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10. (1841) Mitologia iconologica pp. -243

Perduta intanto questa sposa trasse al suo fianco Climene figlia di Teti, che Coronide figlia di Flegia, da cui ebbe in figlio quell’ Esculapio, che istruito nell’ arte medica da Chirone valente in quella addivenne, che valse a richiamar alla vita Ippolito figliuol di Teseo alle reiterate premure della gran dea Diana. […] Tien la cicogna a piedi, ed è bella, Che figlia sembra del fattor sovrano ; Questa è pietà della bontà gemella. […] Lo toglie a morte con nobil zelo, Mortal la mira, e dì a ciascuno è quella La carità, che sol si trova in Cielo. […] Assai dì più mostra quel velo, che innalza, mentre con esso velando gli occhi fa , che l’uomo non ri accorga della occasione offertasi, e per tale ignoranza la perde. […] Della nuda, e semplice proposizione contentarono entrambi.

11. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359

Perciò tanti popoli diversi vantavano Giove esser nato fra loro, e additavano gran numero di monumenti per attestarlo. […] Ma comecchè materiali e grossolani, non potevano attribuire al rettore del sole un gran fallo ; un Dio non erra. […] Bacco volendo ricompensarlo di bella ospitalità largita al suo balio, promisegli d’esaudire il primo desiderio ch’ei gli avesse manifestato. […] Tenga una corona di papaveri ed uno scettro appartato da un canto, ma non che non possa prontamente ripigliarlo. […] Ercole gli esterminò con le sue frecce ; ed erano tanti e grossi che alzati a volo gli facevano ombra con le ali.

12. (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62

Finalmente si ritrovò un terzo genere di nomini, chiamato civile che si prevalse degli errori e delle passioni del volgo, come de’ letterati, e ne compose un misto di teologia nominata civile. […] Al suo cocchio si aggiogavano pardi e pardi lo seguivano, per dimostrare non esservi uomini fieri, che non si rendono miti con l’uso moderato del vino. […] Perciò a lui si sacrificavano tori neri a cagione del colore delle acque del mare, che sembran nere quando sono agitate, a cagione della simiglianza del muggito de’bovi con il rugghio de’mari — e per questo ancora i fiumi si dipingono solto le sembianze di toro, e con sguardi torvi da toro, quasi il corso di loro esprimesse un non so che di violento, e desse fuori un muggito. […] Assisa su di un carro sostenuto da ruote trascinate da leoni, indicandosi col carro la terra librata in aria col proprio pondo — con le ruote la terra istessa in muoversi con un moto circolare — co’leoni, non esservi belva fiera, che non venga ammansita dalla tenerezza materna, oppure non esservi angolo di terra remoto e infruttuoso, che non possa mettersi a coltura. […] Ora parimenti, poichè non è grande la nota della mia confusa figura, in me sembra lo stesso ciò che è d’avanti e ciò ch’è di dietro.

13. (1836) Mitologia o Esposizione delle favole

Noi crediamo far cosa, gratissima alla nostra studiosa gioventù rendendo qui noto un libro ad essa utile, e che riunisce tanti pregi, che invano si cercherebbero negli altri trattati di Mitologia. […] La cognizione di questo è troppo necessaria per bene intendere gli scrittori, e singolarmente i poeti, che ad esse alludono di frequente. […] Ma non sapendo Factente guidarlo, tanto alla terra accostò che ne arse essa, ed il mare. […] Diana per punire l’ oltraggio fatto alla madre, unitasi con Apollo, uccise a colpi di frecce tutti i figli e le figlie di Niobe, che a orrendo spettacolo in marmorea statua fu tramutata. […] Gli altri tutti sparsi per le case e per le vie, uccidendo, predando, incendiando ridussero quella città già florida e possente a un mucchio di sassi e di cenere.

14. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143

Di Marte infatti si raccontano diversi aneddoti poco edificanti ; basti il dire che quando accadeva qualche fatto scandaloso, si attribuiva subito a Marte : poco buona stima si aveva di lui per morale condotta ! […] Avendo egli presenti alla mente queste osservazioni, se ne valse per fare una bellissima similitudine nel Canto ii del Purgatorio : « Ed ecco, qual sul presso del mattino, « Per li grossi vapor Marte rosseggia « Giù nel ponente sopra il suol marino ; « Cotal m’apparve, s’io ancor lo veggia, « Un lume per lo mar venir ratto, Che’l muover suo nessun volar pareggia. » 173. […] Dice il Machiavelli che quand’egli si chiudeva nel suo gabinetto per leggere e studiare questi scrittori, si metteva i panni curiali in ossequio e venerazione di uomini grandi e sapienti. […] Circa all’origine di Romolo creduto dai Romani figlio di Marte, Dante dice apertamente nel Canto viii del Paradiso : « …….e vien Quirino « Da vil padre, che si rende a Marte. » 180.

15. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194

« Io volsi Ulisse dal suo cammin vago « Al canto mio ; e qual meco s’aùsa « Rado sen parte, tutto l’appago. » Con questi detti della Sirena, il poeta ce la rappresenta come l’immagine del vizio che alletta « Col venen dolce che piacendo ancide. […] Da lieve causa e somiglianza, che doveva sembrare anche più grande alla robusta e sbrigliata immaginazione degli Antichi, ebbe origine la favola delle Sirene, abbellita dall’arte dei poeti nel modo che abbiam detto. […] « Fuor della grotta il vecchio Proteo, quando « Ode tanto rumor, sopra il mare esce ; « E visto entrare e uscir dall’Orca Orlando, « E al lido trar smisurato pesce, « Fugge per l’alto Oceano, oblïando « Lo sparso gregge : e il tumulto cresce, « Che fatto al carro i suoi delfini porre, « Quel dì Nettuno in Etiopia corre.

16. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137

Nè i Latini, nè gl’Italiani adottarono il nome di Atena dato a Minerva dai Greci ; ma il derivativo di Ateneo. […] : « O folle Aragne, vedeva io te, « Già mezza aragna, trista in su gli stracci « Dell’opera che mal per te si fe !  […] « Atene e Lacedemone che fenno « Le antiche leggi e furon civili. » (Purg.

17. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341

Frisso fu benissimo accolto con quel raro e prezioso animale da Eeta re di quella regione : e volendo mostrarsi grato agli Dei dell’esser giunto a salvamento ove desiderava, offrì loro in sacrifizio quel bravo montone che lo aveva ben servito, per appenderne come voto l’aureo vello maraviglioso. […] « Dico che ‘l corno è di orribil suono « Ch’ovunque s’oda, fa fuggir la gente. « Non può trovarsi al mondo un cor buono, « Che non possa fuggir come lo sente.

18. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172

« Sopra l’asin Silen, di ber sempre avido, « Con vene grosse, nere e di mosto umide, « Marcido sembra, sonnacchioso e gravido ; « Le luci ha di vin rosse, enfiate e fumide ; « L’ardite ninfe l’asinel suo pavido « Pungon col tirso ; ed ei con le man tumide « A’crin s’appiglia, e mentre l’aizzano, « Casca nel collo, e i Satiri lo rizzano. » Bacco aveva diversi altri nomi e titoli. […] Fece che Licurgo, re di Tracia, il quale aveva ordinato che si tagliassero tutte le viti dei suoi Stati, nel volerne recidere alcune di propria mano si tagliasse da sè stesso le gambe. […] Mida, che era avarissimo, chiese di poter trasformare in oro tutto ciò che toccava, e Bacco gliel’accordò ; ma presto egli ebbe a pentirsi di avere ottenuto una tal grazia, poichè quando si pose a mensa trovò con suo grande spavento che si cangiavano in solido oro non solo i vasellami e le stoviglie che egli toccava, ma pur anco tutti i cibi e le bevande che mettevasi in bocca, e presto sarebbe morto di fame in mezzo all’oro, se non avesse ottenuto da quel Nume benigno la cessazione di funesto dono.

19. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231

E poichè Virgilio, nel dare un’idea generale dello stato delle anime dopo la morte, accenna ancora la dottrina della Metempsicòsi, ne riporterò qui la traduzione di Annibal Caro, e in nota i versi stessi del poeta latino : « Primieramente il ciel, la terra e ’l mare « L’aer, la luna, il sol, quant’è nascosto, « Quanto appare e quant’è, muove, nudrisce, « E regge un che v’è dentro o spirto o mente « O anima che sia dell’Universo ; « Che sparsa per lo tutto e per le parti « Di gran mole, di sè l’empie e seco « Si volge, si rimescola e s’unisce. […] Indi a venir n’è dato « Negli ampii elisii campi ; e poche siamo « Cui lieto soggiorno si destini. […] Salmoneo, fratello di Sisifo, era pien d’orgoglio per aver conquistato l’Elide, « Che temerario veramente ed empio « Fu di voler, quale il Tonante in cielo, « Tonar quaggiuso e folgorare a prova.

20. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254

Epilogo Abbiamo veduto, parlando sin qui degli Dei Superiori soltanto, che la cognizione della Mitologia greca e romana è lo studio delle principali idee religiose, politiche e scientifiche dei due più celebri popoli dell’Europa che fenno le antiche leggi e furon civili, e della cui civiltà è figlia la nostra. […] Oggidì che hanno gran credito gli studii preistorici sugli uomini primitivi dell’età delle armi di pietra e delle abitazioni lacustri, di quel tempo cioè in cui i nostri antenati Europei eran forse più rozzi dei selvaggi dell’America scoperti da Colombo, non potrà stimarsi meno importante lo studio intorno alle origini delle idee morali che ebbero tanta efficacia sulla civiltà greca e romana.

21. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386

Anche i più insigni personaggi che fecero splendido il tramonto di Roma repubblicana, come a dire Cicerone, Cesare, Varrone, Orazio, Augusto e Catone medesimo, per non parlare di molti altri insigni o nell’armi o nelle lettere o nelle magistrature, non aveano più fede nessuna in quella moltitudine d’Iddii a cui il popolo bruciava ancora gl’incensi ; e la religione della classe più illuminata e più potente di Roma non era altro che un brutale epicureismo. […] Questi Giudei, spregiati a Roma e nel resto dell’impero, merciajuoli, mercadanti, astrologi, usurai, pasciuti per tutto d’insulti, fecero sul suolo della loro patria una eroica resistenza. […] Come ha vinto gran possanza ?

22. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59

Questa invenzione dell’aurea catena che lega la Terra al Cielo è sempre sembrata bella e sapiente, che non solo fu accolta con plauso dai poeti e dai letterati, ma commentata pur anco splendidamente dai filosofi, e tra questi da quel potente e straordinario ingegno del nostro Giovan Battista Vico66. […] Parlando il Vico di questa Catena nel libro secondo de’ suoi Principii di Scienza Nuova, riferisce che in essa Dionigi Longino ammirava la maggior sublimità di tutte le favole omeriche ; e quindi aggiunge le seguenti osservazioni : « La qual Catena se gli Stoici vogliono che significhi la serie eterna delle cagioni, con la quale il lor Fato tenga cinto e legato il Mondo, vedano che essi non vi restino avvolti ; perchè lo strascinamento degli uomini e degli Dei con fatta Catena egli pende dall’arbitrio di esso Giove, ed essi vogliono Giove soggetto al Fato.

23. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91

xiv del Paradiso, dopo aver descritto i variopinti splendori da lui veduti nell’Empireo, esclama : « O Elios, che gli addobbi ! […] « Certo non si scotea forte Delo « Pria che Latona in lei facesse il nido « A parturir li due occhi del Cielo ; » ove è da notarsi tra le altre belle espressioni l’ardita e sublime metafora di chiamare Apollo e Diana, considerati come il Sole e la Luna, i due occhi del Cielo.

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325

Anzi i nobili Tebani dei secoli successivi credevano tanto (o fingevano di credere) in così strana favola, che derivavano la loro nobiltà di sangue dall’esser discendenti, com’essi vantavansi, di questi prodi guerrieri miracolosamente nati ; la quale illustre prosapia era detta degli Sparti, che significava seminati, alludendosi appunto alla sementa dei denti del serpente ucciso da Cadmo58. […] « Taccia di Cadmo e d’Aretusa Ovidio, « Che se quello in serpente e questa in fonte « Converte poetando, io non l’invidio ; « Chè due nature mai a fronte a fronte « Non trasmutò, ch’ambedue le forme « A cambiar lor nature fosser pronte. » Considerando poi storicamente Cadmo, ne troviamo determinata l’epoca nella Cronologia Greca verso il 1580 avanti l’èra cristiana.

25. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269

Egli pure voleva sposar per forza una Ninfa di nome Siringa ; ma essa avendo pregato gli Dei a liberarla da un fatto sposo, ottenne soltanto di esser cangiata in canna, come Dafne in lauro. […] i delle Metamorfosi, che cioè Mercurio per addormentare Argo non solo suonasse la lira, ma gli raccontasse pur anco la favola di Pane e Siringa : « S’io potessi ritrar come assonnaro « Gli occhi spietati, udendo di Siringa, « Gli occhi a cui più vegghiar costò caro ; « Come pittor che con esemplo pinga « Disegnerei com’ io m’addormentai ; « Ma qual vuol sia che l’assonnar ben finga. » Il Dio Pane, mancatagli la sposa che ambiva, si ammogliò in appresso colla Ninfa Eco, la quale era stata da Giunone cangiata in voce, in punizione della sua loquacità, e condannata a tacere se nessun le parlava, ed a ripeter soltanto le ultime voci di chi le dirigeva il discorso : favola ricavata evidentemente dai noti effetti del fenomeno acustico dell’Eco.

26. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85

Favoriva e proteggeva essa quei popoli che le erano più devoti, come gli Argivi, i Samii, i Cartaginesi ; ma guai a coloro che avessero la disgrazia di dispiacerle, specialmente poi se Giove o qualche Dea sua nemica li proteggesse, o fossero parenti od anche soltanto connazionali di qualche donna preferita da Giove. […] Malcontenta era , ma non rassegnata, come ben si capisce da questi versi ; e Giove faceva di certo ogni suo volere, ma non senza disturbi ed impacci per parte di Giunone ; la quale, superba e invidiosa com’era, fremeva all’idea di potere essere ripudiata, e che un’altra divenisse regina degli Dei.

27. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122

Sappiamo infatti che anticamente nel tempo delle ecclissi lunari i popoli della Tessaglia facevano alti rumori con stromenti ed utensili di metallo per liberar di travaglio la Luna, credendo così d’impedire che essa sentisse le magiche parole degli stregoni ; che un esercito perdè la battaglia fuggendo spaventato per un’ecclisse di Sole che avvenne in quel tempo ; che anche i selvaggi dell’America nei primi tempi della scoperta del nuovo Mondo credettero che Colombo colle sue preghiere potesse far che si oscurasse e rasserenasse la faccia della Luna. […] Dissero i mitologi che Atteone, perchè apparteneva ad una famiglia odiosa a Giunone, fu spinto malignamente da questa Dea ad entrare in quel boschetto per procurargli una miseranda fine.

28. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202

Era questo il primo fiume che trovavasi nello scendere all’Inferno, e tutto lo cingeva ; e perchè non v’erano ponti, nè l’acqua era bassa da poterlo guadare, bisognava necessariamente passarlo in barca. […] La più bella fabbrica dell’Inferno è quella che Dante ha delineato in modo mirabile da superare l’abilità di qualsivoglia architetto.

29. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131

E chi fu mai losco o dell’occhio o dell’intelletto che non abbia veduto e ammirato, in tela, in legno, in plastica, in bronzo o in marmo, dipinta o sculta, una svelta ed elegante figura di un giovane nudo con due piccole ali al capo ed ai piedi147 ed avente in mano una verga a cui stanno attortigliati due serpenti ? […] Siccome la perfetta eloquenza non trascura l’armonia del linguaggio, ma la coltiva e l’adopra per iscender più facilmente dall’orecchio al cuore157, perciò gli Antichi asserirono che Mercurio era valentissimo nella musica, ed aveva pur anco inventato un musicale stromento.

30. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316

Dante asserisce che a tempo suo la Gorgone era già all’Inferno da lunga pezza ; e ci racconta che egli ebbe una gran paura, quando nel far laggiù quel suo celebre viaggio, le tre Furie infernali vedendolo da lontano dall’alto di una torre : « Venga Medusa, ‘l farem di smalto, « Gridaron tutte riguardando in giuso ; « Mal non vengiammo in Teseo l’assalto. » E non era un timor panico il suo, perchè Virgilio stesso gli disse tosto : « Volgiti indietro, e tien lo viso chiuso, « Chè se ‘l Gorgon si mostra e tu ‘l vedessi, « Nulla sarebbe del tornar mai suso. » Quanto poi alle belle arti sappiamo che gli antichi rappresentavano la testa di Medusa nell’Egida, e talvolta nell’usbergo della Dea Minerva ; e Cicerone rimprovera a Verre, tra gli altri delitti e sacrilegii, di avere involato una bellissima testa anguicrinita di Medusa, distaccandola dalle porte del tempio di Minerva in Siracusa49. […] « Volando talor s’alza nelle stelle « E poi quasi talor la terra rade ; « E ne porta con lui tutte le belle « Donne che trova per quelle contrade : « Talmente che le misere donzelle « Ch’abbino o aver si credano beltade, « (Come affatto costui tutte le invole), « Non escon fuor che le veggia il Sole.

31. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114

In Dante poi era grande e fervente il culto per queste Dee, che per loro, dice egli stesso, soffrì la fame e la sete, e si privò del sonno : « O sacrosante vergini, se fami, « Seti e vigilie sol per voi soffersi, « Cagion mi sprona ch’io mercè ne chiami. » E qual’è la mercede o il premio che egli ne chiede ?

32. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215

Si accorsero i mitologi di questo difetto del loro mito infernale, e pretesero di supplirvi assegnando a Plutone non soltanto la cura di far che delle anime degli estinti non ritornasse alcuna nel mondo240, (come è naturale, e pur troppo vero), ma pur anco l’altro più odioso attributo di affrettare la discesa degli uomini ne’regni suoi241. […] — « Dio vi guardi, Signor, che ’l viso orrendo « Dell’ Orco agli occhi mai vi sia dimostro ; « Meglio è per fama aver notizia d’esso, « Che andargli, che lo veggiate, appresso.

33. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30

Il feticismo però non prevalse nella religione dei Greci e dei Romani, ma di altri popoli o più antichi o più rozzi, e fu proprio più specialmente degli Egiziani, come abbiamo altrove accennato.

34. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499

Solamente dopo la proditoria uccisione di Giulio Cesare, il desiderio di cara esistenza, a cui era dovuta la prostrazione del partito aristocratico e inoltre tanti vantaggi a favore del popolo, fece nascere ed accoglier con entusiasmo l’idea di venerarlo qual Nume.

35. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14

Può riuscir piacevole e divertente per chi intende bene le lingue dotte il leggere nei poeti greci e latini le fantastiche descrizioni del contrasto continuo dei quattro elementi di così diversa natura confusi e misti fra loro nel caos ; ma divengono pedanterie e freddure le imitazioni che talvolta s’ incontrano nei poeti delle lingue moderne, ora specialmente che le scienze fisico-chimiche hanno scoperto e percorso un vasto campo di maraviglie vere e reali della natura.

36. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263

Plinio asserisce che era questi un re d’Italia deificato per utile insegnamento3.

37. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320

Allora parve a Iobate manifesta l’innocenza di Bellerofonte, e cangiato il sospetto in ammirazione e benevolenza, gli diede in isposa l’altra sua figlia, che era sorella di Stenobea.

38. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9

Io dunque non intendo di scrivere un trattato di Mitologia appositamente per gli studiosi delle lingue greca e latina ; chè sarebbe un portar vasi a Samo e nottole ad Atene, mentre fatti libri di antichissima e minuta erudizione esistono in tutte le lingue e specialmente in latino, e se ne trovano ancora tradotti in italiano dal francese e dal tedesco ; ma son libri troppo eruditi e di una erudizione troppo antiquata, e contengono un cibo non solo difficile alla assimilazione, ma talvolta ancora ostico, o almeno poco soave al gusto.

39. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330

» E Virgilio a lui : « Se t’ammentassi come Meleagro « Si consumò al consumar d’un tizzo « Non fora, disse, questo a te agro. » Ma accorgendosi Virgilio che con questo esempio pretendeva di spiegare un mistero con un altro mistero, citò ancora un fenomeno fisico : « E se pensassi come al vostro guizzo « Guizza dentro allo specchio vostra image, « Ciò che par duro ti parrebbe vizzo. » E per quanto anche il poeta Stazio, a richiesta di Virgilio, gli desse bellissime spiegazioni scientifiche sulla generazione dell’uomo, sull’unione dell’anima col corpo e lo stato di essa dopo la morte, nulladimeno non sembra che Dante rimanesse tanto convinto quanto altra volta che Virgilio gli disse : « A sofferir tormenti e caldi e geli « Simili corpi la Virtù dispone « Che come sia non vuol che a noi si sveli. » E così con esempii mitologici, cattolici e scientifici viene a far conoscere che spesso s’incontrano nelle umane cognizioni misteri inesplicabili.

40. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72

Se Giove in questo mito, riguardo a Prometeo che a Pandora e al genere umano, non fa la più bella figura, come abbiam notato di sopra, nei suoi doveri poi, che diremmo domestici, vale a dire di marito e di padre, è anche più biasimevole.

41. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510

« O sante genti, a cui da terra sorti « Questi Numi ben nascon negli orti !

42. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19

Così Dante nel descrivere i Giganti, che ora fortunatamente più non esistono, dice : « Natura certo, quando lasciò l’arte » Di fatti animali, assai fe’ bene.

43. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-

Tarquinio il superbo le istituì per assuefare tutti i popoli latini a tener Roma in conto di città più ragguardevole e di capo luogo del Lazio, rispetto alla religione che alla politica.

44. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38

Ma il nostro Dante fa una gran tara a queste poetiche iperboli, dicendo : « Lo secol primo quant’oro fu bello ; « Fe’ savorose per fame le ghiande, « E nettare per sete ogni ruscello. » Ammette la felicità di una vita semplice e innocente ; non la contorna però d’ozio e di squisiti cibi gratuiti ; ma ne pone per base la frugalità e per condimenti la fame e la sete.

45. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151

Anzi i filosofi più sapienti aggiunsero che le Grazie dovevano intervenire in tutte le consuetudini del civile consorzio ; ed uno di loro disse concisamente e con molta efficacia a un suo discepolo, ingegnoso ma zotico anzichè no : sacrifica alle Grazie.

46. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68

Alcuni ci narrano che Encelado, o, secondo altri, Gige aveva cento braccia, e perciò maneggiava cinquanta scudi e cinquanta lance ; che Briarèo scagliava enormi massi e interi scogli a prodigiose distanze da perdersi di vista dove andassero a colpire o cadere ; che Tifèo o Egeòne aveva una lunghissima coda di serpente ed era tutto coperto di scaglie come un coccodrillo o un armadillo.

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