Commise pertanto a’suoi seguaci di cercare acqua da qualche sorgente vicina. […] La sola Eride, detta da noi Discordia, n’era stata omessa, per timore che’ vi cagionasse qualche disordine. […] Era altresì costume de’Greci l’offerire come in sacrifizio la loro prima capigliatura a qualche fiume. […] Ei temette, che la di lui lontananza avesse prodotto qualche cangiamento nell’ animo di Procride, e volle egli stesso esperimentarne la fedeltà. […] In quel momento alcune frondi, cadute dà un albero con istrepito, gli fecero credere, che fosse qualche fora.
Le Ninfe Oceanine, così chiamate perchè figlie dell’Oceano e di Teti, erano, secondo Esiodo, 3000 ; e solamente di 41 ce ne dice il nome, di cui farò grazia al lettore, riserbandomi a nominarne qualcuna a tempo e luogo, quando cioè converrà raccontare che prese marito e fu madre di qualche altra Divinità. […] Queste Ninfe, che eran qualche centinaio, hanno or l’uno or l’altro nome, cioè di Doridi derivato dalla madre, o di Nereidi dal padre ; ma il secondo è il più comunemente usato dai poeti, i quali annoverano fra le Nereidi la stessa Amfitrite moglie di Nettuno e la ninfa Teti madre di Achille. […] Ai naturalisti, per quanto pare, è molto piaciuto questo nome mitologico di Nereidi, poichè si trova che più e diversi di loro lo hanno assegnato (al solito con qualche aggettivo di specificazione) a molti generi e famiglie di Annelidi e simili animali marini. Oltre le Divinità native o indigene, ammettevano nel mare i mitologi anche qualche Divinità avventizia o ascitizia, vale a dire trasumanata 220) dalla mortal condizione e natura. […] Dante volendo raccontare che egli nell’ascendere al Cielo con Beatrice si sentì trasumanato e sospinto da forza soprannaturale verso il Cielo, ed in sì breve tempo, « ….. in quanto un quadrel posa « E vola, e dalla noce si dischiava, » trovò a proposito di citar l’esempio di Glauco per offrirci qualche immagine più sensibile del suo concetto : « Nel suo aspetto (di Beatrice) tal dentro mi fei « Qual si fe Glauco nel gustar dell’erba, « Che il fe consorto in mar cogli altri Dei »223.
LXX Delle Divinità straniere adorate dai Romani Se per divinità straniere adorate dai Romani si dovessero intendere tutte quelle che non furono inventate dai Romani stessi, converrebbe dire che le più di esse fossero straniere, fatte poche eccezioni di Divinità Italiche e dell’apoteosi di qualche Virtù e di qualche Vizio, come abbiamo notato nel corso di questa Mitologia. […] Per altro raramente i poeti greci e i latini rammentano qualche divinità delle altre nazioni, e solo alcuni di loro fanno un’eccezione per le principali Divinità Egiziane, che sono Osìride, Iside ed Anùbi. […] viii della Farsalia : « Nos in templa tuam Romana accepimus Isim. » Di questa Dea eran devote principalmente le donne ; tra le quali è rammentata da Tibullo la sua Delia, che passò ancora qualche notte avanti le porte del tempio d’Iside a pregar la Dea per la salute di Tibullo stesso che era infermo in Corfù.
Molte di quelle Ninfe a cui fu dato un nome proprio dai Mitologi e dai poeti furono da noi rammentate sinora : qui torna in acconcio di far parola di qualche altra che non troverebbe luogo più opportuno altrove. […] E poichè Dante allude ad ambedue queste favole nella Divina Commedia, è necessario il farne qualche cenno. […] I Botanici anch’essi nel determinare la nomenclatura delle piante aquatiche si ricordarono di aver trovato nella Mitologia, o in qualche classico, certe Ninfe dell’acqua, o che stavano nell’acqua, (il nome preciso di Naiadi non pare che lì per lì lo avessero ben presente) e si affrettarono a chiamar Ninfèa una pianta aquatica (detta altrimenti Nenufar e volgarmente giglio degli stagni), e ne fecero il tipo della famiglia delle Ninfacee, ossia delle piante erbacee aquatiche congeneri alla Ninfèa. […] Questo corno fu detto in latino cornucopia, e in italiano più comunemente il corno dell’abbondanza, come significa la parola latina. — A Giove stesso fu dato dai Greci l’appellativo di Egioco, che alcuni interpretano nutrito dalla Capra ; il qual termine per altro non fu adottato dai Latini, e l’usò soltanto qualche moderno poeta italiano.
Favoriva sì e proteggeva essa quei popoli che le erano più devoti, come gli Argivi, i Samii, i Cartaginesi ; ma guai a coloro che avessero la disgrazia di dispiacerle, specialmente poi se Giove o qualche Dea sua nemica li proteggesse, o fossero parenti od anche soltanto connazionali di qualche donna preferita da Giove. […] Giove prediligendo la Ninfa Io figlia d’Inaco re d’Argo, per sottrarla alle investigazioni ed alle persecuzioni di sua moglie, la trasformò in vacca ; ma Giunone non vedendo più in alcun luogo la figlia di Inaco, sospettò di qualche frode, e chiese in dono al marito quella giovenca, che Giove non potè negarle per non scuoprirsi. […] Questo mito è un anello di congiunzione fra la Mitologia classica e il Feticismo egiziano, e rende qualche probabile ragione di così strano culto, come osservammo pur anco nella guerra dei Giganti, quando gli Dei che ebber paura si trasformarono in bestie.
Bacco (146) fu men codardo, poichè presa la figura d’un leone, combattè per qualche tempo con intrepidezza, animato da Giove che di continuo gli gridava : Coraggio, figlio mio, coraggio ! […] Per qualche giorno le parve un incanto la vita ; ma per far piena la sua felicità bisognava conoscere l’autore di tanti doni e di tanti prodigj. […] Di rado nel pennecchio di Cloto si vedeva apparire qualche filo di seta o d’oro, simbolo della felicità che pochi mortali sanno procacciarsi. […] Forse gli antichi vollero celebrare in questa fatica il prosciugamento di qualche pestifera palude. […] Troppo ci vorrebbe a descrivere tutte le memorabili azioni compite con questo generoso proponimento, perchè ogni paese e quasi ogni città della Grecia andavan lieti d’aver vista qualche maravigliosa prova del suo valore.
Quindi, benchè d’ora in avanti s’inaridisse per qualche secolo (e non sarebbe un gran danno) la vena poetica degli italiani, o si abolisse (come fu inutilmente tentato un mezzo secolo indietro),. l’uso della Mitologia nei futuri poetici componimenti, resteranno pur sempre necessarie le cognizioni mitologiche per bene intendere il linguaggio poetico di quei sommi, « che non saranno senza fama, « Se l’universo pria non si dissolve. » La Divina Commedia principalmente, che sin dai primi anni della ricuperata indipendenza dagli stranieri, è divenuta il libro nazionale degl’Italiani, esige tra le altre infinite cognizioni anche quelle della Mitologia. […] E quando nel dar la spiegazione di qualche mito o favola non v’è da citare qualche verso o espressione di Dante, riporto esempii di altri poeti italiani, quali sono il Petrarca, il Poliziano, l’Ariosto, il Tasso, il Monti e il Foscolo.
Anzi ne deriva al tempo stesso la spiegazione come avvenga che talvolta in qualche Classico latino si annoverano tra gli Dei Penati taluni degli Dei superiori o maggiori, come Giove, Marte, Nettuno ecc. […] Vero è che potrebbe citarsi ancora qualche esempio in contrario ; ma qualche rara eccezione non distrugge mai la regola generale ; e a sostegno di questa terminerò coll’ esaminare una filosofica osservazione di Cicerone, nel lib.
L’esistenza d’isole galleggianti è un fatto storico e geografico, poichè se ne trovano tuttora alcune poche in qualche lago, in qualche palude ed anche in qualche fiume, non però nel mare.
Riconobbero però facilmente che la maggior parte di questi Dei eran molto turbolenti, producendo in mare orribili tempeste, e sulla terra bufere e devastazioni ; e che perciò v’era bisogno che fossero sottoposti a qualche altra più potente divinità che li raffrenasse ; diversamente, come dice Virgilio, « ….. […] Soltanto del più impetuoso e del più mite fra loro, cioè di Borea e di Zeffiro, narrano brevemente qualche fatto. […] Poichè tutti i poeti epici han per costume di descrivere qualche tempesta in cui inevitabilmente incappano sempre i loro protagonisti o altri dei più famosi eroi, perciò Eolo ed i Venti figurano molto in tali descrizioni dei poeti pagani, e principalmente in Omero e in Virgilio.
Le Feste Caristie erano un solenne convito fra i parenti ed affini che si riunivano annualmente in questo giorno alla stessa mensa, non solo in attestazione e conferma del loro reciproco affetto, ma principalmente per avere occasione di sopire in mezzo alla comune letizia qualche discordia che fosse nata fra taluni di loro nel corso dell’anno. […] Peraltro i moderni Filologi che rivaleggiano coi Paleontologi a ricostruire con frammenti fossilizzati gli esseri preistorici, si sono impossessati di questo vocabolo Summanus, e raccogliendo qualche altra indicazione che si trova di questo Dio e in Varrone e in Festo e negli Acta fr. […] Non ha fatto dunque il Preller una nuova scoperta, ma soltanto ha dimostrato con qualche altro documento esser la più vera l’asserzione di Plinio168.
La vita futura sarà uno stato di rimunerazione secondo le opere di ciascuno. » Sembran parole copiate da qualche libro di Teologia cristiana ! […] Perciò Dante oltre al chiamarli Demonii e Diavoli, li chiama ancora angeli neri, come nel Canto xxiii dell’ Inferno : « Senza costringer degli angeli neri, « Che vengan d’esto fondo a dipartirci. » Nelle Belle Arti spesso i Genii dei Pagani furono rappresentati in figura d’imberbi giovanetti colle ali come Cupido, e allora potrebbero facilmente confondersi cogli Angeli dei Cristiani ; ma per altro hanno quasi sempre qualche distintivo, perchè per lo più tengono nelle mani la patera o il cornucopia. […] Io citerò qui, come esempii, alcuni versi del Cecchi, del Parini, del Monti, del Manzoni, e del Giusti, in cui trovasi usato il vocabolo Genio in più e diversi significati ; e confinerò qualche prosaica osservazione filologica in una nota, essendo più che persuaso, convinto, che la poesia è più generalmente gradita che non la filologia.
Sarebbe perciò troppo lungo discorso e monotono il parlar di tutti particolarmente ; ed io credo che invece basterà descriverne tre o quattro dei principali e più famosi, e passar leggermente sugli altri con qualche osservazione che sia ad essi comune. […] Gli Oracoli si rendevano in un sotterraneo del tempio, inaccessibile a tutti i profani, ed ove ammettevasi soltanto qualche devoto che ne avesse ottenuto dai sacerdoti il permesso. […] Lo stesso Machiavelli dice chiaramente e senza bisogno d’interpretazione : « Fra tutti gli uomini laudati sono laudatissimi quelli che sono stati capi e ordinatori delle religioni. » E dopo avere attribuito gradatamente qualche parte di laude maggiore o minore secondo la diversa importanza a tutte le altre occupazioni ed arti utili alla umana società, aggiunge con forza mirabile di convinzione : « Sono, per lo contrario, infami e detestabili gli uomini destruttori delle religioni, dissipatori de’regni e delle repubbliche, inimici delle virtù, delle lettere e d’ogni altra arte che arrechi utilità e onore alla umana generazione, come sono gli empii e i violenti, gli ignoranti, gli oziosi, i vili e i da poco.
Troppo lungo e monotono sarebbe il racconto di tutti e singoli gl’incidenti, che per lo più son comuni alla maggior parte dei viaggi marittimi narrati dai poeti, come, per esempio, qualche tempesta, qualche combattimento coi popoli delle coste marittime o delle isole, qualche pericolo di scogli o di sirti ; in quella vece ci arresteremo piuttosto a riferire un episodio di nuovo genere, imitato anche dall’Ariosto, e rammentato più d’una volta dall’Alighieri, cioè la liberazione del re Fineo dalle Arpie.
Insieme con queste si annoveravano ancora la Morte, il Lutto, il Timore, la Fatica, la Povertà, la Fame e perfino la Vecchiezza, funeste divinità allegoriche, ben note in tutta la loro orrenda realtà ai miseri mortali, e delle quali perciò i poeti rammentano soltanto il nome, tutt’al più con qualche epiteto espressivo senza estendersi in descrizioni247, tranne qualche rara eccezione, come quella del Petrarca nel Trionfo della Morte. […] Generalmente qualunque poeta in questa vastissima regione immaginaria crede di avere scoperto qualche cosa di nuovo, e non la nasconde al lettore ; ed anche i pittori si sbizzarriscono a rappresentare il Sonno ed i Sogni secondo la loro fantasia ; e lo stesso Vasari, ne ragiona ex-cathedra nelle sue Vite.
A costoro noi rispondiamo, che oltre di esserei fatti, per quanto ci sappiamo, per un sentiero vergine, ancora e tutto nuovo, la natura istessa dell’ argomento chiede, siffatto dettato, siffatti concetti, siffatte immagini ; ed aggiungiamo, per toglierci da tali censure : che le umane, virtù di rado sorgono senza innestarsi con qualche vizio. […] Perciocchè nè in un’opera così preclara e piena di tanta dignità ardiscono sotto il nome degl’ Iddii e delle Dee attribuirne qualche parte alla Dea Cloacina(2), o a Volupia, che dalla voluttà si ebbe questo nome ; o alla Dea Libentina, che fu così detta dalla libidine ; o al dio Vagitano, che presiede a’vagiti degl’infanti ; o alla dea Cunina, che tutela le cune di loro…… Nè stimarono commettere ad un solo nume la tutela de’ campi ; ma rura alla dea Rusina ; le giogaie de’monti al dio Giogatino ; i colli alla dea Collina ; le valli a Vallonia. […] Proserpina fu tenuta per impero di Giove a rimanersi per sei mesi con Plutone nell’inferno e per altrettanti con Cerere su la terra — con questo indicavasi, che il frumento mandato alla terra vi resta seppellito per qualche tempo, e non si vede useir fuori e pullulare, che nella stagione di primavera. […] Già tu pure in qualche parte conosci ancora questa : ciascuna parte e di quà e di là ha due facciate, tra le quali l’una ha le mire al popolo, l’altra al lare. […] Ma per venir meglio a’particolari su la interpetrazione di questo milo, aggiungiamo, voltandole nella nostra favella, le parole di Macrobio — Sonovi, ei dice(1), taluni, che vogliono esser Giano lo stesso che il sole e Diana, e che rappresentasi bifronte come padrone dell’una e dell’altra parte del Cielo, schiudendo il giorno col sorgere, e col suo tramonto dandogli termine ; e solevasi prima di ogni altro invocare quando si celebravano sacri riti qualche Dio, onde per lui si desse l’accesso a quel Nume, cui sacrificavasi, come se egli trasmettesse per le sue porte a gli Dei le preci dei supplicanti.
Come Dio della guerra ci dipingevasi tutto armato; e ne’ sacrificii a lui offerivasi il toro, il verre e l’ ariete, e qualche volta il cavallo. […] Apuleio descrive a lungo la favola di Amore e Psiche, il cui ristretto si è che essendo Psiche bellissima, Venere di lei gelosa spedì Amore, perchè le spirasse passione per qualche oggetto di lei indegno. […] Fu amata perdutamente da Glauco, il quale ricorse a Circe per ottenere da lei qualche incantesimo, onde essere da Scilla riamato. […] Da questo, si passò al culto del Fuoco, dell’ Aria, e de’ Venti, del Mare e dei Fiumi, della Terra e de’ Monti, e finalmente a quello degli Uomini che per qualche straordinaria azione si erano resi illustri. […] Un mucchio di sassi coperti d’ erbe ò di fronde in aperta campagna, o in qualche luogo elevato era l’ altare, sul quale agir Dei rappresentati da un sasso informe o da’ un tronco offerivansi 1 frutti della terra, e non più.
LXVII L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii I Greci ed i Romani politeisti, oltre all’aver deificato tutti i fenomeni fisici e morali, come abbiam detto, attribuirono a queste Divinità pregi e difetti, virtù e vizii come agli esseri umani ; quindi vi furono divinità benefiche e divinità malefiche, come vi sono uomini buoni e malvagi ; ed anche le migliori divinità ebbero qualche difetto, come la stessa Minerva dea della Sapienza, della quale dissero che ambì il premio della bellezza, e, non avendolo ottenuto, si unì con Giunone a perseguitare per dispetto Paride ed i Troiani. […] Questa facoltà poetica di rappresentare con descrizioni o con immagini sculte o dipinte qualunque virtù, qualunque vizio, qualunque idea astratta non è già spenta negli uomini dei nostri tempi ; anzi vedesi sempre rinnuovata non solo nelle moderne poesie, ma pur anco nei monumenti ove le Virtù civili e militari, ed anche le religiose, sono rappresentate per mezzo di figure umane accompagnate da oggetti simbolici che ne suggeriscono il significato ed il nome, senza bisogno di scriverlo sulla base delle medesime o in qualche parte delle loro vesti o dei loro ornamenti.
I moderni, dopo l’invenzione del telescopio, scoprirono molti altri pianeti, e ai primi e principali da loro scoperti diedero il nome degli altri Dei superiori, esclusi soltanto l’Orco, ossia Plutone, Bacco e il Genio ; e poi ricorsero anche ai nomi delle divinità secondarie o inferiori ; e ora a quei pianeti che scuoprono di mano in mano quasi tutti gli anni, e qualche volta più d’uno all’ anno, attribuiscono un nome pur che sia ; e qualcuno dei più celebri scienziati, a preghiera dell’ astronomo scopritore, propone il nome da darsi al neo-scoperto pianeta ; il qual nome è subito comunicato a tutto l’orbe scientifico che lo registra premurosamente in tutti i suoi periodici e in tutte le carte uranografiche coi connotati caratteristici e distintivi, ossia con tutti quegli elementi astronomici che furono sino allora osservati e calcolati. […] Questo compenso preso dai più celebri poeti latini, e adottato dai poeti italiani, rese possibile il formarsi qualche idea meno confusa della classica Mitologia.
» Quindi egli non accetta l’opinione di qualche strambo mitologo, che Minerva fosse vinta, e per dispetto percuotesse Aracne e la trasformasse in ragno. […] Il nome di Minerva fu usato dai poeti latini (e spesso anche dai prosatori) a significare per metonimia l’ingegno naturale, e vi si univa qualche epiteto o aggettivo per indicare se era pronto e facile, oppure rozzo, ottuso, tardo o restìo171.
Anche la trasformazione di Cadmo in serpente era tanto famigerata presso gli antichi Pagani che talvolta fu rappresentata perfino sulla scena : il che non dovrà recar maraviglia, ripensando che anche ai tempi nostri si è veduto rappresentare in qualche spettacolo Nabuccodonosor trasmutato in bestia coram populo. […] Anche gli altri nobili greci pretendevano di esser discesi da qualche eroe mitologico, e la maggior parte da Perseo.
Le risposte degli auguri avevano quattro sorgenti primarie : 1° i fenomeni celesti, come i venti, il fulmine, i lampi, le comete e gli ecclissi ; 2° il volo e il canto degli uccelli ; 3° il modo di beccare dei polli sacri a qualche Nume : se non volevano uscir di gabbia nè cibarsi, il presagio era funesto ; se divoravano i grani e raccoglievano quelli sgusciati dal becco, favorevole ; 4° infine gli auguri traevan prognostici da molte altre combinazioni, come dall’arrovesciarsi d’una saliera, da uno starnuto, da uno strepito insolito, da un incendio, da una candela che si spengesse senza motivo apparente, da un topo che rodesse i mobili, dall’incontro di una serpe, di una lepre, di una volpe, ec. ! […] Flamini,4 sacerdoti istituiti da Numa, e destinati al culto di qualche deità in particolare.
VII Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio Poichè i mitologi, e specialmente i poeti latini, ci raccontano che Saturno esiliato dal Cielo si fermò in Italia alla corte di Giano su quel celebre colle che tuttora chiamasi Gianicolo (abitazione di Giano) ; ed essendo questa la prima volta che noi troviamo un Dio che abita e conversa familiarmente con gli uomini, convien premettere qualche osservazione sull’origine della specie umana. […] O Marco mio, bene argomenti. » Qui osserverò una volta per sempre che alle erronee o pregiudicate opinioni bisogna sempre opporre le contrarie sentenze per rettificarle : diversamente la nuda erudizione che non sa far confronti e dedurne logiche conseguenze è peggio che inutile per l’umano progresso ; e quel tempo che si perde in vanità e quisquilie letterarie, saria meglio impiegarlo « ….. in qualche atto più degno « O di mano o d’ingegno, » come suggerisce il Petrarca.
Ma neppure il termine di Artofilace andò perduto o dimenticato nella poesia italiana ; e chi mai non si allontani da qualche cara cosa o persona fu detto che egli le sta sempre come Artofilace all’Orse (secondo la frase dell’Ariosto), appunto perchè questa costellazione è vicinissima a quelle, e di certo non si scosta mai da quel posto. […] Ed ora dove sorgeva quel tempio e la stessa popolosa città di Efeso, che a tempo dell’imperator Teodosio II fu sede di due Concilii Ecumenici, non trovasi che qualche lurida capanna mezzo sepolta in una pianura paludosa da cui sollevansi esalazioni deleterie dell’organismo vitale !
Ecco, ci dicono i mitologi, perchè gli Egiziani adoravano come Dei tante bestie, ed anche qualche vegetabile75). […] Chiunque legge con attenzione e riflette su quel che ha letto, quntunque egli sia nuovo alle scienze, pure facendo uso soltanto del lume naturale della ragione, dirà a sè stesso o a qualche chimico : Ma dunque se dite che v’è lo zolfo nativo, parrebbe che vi dovesse essere anche lo zolfo non nativo, ossia procurato con mezzi artificiali per l’industria dell’uomo !
Con questo concetto e sotto questo punto di vista furono introdotti i Satiri nelle Belle-Arti, quando cioè si volle rappresentare qualche cosa di giocoso e di bizzarro. […] In pittura e in scultura neppur Sileno si rappresenta mezzo capro, ma con forme ordinarie d’uomo, e solamente vi si aggiunge qualche distintivo, come l’ellera, i corimbi, l’uva, i pampini, il tirso, ecc.
Per questa stessa ragione che anticamente le poesie erano cantate e accompagnate dal suono di qualche musicale istrumento, tutti coloro che compongono poesie dicono sempre che cantano, ancorchè scrivano soltanto o belino versi da fare spiritare i cani, e da cantarsi al suon d’un campanaccio, come diceva scherzevolmente il Redi124. […] Urania coronata di stelle, cogli occhi rivolti al cielo, avendo presso di sè un globo celeste e in mano qualche stromento matematico.
Se qualche pericolo v’era anticamente, o perchè il vortice e i flutti fossero più impetuosi, o per la imperizia degli antichi navigatori, certo è però che nei tempi moderni nessun più ne teme, anzi di pericoli non se ne parla nemmeno. […] In tutto il rimanente questa descrizione par tratta da qualche libro moderno di Storia Naturale, sol che all’àncora si sostituisca il rampone al quale è attaccata la lunga fune che si tiene fissata alla nave, e se è possibile anche alla spiaggia.
Così, per citarne qualche esempio, usa l’Ariosto le seguenti espressioni mitologiche a significare che per chi aspetta sembra che il tempo non passi mai : « In quel duro aspettare ella talvolta « Pensa ch’Eto e Piroo sia fatto zoppo, « O sia la ruota guasta, che dar volta « Le par che tardi, oltre l’usato, troppo. » (Orl. […] Come poi facesse per ritornar nella notte dalla parte d’Oriente, i più antichi poeti, Omero ed Esiodo, l’hanno prudentemente taciuto : soltanto in appresso qualche mitologo inventò che il Sole, dopo di essersi riposato nel palazzo di Teti, entrava in fondo ad una nave d’oro col suo carro ed i suoi cavalli, ed era trasportato velocissimamente per mare, girando a settentrione, per ritornare in tempo la mattina all’Oriente.
Per dare anche a questa un qualche ufficio fu inventato che presiedesse al fuoco, il quarto degli elementi del Caos ; e siccome il fuoco nulla produce, fu detto che Vesta minore non prese marito e fu Dea della castità.
Parve esorbitante e tirannico questo supplizio agli stessi Dei, che inoltre rimasero indispettiti delle pretese di Giove di arrogarsi per sè solo la facoltà di creare gli uomini ; ma invece di protestare con parole o con dimostrazioni clamorose, asserirono il loro diritto, esercitandolo di fatto e creando una donna fornita di tutte le più rare doti di corpo e di spirito, la quale chiamarono Pandora, che in greco significa tutto dono, perchè tutti avevano contribuito a darle qualche particolar pregio.
Ora in queste diverse imprese trovansi rammentati quasi tutti gli Eroi di cui si ha notizia, e talvolta in una son nominati i padri e nell’altra i figli ; e di qualche eroe che intervenne a più d’una è detto in quale di esse egli era più giovane, in quale più vecchio : dal che deducesi senza tema di errare l’ordine cronologico di quelle imprese.
Il viaggio di andata e ritorno era un po’ lungo e richiedea qualche mese di tempo : talchè quando giunse in Roma la statua della Dea, il morbo pestilenziale, già pago delle vittime fatte a suo bell’agio, era cessato.
Ben io t’affermo « Che nè bellezza gli varrà nè forza « Nè quel divin suo scudo, che di limo « Giacerà ricoperto in qualche gorgo « Voraginoso.
Indicazione delle epoche principali e meno incerte della storia antica, le quali hanno qualche relazione coi fatti ricordati dalla favola mitologica.
Di Marte infatti si raccontano diversi aneddoti poco edificanti ; basti il dire che quando accadeva qualche fatto scandaloso, si attribuiva subito a Marte : sì poco buona stima si aveva di lui per morale condotta !
Quantunque abbiamo trovato prima d’ora, e troveremo anche in appresso, qualche Divinità che, a giudicarne dalla forma, si prenderebbe piuttosto per un mostro di natura che per un essere soprannaturale, il Dio Pane richiama maggiormente la nostra attenzione per gli uffici che gli furono attribuiti, e per quanto ragionan di lui non solo i poeti, ma anche gli storici e i filosofi.
Rappresentavasi come un giovane maggiore di qualche anno del suo fratello Cupido, con volto serio e riflessivo, perchè non v’è cosa più seria, e che dia più da pensare, del matrimonio ; con una face ardente nella destra, simbolo del mutuo affetto degli sposi ; e nella sinistra le auree catene a significare i vincoli e gli obblighi del matrimonio, catene, d’oro ma catene per sempre.