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9. (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423

La vita di queste dipendeva dall’ esistenza di certe quercie, cosicchè mancando queste, anche quelle Ninfe perivano. […] Quelle si celebravano, come abbiamo detto, in Eleusi, e queste in Agri, appresso il fiume Ilisso. […] Eravi colà una fontana, che avea il nome della terza di queste Ninfe. […] Tra gli Orcomenj di Beozia v’ avea di particolate in queste Feste, che le donne n’erano escluse. […] Presentarono queste un bacino d’oro a Giunone sull’Aventino.

10. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489

Basti qui l’avere accennate queste imprese che in appresso racconteremo più a lungo. […] Ma di queste appunto noi dobbiamo principalmente parlare, trattando di Mitologia. […] La nave che portava a Creta queste innocenti vittime aveva in segno di lutto le vele nere. […] Troppo lungo sarebbe l’enumerare soltanto i poeti che rammentano queste atrocità Tebane. […] Con queste ultime parole sembrerebbe che Plutarco lodasse e dichiarasse più giusta di tutte la pena del taglione.

11. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496

LXVII L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii I Greci ed i Romani politeisti, oltre all’aver deificato tutti i fenomeni fisici e morali, come abbiam detto, attribuirono a queste Divinità pregi e difetti, virtù e vizii come agli esseri umani ; quindi vi furono divinità benefiche e divinità malefiche, come vi sono uomini buoni e malvagi ; ed anche le migliori divinità ebbero qualche difetto, come la stessa Minerva dea della Sapienza, della quale dissero che ambì il premio della bellezza, e, non avendolo ottenuto, si unì con Giunone a perseguitare per dispetto Paride ed i Troiani. […] Perciò queste Divinità non erano soltanto astrazioni filosofiche o personificazioni poetiche, ma facevano parte della religione del popolo, e stavano a dimostrare che quando si stabilì il loro culto pubblico e fintantochè si mantenne, il popolo credeva nell’esistenza della Virtù ; e solo dopo le orribili guerre civili, allo spegnersi della repubblica colla vita di Marco Bruto, si udì la bestemmia che egli per disperato dolore proferì nell’atto di uccidersi : « O Virtù, tu non sei che un nome vano !  […] Di tutte le affezioni dell’animo, e perciò di tutte le Virtù e di tutti i Vizii, hanno gli antichi ed i moderni poeti fatto la descrizione come di tanti esseri soprannaturali, di tante divinità o benefiche o malefiche ; e a seconda di queste descrizioni si sono aiutati gli artisti a rappresentarle in scultura e in pittura. Ma non tutte queste allegoriche divinità ebbero culto pubblico e tempii presso i Pagani : delle Virtù però molte, come abbiam detto di sopra nominandole ; dei Vizii ben pochi. […] Il riferirne ed analizzarne le poetiche descrizioni antiche e moderne è ufficio dei professori di rettorica e belle lettere, e il descriverne le antiche e le moderne sculture o pitture appartiensi ai professori gnostici ed estetici di Belle Arti, e non al Mitologo, poichè miti speciali non vi sono in queste astrazioni, o personificazioni, o apoteosi, da raccontare.

12. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131

E su queste illazioni inventarono subito una quantità di fatti mitologici, che, abbelliti dalla fantasia e dal linguaggio di sommi poeti, conviene almeno brevemente accennare. […] I poeti commentarono queste furbesche prodezze di Mercurio anche negl’ inni in onore di lui150. […] E tutte queste denominazioni derivano dal nome di Mercurio, e trovano la loro spiegazione negli attributi di questo Dio. […] « Fende i venti e le nubi e va sublime « Sovra la terra e sovra il mar con queste. » 154. […] In latino la pietra di paragone chiamasi Lydius lapis, perchè queste pietre trovansi più comunemente nella Lidia ; e per la stessa ragione qualche naturalista moderno l’ha chiamata Quarzo lidio.

13. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160

Chi ha veduto qualche automa in azione189, o almeno conosce storicamente il meccanismo e gli effetti maravigliosi di queste macchine ingegnosissime, che sotto forme di uomini o di animali eseguiscono lavori e operazioni proprie soltanto degli esseri animati (e quel che è più, mirabile anche delle persone che ragionano ed hanno studiato una scienza o un’arte), non troverà tanto strano il racconto di Omero, che Vulcano avesse congegnate « …….forme e figure « Di vaghe ancelle tutte d’oro, e a vive « Giovinette simili, entro il cui seno « Avea messo il gran fabbro e voce e vita « E vigor d’intelletto e delle care « Arti insegnate dai Celesti il senno. […] Il nome di Efesto che gli davano i Greci non fu adottato dai poeti latini, nè dagl’italiani ; ma il termine di Vulcano è usato figuratamente anche in prosa in ambedue queste lingue. Nelle scienze fisiche chiamansi Vulcani i monti che gettano fiamme, fumo, lava infocata, ceneri, lapilli, ecc., e vulcaniche queste eruzioni, e vulcaniche le materie eruttate. […] Lemno era un’isola vulcanica : ecco perchè per l’appunto la favola fa cadere e adorare Vulcano in quest’isola ; e per lo stesso motivo pone le sue fucine sotto il monte Etna ed altri monti vulcanici : e quindi aggiunge che le eruzioni vulcaniche son le fiamme e le scorie di queste fucine metallurgiche, e i crateri sono i camini delle medesime. […] Lo stesso Ganot (francese) comincia a trattare dell’elettricità dinamica con queste parole : « È dovuta a Galvani, professore di « anatomia a Bologna, l’esperienza fondamentale che condusse alla scoperta dell’elettricità dinamica, o del galvanismo, nuovo ramo della fisica, tanto importante per le innumerevoli applicazioni che se ne fecero da un mezzo secolo a questa parte. » — E parlando di quell’apparato detto pila, che serve a svolgere l’elettricità dinamica, e che fu inventato da Volta nel 1800, riporta questa notizia istorica nei seguenti termini : « Volta, fondandosi sulla teoria del contatto, fu condotto ad inventare il maraviglioso apparato che rese immortale il suo nome » (la pila di Volta).

14. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252

Il furore divino che invasava la Pizia era l’effetto delle esalazioni naturali o artificiali che uscivano dalla voragine ; le mistiche parole che essa proferiva erano vocaboli sconnessi, detti a caso e senza alcun senso, che i sacerdoti cercavano di connettere in frasi ambigue, ossia con doppio senso ; e il sacro orrore che investiva i creduli devoti ammessi a queste fantasmagorie era la paura prodotta dalla tetraggine del luogo e dalla alterazione della loro fantasia285). […] Di qui nascevano i tempii, di qui i sacrifizii, di qui le supplicazioni ed ogni altra cerimonia in venerarli, perchè l’oracolo di Delo, il tempio di Giove Ammone ed altri celebri Oracoli tenevano il mondo in ammirazione e devoto. » Da tutte le preaccennate autorità e da altre molte che si potrebbero citare, e delle quali ciascun che legge queste pagine avrà facilmente præ manibus più d’una, si può dedurre con sicurezza di non errare, che gli Oracoli e gli altri modi d’interpretazione della volontà degli Dei furono inventati da prima con intenzion casta e benigna per uno scopo altamente sociale, e che essendo diretti al pubblico bene furono utilissimi, e divennero, come direbbe il Romagnosi, uno dei primi fattori dell’Incivilimento. […] Le più belle massime antiche morali e filosofiche eran credute responsi degli Oracoli ; e la più sapiente e mirabile di tutte, espressa con queste poche parole : conosci te stesso, leggevasi scritta sul pronao del tempio di Apollo in Delfo. […] Narra Erodoto che la Pizia terminò il suo responso con queste parole che in greco eran comprese in due versi : Divina Salamina, tu perderai i figli delle donne, o Cerere si disperda, oppure si unisca. […] Cicerone lo interpreta egregiamente con queste parole : « Quum igitur, Nosce te, dicit, hoc dicit : Nosce animum tuum.

15. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183

I nomi di ambedue queste Divinità (Nettuno e Amfitrite) significano per metonimia il mare, nelle lingue greca e latina ; ma nell’italiana si preferisce il nome di Nettuno. […] Convien qui rammentare principalmente quella conchiglia che i naturalisti dicono Tritone smaltato (Triton variegatus) e che volgarmente chiamasi tromba marina o conchiglia di Tritone ; e di queste alcune son lunghe sino a 60 centimetri. […] Turbe infinite di Ninfe o Divinità inferiori popolavano ed abbellivano, nella fantasia dei poeti, le onde del mare ; e ce le dipingono come vaghe e snelle giovinette con lunghe chiome (per lo più verdi)219), sciolte sulle spalle e grondanti acqua, perchè per lo più queste Ninfe nuotano nelle onde e tra i flutti come le folaghe procellarie ; tal’altra cavalcano un pesce e fanno una regata di nuovo genere che niun mortale vide giammai ; e spesso sono accompagnate dai Tritoni che fanno lazzi e salti, e suonano la tromba marina per divertirle. […] I naturalisti peraltro applicano distintamente ed arbitrariamente queste due denominazioni a due diverse specie di animali marini : chiamano Doridi un genere di molluschi gasteropodi della famiglia dei nudibranchi ; e danno il nome di Nereidi a quelle che volgarmente diconsi Scolopendre di mare. […] Tra queste convien rammentare la dea Leucotoe, il dio Palemone e il dio Glauco.

16. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47

Da queste due condizioni credeva il popolo che dipendesse la prosperità dello Stato ; e temeva imminente una grave sciagura, se fossero neglette o non rispettate. Conosciute queste popolari credenze o superstizioni, s’intende subito anche la ragione della importanza attribuita alle Vestali e all’adempimento dei loro voti. […] I giorni in cui avessero luogo queste pene o espiazioni consideravansi giorni di lutto, detti nefasti, ossia infausti. […] Il Pontefice Massimo quando avea scelto una di queste giovanette, per consacrarla Vestale usava la semplice formula : Te, Amata, capio.

17. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284

Ammettevano per altro i Mitologi un grande assurdo, che cioè queste Divinità potessero morire ; il che è una contradizione in termini teologici. […] Gli appellativi di Oreadi, Napee, Naiadi e Driadi, che si diedero alle Ninfe, indicano col loro significato a quali cose queste Dee presiedevano ; poichè derivano da greci nomi significanti monti, valli, acque, quercie, e per catacresi, ossia abusivamente o estensivamente, alberi. […] Queste nutrirono l’infante Nume col latte di una capra detta comunemente Amaltea dal nome di una di queste due Ninfe a cui apparteneva. […] E poichè Dante allude ad ambedue queste favole nella Divina Commedia, è necessario il farne qualche cenno.

18. (1841) Mitologia iconologica pp. -243

Quantunque però per queste superbe vittorie gloriosa sempre più sfavillasse la maestà del gran Giove ; pur essa oscurata venne non poco da quelle infami azioni, alle quali con ardita licenza sfacciatamente si diede. […] Collo scorrer degl’anni però, o perchè si confusero queste due Dee, o perchè credettero indispensabil dovere i Gentili di onorar la nuova Vesta, non altrimenti che onoravasi l’antica, si diedero ad effigiarne in quest’atteggiamento il ritratto. […] Nel decorso di queste era vietato tenersi senato, insegnarsi nelle scuole, intimar battaglia, o eseguir qualunque offesa. […] Ed ecco perciò il bisogno di conoscere con distinzione queste tre parti, per poterle quindi con felicità maneggiare. […] Ed ecco perchè gli Spartani fino a tal segno odiarono il lungo, ed esoso ragionare degli Asiatici, che uno di essi con prontezza preferir volle la morte alla lettnra di un libro diffuso non senza stupore del Re di Persia, che ad una di queste due pene l’aveva condannato.

19. (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -

Il nostro globo ed un altro pianeta portano il nome di queste due divinità. […] La decima parte di queste acque erano riserbate per gli Dei spergiuri. […] In queste tre divinità tutto era emblematico e tutto aveva relazione alla nascita, alla vita e alla morte degli uomini. […] Fanno alcuni queste Ninfe figlie di Cadmo. […] Ma per aver esso sostituite a queste le corde di budella molto più armoniose, il Dio, divenutone geloso, lo uccise.

20. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278

Tra queste sono meritamente celebrate l’Aminta del Tasso e il Pastor fido del Guarini, in ciascuna delle quali Favole trovasi un Satiro, che sebbene parli elegantissimamente, e spesso anche troppo leziosamente, ragiona però bestialmente, come « …. […] Questa placida Dea, come la chiama Tibullo19, e queste rozze e semplici cerimonie sarebbero rimaste ignote o presto obliate, se non fosse avvenuto che nel giorno stesso di quella festa avesse Romolo incominciato la fondazione di Roma, tracciando coll’aratro la prima cinta dell’eterna città. […] Con tali feste terminavano anticamente il loro anno i Romani ; e queste coincidevano in appresso con quelle della cacciata dei re24. […] Nell’antico calendario romano delle feste pagane il di 21 di aprile presentava queste tre indicazioni : 1ª XI. kal. majas cioè undici giorni avanti le calende di maggio, che significava, secondo l’uso latino di contare i giorni del mese, il 21 di aprile.

21. (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248

Presso queste immagini stava anche un cane, che egualmente era rispettato. […] Medusa, Stenio, ed Euriale chiamavansi queste tre sorelle, che avevano un occhio solo, ed un solo dente, che s’improntavano a vicenda. […] Achille intanto immolava all’ombra del suo amico estinto chiunque gli si opponeva : ma queste vittime erano per lui volgari : anelava di versare tutto il sangue di Ettore. […] Giunone per impedire il corso dei destini a favore di Enea propose a Venere queste nozze, che finse di acconsentirvi. […] Aconzio la vide nel tempio di Diana, e la chiedette per isposa ai suoi parenti : ma si oppose Cidippe a queste nozze.

22. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114

Aveva Apollo il titolo di Musagete (condottier delle Muse), quando consideravasi come il maestro di queste Dee. […] In Dante poi era sì grande e sì fervente il culto per queste Dee, che per loro, dice egli stesso, soffrì la fame e la sete, e si privò del sonno : « O sacrosante vergini, se fami, « Seti e vigilie sol per voi soffersi, « Cagion mi sprona ch’io mercè ne chiami. » E qual’è la mercede o il premio che egli ne chiede ? […] Gli stessi nomi delle Muse, derivati dal greco indicano presso a poco colla loro etimologia il distintivo ufficio di ciascuna di queste Dee, poichè Calliope significa bella voce ; Polinnia ricca d’inni, ossia cantici ; Erato amorosa ; Clio annunziatrice ; Thalia fiorente ; Melpomene cantatrice ; Euterpe dispensiera di allegrezza ; Terpsicore danzatrice ; Urania celeste. […] Nelle parti interne della corolla del giacinto si vedono alcune fibre cosi disposte da imitare le lettere A J ; e i poeti subito inventarono che queste rappresentano l’ultima esclamazione di dolore che proferi Giacinto morente.

23. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103

Si potrebbe disputare a lungo sulla greca etimologia di queste due parole, se si trattasse di filologia ; ma in mitologia possiamo starcene tranquillamente alla opinione di quegli antichi mitologi, i quali dicono che Apollo significa unico, e Febo luce e vita 105). […] Ora devesi aggiungere che Giove vedendo la bravura di Apollo, lo incoraggiava a ferire, e gli ripeteva, come dicono i mitologi greci, le greche parole le Pai, che significano ferisci o figlio, e da queste parole trassero tanto i Greci quanto i Latini l’etimologia del nome di Pœan dato ad Apollo ; e Pœan chiamano ancora l’inno in onore di questo Dio. […] Nella invenzione della discendenza in linea retta di queste tre divinità v’è molta connessione logica di principii scientifici, che esamineremo dopo aver parlato del figlio e della nipote di Apollo secondo la Mitologia. […] Nella invenzione di queste tre Divinità che presiedono alla più felice conservazione degli esseri umani, troviamo un concetto ed un ragionamento che ha la forma di un sillogismo.

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215

Anche Michelangelo ha rappresentato le Parche in queste loro diverse occupazioni, come si vede nel suo quadro che trovasi nella galleria di Palazzo Pitti. […] Insieme con queste si annoveravano ancora la Morte, il Lutto, il Timore, la Fatica, la Povertà, la Fame e perfino la Vecchiezza, funeste divinità allegoriche, ben note in tutta la loro orrenda realtà ai miseri mortali, e delle quali perciò i poeti rammentano soltanto il nome, tutt’al più con qualche epiteto espressivo senza estendersi in descrizioni247, tranne qualche rara eccezione, come quella del Petrarca nel Trionfo della Morte. […] Vediamo ora quali di queste Divinità mitologiche stimò bene l’Alighieri d’impiegare nel suo Inferno. […] E poichè queste roccie (principalmente i graniti e alcuni porfidi), sono in parte affini alle formazioni vulcaniche, prescelsero per esse una denominazione derivata da Plutone Dio infernale che aveva maggiore affinità con Vulcano, Dio del fuoco.

25. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269

Tutte le altre sue membra son di forma umana, ma coperte di pelo caprino ; e in queste membra semibestiali alberga l’anima di un Nume immortale. […] E per non chiudere il capitolo con queste quisquilie filologiche, terminerò esponendo una solenne osservazione filosofica del celebre Bacone da Verulamio sul timor pànico. […] Son queste le precise parole di Bacone nel libro de Sapientia Veterum cap. 

26. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316

Non v’è però da spaventarsi a veder queste Meduse, perchè son piccoli animali marini gelatinosi, e fosforescenti durante la notte, nè producono altro maligno effetto, non già a vederli, ma a toccarli, che quello stesso dell’ortica, e perciò si chiamano ancora volgarmente Ortiche di mare. […] Questi nomi dati dagli Antichi a cinque delle costellazioni boreali si conservano tuttora dai moderni Astronomi, i quali ci dicono pur anco di quante stelle è formata ciascuna di queste costellazioni, cioè Perseo di 6551 ; Andromeda di 27 ; Cefeo di 58 ; Cassiopea di 60, e il Pegaso di 91. […] Una di queste stelle di color cangiante è chiamata la Testa di Medusa.

27. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194

Scelsero egregiamente gli Antichi per soggiorno delle Sirene un clima incantevole bene adattato agli attributi che a queste assegna la favola. […] Tali ci furon descritte le più terribili Orche dagli antichi poeti, quella cioè che devastò la Troade ai tempi dello spergiuro Laomedonte, e l’altra da cui Perseo liberò Andromeda : e di queste dovremo parlare lungamente a suo tempo. […] Tra i più eccellenti poeti d’ingegno divino e di mirabile fantasia l’Ariosto principalmente si dilettò di questo genere d’invenzioni ; e nel suo poema dell’ Orlando Furioso troviamo Cetacei a dovizia : « Pistrici, fisiteri, orche e balene « Escon dal mar con mostruose schiene. » E tra queste descrive il poeta più particolarmente « …… una balena, la maggiore « Che mai per tutto il mar veduta fosse : « Undici passi e più dimostra fuore « De l’onde salse le spallacce grosse : « Caschiamo tutti insieme in uno errore, « (Perch’era ferma e giammai non si mosse), « Ch’ella sia un’isoletta ci credemo ; « Così distante ha l’un dall’altro estremo. » Mirabile è poi sovra le altre la descrizione del modo con cui Orlando libera Olimpia dall’ Orca che stava per divorarla : « Tosto che l’Orca s’accostò, e scoperse « Nel schifo Orlando con poco intervallo, « Per inghiottirlo tanta bocca aperse, « Ch’entrato un uomo vi saria a cavallo.

28. (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389

Di queste la più famosa, perchè bellissima, era Medusa, e la sua maggior bellezza era nella chioma, somigliante a perfetto e biondissimo oro ; ma fra le sorelle essa sola era mortale. […] A queste isole approdò Ulisse, il quale da Eolo ebbe tutt’i venti in un grand’otre legato nella sua nave ad una catena di argento, salvo Zeffiro che spirar dovea a prospero fine di sua navigazione. […] Nell’Antologia, Venere schernendo Minerva, la punge con queste parole : L’asta e lo scudo è tuo, ma il pomo è mio . […] Giunone presedeva pure a’ matrimonii ed a tutte le cerimonie che li riguardavano ; ed anticamente i mariti chiamavan Giunoni le loro mogli, come queste, Giovi i loro mariti(1). […] Epeo, fig. di Panopeo, fu il fabbro della gran machina, sulla quale i Greci scrissero queste parole : A Minerva, protettrice delle armi, i Greci già vicini a partire questo dono consacrano.

29. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231

Vero è che queste stesse monete si ritrovarono anche dopo 100 e 1000 anni nei teschi dei sepolti cadaveri, o fra le loro ceneri, e ne furon trovate anche in bocca alle Mummie egiziane : il che dimostrò che Caronte non era tanto inesorabile quanto gli agenti delle tasse e i riscuotitori dei pedaggi e delle gabelle. […] Son queste le sue parole : « D’ogni malizia ch’odio in cielo acquista « Ingiuria è il fine ; ed ogni fin cotale « O con forza o con frode altrui contrista. […] « Da queste due, se tu ti rechi a mente « Lo Genesi dal principio, conviene « Prender sua vita ed avanzar la gente.

30. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254

Se una gran parte di queste loro idee, quali si trovano espresse e rappresentate dai loro poeti, ci sembrano fantastiche e strane, essi forse potrebbero dir come Dante : « Mirate la dottrina che s’asconde « Sotto ’l velame degli versi strani. » I loro filosofi per altro furono i primi a ridurle al. loro più vero significato, sceverandole dalle fantasmagorie della immaginazione e dalle assurde credenze del volgo ; e così insegnarono a noi come doveva intendersi e studiarsi la loro Mitologia. […] Andando su queste traccie, riesce più facile o almeno più probabile la spiegazione di molte idee mitologiche degli antichi Pagani ; e facendo tesoro delle interpretazioni che hanno date alle medesime, non solo i nostri poeti, e principalmente l’Alighieri, ma pur anco i filosofi di maggior fama, possiamo almeno conoscere quale opinione avessero dell’antica sapienza contenuta nella Mitologia gli uomini più grandi e più sommi.

31. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-

Ma quando la romana costanza che trionfò di tutti gli ostacoli e di tutte le più dure prove non fu abbastanza forte contro le prosperità e le ricchezze, e si lasciò vincer da queste, le idee morali cominciarono ad esser neglette ed obliate, e la religione stessa perdè il suo prestigio e la sua dignità, e non servì più allo scopo altamente sociale per cui fu istituita. […] Contemporaneamente a queste prime apoteosi sorgeva e ben presto diffondevasi una nuova religione, i cui seguaci destarono l’ammirazione di tutti per la bontà e santità della vita : e questo parve un gran miracolo in mezzo a società così corrotta ; questo richiamò l’attenzione di tutti sulla nuova religione del Cristianesimo, perchè dagli ottimi effetti morali che quella produceva ne’suoi seguaci inducevasi la convinzione che ottime esser dovessero le massime che essa insegnava.

32. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320

La più celebre e memorabile di queste imprese fu quella della Chimera, mostro che avea la testa di leone, il corpo di capra e la coda di serpente, ed inoltre gettava fiamme dalla bocca e dalle narici. […] Su queste stesse idee di Iobate eran fondati nei secoli barbari del Medio Evo i così detti Giudizi di Dio, pretendendosi che la Divinità dovesse sempre intervenire a dar la vittoria all’innocente e a far perdere il reo.

33. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510

Nè gli Egiziani si contentavano di adorare queste due Divinità sotto la forma dei suddetti animali, ma tenevano nel loro tempio e prestavano il loro culto ad un bue vivente a cui davasi il nome di Bue Api. […] Con queste stravaganti cerimonie volevasi alludere alla favola o tradizione Egizia che Tifòne avesse ucciso segretamente il suo fratello Osiride ; e che questi poi fosse trasformato in bove.

34. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91

Quali fossero queste Divinità, e come i pianeti che ne prendono il nome fossero situati e girassero, secondo che gli Antichi credevano, intorno alla Terra, lo abbiamo già detto nel Cap. […] Ora convien parlare delle Divinità che dirigevano il Sole e la Luna, e parlarne a lungo, prima in generale, e poscia particolarmente, perchè la fantasia dei mitologi e dei poeti non venne meno così per fretta a inventar miti fantasmagorici e dilettevoli su queste due Divinità, alle quali diedero il nome di Apollo e di Diana, che poi identificarono col Sole e colla Luna.

35. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143

Anche le colonie Romane adoravano Marte come loro Dio protettore : e tra queste Firenze che non fu già tutta plasmata da « ….quell’ingrato popolo maligno « Che discese di Fiesole ab antico « E tiene ancor del monte e del macigno, » ma vi fu mista ancora « …….la sementa santa « Di quei Roman che vi rimaser, quando « Fu fatto il nido di malizia tanta. » (Inf. […] Avendo egli presenti alla mente queste osservazioni, se ne valse per fare una bellissima similitudine nel Canto ii del Purgatorio : « Ed ecco, qual sul presso del mattino, « Per li grossi vapor Marte rosseggia « Giù nel ponente sopra il suol marino ; « Cotal m’apparve, s’io ancor lo veggia, « Un lume per lo mar venir sì ratto, Che’l muover suo nessun volar pareggia. » 173.

36. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38

Ma il nostro Dante fa una gran tara a queste poetiche iperboli, dicendo : « Lo secol primo quant’oro fu bello ; « Fe’ savorose per fame le ghiande, « E nettare per sete ogni ruscello. » Ammette sì la felicità di una vita semplice e innocente ; non la contorna però d’ozio e di squisiti cibi gratuiti ; ma ne pone per base la frugalità e per condimenti la fame e la sete. […] Da queste idee poetiche nacque il proverbio che il mondo peggiorando invecchia 33).

37. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151

Ma ambedue queste origini così diverse son talmente confuse e amalgamate nei poeti posteriori, che attribuiscono e l’una e l’altra indifferentemente e congiuntamente a Venere, come se fosse possibile il nascere in due modi e l’avere due diverse madri. Il solo punto di contatto fra queste due opinioni, e che serve di transizione dall’una all’altra è questo, che essendo Dione una Dea marina, e Venere sua figlia nata nel mare, e comparsa per la prima volta nel mondo alla superficie delle onde spumanti, fu detto figuratamente che era nata dalle onde del mare per dire che era uscita da quelle.

38. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68

XII La Titanomachia e la Gigantomachia Per intender bene le vere cause di queste guerre convien risalire al patto di famiglia fra Titano e Saturno, la cui violazione produsse nel Cielo la prima guerra fraterna che terminò colla prigionia di Saturno e di Cibele (vedi il n° VI). […] Ma poichè queste si rassomigliano come due successive ribellioni domate e compresse, furon dai poeti riunite le strane vicende di entrambe in una sola narrazione, e come se fossero una sola guerra.

39. (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387

Plutarco vuole, che queste Feste si celebressero in onore di Bacco e di Arianna(h). […] Per tutte queste diverse instituzioni meritò il titolo di secondo fondatore d’Atene(a). […] Le di lui braccia si trovarono intricate nelle maniche, perchè di queste n’erano chiuse le aperture. […] Il compasso dimostra, che ciascuno dee misurare le proprie facoltà, e secondo queste intraprendere le spese. […] Ivi le statue di queste Divinità al dire di Macrobio si muovevano da se sole, e i loro diversi movimenti indicavano, se si potevano consultare le Sorti.

40. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27

Personificato il Cielo, ossia considerato come una persona divina, si pensò a personificare analogamente le altre parti o forze dell’Universo ; e poi perchè queste divine persone riuscissero intelligibili e paressero possibili al volgo, attribuirono ad esse bisogni, abitudini, idee e passioni come alle persone di questo mondo.

41. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9

Ma questo non toglierà che sia sempre necessaria la cognizione della Mitologia greca e romana, nella guisa stessa che la Paleontologia presuppone ed esige la cognizione precedente della storia naturale, perchè è impossibile il dedurre da frammenti di esseri organici fossilizzati, da secoli e secoli non più viventi sulla faccia della terra, la loro antica forma, i loro istinti, le loro abitudini e le loro leggi di vitalità, senza aver prima di queste stesse cose cognizioni esatte negli esseri organizzati viventi.

42. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24

Da queste idee pagane del Fato e della predestinazione derivò in filosofia il Fatalismo, il creder cioè e l’asserire che le nostre azioni non sono libere, ossia non dipendono dalla nostra libera volontà, ma da legge irrevocabile e da forza insuperabile del destino, come i fenomeni fisici.

43. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72

. — Di queste esiste soltanto la seconda, cioè : Prometeo incatenato.

44. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308

Ora in queste diverse imprese trovansi rammentati quasi tutti gli Eroi di cui si ha notizia, e talvolta in una son nominati i padri e nell’altra i figli ; e di qualche eroe che intervenne a più d’una è detto in quale di esse egli era più giovane, in quale più vecchio : dal che deducesi senza tema di errare l’ordine cronologico di quelle imprese.

45. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19

Anche i teologi cristiani trattano della Natura divina e della Natura umana, e inoltre dell’unione ipostatica di queste due nature.

46. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59

Da queste idee filosofiche derivò il titolo di Ottimo Massimo che davasi a Giove dai romani politeisti ; e Cicerone stesso spiega questi due attributi colle seguenti parole : « Il popolo romano chiamò « Giove Ottimo per i suoi benefizii e Massimo per la sua potenza » 59.

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