Ma quantunque l’Oceano sia venerato come il più antico Dio marino, non ha peraltro l’impero assoluto del mare, che toccò in sorte a Nettuno fratello di Giove, dopo la guerra contro i Giganti, alla quale l’Oceano non prese parte. […] Le statue di questo Dio si vedono in molte fonti pubbliche e private ; e la più celebre come opera d’arte è quella di Giovan Bologna in Bologna ; ed una delle più goffe è quella dell’Ammannato nella fonte di Piazza della Signoria di Firenze215). […] I Romani avanti la prima guerra punica poco lo consideravano ed adoravano come Dio del mare, ma più generalmente, a tempo di Romolo, come Dio del consiglio sotto il nome di Conso, e in appresso anche come protettore dei cavalli e dei cavalieri col titolo di Nettuno equestre, alludendosi alla favola che questo Dio nella gara con Minerva per dare il nome alla città di Cecrope avesse prodotto il cavallo. […] Volle provare anch’egli a gustar di quell’erba, che subito gli fece lo stesso effetto, e sentendosi spinto e sollevato da forza soprannaturale, si trovò in un istante senza avvedersene in mezzo al mare, accolto dalle Divinità marine e trasformato in un Dio protettore della navigazione. […] Il volgo bolognese chiama la statua di Nettuno il Gigante e il volgo fiorentino il Biancone ; e mentre si l’un volgo che l’altro tien bene a memoria ed usa spesso il nome del Dio del vino, poco si cura di rammentarsi o di rammentare quello del Dio dell’acqua.
XXXIV Il Dio Pane Prima di parlar dell’etimologia del nome di questo Dio e degli ufficii di lui, credo opportuno di presentarne il ritratto. È una eccezione al mio metodo, che mi par giustificata dall’ufficio eccezionale e dalla forma particolare di questo Dio. […] Il nome di questo Dio in greco è Pan che significa tutto ; e gli antichi Mitologi basandosi sul significato di questo vocabolo e interpretando la forma strana di questo Nume come emblematica dei principali oggetti della creazione, lo considerarono come simbolo della Natura o dell’Universo. […] Questo Dio era adorato principalmente in Arcadia come Dio dei pastori, e da quella regione fu trasportato il suo culto in Italia dall’Arcade Evandro tre secoli e mezzo prima della fondazione di Roma. […] Dai Romani ebbe questo Dio anche il nome di Luperco (ab arcendis lupis) dal tener lontani i lupi dal gregge ; e si celebravano le feste Lupercali, in onore cioè di Luperco, ossia del Dio Pane, nel mese di febbraio.
Perciò questo Dio è rappresentato giovinetto e senza i fulmini in mano, ma invece accompagnato dalla capra che fu la sua nutrice nell’isola di Creta. […] Le feste Robigali, cioè in onore del Dio Robìgo, facevansi per implorare da questo Dio che tenesse lontana la ruggine dalle biade. Robigo in latino significa ruggine, e i Romani debbono a Numa Pompilio l’invenzione di questo Dio. […] Ovidio poi confessa che non sa qual Dio sia (quisquis is est). […] Arval. e nel Glossarium Labronicum, concludono col Preller che Summanus è un Dio del cielo notturno, a cui si attribuivano i temporali notturni come a Giove quelli diurni.
Tutti questi distintivi ed emblemi di Bacco lo manifestano chiaramente come il Dio del vino e della intemperanza. […] Coloro però che vogliono attribuir dignità o importanza a questo Dio dicono che le corna son simbolo della potenza di lui, ossia della forza del vino. Il nome stesso di Bacco, o che si faccia derivare da un greco vocabolo che significa favellare, ed accenni al vaniloquio dell’ubriachezza, o da altro termine greco significante urlare, e indichi perciò il frastuono dei gozzovigliatori, è pur sempre espressivo dei principali attributi di questo Dio. […] E questo era il rumore che facevano i seguaci di Bacco, e specialmente le donne che furon chiamate Baccanti ; e in tal modo clamoroso e impudente celebravansi in Roma le feste di questo Dio che furon dette Baccanali, di cui gli eccessi giunsero anticamente tant’oltre in Roma che il Senato dovè proibirle. […] E Bacco in origine era simbolo soltanto del vino ; ma dopo tutte le favole che si raccontarono di lui, e specialmente dopo i fatti storici pur troppo veri degli stravizii ed eccessi dei Baccanali in onore di questo Dio, il nome di Bacco fu adoprato ancora come sinonimo di crapula e di gozzoviglia.
Ben pochi fatti raccontavano di questo Dio che stessero ad onore di lui, perchè credevano che gli fosse nemica la stessa loro Dea protettrice, la quale in quelle pugne in cui prendevano parte anche gli Dei, come nella guerra di Troia, si metteva sempre dalla fazione contraria a Marte. […] Da Ares, greco nome di questo Dio, derivò e fu composto il termine di Areopago, che propriamente ed etimologicamente significa borgo di Marte ; e poi sotto questo nome fu istituito da Solone il famoso tribunale dell’Areopago, di tanta sapienza e integrità, che vi eran portate a decidere le liti anche dagli stranieri. […] I Greci fecero poche immagini sculte o dipinte del Dio Marte, prima perchè non era il Dio per cui avessero maggior devozione, e poi perchè il truce soggetto pareva loro che ripugnasse alla squisitezza della greca eleganza. All’opposto i Romani ne moltiplicarono le statue e le pitture, perchè al favore di questo Dio attribuivano le loro conquiste. […] Dalla luce rossastra e quasi sanguigna che riflette questo pianeta ebbe il nome del Dio che si diletta del sangue e delle stragi.
Finalmente quanto, per così dire, v’ha nel mondo, le acque, le pietre, i metalli, i monti, le selve, gli alberi, gli animali, i morti uomini, tutto in somma si tenne per Dio, tranne il vero Dio. […] La statua di questo Dio ivi stringeva una picca nella destra, e un fulmine nella sinistra. […] Il Dio era ivi assiso sopra un trono, cinto la fronte di una corona, che imitava la foglia di ulivo. […] Si ritirò alla riva dell’ Erimanto, e le apparve il Dio del fiume, chiamato Alfeo. […] Alcune figure ivi rappresentavano il Dio sopra un carro, strascinato da cavalli alati.
Prometeo vuol dire in greco previdenza o provvidenza di Dio. […] E perchè assai perito era nel pronosticare i venti, finsero i poeti che egli fosse il loro Dio. […] Ma le Muse riunirono quelle membra lacerate e le seppellirono in Dio, città della Macedonia. […] Anche Marsia osò venire a gara col Dio del canto. […] E primieramente egli era il Dio de’ carmi e della poesia, non che della musica e di tutte le belle arti.
È il tempo, o piuttosto è Dio ! […] Acor. — Dio delle mosche. […] Anieno. — Dio del fiume Anio. […] Arimane. — Dio adorato dai Persiani. […] Baal-Tsefon. — Dio sentinella.
Anche Plutone aveva altri nomi ; e in principio chiamavasi Pluto, ma poi si distinse con questo nome il Dio delle ricchezze ; e Plutone re dell’Inferno fu chiamato frequentemente Orco e Dite dagli antichi poeti. […] Di Pluto, Dio delle ricchezze, considerato come un ente diverso da Plutone, conveniva trovare una diversa origine e parentela ; e fu detto che era figlio di Cerere dea delle biade e di un ricco agricoltore Giasione, per indicare che le vere e più sicure ricchezze derivano dall’agricoltura. […] Il Sonno, « Dolce de’mali oblio, calma e riposo « Della stanca Natura, » come lo definisce il poeta Young, era per gli Antichi un Dio, creduto figlio dell’Erebo e della Notte, e dimorante in una caverna lungo le rive del fiume Lete, e perciò posto tra le Divinità infernali. […] E poichè queste roccie (principalmente i graniti e alcuni porfidi), sono in parte affini alle formazioni vulcaniche, prescelsero per esse una denominazione derivata da Plutone Dio infernale che aveva maggiore affinità con Vulcano, Dio del fuoco. […] — « Dio vi guardi, Signor, che ’l viso orrendo « Dell’ Orco agli occhi mai vi sia dimostro ; « Meglio è per fama aver notizia d’esso, « Che andargli, sì che lo veggiate, appresso.
XVIII Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse Poeta è parola di greca origine che significa creatore, e perciò poesia vuol dir creazione ; quindi il Dio della poesia è il Dio della creazione intellettuale. […] Come Dio della Poesia rappresentavasi Apollo con una corona di lauro, pianta a lui sacra ; e come Dio della Musica, con una cetra nelle mani, in atto di trarne suoni ; e generalmente questi due simboli si trovano riuniti nelle sue immagini sculte o dipinte, perchè le due arti sorelle non andavano anticamente disgiunte, come abbiam detto. […] Null’altro egli desidera, se non che le Muse l’aiutino : « Forti cose a pensar, mettere in versi. » I poeti hanno abbellito maravigliosamente il paradiso dell’arte loro, e attribuito al loro Dio anche la facoltà di prevedere e vaticinare il futuro. […] Ora però è a dirsi che i poeti hanno attribuito anche a sè stessi in gran parte questa facoltà di presagire il futuro, dicendosi inspirati dal loro Dio ; e perciò si chiamarono Vati, cioè indovini o profeti : dalla qual voce poi si derivò e compose il nome vaticinio e il verbo vaticinare 131.
Notabilissimi sono i principii filosofici dai quali deduce la reità dei motivi a delinquere, o come dice il Romagnosi, la spinta criminosa, considerandola in ragion composta coll’ingiuria che risulta dal commesso delitto, ossia colla violazione dei doveri morali verso Dio, verso sè stesso, e verso il prossimo. […] « Ma perchè frode è dell’uom proprio male, « Più spiace a Dio ; e però stan di sutto « Gli frodolenti, e più dolor gli assale. […] « A Dio, a sè, al prossimo si puone « Far forza ; dico in loro ed in lor cose, « Come udirai con aperta ragione. » Procede infatti con lo stesso metodo a render ragione delle diverse categorie di dannati che egli ha posti in tre diversi cerchi, gironi o bolge infernali sottoponendoli con giusta proporzione a pene diverse per qualità o intensità. […] Egli finge che sia Virgilio che gli dà tale spiegazione da lui richiesta : « Filosofia, mi disse, a chi la intende, « Nota non pure in una sola parte, « Come natura lo suo corso prende « Dal divino intelletto e da sua arte : « E se tu ben la tua Fisica note, « Tu troverai non dopo molte carte, « Che l’arte vostra quella, quanto puote, « Segue, come il maestro fa ’l discente, « Sì che vostr’arte a Dio quasi è nipote. […] Panteismo è voce derivata dal greco pan (tutto) e teos (Dio.)
Molti sono i lavori di questo Dio, descritti e celebrati dai poeti ; e di alcuni avremo occasione di parlare in appresso nel ragionar di quei personaggi per cui furono eseguiti : qui basterà soltanto accennarne due, cioè gli automi ed i fulmini. […] « Queste al fianco del Dio spedite e snelle « Camminavano. » (Iliade, xviii.) […] Conosciute e spiegate le favole, consideriamo l’allegoria contenuta nell’invenzione di questo Dio e de’suoi attributi. […] Infatti è generalmente dagli Antichi venerato Vulcano come Dio del fuoco193 e del fabbrile ingegno. […] Gli si dava anche il titolo di Lemnio, derivato dall’isola di Lemno, dove cadde dal Cielo e fu amorevolmente raccolto e venerato qual Dio.
Il Genio (il cui nome derivava dall’antico verbo latino geno, che significa generare), era detto il Dio della Natura, e consideravasi perciò come il simbolo della forza generatrice della creazione. […] Vedremo però in appresso che essa Natura fu goffamente e bizzarramente simboleggiata nel Dio Pan (che in greco significa tutto), Dio secondario e campestre, mezzo uomo e mezzo capro. […] Quindi scienze fisiche e scienze naturali sono espressioni etimologicamente equivalenti, come periferia e circonferenza, perifrasi e circonlocuzione ; mentre scientificamente ai dì nostri stanno a significare due diverse e distinte parti di studio delle cose naturali10 Ci fa saper Cicerone che gli antichi filosofi consideravano la Natura come il principio e la causa efficiente di tutte le cose fisiche ; e perciò usavano questo termine come sinonimo di Dio. E in questo stesso significato si usa nelle scienze anche oggidì, per non star sempre a rammentare il nome di Dio : e non solo nelle scienze fisiche, ma pur anco nelle scienze morali, come per esempio, dove si tratta del diritto naturale.
XXXV I Satiri ed altre Divinità campestri Chiunque ha veduti sculti o dipinti i Satiri avrà notato una gran somiglianza di forme fra essi e il Dio Pane, e riconoscerà quanto graziosamente e concisamente il Redi nel suo Ditirambo intitolato Bacco in Toscana li abbia definiti : « Quella che Pan somiglia « Capribarbicornipede famiglia. » Molti di essi formavano il corteo di Bacco, come dicemmo parlando di questo Dio, ed ivi notammo che per frastuono, stravizii ed ogni genere di follie non la cedevano alle più effrenate Baccanti. […] Il nome di Vertunno, che davasi al Dio delle stagioni e della maturità dei frutti, colla sua latina etimologia a vertendo, (cioè dai cangiamenti operati dalle stagioni sui prodotti della terra) dimostra l’origine italica e romana di questo Dio. […] Molti poeti latini, tra i quali Orazio e Marziale, si sbizzarrirono a dileggiar talmente questo Dio, che peggio non avrebbero fatto nè detto contro il più vil dei mortali23.
Infatti in Grecia richiedevasi 1° che l’eroe da considerarsi come un Dio fosse figlio di una Divinità o per padre o per madre ; 2° che vivendo avesse compiute imprese straordinarie per valore o per ingegno a prò dell’umanità ; e 3° che solo dopo la morte, e quando in lui si riconoscessero le due precedenti condizioni fosse considerato e adorato qual Nume. […] Il popolo che credeva Romolo figlio di Marte, credè facilmente questa nuova impostura come una teologica conseguenza della prima ; e il Senato fu ben contento di adorar come Dio colui che non avea potuto tollerar come re. […] Infatti l’imperator Vespasiano sentendosi vicino a morte disse : a quanto mi pare, divengo un Dio (ut puto, Deus fio) ; e Caracalla dopo avere ucciso il fratello Geta tra le braccia stesse della madre, ne ordinò l’apoteosi dicendo : sia Divo, purchè non sia vivo (sit divus, dum non sit vivus).
Anzi vi aggiunsero anche un altro Dio, che schiverei di rammentare, se, oltre Lattanzio, non ne parlasse anche Plinio il Naturalista ; ed era il Dio Sterculio o Stercuzio, così detto perchè aveva inventato il modo di render più fertili i terreni col fimo o concime. […] Anche Dante confrontando, nel Canto xix dell’Inferno, il numero degli Dei degl’ Idolatri con quelli d’oro e d’argento adorati dai Simoniaci, e dichiarando che questi Dei son cento volte più numerosi di quelli, accetta per lo meno il computo di Varrone, poichè così rimprovera i Simoniaci stessi5 : « Fatto v’avete Dio d’oro e d’argento ; « E che altro è da voi all’ Idolatre6 « Se non ch’egli uno e voi n’orate cento7 ? […] Senza occuparci della distinzione che fanno i canonisti della Simonia a pretio, a precibus, ab obsequio, ci contenteremo della definizione che ne dà l’Alighieri pel 1° capo, cioè per la Simonia a pretio : « O Simon Mago, o miseri seguaci, « Che le cose di Dio, che di bontate « Deono essere spose, e voi rapaci « Per oro e per argento adulterate, « Or convien che per voi suoni la tromba, « Perocchè nella terza bolgia state. » 6.
E questo Dio più potente di Giove era il Fato. […] Perciò Dante, avversando il fatalismo, proclama da par suo il libero volere in questi splendidi versi : « Lo maggior don che Dio per sua larghezza « Fesse creando, e alla sua bontate « Più conformato, e quel ch’ei più apprezza « Fu della volontà la libertate, « Di cui le creature intelligenti « E tutte e sole furo e son dotate. » (Parad. […] Ma se non è accettabile il concetto pagano che la Fortuna sia un essere soprannaturale esistente sin dalla origine del mondo o degli angeli (tra le altre prime creature), quando però ivi si afferma che « Colui lo cui saver tutto trascende, (cioè Dio) « Ordinò general ministra e duce « Che permutasse a tempo li ben vani « Di gente in gente e d’uno in altro sangue « Oltre la difension de’ senni umani, » s’intende facilmente che con questo linguaggio poetico si vogliono significare le occulte disposizioni della Provvidenza, imprevedibili ed inevitabili dai mortali.
In tutto questo racconto mitico Giove non fa più la figura del Dio che giova, del Dio benefico, ma quella d’invidioso, maligno e malefico. […] Peggio poi che bestiale non che disumana fu la condotta di questo Dio nel precipitar dal Cielo in Terra con un calcio Vulcano figlio suo e di Giunone, non per altro motivo se non perchè gli parve brutto e deforme : per la qual caduta il misero Vulcano ebbe di più la disgrazia di rimaner perpetuamante zoppo, e di esser perciò il ludibrio di quelle stravaganti Divinità del Paganesimo, come vedremo a suo luogo.
Nè sanno assicurarci se ciò fu per opera di un Dio o del caso : le loro opinioni sono divise, e il dubbio e l’incertezza predominano sempre. […] Anzi Dante considerando forse che un simil vocabolo trovasi anche in Ebraico in significato di eccelso (poichè deriva da El, uno dei nomi ebraici di Dio), l’adoprò con questa doppia allusione per indicare l’ eccelso Sole, cioè Dio, quando nel C.
III) che il Genio era considerato dai Latini come un Dio di prim’ordine, ossia della classe degli Dei superiori o celesti, e, secondo l’etimologia della parola, come la forza generatrice della creazione. […] Bastino a provarlo le seguenti massime che egli insegnava ai suoi discepoli : « Il Dio supremo governa il mondo come l’anima governa il corpo. […] Il Dèmone dunque di cui egli parlava non poteva significare, nella sua segreta intenzione, una divinità mitologica, ma piuttosto l’ispirazione di quell’unico Dio in cui egli credeva.
Dovè combattere per Deianira col Dio del fiume Acheloo, il più gran fiume della Grecia, e perciò da Omero chiamato il re dei fiumi. […] Per altro poco giovò a quest’Eroe l’esser figlio di un Dio, chè anzi, come vedremo in appresso, gli nocque. […] Fortunatamente per essa giunse il giorno stesso in quell’isola Bacco, che la fece sua sposa, come dicemmo parlando di questo Dio. […] Molti altri perirono in quel primo scontro, che non ebbero ugual fama, e colla loro morte pagarono il primo tributo di sangue al Dio della guerra. […] Non potremo ammetter di certo che le Sibille fossero profetesse ispirate dal Dio di Abramo, nè che gli Dei falsi e bugiardi potessero accordar loro virtù profetica.
Anche a tempo di Augusto i Persiani adoravano come loro Nume supremo il Sole ; e Ovidio ci dice che gli sacrificavano il cavallo per offrire una veloce vittima al celere Dio (ne detur celeri victima tarda Deo). Dal culto dei corpi celesti si passò presto a quello dei corpi terrestri, ossia dei prodotti della terra, e principalmente degli animali ; ed eccoci al Feticismo, che per antichità gareggia col Sabeismo, e fu principalmente professato dagli Egiziani, i quali anche al tempo di Mosè adoravano come loro Dio il bue Api, la qual goffa idolatria fu imitata dagli Ebrei nel deserto col vitello d’oro, che costò la vita, per ordine di Mosè, a tante migliaia di quegli stupidi imitatori del culto Egiziano.
Non asserisce però che il Caos stesso fosse l’ordinatore dei propri elementi di cui ab eterno componevasi, ma un Dio o una miglior natura. Qual fosse questo Dio non lo sa, poichè poco dopo soggiunge : qualunque degli Dei foss’egli stato (quisquis fuit ille deorum) ; e nei Fasti fa dire al dio Giano che gli antichi lo chiamavano il Caos, e che poi si trasformò in membra e aspetto degni di un nume (Fasti, i).
Apollo, questo Dio oltre molte altre attribuzioni ebbe in perpetuo anche quella di guidare il carro della luce19, e sotto il nome particolare di Febo fu considerato come il Sole istesso. Siccome Urano era un Dio, e perciò immortale, ed essendo inoltre il più antico degli Dei, e perciò lo stipite della celeste dinastia, poteva a suo beneplacito regnare eternamente ; ma poichè egli aveva più figli, supposero i mitologi che gli fosse piaciuto abdicare in favore di essi.
E se un Nume non è perfetto, può egli essere un Dio ? […] Dicemmo, parlando di Mercurio, che i mercanti romani, secondo quel che afferma Ovidio nei Fasti, pregavano questo Dio a proteggerli nell’ingannare il prossimo senza essere scoperti, e a potersi godere tranquillamente il frutto delle loro ruberie.
Lo stesso Numa Pompilio che inventò tante cerimonie e pratiche religiose, non aggiunse alcun Dio a quelli adorati al tempo di Romolo ; e solo fece credere che quanto egli ordinava gli fosse suggerito dalla Ninfa Egeria. […] Nel tempio d’Iside e di Seràpide ponevasi la statua del Dio Arpòcrate che era considerato come Dio del silenzio, e perciò rappresentavasi in atto di premer le labbra col dito indice della mano destra, segno usitatissimo ed espressivo d’intimazione di silenzio.
Trovò che la fama era minore del vero, poichè alla crudeltà ed alla barbarie univasi l’empietà ed ogni altra scelleraggine più nefanda ; e se egli non era un Dio, sarebbe toccata anche a lui la stessa sorte di quei miseri ospiti che lo avevano preceduto. […] Cosi roccie vulcaniche s’intende che debbono esser quelle che hanno subito l’azione del fuoco o del calore sotterraneo, in quanto che Vulcano era il Dio del fuoco e aveva le sue fucine sotto i monti ignivomi, come l’Etna, lo Stromboli ecc. detti perciò Vulcani.
I Latini per altro non ammettevano che a loro avesse insegnato l’agricoltura Trittolemo e neppur Cerere, ma invece lo stesso Saturno, padre di lei (come dicemmo parlando di questo Dio), e perciò affermavano la lor priorità sopra i greci nell’arte di coltivar la terra. […] Corse subito alla reggia di questo Dio per riprender la figlia ; ma Plutone non volle renderla.
Grato era a Baal il fumo de’ cadaveri offertogli dai Cananei e da altri popoli nemici d’Isdraele, che prevaricando, macchiò anch’egli le mani già pure, onde da Dio abominati furono e puniti sì crudeli olocausti. […] E già Calcante Oh crudi: Fermate; il sangue che già scorre, è sangue Di chi il fulmine vibra; il tuono io sento, Trema la terra: un Dio la scote, un Dio. […] Esclama: Udite, o Greci, odimi Achille: Adesso un Dio per me vi parla, e spiega I suoi decreti e la sua scelta. […] Mosè, prefìggendosi di vietare agli Ebrei l’idolatria, verso la quale li traea il loro genio e delle altre genti l’esempio, non permise che l’altare di Dio fosse circondato da alberi a foggia di selva. […] Dio dell’armento lo venerarono i pastori, perchè primo diede 1’ esempio della rapina: tanto è vero che tutti gli incliti ladri sono santificati dalla forza e la fortuna assolve le colpe potenti.
Perchè loro facilmente credevano che quello Dio che ti poteva predire il tuo futuro bene o il tuo futuro male, te lo potesse ancora concedere. […] Ovidio nel dedicare i Fasti a Cesare Germanico dà ad Apollo il titolo di Dio Clario, per la celebrità dell’oracolo di Claro che rendeva i responsi in versi ; e con adulazione cortigianesca assomiglia il giudizio che darebbe de’suoi versi il principe dotto e poeta a quello del Dio stesso della poesia : « Pagina judicium docti subitura movetur « Principis, ut Clario missa legenda Deo. » 287.
Il Dio del mare mandò un mostro a devastare le campagne Etiopiche, e a straziarne la gente e gli armenti. […] La zuffa per lungo tempo duiò in modo eguale ; finalmente il Dio, datosi a conoscere, si rallegiô col figlio pel di lui valore. […] Fu idraulico e geometra pratico : seccò paludi, arginò fiumi, scavò canali, frenò il mare con dighe, appianò montagne, aperse pubbliche strade, per cui ne fu tenuto qual Dio, e si confuse con Mercurio. […] La Vittoria è virtù, che ci fa rendere a Dio, a noi medesimi, e agli altri uomini ciò, ch’è dovuto a ciascuno.
Infatti risalendo alla Cosmogonia dei Pagani, la materia era eterna, il Caos era un Dio, ed erano Divinità anche gli elementi che lo componevano, cioè il Fuoco ossia la Luce, l’Aria, l’Acqua e la Terra.
Convien sapere prima di tutto che Saturno era considerato come il Dio del Tempo, e perciò in greco chiamavasi Cronos 21 che appunto significa tempo.
Su queste stesse idee di Iobate eran fondati nei secoli barbari del Medio Evo i così detti Giudizi di Dio, pretendendosi che la Divinità dovesse sempre intervenire a dar la vittoria all’innocente e a far perdere il reo.
Erano figli o d’un Dio e di una donna mortale, quali furono Perseo ed Ercole ; oppure di una Dea e di un uomo mortale, come credevasi di Achille e di Enea.
Bianchi, che fu segretario dell’Accademia della Crusca, così lo spiegò : Le virtù morali sono ninfe nella vita mortale, che abbellano e felicitano, operando, l’umanità ; sono stelle nel Cielo, da cui derivano e dove Dio le premia. » La quale spiegazione dimostra che ad un teologo, e al tempo stesso elegante scrittore, parve opportunamente adoprata in verso e in prosa la parola Ninfe anche in argomento religioso.
Si rappresentano generalmente seduti in un terreno alquanto declive e colle gambe stese per indicare il corso del fiume e la pendenza dell’ alveo : ha ciascuno di essi presso di sè un’urna da cui esce l’acqua per significar la sorgente ; e se il fiume è navigabile, si pone in mano alla figura del Dio un remo : se poi il suo corso si dirama in due o più alvei, si aggiungono sulla fronte del Nume due corna.
XXXIX Eolo e i Venti Non bastò ai Greci ed ai Romani politeisti, dopo aver considerata l’Aria come uno dei 4 elementi del Caos, il farne anche una Dea, che, sposato il Giorno (sinonimo di luce), produsse Urano, ossia il Cielo ; in quanto che osservando in appresso che nell’aria esiste « Quell’umido vapor che in acqua riede, » ne fecero un Dio sotto il nome di Giove Pluvio ; ed inoltre, poichè l’aria, movendosi, « ….. or vien quinci ed or vien quindi, « E muta nome perchè muta lato, » e produce il fenomeno dei Venti, vollero deificare anche questi.
Prima gli uomini adorarono le cose materiali create da Dio, come il sole dal quale riceviamo la benefica luce, e che feconda le campagne.