La terra si spalancò al colpo del suo scettro, ed egli trasse la preda nei suoi tenebrosi dominii. […] Per questo nei vecchi sepolcri troyiamo le due iniziali D M che significano, Diis Manibus, come per raccomandare a loro la tutela dell’urna. […] Pare che nei primi tempi fosse questa la sola scuola pratica dei medici greci. […] Abitavano nelle grotte vicine al mare o sul margine dei ruscelli o nei freschi recessi dei boschetti. […] Alcuni poi sono di sentimento che le fatiche d’Ercole sieno un’allegoria di quelle che l’agricoltore deve sopportare nei dodiei mesi dell’anno, e che si vedono significate nei segni dello zodiaco (676).
La Grecia non ha alcun Dio pari a questo, asserisce Ovidio nei Fasti, ed anche Cicerone e Macrobio fanno derivare dal latino anzi che dal greco il nome di Giano (quasi Eanus ab eundo, cioè dall’andare). […] La statua di Giano con due faccie ponevasi nei bivii, e con quattro nei quadrivii (pei trivii o trebbii essendo riserbata quella di Ecate triforme, ossia con tre faccie). […] Il Pignotti nella favola Il Giudice e i Pescatori dice scherzevolmente : « Ci narrano i Poeti, « Che allorquando mancò l’età dell’oro « As’ rea fuggì dalle mortali soglie, « Ma nel fuggir le caddero le spoglie ; « E si dice che sieno « Quelle vesti formali « Che adornano i Legali, « Che nelle Rote, ovver nei Parlamenti « Prendono il nome illustre « D’auditori, avvocati e presidenti. » Il seguito però e la conclusione o morale della favola dimostrano che l’abito non fa il monaco. […] Ovidio nei Fasti gli fa dire : « Et jus vertendi cardinis omne meum est. » 39. […] Eccone le precise parole : « De quærenda, de collocanda pecunia, etiam de utenda, commodius a quibusdam optimis viris ad medium Janum sedentibus quam ab ullis philosophis ulla in schola disputatur. » — E Orazio ripete ironicamente la massima che s’insegnava nei Giani, ossia nelle Borse d’allora : « O cives, cives, quærenda pecunia primum : « Virtus post nummos : Hæc Janus summus ab imo « Perdocet. » (Lib.
La vittima che si offriva a Giove nei sacrifici era un bue bianoo. […] Era invocato nei matrimoni affinchè formasse la felicità degli sposi. […] Come Dea delle espiazioni, le erano immolati dei cagnolini e le venivano innalzate delle statue nei trivi. […] Austro vento estremamente caldo dimorava nei climi caldi del mezzogiorno. […] Questo giovine principe era sì casto che per non veder femmine ritirossi nei boschi e nelle montagne.
Ma essendo carattere proprio della falsa religione del Politeismo il moltiplicare gli Dei, come nei falsi sistemi di governo si moltiplicano gl’impiegati, comiciarono i mitologi a supporre che questo unico Genio sarebbe troppo occupato a provvedere da sè solo a tutti gli esseri della creazione ; e perciò immaginarono che vi fossero Genii particolari per ciascun popolo, e poi per ciascun luogo, e finalmente per ciascuna persona ; e in tal modo li moltiplicarono all’infinito. […] Inoltre è notabile che questa credenza nei Genii o negli spiriti, come poi si chiamarono nelle lingue nordiche, si diffuse più che altrove tra gli antichi Germani ; e che non si fosse del tutto dileguata a tempo del Goethe ce ne dà prova egli stesso colla sua quanto mirabile altrettanto fantastica invenzione del Fausto. […] Per altro i Genii delle persone con caratteri e distintivi pagani furono ammessi anche nell’arte cristiana, e si vedono per lo più nei monumenti sepolcrali in atto mesto e colla face rovesciata o spenta, simbolo di morte. […] Il Cecchi, citato dal Vocabolario della Crusca, nei seguenti versi rammenta il Genio buono con tali caratteri che potrebbero convenire anche ad un Angelo : « Da chi lo feo gli fu dat’anco « Quel santo precettor, quell’alma guida « Genio appellato, il qual come ministro « Della ragion lo sproni al bene oprare, « E dall’opere ingiuste il tiri e frene. » Il Parini, nel suo celebre poemetto satirico il Giorno, personifica il Piacere come un Genio e così lo descrive : « L’uniforme degli uomini sembianza « Spiacque ai Celesti, e a varïar la Terra « Fu spedito il Piacer. […] Anzi due nostri celebri vocabolaristi viventi, il Manuzzi e il Fanfani, nei loro accreditati Vocabolarii della lingua italiana, alla voce Genio, oltre a darne la spiegazione mitologica e filosofica, aggiungono il significato cristiano di Angelo custode.
Gli altri nomi eran questi : Lenèo, Tionèo, Jacco, Bromio, Bassareo, Evio, tutti derivati dal greco, e molto in uso anche nei poeti latini, e qualcuno di questi, benchè più raramente, nei poeti italiani. […] Finsero che Bacco nei suoi viaggi di proselitismo enologico avesse trovato nell’isola di Naxo Arianna figlia di Minos re di Creta, abbandonata dal perfido Teseo che a lei doveva la sua salvezza dal labirinto e dal Minotauro. […] Tutti seppero e sanno, e gli antichi e i moderni, o storicamente o per pratica che le uve non maturano nei luoghi freddi ed esposti al nord, e generalmente in nessuna posizione ed esposizione al di là del grado 50 di latitudine207). […] Il Ditirambo, voce derivata da due parole greche che appellano alla doppia nascita di Bacco, oltre ad essere uno dei nomi di questo Dio, era un cantico in onore di lui ; nel qual genere di poesia ammettevasi molta licenza ed irregolarità nell’ordine delle idee e nei metri o ritmi ; e si diede in appresso questo nome anche ad altri soggetti poetici diversi, ma della stessa forma metrica irregolare.
» Il maggior pregio di questo libro elementare consiste, a parer nostro, nella distribuzione delle materie, le quali sono ordinate in paragrafi numerati, e non contengono le ripetizioni inevitabili nei così detti Dizionarj della Favola, nè gl’ inconvenienti ormai a tutti noti del metodo per dimande e per risposte. » — Il racconto non interrotto, dicono gli Autori di questo Corso, offre all’ alunno una lettura più gradevole e più istruttiva, mentre la divisione in paragrafi somministra le dimande più opportune, e risparmia le ripetizioni, additando al lettore con un semplice numerò tra due () i particolari dei fatti già narrati nei paragrafi antecedenti o nei successivi. — » « Volendo noi pubblicare un Corso di Mitologia pei giovinetti, abbbiamo stimato dover preferire questo a molti altri, in grazia della sperimentata bontà del metodo. Ma supponendo che la pura traduzione di esso non avrebbe pienamente soddisfatto al bisogno dei primi studj letterarj, abbiamo accresciuto non poco le notizie mitologiche, tenendoci sempre nei limiti di un libro elementare.
Può riuscir piacevole e divertente per chi intende bene le lingue dotte il leggere nei poeti greci e latini le fantastiche descrizioni del contrasto continuo dei quattro elementi di così diversa natura confusi e misti fra loro nel caos ; ma divengono pedanterie e freddure le imitazioni che talvolta s’ incontrano nei poeti delle lingue moderne, ora specialmente che le scienze fisico-chimiche hanno scoperto e percorso un sì vasto campo di maraviglie vere e reali della natura. […] Qual fosse questo Dio non lo sa, poichè poco dopo soggiunge : qualunque degli Dei foss’egli stato (quisquis fuit ille deorum) ; e nei Fasti fa dire al dio Giano che gli antichi lo chiamavano il Caos, e che poi si trasformò in membra e aspetto degni di un nume (Fasti, i). Par dunque che gli Antichi ammettessero la generazione spontanea degli Dei dalla materia, come i naturalisti moderni ammettono la generazione spontanea di certi insetti ed altri animaluzzi ; e che i mitologi andassero anche più oltre del Darwin e compagni antropologi ; poichè mentre questi suppongono la successiva trasformazione della materia nei diversi esseri organizzati, compreso l’uomo (il quale perciò verrebbe ad essere una scimmia perfezionata), quelli facevano nascere ad un tratto dagli elementi del Caos gli stessi Dei, come nascono da un giorno all’altro i funghi dalla terra.
Lo stesso Omero ci narra che Achille, quantunque godesse i primi onori nei Campi Elisii, si era potentemente annoiato di quel soggiorno, anche pochi anni dopo la sua morte ; e parlando con Ulisse che era andato a visitare il regno delle ombre, « Non consolarmi della morte, o Ulisse, « Replicava il Pelide. […] Metempsicòsi è parola greca che significa trasmigrazione delle anime ; questa dottrina suppone che le anime degli estinti, dopo essere state un certo numero di anni (che i più fissano a mille) negli Elsii o nel Tartaro, ritornino in questo mondo, entrando nei corpi non solo degli uomini nascituri, ma pur anco dei bruti254. […] L’antichissima invenzione dell’ obolo da pagarsi a Caronte fu bonariamente creduta una indubitabile verità nei secoli più rozzi ; e perciò nelle funebri cerimonie ponevasi una piccola moneta di tal nome nella bocca degli estinti258. Vero è che queste stesse monete si ritrovarono anche dopo 100 e 1000 anni nei teschi dei sepolti cadaveri, o fra le loro ceneri, e ne furon trovate anche in bocca alle Mummie egiziane : il che dimostrò che Caronte non era tanto inesorabile quanto gli agenti delle tasse e i riscuotitori dei pedaggi e delle gabelle. […] Orazio assomigliava a Tantalo gli avari266) ; ma le loro privazioni sono spontanee e non forzate come quelle di Tantalo ; perciò più vero e confacente sarebbe l’assomigliarvi i miserabili, i quali, vedendo nelle taberne e nei mercati una vera dovizia di cibi squisiti, non posson comprar nemmeno i più vili per saziar la fame che li tormenta.
Allora non compariva più come l’avvenente e delicata Ninfa che sceglieva fior da flore alle falde del monte Etna, e a cui Dante assomigliò la bella e cortese giardiniera del Paradiso terrestre ; ma come una matrona molto seria, in regie vesti, ma tutt’altro che lieta del grado di regina : allora confondevasi invece con Diana triforme, o con Persefone (chè questo era il nome che davasi dai Greci alla regina dell’Inferno) ; e di più credevasi che anch’essa si fosse adattata ai gusti del marito, e li secondasse attirando nei regni infernali più gente che potesse ; e perciò si trova chiamata dai poeti la crudel Proserpina. […] Essendo Caronte il barcaruolo dell’Inferno, s’intende subito che doveva trovarsi molto occupato a traghettar le anime dei morti (specialmente nei giorni delle più micidiali battaglie), dall’ una all’ altra riva dello Stige o dell’Acheronte. […] I pittori fanno a gara coi poeti a rappresentarle orribili nell’ aspetto, nelle vesti, nei distintivi : faccia minacciosa, occhi furibondi, chioma di serpenti, ali di vispistrello ; nell’una mano aveano la face fiammeggiante e nell’altra un mazzo di serpenti per avventarli a morsicare i colpevoli. […] Gli si davano per figli i Sogni, di cui si rammentano con nomi speciali soltanto tre, che erano i capi di altrettante tribù numerosissime, cioè Morfeo, Fobetore e Fantasia, termini greci significativi dei diversi generi di sogni ; poichè Morfeo produceva nei dormienti i sogni più regolari sotto forme conosciute e naturali ; Fobetore i sogni spaventevoli e Fantasia i più strani e fantastici 249.
. ; e lasciando libero il freno alla immaginazione videro Divinità da per tutto, nei monti, nei fiumi, nelle fonti, nelle selve e perfino nelle piante, come col microscopio si vedono da per tutto brulicar gl’insetti e gl’infusorii. […] Molti frammenti di opere, ora perdute, di Autori classici delle lingue dotte si trovano riportati nei libri degli scrittori ecclesiastici.
E qui mi piace avvertire che lo scopo di questo lavoro sulla Mitologia non è già di risalire alle origini primitive dei miti, indicando le migrazioni e le trasformazioni delle idee mitologiche dall’oriente all’occidente ; ma soltanto di far la storia e spiegare il significato dei miti e delle idee ed espressioni mitologiche che si trovano nei poeti greci, latini ed italiani, e per conseguenza ancora delle altre nazioni che hanno adottato la Mitologia e il linguaggio dei classici greci e latini. […] Quindi, benchè d’ora in avanti s’inaridisse per qualche secolo (e non sarebbe un gran danno) la vena poetica degli italiani, o si abolisse (come fu inutilmente tentato un mezzo secolo indietro),. l’uso della Mitologia nei futuri poetici componimenti, resteranno pur sempre necessarie le cognizioni mitologiche per bene intendere il linguaggio poetico di quei sommi, « che non saranno senza fama, « Se l’universo pria non si dissolve. » La Divina Commedia principalmente, che sin dai primi anni della ricuperata indipendenza dagli stranieri, è divenuta il libro nazionale degl’Italiani, esige tra le altre infinite cognizioni anche quelle della Mitologia. […] Considerando poi che le Arti Belle non hanno mai cessato da tremila anni, neppur dopo la caduta della religione pagana, di rappresentare in tavole e in tele, in bronzi e in marmi le più poetiche e leggiadre personificazioni delle idee mitologiche ; e che di tal genere trovansi antichi e moderni capi d’opera di scultura e di pittura, non solo nelle pubbliche gallerie e nei palagi dei maggiorenti, ma pur anco nelle piazze e nelle strade, non in Roma soltanto, ma per tutta Italia, la cognizione della Mitologia si rende necessaria non solo ai cultori delle Arti Belle, ma altresì a chiunque non ami di apparir rozzo ed insensibile al bello artistico, che tanti stranieri richiama dalle più lontane regioni in Italia ad ammirarlo.
Il nome latino di Mars (Marte) consideravasi una abbreviazione di Mavors, che significa, come dice Cicerone, magna vertens 174, cioè che sconvolge grandi cose ; significato funesto, e pur troppo vero nei terribili effetti della guerra. […] Modernamente per altro nei tribunali collegiali si procura che il numero dei giudici sia dispari ; ed in alcune società amministrative o di privati, ove il numero dei votanti è variabile, si accorda nei casi di parità il doppio voto al Presidente.
Nomi, che spesso leggonsi nei Poeti, e negli Storici(1). […] Campato questi dallo sdegno d’Urano suo padre per cura di Titea, si indocile si dimostrò nei consigli, sì fiero nei tratti, che non sol si fè usurpatore del Regno dovuto a Titano per dritto di primogenitura ; ma con mano audace ancora di uncinato ferro armata sorprese lo stesso suo padre, e devirollo. […] Vien fiangheggiata da due fanciulle per indicare il suo scopo di mantenere intatta nei popoli le due amate sorelle la innocenza, e la pace. […] E tolgasi pure, o almeno si ecclissi nel cielo delle umaue cognizioni un astro si bello, dove è più nella eloquenza la grazia, la persuasiva ne’ pergami, il convincimento nei fori ? […] Tali fregi però non debbono nè con modi troppo lussureggianti, nè con relazioni poco coerenti comparir nel corpo della narrativa, mentre la parsimonia, e l’ analogia in tal punto scorgiam prese in mira da più classici autori nei loro incomparabili poemi.
Una delle più impossibili ed incredibili era tanto famigerata, che la eternò nei suoi mirabili versi lo stesso Virgilio. […] Esce talvolta « Da questo monte all’aura un’atra nube « Mista di nero fumo e di roventi « Faville, che di cenere e di pece « Fan turbi e groppi, ed ondeggiando a scosse « Vibrano ad ora ad or luride fiamme, « Che van lambendo a scolorar le stelle ; « E talvolta le sue viscere stesse « Da sè divelte, immani sassi e scogli « Liquefatti e combusti al Ciel vomendo, « Infin dal fondo romoreggia e bolle79). » E Dante gareggiando col maestro, e, com’è suo stile, distinguendosi da esso e da qualsivoglia altro scrittore per insuperabile concisione, accenna con un solo verso l’opinione mitologica e dà la spiegazione della causa de’ vapori sulfurei dell’Etna, dicendo nel Canto iv del Paradiso, che la bella Trinacria, cioè la Sicilia, caliga, ossia cuopresi di caligine, fra Pachino e Peloro (ove appunto è situata l’Etna), « Non per Tifeo, ma per nascente zolfo. » Vedano ora i moderni geologi e chimici (se pure taluno di loro ha tempo di studiare il Dante), come il nostro divino poeta parlava cinque in sei secoli fa, secondo le loro odierne teorie ed analisi chimiche, accennando che lo zolfo nasce e si forma nei sotterranei abissi dei vulcani, e ne vengon tramandate le esalazioni nell’aria circostante ai crateri. […] I chimici poi che riconoscono coll’analisi l’esistenza del solfo nativo nei terreni vulcanici, specialmente in Sicilia e nella solfatara presso Pozzuoli nelle vicinanze di Napoli, troveranno, nella espressione dantesca di nascente solfo, indicata l’elaborazione e la fabbrica naturale di quello zolfo che essi, alludendo alla stessa origine, chiamano nativo 80).
Anzi lo pregavano apertamente a favorirli nei loro inganni e nelle loro ruberie. […] Perciò il culto di Mercurio era estesissimo, e Cesare nei suoi Commentarii ci lasciò scritto che i Galli adoravano principalmente questo Dio, e lo credevano inventore di tutte le arti, e protettore della mercatura e dei guadagni161. […] È conosciuto volgarmente sotto il nome di argento vivo a causa del suo color bianco argenteo e della sua mobilità ; per cui serve ottimamente nei tubi dei termometri e dei barometri ad indicare in quelli i diversi gradi di calore e in questi la variazione dello stato dell’atmosfera.
Le feste Florali cominciavano in Roma il 28 di aprile e duravano sino a tutto il dì 1° di maggio, nei quali giorni v’era un gran lusso di fiori, di cui tutti facevano a gara a cingersi la testa e ornarne le mense e perfino le porte delle case. […] I Romani ponevano la statua di Priapo nei loro orti o giardini, ma per far soltanto da spauracchio agli uccelli ; e a tal fine ed effetto nell’alto della testa gli piantarono una canna con stracci in balìa del vento. […] Ha nel sinistro braccio una pelle indanaiata di tigre, e co’polpastrelli, cioè colla sommità delle punte delle dita, regge penzo loni un grappolo d’uva matura ; il quale un Satirino d’allegrissima vista, che gli sta dai piè, si va a poco a poco, e quasi téma che egli nol vegga, cautamente piluccando. » Non sarà inutile l’osservare per chi studia la propria lingua, che l’espressione indanaiata di tigre, riferibile a pelle, sebbene accolta e registrata nei Vocabolarii italiani, putirebbe ora di lucerna e di affettazione, ed equivale alla più semplice e più dell’uso comune pelle tigrata.
Il Sole nel corso dell’anno percorreva una strada (detta dagli astronomi orbita, e più propriamente eclittica), la quale resta nel mezzo ad una fascia o zona del cielo di 16 in 17 gradi, ed ove scorgonsi le 12 costellazioni, in direzione di ciascuna delle quali successivamente va il Sole a tramontare nei diversi mesi dell’anno. […] I nomi di questi segni del zodiaco furono riuniti, per comodo di memoria di chi sa o studia il latino, nei due seguenti esametri : « Sunt Aries, Taurus, Gemini, Cancer, Leo, Virgo, « Libraque, Scorpius, Arcitenens, Caper, Amphora, Pisces. » 111. […] Quanto poi alla vanitosa illusione che le virtù degli avi passino col sangue nei loro discendenti, Dante la condanna con ragioni storiche e teologiche : « Jacomo e Federigo hanno i reami : « Del retaggio miglior nessun possiede.
Egli stesso nell’etere è Giove, nell’aere è Giunone ; nel mare è Nettuno ; e nelle parti inferiori del mare istesso è Salacia ; su la terra Plutone ; nell’imo della terra Proserpina ; ne’fuochi domestici Vesta ; nelle fornaci de’fabbri Vulcano ; ne’pianeti il Sole, la Luna e le stelle ; nelle divinazioni Apollo ; nelle merci Mercurio ; in Giano lo iniziatore ; ne’termini il contrassegnatore de’confini ; Saturno nel tempo ; Marte e Bellona nelle guerre ; Bacco ne’luoghi piantati di viti ; Cerere nei frumenti ; Diana nelle selve ; Minerva negl’ingegni ; egli stesso del pari in tutta quella innumera turba degli Iddii plebei. […] Ovidio non meno espone nei suoi Fastì (1) che i romani in ciascuno anno celebravano le sue feste una a quelle delle Muse. […] Punisce Busiride e Diomede delle loro crudeltà, uccidendo l’uno che soleva sacrificare tutti gli estranei, che giungevano nei suoi stati, e lasciando divorar l’altro, che era figlio di Marte e di Cirene, dai cavalli di lui, che alimentava di carne umana — r sponde al passar del sole nel segno dei Pesci, ed è fissato dalla levata Eliaca del Pegiso, che avanza il capo su l’Aquario, ovvero Euristeo figlio di Cirene. […] Ercole trionfa di un cane spaventoso dalla coda di serpente, e dal capo di ceraste — risponde al passar del sole nei Gemini, indicato dal tramonto del cane Frocione. […] Varrone dice, che questi Dii s’invocavano nei pericolosi e subiti avvenimenti.
Da noi e presso molti altri popoli è abolito per legge tra i privati o sudditi di uno Stato ; e perciò tutti i figli ed anche le figlie hanno gli stessi diritti alla successione nei beni paterni ; ma si conserva nei regni ereditarii per non cagionare lo smembramento degli Stati nè le guerre di successione.
Anzi sulla base o radicale di questa parola si son formati in italiano vocaboli di cui non esistono gli equivalenti neppure in latino, cioè il verbo chimerizzare e i nomi chimerizzatore e chimerizzatrice, i quali sebbene sieno poco usati parlando, pur si trovano registrati nei nostri Vocabolari. […] Su queste stesse idee di Iobate eran fondati nei secoli barbari del Medio Evo i così detti Giudizi di Dio, pretendendosi che la Divinità dovesse sempre intervenire a dar la vittoria all’innocente e a far perdere il reo.
Finalmente la Morte, secondo il Paganesimo, era anche essa ministra del Fato e l’ultima esecutrice de’ suoi decreti sull’esistenza dei viventi ; ma fu considerata pur anco ministra di Plutone, perchè essa spinge le anime nei regni di lui. […] Così fu ristretta fra certi limiti insormontabili non solo la potenza di Giove, ma quella pur anco di tutti gli altri Dei ; i quali spesso nei poeti pagani si lamentano pietosamente della inesorabilità del Destino come qualunque più misero mortale.
Ma gli antichi Pagani ammettevano nei loro Dei non solo difetti, ma pur anco azioni talmente nefande che sarebbero punibili tra gli uomini nella civil società. […] Se Giove in questo mito, sì riguardo a Prometeo che a Pandora e al genere umano, non fa la più bella figura, come abbiam notato di sopra, nei suoi doveri poi, che diremmo domestici, vale a dire di marito e di padre, è anche più biasimevole.
Quindi l’espressione rituale dei politeisti i sacri penetrali corrisponde al sancta sanctorum dei monoteisti ; quindi il comun verbo penetrare significa lo spingersi addentro nei più riposti recessi dei luoghi o dei pensieri. […] Sappiamo poi che nelle case dei più ricchi politeisti romani v’era il Larario, ossia la cappella dei Lari ; e nelle altre, almeno un tabernacolo colle statue o immagini di questi Dei, le quali spesso ponevansi ancora dentro certe nicchie nei focolari, parola questa che alcuni etimologisti notano come composta colla voce Lari 38.
Questa etimologia e la conseguente spiegazione, furono adottate nei dizionari etimologici delle lingue dotte e in quelli enciclopedici più moderni9. […] È però usato nelle lingue moderne comunemente, e parlando e scrivendo, e trovasi anche registrato nei vocabolarii non solo italiani, ma altresì in quelli francesi, inglesi e spagnuoli : anzi gl’Inglesi l’usano assolutamente come nome.
E finalmente terminerò col rammentare che Dante non ha dimenticato d’introdurre nella Divina Commedia anche un cenno della favola di Eolo re dei Venti, secondo ciò che ne scrive il suo maestro Virgilio nei versi da noi citati in principio di questo Numero, poichè invece di dire prosaicamente che soffia o spira il vento di Scirocco, orna ed abbellisce il suo concetto con questa perifrasi mitologica : « Quand’Eolo Scirocco fuor discioglie. » 40. […] Ovidio ne determina egregiamente la direzione secondo i 4 punti cardinali nei 2 seguenti distici : « Nam modo purpureo vires capit Eurus ab ortu, « Nunc Zephyrus sero vespere missus adest.
Ma ambedue queste origini così diverse son talmente confuse e amalgamate nei poeti posteriori, che attribuiscono e l’una e l’altra indifferentemente e congiuntamente a Venere, come se fosse possibile il nascere in due modi e l’avere due diverse madri. […] In molti altri luoghi fu poi venerata, in Citera, in Pafo, in Idalio, in Àmatunta, in Gnido, ed ebbe da questi luoghi del suo culto i titoli di Citerèa, Pafia, Idalia ecc., tanto frequenti nei poeti classici latini e greci ; e quelli specialmente di Ciprigna e di Citerèa anche negl’italiani e nello stesso Dante183.
Dai medici son detti automatici quei movimenti che dipendono unicamente dalla organizzazione degli esseri viventi, e nei quali non ha parte alcuna nè potere la volontà, quali sono la respirazione, la circolazione del sangue, il batter dei polsi, ecc. […] Lo stesso Ganot (francese) comincia a trattare dell’elettricità dinamica con queste parole : « È dovuta a Galvani, professore di « anatomia a Bologna, l’esperienza fondamentale che condusse alla scoperta dell’elettricità dinamica, o del galvanismo, nuovo ramo della fisica, tanto importante per le innumerevoli applicazioni che se ne fecero da un mezzo secolo a questa parte. » — E parlando di quell’apparato detto pila, che serve a svolgere l’elettricità dinamica, e che fu inventato da Volta nel 1800, riporta questa notizia istorica nei seguenti termini : « Volta, fondandosi sulla teoria del contatto, fu condotto ad inventare il maraviglioso apparato che rese immortale il suo nome » (la pila di Volta).
Ma per non perdere il vanto del valor personale e per non nuocere agl’innocenti, teneva nascosto in una borsa di pelle il teschio di Medusa, e se ne valeva soltanto nei casi di maggior bisogno ed estremi. […] « Non è finto il destrier, ma naturale, « Ch’una giumenta generò d’un Grifo : « Simile al padre avea la piuma e l’ale, « Li piedi anterïori, il capo e ’l grifo ; « In tutte l’altre membra parea quale « Era la madre, e chiamasi Ippogrifo, « Che nei monti Rifei vengon, ma rari, « Molto di là dagli agghiacciati mari. » 51.
Se qualche pericolo v’era anticamente, o perchè il vortice e i flutti fossero più impetuosi, o per la imperizia degli antichi navigatori, certo è però che nei tempi moderni nessun più ne teme, anzi di pericoli non se ne parla nemmeno. […] » Che direbbe ora di più, sapendo le ardite e pericolosissime spedizioni nei mari glaciali alla pesca delle Balene ?
Non ancor grande in età egli rubò alcune vacche degli armenti del Re Admeto, e da Apollo custodite, che trasportò nei boschi. […] Vedevasi da per tutto nel cielo, nella terra, e nell’Inferno, e per potere da per tutto accorrere, aveva le ali nella testa, e nei piedi. […] La guerra di Tebe fu una delle più famose nei tempi eroici. […] In esse celebravansi le feste nei giorni assegnati, e si facevano de’ conviti detti lectisternia, a stratis lectis, nei quali sedevano gl’invitati. Questi al dire di Livio, s’imbandivano presso i Romani colle carni delle vittime immolate, e nei casi di qualche seria disgrazia della Repubblica.
La vittima, che a Giove offerivasi nei sacrificii, era un bianco bue. […] Pane l’ esortò a gire in traccia di Amore, promettendole che lo avrebbe placato; e nei lunghi viaggi che a tal fine intraprese, avvenutasi nelle sorelle raccontò loro la sua sciagura, ed aggiunse che per maggiore vendetta Amore le avea dichiarato che una di loro volea prendersi in isposa. […] Rappresentavasi con un arco lunato in fronte sopra di un cocchio a due cavalli; e nei sacrifici a lei offerivasi il toro. […] Ma avendo Ascalato figlio di Acheronte e della Nolte manifestato, che nei giardini di Plutone avea Proserpina colto una melagrana e mangiatine sette grani, Cerere frodale vide le sue speranze, e in vendetta cangiò Ascalafo in barbagianni. […] Polluce erasi reso celebre nella lotta e bel combattimento de’ cesti, co’ quali uccise Amico, tenuto prima invincibile, Castore si distinse nei matteggio de cavalli.
Il Giust i nelle sue poesie estende la parola apoteosi a significare i monumenti sepolcrali posti nelle chiese e nei chiostri dalle famiglie private alla postuma boria dei loro parenti : « Largo ai pettegoli « Nani pomposi « Che si scialacquano « L’Apoteosi.
Ne abbiamo una conferma anche nei racconti delle leggende, riferibili a quell’epoca dolorosissima ; e da quei fatti leggendarii s’informarono i poemi romanzeschi che ammettono prodigii non meno strani di quelli dell’Odissea.
La Genealogia degli Dei, ossia la loro filiazione e parentela (almeno dei principali), è necessaria a conoscersi nella Mitologia pel doppio scopo, che da quella si deducono spesso i rapporti di causa e di effetto considerati dagli antichi nei fenomeni del mondo, e poi perchè frequentemente i poeti, invece di rammentare una divinità col suo nome principale e più conosciuto, fanno uso del patronimico, ossia di un vocabolo derivato o composto dal nome del padre di quella data divinità.
E quanto ai nomi li presero dalla Geografia, vale a dire adottarono quegli stessi nomi che avevano i diversi fiumi nei diversi paesi.
Che Delo fosse stata nei tempi preistorici un’isola galleggiante fu detto la prima volta dal poeta Pindaro, il quale vi aggiunse ancora che Nettuno la rese stabile, perchè servisse di ricovero a Latona.
In questi limiti il mito fu adottato volenterosamente e con piacere non solo dai nostri poeti, ma pur anco dagli eleganti dicitori e scrittori di prose ; e non è raro il sentir dire o leggere nei libri, che un’invenzione o una teoria uscì adulta e armata di tutto punto dalla mente del suo autore, come Minerva dal cervello di Giove.
Ed ecco come dalla Mitologia si passa nel campo della critica storica ; nei quali confini deve arrestarsi il Mitologo.
Di forme corporee ed in figura umana raramente trovasi Iride dipinta o sculta, e non è mai rappresentata nelle statue, ma soltanto nei vasi ed in alcuni bassi rilievi, come una snella ed aerea giovanetta alata, e talvolta avente in mano un’Idria, quasi ad indicare l’erronea idea degli Antichi che Iride somministrasse l’acqua alle nubi.