma come fera in su un sacco di stoppa, « Poi langue il colpo, e senza effetto cala : « E quei non vi lasciâr piatto nè coppa « Che fosse intatta ; nè sgombrâr la sala « Prima che le rapine e il fiero pasto « Contaminato il tutto avesse e guasto. » (Orl. […] Gli Argonauti non furon troppo dolenti di perder la compagnia del loro carissimo Panfago, perchè poteron procedere più speditamente, alleggerita di quel grave peso la nave, e senza doversi così spesso fermare a far nuove provvisioni da bocca.
I pittori e i poeti han fatto a gara a rappresentare splendidamente questi simboli del Dio della luce ; ed ognuno li intende facilmente senza bisogno di spiegazione : solo son da notarsi i nomi assegnati dai poeti ai quattro cavalli e il numero delle Ninfe che accompagnano il Sole. […] « Ben se’ tu manto che tosto raccorce, « Sì che se non s’appon di die in die, « Lo tempo va d’intorno con le force. » E dice questo per significare che senza le egregie opere dei discendenti, la nobiltà di sangue va in dileguo e cade in dispregio.
VI Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno Il regno di Saturno sarebbe stato felicissimo e durevole a sazietà senza disturbo alcuno, se non erano le astuzie e le pietose frodi della sua moglie Cibele.
Quasi 700 anni corsero dalla morte di Romolo a quella di Cesare, nel qual tempo il popolo romano divenne conquistatore del mondo, senza che pensasse mai a deificare alcuno dei suoi più celebri generali che a tanta gloria e potenza lo guidarono.
I Romani sino al termine della seconda guerra punica furono i puritani della pagana religione, e considerarono sin dal tempo di Numa il sentimento religioso e morale come il primo fattore dell’incivilimento ; e perciò ebbero cura di tenerne lungi qualunque elemento che tendesse a viziare la moralità delle azioni, senza la quale non può esistere vera civiltà.
» Convinti dunque che il numero degli Dei Pagani fosse anzi più che meno di trentamila8, e assicurati al tempo stesso che migliaia e migliaia di questi sono sine nomine vulgus, e da spacciarsi in massa, (o come taluni dicono in blocco) e con poche e generali considerazioni sul loro comune appellativo, procediamo senza spaventarci ad osservare anche altre fantasmagorie preistoriche dei nostri più remoti Antenati.
Quivi fu calunniato malignamente dalla regina Stenobea ; e Preto per le accuse della perfida moglie (volendo per altro schivare l’odiosità di farlo morire egli stesso senza apparente motivo), lo mandò da suo suocero Iobate re di Licia, con una lettera chiusa, che consegnò a Bellerofonte stesso, dicendogli che era una commendatizia, mentre invece conteneva la commissione di far morire il latore di quella.
Dopo aver narrato che i golosi son puniti nel Purgatorio con una fame canina resa più acuta dal vedersi dinanzi agli occhi, come Tantalo nell’ Inferno pagano, i pomi e l’acqua senza poterne gustare ; il qual tormento rendeva talmente magre e scarne quelle anime, che « Negli occhi era ciascuna oscura e cava, « Pallida nella faccia e tanto scema « Che dall’ossa la pelle s’informava, cominciò a pensare « Alla cagione ancor non manifesta « Di lor magrezza e di lor trista squama ; » e non potendo trovarla da sè, finalmente, fattosi coraggio, domandò a Virgilio : « ……Come si può far magro « Là dove l’uopo di nutrir non tocca ?
Quindi il Politeismo presenta l’immagine di una federazione di diversi Stati o Principi sotto la rappresentanza di un capo supremo, come sarebbero gli Stati Uniti di America e l’Impero Germanico ; mentre il Monoteismo è il vero modello della monarchia assoluta ; la quale soltanto per analogia o somiglianza di forma, e senza alcun fondamento di ragione, si chiama impudentemente di diritto divino.
XIII Difetti e vizii del Dio Giove Anche sulle labbra degli analfabeti, che non sieno privi affatto di qualunque idea di religione, udiamo sovente il comune proverbio, che è solo Iddio senza difetti.
La voce Natura è di origine latina, dalla qual lingua è passata pari pari senza alcuna alterazione nell’ italiana : in greco dicevasi fisis, onde deriva il vocabolo fisica, che perciò è sinonimo di naturale.
Per nove giorni e per nove notti piombarono senza intermissione le acque dirottamente su tutta la Terra ; e per affrettar la pena, anche Nettuno vi si accordò col sollevare dai più bassi fondi i flutti come in una straordinaria marea e spingerli ad invadere le vicine convalli.
L’invenzione è bellissima e facile ad intendersi ; significa che l’ingegno è dato agli uomini dalla Divinità, e che le opere di esso non si compiono senza il favore di quella.
Trovasi infatti in Cicerone : Marte nostro, per significare colle nostre forze, cioè col nostro ingegno e senza l’aiuto di alcuno.