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14. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103

Molti e molto diversi sono gli uffici attribuiti a questo Dio ; e perciò li divido in due gruppi, riunendo tra loro quegli uffici che sono più affini ; e fo centro del 1° gruppo il Dio del Sole, e del 2° il Dio della Poesia. […] Le dodici Ninfe poi che danzano intorno al carro rappresentano le Ore del giorno ; le quali sebbene soltanto per gli equinozii sieno precisamente dodici, non sono però ragguagliatamente più di dodici un giorno per l’altro in tutto l’anno ; e per gli antichi Romani v’era inoltre una ragione speciale riferibile all’uso che avevano di dividere il giorno vero, ossia il tempo della presenza del sole sull’orizzonte, in dodici ore soltanto. […] Si conoscono ancora in astronomia sotto la denominazione comune di segni del zodiaco ; e i loro nomi particolari sono i seguenti : L’ariete, il toro, i gemelli, il cancro, la libra o bilancia, lo scorpione, il sagittario, il capricorno, l’aquario, e i pesci 110). […] Apollo rappresenta il principio generale delle forze della natura, che sono il primo e più sicuro fondamento della conservazione della salute ; Esculapio la scienza medica che fa l’applicazione delle cognizioni teoriche all’arte salutare, ed Igiea la conseguenza che ne deriva, che è la più felice e la più durevole conservazione della salute. […] La famosa Scuola Salernitana, di cui si citano tanti aforismi latini, che si odono spesso come proverbii sulle labbra di molti, suggerì tra gli assiomi generali il seguente : « Si tibi deficiant medici, medici tibi fiant « Hæc tria : mens hilaris, requies moderata, diæta. » E il celebre igienista Michel Lévy dichiara nella sua grand’ opera dell’ Igiene, che questo ed altri assiomi generali « sono la parte più sana della raccolta di massime della Scuola di Salerno. »

15. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496

LXVII L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii I Greci ed i Romani politeisti, oltre all’aver deificato tutti i fenomeni fisici e morali, come abbiam detto, attribuirono a queste Divinità pregi e difetti, virtù e vizii come agli esseri umani ; quindi vi furono divinità benefiche e divinità malefiche, come vi sono uomini buoni e malvagi ; ed anche le migliori divinità ebbero qualche difetto, come la stessa Minerva dea della Sapienza, della quale dissero che ambì il premio della bellezza, e, non avendolo ottenuto, si unì con Giunone a perseguitare per dispetto Paride ed i Troiani. […] Quegli antichi Romani per altro che tanto fecero maravigliare delle loro morali virtù gli stessi Padri della Chiesa, non conobbero le assurdità della greca fantasia ; e gli antichi precetti religiosi riportati da Cicerone con antico stile nel libro ii delle Leggi, sono ben lontani dalle aberrazioni dei poeti greci e dei latini dell’ultimo secolo della repubblica, che studiarono e imitarono la greca mitologia. […] Di tutte le affezioni dell’animo, e perciò di tutte le Virtù e di tutti i Vizii, hanno gli antichi ed i moderni poeti fatto la descrizione come di tanti esseri soprannaturali, di tante divinità o benefiche o malefiche ; e a seconda di queste descrizioni si sono aiutati gli artisti a rappresentarle in scultura e in pittura. […] Il riferirne ed analizzarne le poetiche descrizioni antiche e moderne è ufficio dei professori di rettorica e belle lettere, e il descriverne le antiche e le moderne sculture o pitture appartiensi ai professori gnostici ed estetici di Belle Arti, e non al Mitologo, poichè miti speciali non vi sono in queste astrazioni, o personificazioni, o apoteosi, da raccontare. Questa facoltà poetica di rappresentare con descrizioni o con immagini sculte o dipinte qualunque virtù, qualunque vizio, qualunque idea astratta non è già spenta negli uomini dei nostri tempi ; anzi vedesi sempre rinnuovata non solo nelle moderne poesie, ma pur anco nei monumenti ove le Virtù civili e militari, ed anche le religiose, sono rappresentate per mezzo di figure umane accompagnate da oggetti simbolici che ne suggeriscono il significato ed il nome, senza bisogno di scriverlo sulla base delle medesime o in qualche parte delle loro vesti o dei loro ornamenti.

16. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215

Appartenevano perciò alla classe dei Semidei ; e di loro dovremo parlar nuovamente e più a lungo nel ragionare dei secoli eroici, che sono il medioevo fra la Mitologia e la Storia. […] Non vi mancano di certo : « Tre Furie infernal di sangue tinte, « Che membra femminili aveano ed atto, « E con idre verdissime eran cinte ; « Serpentelli e ceraste avean per crine, « Onde le fiere tempie erano avvinte. » Sono ivi pure chiamate, come nella Mitologia, Megera, Tisifone ed Aletto, e ricevono anche il greco nome comune a tutte di Erinni o Erine. […] Altri Dei e mostri mitologici non mancano nell’Inferno di Dante, anzi vi sono a iosa ; e li noteremo a tempo e luogo, cioè quando dovrà parlarsene nel corso regolare della Mitologia. […] E poichè queste roccie (principalmente i graniti e alcuni porfidi), sono in parte affini alle formazioni vulcaniche, prescelsero per esse una denominazione derivata da Plutone Dio infernale che aveva maggiore affinità con Vulcano, Dio del fuoco. Gli astronomi diedero il nome di Proserpina al 26° asteroide scoperto da Luther il 5 maggio 1853 ; ed in appresso avendone scoperti tanti altri (che sinora sono giunti a più di 130), hanno saccheggiato la Mitologia e adottato perfino il nome dell’orrida divinità infernale Ecate per darlo al 100° pianeta telescopico.

17. (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423

Che se tra le Belle-Lettere alcune ve ne sono, il di cui principalissimo oggetto è quello di costituire lo spirito virtuoso ; la Mitologia al certo, facendoci ammirare quanto di bello la Grecia spezialmente e il Lazio cantarono in versi, o in tela dipinsero, o in marmo incisero, potrobbe riuscire mezzo efficacissimo a svellere dal cuore il vizio, e a spargervi in vece il seme delle più nobili virtù ; ma quali e quanti non sono poi i racconti dalla Mitologia medesima offerti agli occhi nostri, i quali direttamente ne combattono e impediscono il bramato effetto ? […] Tra i molti, che si consecrarono al sacerdozio di Cibele, sono pur celebri i Galli, e le Vestali. […] Tra queste sono rinomate l’Eleusinie, le Misie, le Demetrie, il Floriferto, le Tesmoforie, le Proarosie o Prerosie, le Talisie, le Paganali, le Ambarvali, e la Epacte. […] Gli altri nomi, dati a Giove, sono pressochè innumerabili. […] Queste indicano, che le porte del di lui Regno sono talmente custodite, che chi v’ entra, non può più uscirne(b).

18. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252

Lo stesso Machiavelli dice chiaramente e senza bisogno d’interpretazione : « Fra tutti gli uomini laudati sono laudatissimi quelli che sono stati capi e ordinatori delle religioni. » E dopo avere attribuito gradatamente qualche parte di laude maggiore o minore secondo la diversa importanza a tutte le altre occupazioni ed arti utili alla umana società, aggiunge con forza mirabile di convinzione : « Sono, per lo contrario, infami e detestabili gli uomini destruttori delle religioni, dissipatori de’regni e delle repubbliche, inimici delle virtù, delle lettere e d’ogni altra arte che arrechi utilità e onore alla umana generazione, come sono gli empii e i violenti, gli ignoranti, gli oziosi, i vili e i da poco.

19. (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387

Molte altre sono le gloriose gesta d’ Ercole. […] Questi sono due animali, di natura affatto tra loro contrarj. […] L’una e l’altro sono animali fedelissimi. […] Ciò indica il profondo pensiero, in cui s’immergono coloro, che sono sopraffatti da questo Vizio. […] I fiori sono segno d’allegrezza, conseguenza dell’ abbondanza.

20. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19

I nomi degli altri otto si trovano in un frammento di un eruditissimo autore latino, Varrone, e sono i seguenti : Saturno, il Genio, il Sole, Orco o Plutone, Bacco, la Terra e la Luna 8. […] Quindi scienze fisiche e scienze naturali sono espressioni etimologicamente equivalenti, come periferia e circonferenza, perifrasi e circonlocuzione ; mentre scientificamente ai dì nostri stanno a significare due diverse e distinte parti di studio delle cose naturali10 Ci fa saper Cicerone che gli antichi filosofi consideravano la Natura come il principio e la causa efficiente di tutte le cose fisiche ; e perciò usavano questo termine come sinonimo di Dio. […] ii dei Principii di scienza nuova : « Quindi tanti Giovi che fanno maraviglia a’filologi ; perchè ogni nazione gentile n’ebbe uno, de’quali tutti gli Egizi per la loro boria dicevano il loro Giove Ammone essere lo più antico, sono tante Istorie fisiche conservateci dalle favole, ecc. ecc. » Fortunatamente in progresso di tempo di tutti quei Giovi, Mercurii, Ercoli ecc., se ne fece un solo Giove, un solo Mercurio, un solo Ercole ecc., vale a dire si attribuirono ad un solo tutti gli uffici e le imprese degli altri loro omonimi.

21. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284

Perciò il loro numero non potrebbero dirlo nemmeno i più valenti Geografi, in quanto che non sono stati a contar sul globo tutte le fonti, e tanto meno tutti i boschi e boschetti, a cui pur presiedevano almeno altrettante Ninfe. […] Bianchi, che fu segretario dell’Accademia della Crusca, così lo spiegò : Le virtù morali sono ninfe nella vita mortale, che abbellano e felicitano, operando, l’umanità ; sono stelle nel Cielo, da cui derivano e dove Dio le premia. » La quale spiegazione dimostra che ad un teologo, e al tempo stesso elegante scrittore, parve opportunamente adoprata in verso e in prosa la parola Ninfe anche in argomento religioso.

22. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91

Nè sanno assicurarci se ciò fu per opera di un Dio o del caso : le loro opinioni sono divise, e il dubbio e l’incertezza predominano sempre. […] Nella sala detta della Niobe in Firenze vi sono 14 statue di Niobidi, ma due sono ripetute per copia conforme : perciò restano 12, come asserisce Omero. — Inoltre sappiamo ancora dal seguente epitaffio di Ausonio che anticamente esisteva una bellissima statua di Niobe sculta da Prassitele : « Vivebam : sum facta silex, quæ deinde polita « Praxitelis manibus, vivo iterum Niobe.

23. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393

I figli di questo sono stipite dei quattro popoli principali della Grecia, e ne scacciano i Pelasgi che riparano nelle isole e nell’Italia. […] Più antichi re di Corinto sono Efira sorella d’Inaco, Maratone, Corinto, Polibio che accolse Edipo bambino, Creonte, appo cui rifugiaronsi Giasone e Medea. […] Il poema d’Omero e quelli d’Esiodo sono i principali fonti delle notizie intorno alle favole mitologiche.

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151

E quella graziosissima particolarità del mitologico racconto, che Cupido si rendeva invisibile a Psiche facendole soltanto sentire la sua voce, esprime filosoficamente, che questa e tutte le altre affezioni dell’anima, o vogliam dir le passioni di qualunque genere, non sono che modificazioni dell’animo stesso, ed è impossibile che abbiano realmente forme corporee, nella guisa stessa che non sono esseri di per sè esistenti le febbri, i dolori, gli starnuti, gli sbadigli, ecc., ma soltanto modificazioni più o meno morbose o moleste del nostro corpo. […] Si aggiogavano al carro di Venere le colombe, perchè sono affettuosissime e feconde ; e la favola aggiunge che erano sacre a questa Dea, perchè fu cangiata in colomba una Ninfa sua prediletta chiamata Peristeria, per un infantile vendetta di Cupido su questa Ninfa che aveva aiutato Venere a vincere una scommessa a chi coglieva più rose.

25. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278

Tra queste sono meritamente celebrate l’Aminta del Tasso e il Pastor fido del Guarini, in ciascuna delle quali Favole trovasi un Satiro, che sebbene parli elegantissimamente, e spesso anche troppo leziosamente, ragiona però bestialmente, come « …. […] Poco o nulla hanno scritto di lui i Classici latini ; e tra i Greci, dopo Esiodo che creò questo bel tipo di maldicente, gli fece le spese Luciano ne’suoi dialoghi a schernire gli Dei ; ma gli fa dire tante freddure che sono una miseria e uno sfinimento a sentirle. […] « Chloris eram quae Flora vocor : corrupta Latino « Nominis est nostri litera graeca sono. » (Ovid., Fast.

26. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114

Egli dice che « ……………… quando « Il Tempo colle sue fredde ali vi spazza « Fra le rovine (dei sepolcri), le Pimplèe fan lieti « Di lor canto i deserti e l’armonia « Vince di mille secoli il silenzio. » Più comuni e perciò più generalmente noti sono gli appellativi delle Muse, derivati dai monti Elicona, Pindo e Parnasso, dal bosco Castalio, dal fiume Permèsso e dalla fontana Ippocrene, luoghi da loro frequentati. Anzi spesse volte questi stessi nomi sono usati dai poeti per figura di metonimia, a significare le Muse, la poesia o l’ispirazione poetica. […] A Dante piacque questo mito, e rammentando quel che dice Ovidio, che le Muse, per confonder le loro emule presuntuose, cantarono così divinamente da farle rimanere attonite ed atterrite, se ne vale stupendamente coll’ invocar per sè da quelle Dee un simil canto, che abbatta l’invida rabbia de’ suoi nemici : « Ma qui la morta Poesia risurga, « O sante Muse, poichè vostro sono, « E qui Calliopea alquanto surga, « Seguitando il mio canto con quel suono, « Di cui le Piche misere sentiro « Lo colpo tal che disperar perdono130. » (Purg.

27. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341

I mezzi che egli adopera sono due l’ Ippogrifo, di cui abbiamo riportato altrove la descrizione stessa fattane dall’Ariosto, e l’altro non meno straordinario e mirabile, di cui riporterò parimente la descrizione coi versi stessi dell’Ariosto ; « E questo fu d’orribil suono un corno « Che fa fuggire ognun che l’ode intorno. […] « Astolfo il corno tuttavolta suona ; « Fuggon l’Arpie verso la zona roggia, « Tanto che sono all’altissimo monte, « Ove il Nilo ha, se in alcun luogo ha, fonte. […] Tutti gli altri incidenti che avvennero avanti che gli Argonauti giungessero nella Colchide sono di lieve importanza in confronto dei già narrati e dell’azione principale, scopo del loro viaggio ; quindi ci affretteremo a parlare di questa.

28. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183

Trovasi chiamata scientificamente Tritone anche la salamandra aquatica ; e Tritoniani furon detti da alcuni geologi quei terreni che sono stati formati nelle acque marine, o anticamente o modernamente. Turbe infinite di Ninfe o Divinità inferiori popolavano ed abbellivano, nella fantasia dei poeti, le onde del mare ; e ce le dipingono come vaghe e snelle giovinette con lunghe chiome (per lo più verdi)219), sciolte sulle spalle e grondanti acqua, perchè per lo più queste Ninfe nuotano nelle onde e tra i flutti come le folaghe procellarie ; tal’altra cavalcano un pesce e fanno una regata di nuovo genere che niun mortale vide giammai ; e spesso sono accompagnate dai Tritoni che fanno lazzi e salti, e suonano la tromba marina per divertirle. […] Luigi xiv diceva : l’Etat c’est moi (lo Stato sono io), frase mitologica, com’ebbe dolorosamente a sperimentare Luigi xvi.

29. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-

Ma poichè la religione dell’Evangelo ai più santi precetti di morale univa la principal massima sociale che tutti gli uomini sono eguali, e perciò favoriva e comandava l’abolizione della schiavitù, anche i più rozzi ed ostinati contadini cominciarono ad apprezzare se non la sublimità, che non potevano intendere, almeno l’utilità di questa nuova religione ; e tutto l’impero romano, abiurato il paganesimo, divenne cristiano. […] Negli scrittori ecclesiastici i politeisti son detti ancora Ethnici e Gentiles, vocaboli che sono sinonimi, il primo in greco e il secondo in latino ; onde è derivata in italiano la parola gentilesimo che si può usare indifferentemente per paganesimo ; ma non così la parola gentili per pagani, perchè il vocabolo gentili ha due altri diversi significati : uno più usato e comune invece di cortesi ; e l’altro legale, che sta ad indicare le persone della stessa famiglia, la quale in latino dicevasi più comunemente gens, mentre familia significava anche i servi o schiavi.

30. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308

Spiacemi che il mio umile assunto e lo scopo principale a cui è diretto questo lavoro m’impediscano di estendermi in osservazioni generali, e mi obblighino invece di aggiunger soltanto spiegazioni al racconto dei molteplici fatti particolari che più ne abbisognano ; ma ho voluto premetter questi brevi cenni per far conoscer la necessità di studiare i tempi eroici, che sono come il Medio Evo fra la Mitologia e la Storia, e che perciò hanno la stessa importanza per le origini storiche dei popoli antichi che il Medio Evo per le origini della moderna civil società. […] E a far questo ci aiuteranno diverse celebri imprese a cui intervennero quasi tutti gli Eroi contemporanei, che i Mitologi ed i Poeti si son dati cura di rammentare : tali sono la caccia del cinghiale di Caledonia, la spedizione degli Argonauti, la guerra di Tebe o dei 7 Prodi, e finalmente la guerra di Troia.

31. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510

Per altro raramente i poeti greci e i latini rammentano qualche divinità delle altre nazioni, e solo alcuni di loro fanno un’eccezione per le principali Divinità Egiziane, che sono Osìride, Iside ed Anùbi. […] Sono tuttora soggetto d’interminabili dispute non solo il feticismo e l’interpretazione dei geroglifici, ma pur anco le piramidi, gli obelischi, l’istmo, le oasi, il delta, le bocche o foci del Nilo e la stessa sorgente di questo fiume.

32. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78

Le roccie acquee sono stratificate, e questi strati vennero a formarsi dai sedimenti delle materie contenute in dissoluzione nelle acque ; si dicono perciò ancora sedimentarie, e vi si aggiunge talvolta l’appellativo di fossilifere, perchè contengono fossili, ossia corpi o frazioni di animali e di vegetabili travolti e seppelliti nella terra per forza di successivi cataclismi. […] Ho notato più di una volta, e tornerò ancora a notare, che i termini mitologici sono adottati in quasi tutte le scienze ; e che la cognizione della Mitologia aiuta molto ad intendere il significato generale di quelle denominazioni scientifiche.

33. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269

È però da notarsi che gli aneddoti riferibili alle voci miracolose del Dio Pane, raccontati da Erodoto, da quel miracolaio di Plutarco e da altri scrittori di minor conto, sono la relazione delle popolari credenze prevalenti a quei tempi, e non la storica dimostrazione della verità dei fatti. […] Egli afferma che ai timori veri e necessari per la conservazion della vita si aggiungono sempre molti timori vani, da cui tutti gli uomini, chi più, chi meno, sono assaliti ; e quindi nota come immensamente più dannosa di qualunque altra vana paura la superstizione, che veramente, com’ egli dice, non è altro che un terror pànico (quœ vere nihil aliud quam panicus terror est).

34. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-

E siccome i nomi che diedero i Greci e i Latini ai Venti sono per lo più adottati anche dai poeti italiani, e inoltre ne derivaron o molte denominazioni geografiche, non sarà inutile il farne brevemente la rassegna. I 4 Venti principali, rammentati anche da Omero, sono Borea, Noto, Euro e Zeffiro, nomi adottati dai Latini e conservati nella poesia italiana ed in alcune denominazioni scientifiche.

35. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505

Ma queste sono deduzioni filologiche arditamente derivate dalla presupposta etimologia di quei nomi. […] Peraltro i moderni Filologi che rivaleggiano coi Paleontologi a ricostruire con frammenti fossilizzati gli esseri preistorici, si sono impossessati di questo vocabolo Summanus, e raccogliendo qualche altra indicazione che si trova di questo Dio e in Varrone e in Festo e negli Acta fr.

36. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-

Sono pur note le follie dell’imperatore Adriano pel suo favorito Antinoo. […] Gli auguri goderono in Roma di molta considerazione ; ma a poco per volta caddero in discredito ; e un cittadino poteva dire impunemente : « Io non so come due auguri possano incontrarsi senza ridere l’uno dell’altro. » Ma il volgo ignorante e coloro che ci trovavano il proprio conto mantennero per lungo tempo siffatte puerili e dannose superstizioni, che non sono ancora del tutto distrutte, benchè non sussista più la religione che le aveva consentite.

37. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38

Di altre che sono totalmente favolose e strane avremo occasione di parlare a lungo in appresso, narrando, sotto il regno di Giove, le vicende di Prometeo e di Pandora, che cronologicamente vengono dopo il regno di Saturno. […] E riguardo al morale, ognun sa che vi sono uomini e popoli più o meno malvagi, ma non è cangiata o guasta l’umana natura in generale, poichè non meno la storia che la comune esperienza dimostrano che gli uomini e i popoli possono correggersi dei loro vizii e difetti.

38. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241

Platone così parla dei Dèmoni nel Convito : « Essi sono esseri intermediarii fra gli Dei e i mortali ; ed è loro ufficio l’interpretare e il recare agli Dei ciò che viene dagli uomini, e a questi ciò che vien dagli Dei ; …. poichè la Divinità non ha comunicazione diretta cogli uomini, ma soltantò per mezzo di Dèmoni. » E altrove aggiunge : « Ogni mortale alla sua nascita è affidato ad un dèmone particolare che lo accompagna sino alla fine della sua vita. » Conoscendo questi ufficii attribuiti anche dal divino Platone ai Dèmoni, non dee recar maraviglia che Filone, filosofo alessandrino, ma di stirpe ebraica, asserisse che i Dèmoni dei Greci equivalevano a quelli che Mosè chiama Angeli 273) ; ed Apuleio lasciò scritto che corrispondono ai Genii dei Latini. […] Quando poi i Genii sono senza le ali, indossano ancora la toga romana.

39. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194

Ma oggidì può chiunque sa leggere sapere dai libri di Storia Naturale, o aver sentito raccontare da chi li ha letti, che la vera e propria Balena,231 senza pinna dorsale e con due sfiatatoi, mentre è il più grosso degli animali viventi, non è vero che sia un animale carnivoro, perchè i suoi stromenti masticatorii sono atti appena a maciullare una meschina aringa, e il suo esofago non è più largo di 4 pollici inglesi, ossia dieci centimetri circa ; e quindi non può trangugiare nè uomini nè donne e neppure un bambino appena nato : di fatti suo cibo prediletto sono i molluschi del genere Clio Borealis, non più grossi di un dito, non più lunghi di 2 pollici.

40. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172

« Fanno i pazzi beveroni « Quei Norvegi e quei Lapponi ; « Quei Lapponi son pur tangheri, « Son pur sozzi nel lor bere : « Solamente nel vedere « Mi fariano uscir de’gangheri. » A questo Nume non piacciono neppure la cioccolata, il tè e il caffè, appunto perchè queste sostanze e bevande non fanno lega col vino, e ne diminuiscono l’uso e il consumo : « Non fia già che il cioccolatte « V’adoprassi, ovvero il tè : « Medicine così fatte « Non saran giammai per me : « Beverei prima il veleno, « Che un bicchier che fosse pieno « Dell’amaro e reo caffè. » Sempre meglio però dei vini adulterati, o sofisticati (come dicono i chimici) con litargirio, con minio o sal di Saturno, che sono veri e proprii veleni. […] Si noti però che la vite non ama neppure l’eccesso del caldo ; e i limiti naturali fra cui prospera sono dal 30° al 50° di latitudine.

41. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231

Orazio assomigliava a Tantalo gli avari266) ; ma le loro privazioni sono spontanee e non forzate come quelle di Tantalo ; perciò più vero e confacente sarebbe l’assomigliarvi i miserabili, i quali, vedendo nelle taberne e nei mercati una vera dovizia di cibi squisiti, non posson comprar nemmeno i più vili per saziar la fame che li tormenta. […] Notabilissimi sono i principii filosofici dai quali deduce la reità dei motivi a delinquere, o come dice il Romagnosi, la spinta criminosa, considerandola in ragion composta coll’ingiuria che risulta dal commesso delitto, ossia colla violazione dei doveri morali verso Dio, verso sè stesso, e verso il prossimo.

42. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) «  Avviso. per questa terza edizione.  » pp. -

I discorsi aggiunti dunque in Appendice a questo trattato di Mitologia sono opportuno avviamento a tale studio importantissimo, e vogliono essere meditati accuratamente.

43. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — I. La Cosmogonia mitologica » p. 10

Nel sistema storico, e secondo il principio cattolico, le antiche favole mitologiche sono avanzi di tradizioni religiose e sociali tramandate da tempi migliori, e per la degenerazione degli uomini contraffatte.

44. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2

» Il maggior pregio di questo libro elementare consiste, a parer nostro, nella distribuzione delle materie, le quali sono ordinate in paragrafi numerati, e non contengono le ripetizioni inevitabili nei così detti Dizionarj della Favola, nè gl’ inconvenienti ormai a tutti noti del metodo per dimande e per risposte.

45. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263

» Convinti dunque che il numero degli Dei Pagani fosse anzi più che meno di trentamila8, e assicurati al tempo stesso che migliaia e migliaia di questi sono sine nomine vulgus, e da spacciarsi in massa, (o come taluni dicono in blocco) e con poche e generali considerazioni sul loro comune appellativo, procediamo senza spaventarci ad osservare anche altre fantasmagorie preistoriche dei nostri più remoti Antenati.

46. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320

Perciò in stile biblico lettere di Uria sono precisamente equivalenti a lettere di Bellerofonte in linguaggio mitologico.

47. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9

E quando nel dar la spiegazione di qualche mito o favola non v’è da citare qualche verso o espressione di Dante, riporto esempii di altri poeti italiani, quali sono il Petrarca, il Poliziano, l’Ariosto, il Tasso, il Monti e il Foscolo.

48. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24

Da queste idee pagane del Fato e della predestinazione derivò in filosofia il Fatalismo, il creder cioè e l’asserire che le nostre azioni non sono libere, ossia non dipendono dalla nostra libera volontà, ma da legge irrevocabile e da forza insuperabile del destino, come i fenomeni fisici.

49. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289

Inoltre la corona o ghirlanda del fiume è composta di canne, come del Tevere ha detto Virgilio, o ancora delle fronde di quegli alberi che più facilmente vegetano sulle sue rive, o che sono particolari alla regione nella quale scorre quel fiume.

50. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54

Sono emblemi suoi distintivi una corona di spighe di grano sulla fronte e parimente un fascio o covone di spighe in braccio ; in una mano la falce, e talvolta un mazzo di papaveri nell’altra.

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