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13. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59

Ma spesso scendeva ad abitar sulla Terra, e teneva corte sul monte Olimpo in Grecia61 ; e perciò dai poeti il nome di Olimpo è usato come sinonimo di Cielo ; Olimpico è detto Giove ; Olimpici o Dei dell’ Olimpo tutti gli altri Dei superiori62. […] Giove fu detto Olimpico non solo perchè credevasi che spesso abitasse sul monte Olimpo, ma ancora perchè era adorato in Olimpia città dell’ Elide nel Peloponneso ; presso la qual città (alla distanza di un miglio e mezzo) sorgeva il magnifico tempio del Nume, e facevansi ogni 4 anni i celebri giuochi detti appunto perciò Olimpici. […] Dice Ugo Foscolo che « Fidia vantavasi di aver dedotto la statua di Giove Olimpio da tre versi di Omero. » E questi tre versi nell’originale greco son quelli di n° 528, 529 e 530, nel i libro dell’ Iliade, che il Monti tradusse così : « Disse, e il gran figlio di Saturno i neri « Sopraccigli inchinò : sull’immortale « Capo del Sire le divine chiome « Ondeggiaro, e tremonne il vasto Olimpo. » 65. L’oasi in cui fu eretto il tempio di Giove Ammone era quella che ora si chiama Dakhel, che resta all’ovest della Grande Oasi, sui confini dell’ Egitto, nel deserto anticamente detto di Barca.

14. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-

L’origine dell’ apoteosi risale all’epoca dell’idolatria, e la usarono gli Assiri, i Persiani, gli Egiziani, gli Etiopi, i Greci e i Romani. […] Poi deificarono per gratitudine coloro che li seppero governare, che fecero buone leggi, che assicurarono la pace ed aumentarono l’incivilimento ed il bene dell’ uman genere. […] L’onore dell’ apoteosi fu talora conferito dai Romani anche alle donne, massime alle mogli degl’imperatori. — Ora in senso figurato si chiamano apoteosi anche gli onori straordinarj o gli elogi esagerati fatti a un vivente. […] 3 Quando un popolo offendeva la Repubblica, il feciale si recava tosto a chiedere le discolpe dell’ ingiuria.

15. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489

Nel parlare dei dannati celebri dell’ Inferno pagano, dicemmo che padre di Pelope fu Tantalo condannato alle pene del Tartaro per avere ucciso questo suo figlio, e imbanditene le carni per cibo alla mensa dei Numi da lui convitati ; e inoltre che Pelope fu restituito alla sua pristina forma corporea e risuscitato da Giove. […] Dagli Antichi per altro ebbe anche l’onore di esser posto nella Costellazione detta dell’ Aquario, che è uno dei dodici segni del Zodiaco e rifulge di 127 stelle. […] E Virgilio nel libro ii dell’ Eneide facendo narrare da Enea la presa e l’incendio di Troia palesa pur anco il motivo per cui ricorsero i Greci a questa insidia : « ……….. […] Peraltro la trasfusione del sangue di una bestia nelle vene dell’ uomo o della donna non è proibita ; ed anche in Italia, e precisamente in Napoli, fu eseguita nel mese di novembre 1872 con prospero successo l’operazione della trasfusione del sangue di un agnello nelle vene di una signora non anco trentenne, in caso di anemia grave per ripetute emorragie. […] ii) da quei guerrieri della greca città di Pisa nel Peloponneso, che nel loro ritorno dalla guerra di Troia furono spinti dalla tempesta sulle coste dell’ Italia.

16. (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -

Se a caso non s’avvedessero che gli autori di queste allegorie hanno avuto in mira d’istruire i popoli mentre questi non credevano che di divertirsi ; se giugnessero a credere che questi sono racconti puerili nati nel seno dell’ignoranza e della barbarie, diremo loro : « No non furono barbari quelli che inventarono le favole della Mitologia, ma geni che infiammati da un fuoco divino, riscaldati dalle bellezze della virtù, renduti attoniti dalla magnificenza dell’universo, penetrati dalle leggi ammirabili sulle quali si aggirano il mondo fisico e morale, colpiti al primo sguardo dall’immensa influenza dell’ ordine per la prosperità delle società e delle nazioni, preser la lira e cantarono cogli armoniosi suoni di lei l’esistenza della divinità, i suoi beneficii verso gli uomini, la necessità dell’ ordine, della giustizia, della pace, i diletti ed i piaceri e le dolcezze della vita campestre ; e facendo in tal guisa passare nell’ animo dei loro contemporanei i sentimenti di cui essi stessi erano penetrati, ornavano il loro spirito, formavano il loro cuore, e lo guidavano alla pratica del bene. » Diremo loro che la poesia sarebbe spoglia de’ suoi ornamenti senza la Mitologia. […] Quella limpida fonte uscìa dell’ urna D’un’innocente Najade ; ed, infranta L’urna, il crudel a questa ancor diè morte. […] Plutone, Proserpina, altre deità infernali e descrizione dell’ inferno Plutone figlio di Saturno e di Reà, salvato come gli altri suoi fratelli, ebbe in parte l’impero dell’inferno nella divisione che fece con Giove e Nettuno dell’eredità paterna.

17. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103

I nomi dei segni del zodiaco appellano a fatti mitologici, dei quali sinora ne conosciamo due soli, di Ganimede coppiere di Giove che è rappresentato nel segno dell’ aquario, e di Astrea dea della giustizia, che fu simboleggiata nel segno della Vergine : delle altre denominazioni apprenderemo in seguito la ragion mitologica nel trattar dei miti che vi hanno relazione. Di Apollo esistono molte statue ; una delle quali, che è una maraviglia dell’ arte greca, ammirasi nella galleria del Vaticano in Roma, ed è chiamata l’Apollo di Belvedere. […] E coll’approvazione dell’ ambiziosa sua madre Climene andò nella sublime reggia di Apollo e chiese al padre una grazia, prègandolo a giurare per le acque del fiume Stige che non glie l’avrebbe negata. […] La famosa Scuola Salernitana, di cui si citano tanti aforismi latini, che si odono spesso come proverbii sulle labbra di molti, suggerì tra gli assiomi generali il seguente : « Si tibi deficiant medici, medici tibi fiant « Hæc tria : mens hilaris, requies moderata, diæta. » E il celebre igienista Michel Lévy dichiara nella sua grand’ opera dell’ Igiene, che questo ed altri assiomi generali « sono la parte più sana della raccolta di massime della Scuola di Salerno. »

18. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215

XXIX Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri Pur di esser re, Plutone benchè nato in Cielo ed allevato in una delle più belle regioni della Terra, accettò di regnar nell’ Inferno. […] La favola ci fa sapere che egli era figlio dell’ Erebo e della Notte ; che era vecchio e canuto, ma pur sempre robusto ; orrido e sozzo di persona e di vesti, e di modi zotici ed aspri. […] Basterà sentire la descrizione che l’ Ariosto fa dell’ Orco di Norandino nel Canto xvii dell’ Orlando Furioso per vedervi il vero modello di tutti gli Orchi delle più volgari novelle : « Mentre aspettiamo, in gran piacer sedendo, « Che da cacciar ritorni il signor nostro, « Vedemo l’ Orco a noi venir correndo « Lungo il lito del mar, terribil mostro. 

19. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289

Si rappresentano generalmente seduti in un terreno alquanto declive e colle gambe stese per indicare il corso del fiume e la pendenza dell’ alveo : ha ciascuno di essi presso di sè un’urna da cui esce l’acqua per significar la sorgente ; e se il fiume è navigabile, si pone in mano alla figura del Dio un remo : se poi il suo corso si dirama in due o più alvei, si aggiungono sulla fronte del Nume due corna. […] Nel libro xxi dell’ Iliade (trad. del Monti) così parla il Xanto al Simoenta : « Caro germano, ad affrenar vien meco « La costui furia, o le dardanie torri « Vedrai tosto atterrate, e tolto ai Teucri « Di resister la speme. […] Virgilio che nelle sue Egloghe imitò Teocrito’ Siracusano, (e lo dice egli stesso al principio dell’ Egloga 6ª in questi due versi : « Prima Syracosio dignata est ludere versu « Nostra, nec erubuit silvas habitare, Thalia), » invoca nel 1° verso della famosissima Egloga 4ª le Muse Siciliane : « Sicelides Musœ, paulo majora canamus ; » e nell’ultima Egloga la Ninfa Aretusa, perchè Dea siciliana : « Extremum hunc Arethusa, mihi concede laborem. » 30.

20. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68

Anche Dante più tosto che i Titani rammenta i Giganti che fer paura ai Dei, e ne pone un gran numero nel profondo dell’ Inferno da lui immaginato e descritto ; e l’esempio del gran padre Alighier, come lo chiama l’ Alfieri, dà giustamente regola e norma ai maggiori e ai minori nostri poeti68. […] Per questa ragione io cito nel presente libro più esempii di Dante che di altri poeti italiani ; e giacchè ho rammentato nel testo la venerazione dell’ Alfieri per Dante, riporterò qui i primi versi del suo sonetto che egli fece a Ravenna nel visitare il sepolero del divino poeta, da lui invocato come una divinità : « O gran padre Alighier, se dal ciel miri « Me tuo discepol non indegno starmi, « Dal cor traendo profondi sospiri, « Prostrato innanzi a’ tuoi funerei marmi, « Piacciati deh ! […] Distinse Dante filosoficamente questi due mezzi di recar danno o ingiuria al prossimo, nel canto x dell’ Inferno : « D’ogni malizia ch’odio in Cielo acquista « Ingiuria è il fine ; ed ogni fin cotale « O per forza o per frode altrui contrista. » 70.

21. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194

E quantunque i poeti che scrissero dopo le prime spedizioni dei Baschi alla pesca delle Balene, e dopo la scoperta dell’ America dovessero saperne molto più degli Antichi, continuarono non ostante ad imitare le loro fantasticherie e a gareggiare con loro nelle invenzioni e nelle descrizioni di immaginarii mostri marini. Tra i più eccellenti poeti d’ingegno divino e di mirabile fantasia l’Ariosto principalmente si dilettò di questo genere d’invenzioni ; e nel suo poema dell’ Orlando Furioso troviamo Cetacei a dovizia : « Pistrici, fisiteri, orche e balene « Escon dal mar con mostruose schiene. » E tra queste descrive il poeta più particolarmente « …… una balena, la maggiore « Che mai per tutto il mar veduta fosse : « Undici passi e più dimostra fuore « De l’onde salse le spallacce grosse : « Caschiamo tutti insieme in uno errore, « (Perch’era ferma e giammai non si mosse), « Ch’ella sia un’isoletta ci credemo ; « Così distante ha l’un dall’altro estremo. » Mirabile è poi sovra le altre la descrizione del modo con cui Orlando libera Olimpia dall’ Orca che stava per divorarla : « Tosto che l’Orca s’accostò, e scoperse « Nel schifo Orlando con poco intervallo, « Per inghiottirlo tanta bocca aperse, « Ch’entrato un uomo vi saria a cavallo. […] In fatti di diverso vi è soltanto la fantastica invenzione ariostesca, che Orlando fosse così ardito (e che inoltre gli riuscisse) di entrar nella bocca dell’ Orca con tutta la nave, e che ficcasse l’ancora « E nel palato e nella lingua molle ; » mentre è noto che si scaglia e s’infigge il rampone o la fiocina nella pelle del cetaceo, che è grossa circa un pollice, e si fa penetrare nel sottoposto strato di grasso che è alto almeno quindici pollici.

22. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47

Tutte le volte che uscivano in pubblico erano precedute da sei littori come i magistrati curuli, inferiori soltanto ai consoli : assistevano ai pubblici spettacoli fra i senatori nell’orchestra, che era il primo gradino dell’anfiteatro e del circo : la loro parola valeva come un giuramento, e la fiducia di cui godevano era tanto grande, e talmente sicura l’inviolabilità del loro soggiorno, che nelle loro mani si depositavano i testamenti e gli atti di molta importanza e segretezza non solo dai privati, ma anche dai magistrati della Repubblica e dai principi stessi dell’ Impero. […] Al secondo modo era simile la pena detta della propaginazione, che davasi nel Medio Evo agli assassini, seppellendoli vivi in una fossa cilindrica, stretta e profonda : alla qual pena allude Dante con una celebre similitudine nel descriver la terza bolgia dell’ Inferno, nella quale son puniti i Simoniaci : « Io stava come il frate che confessa « Lo perfido assassin, che poi che è fitto « Richiama lui, perchè la morte cessa, » e in tal modo Dante assomiglia sè al confessore e il dannato simoniaco al perfido assassino.

23. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320

Potrà bene aver pregio per gli Antiquarii e per la Storia dell’ Arte, ma non reca di certo una gradita sensazione all’occhio dei profani, qual fu immaginata ed eseguita dagli antichi Etruschi. […] Non ci vuol molto a immaginare i più strani mostri formati di membra diverse di ogni genere di animali ; ma ne deriva, invece dell’ ammirazione e del diletto, il disgusto e il ridicolo, come dice Orazio al principio dell’Arte Poetica : « Humano capiti cervicem pictor equinam « Jungere si velit, et varias inducere plumas « Undique collatis membris, ut turpiter atrum « Desinat in piscem mulier formosa superne, « Spectatum admissi risum teneatis, amici ? 

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24

La Necessità considerata dai Politeisti come una Dea è la personificazione e la deificazione dell’ idea di conseguenza inevitabile di una o più cause destinate a produrre certi determinati effetti ; e poichè la Necessità costringe gli uomini a fare o soffrire, perciò fu-creduta una Dea avversa anzi che propizia agli umani desiderii. […] Dante ha fatto poeticamente dipinger la Fortuna nel Canto vii dell’ Inferno da Virgilio poeta pagano, e perciò quella dipintura ha tinte più proprie del paganesimo che del cristianesimo.

25. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19

Il suo greco nome significa Cielo, e perciò credevasi figlio del Giorno e dell’ Aria, ossia di due dei quattro elementi del Caos. […] I moderni, dopo l’invenzione del telescopio, scoprirono molti altri pianeti, e ai primi e principali da loro scoperti diedero il nome degli altri Dei superiori, esclusi soltanto l’Orco, ossia Plutone, Bacco e il Genio ; e poi ricorsero anche ai nomi delle divinità secondarie o inferiori ; e ora a quei pianeti che scuoprono di mano in mano quasi tutti gli anni, e qualche volta più d’uno all’ anno, attribuiscono un nome pur che sia ; e qualcuno dei più celebri scienziati, a preghiera dell’ astronomo scopritore, propone il nome da darsi al neo-scoperto pianeta ; il qual nome è subito comunicato a tutto l’orbe scientifico che lo registra premurosamente in tutti i suoi periodici e in tutte le carte uranografiche coi connotati caratteristici e distintivi, ossia con tutti quegli elementi astronomici che furono sino allora osservati e calcolati.

26. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284

La Ninfa Eco figlia dell’ Aere e della Terra si era invaghita del giovane Narciso figlio della Ninfa Liriope e del fiume Cefiso ; il qual Narciso era così vano della propria bellezza che non amava che sè stesso e disprezzava superbamente ogni persona. […] A questa favola allude Dante nel Canto xii del Paradiso coi seguenti versi : « A guisa del parlar di quella vaga (la Ninfa Eco) « Ch’amor consunse come Sol vapori ; » e fa questa similitudine per dar la spiegazione che quando compariscono nel Cielo due Iridi, o come dice Dante : « Due archi paralleli e concolori « Nascendo di quel d’entro quel di fuori, » ciò avviene per riflessione dei raggi della luce, come il parlar dell’ Eco per riflessione del suon della voce.

27. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325

Anzi Dante, convinto che tali trasformazioni poeticamente ed ingegnosamente narrate fanno grandissimo effetto sulla immaginazione dei lettori, volle gareggiare anche in questo cogli antichi poeti, come fece nel Canto xxv dell’ Inferno, detto appunto delle trasformazioni ; e fu tanto contento e sicuro egli stesso dell’opra sua, che non potè nasconderlo ai suoi lettori, ed asserì di aver superato Lucano ed anche Ovidio, il famoso autore delle Metamorfosi : « Taccia Lucano omai, là dove tocca « Del misero Sabello e di Nassidio, « Ed attenda ad udir quel ch’or si scocca. […] A questa questione si collega l’altra sull’ origine dell’ Alfabeto in Europa, del quale si attribuisce a Cadmo che portasse in Grecia le prime sedici lettere60.

28. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54

Perchè madre Idèa voglia dir Cibele è spiegato all’articolo di questa Dea, ove ho riportato questo stesso verso dell’ Ariosto. […] Queste due ottave son poste dall’ Ariosto a modo di similitudine, come s’intende dall’ottava che segue : « Se in poter fosse stato Orlando pare « All’ Eleusina Dea come in desio, « Non avria, per Angelica cercare, « Lasciato o selva o campo o stagno o rio « O valle o monte o piano o terra o mare, « Il Cielo e ’l fondo dell’eterno oblìo ; « Ma poichè ’l carro e i draghi non avea, « La gìa cercando al meglio che potea. » Un’infinità di esempii, simili a quelli sopra citati di Dante e dell’ Ariosto, dimostrano come e quanto graziosamente i nostri sommi poeti si servano della Mitologia per ornamento del linguaggio poetico.

29. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505

Quei sacerdoti eran chiamati Salii dal saltar che facevano processionalmente ; e l’inno che essi cantavano essendo stato composto ai tempi di Numa, era divenuto inintelligibile a loro stessi : solo dall’esservi più volte ripetuta la parola Mamurio si credè che quel vocabolo fosse il nome dell’artefice degli undici ancili, poichè dicevasi per tradizione che egli null’altro premio avesse richiesto dell’ opra sua che di esser rammentato nell’inno saliare. […] Marziano Capella, poeta latino del quinto secolo dell’ E.

30. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122

xi dell’ Inferno : « E ’l Carro tutto sopra il Coro giace. » Rammentò ancora le Orse nel C. […] iv dell’ Eneide : « Tergeminamque Hecaten, tria virginis ora Dianæ. » E l’Ariosto nell’ Orlando Furioso, Canto XVIII : « O santa Dea, che dagli antichi nostri « Debitamente sei detta Triforme : « Che in cielo, in terra e nell’ inferno mostri « L’alta bellezza tua sotto più forme. » 136.

31. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278

Ma il verbo piluccare fu anche usato dall’Alighieri nel Canto xxiv del Purgatorio nella seguente terzina : « Ei mormorava ; e non so che Gentucca « Sentiva io là ov’el sentìa la piaga « Della giustizia che si gli pilucca ; » ed inoltre è un vocabolo sempre vivente nel linguaggio comune o dell’ uso. […] Deus inde ego, furum aviumque « Maxima formido ; nam fures dextra coercet, « Ast importunas volucres in vertice arundo « Terret fixa, vetatque novis considere in hortis. » La bizzarria dell’ invenzione e l’eleganza dello stile hanno fatto trovar posto a questa Satira in tutte le edizioni anche ad usum Delphini.

32. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316

Tra i lavori moderni poi è da rammentarsi la testa di Medusa dipinta da Leonardo da Vinci, che si ammira nella Galleria degli Uffizi in Firenze, e la statua di Perseo colla testa di Medusa in mano, opera egregia in bronzo fuso, di Benvenuto Cellini, che è posta sotto le loggie dell’ Orgagna in Piazza della Signoria. […] Aggiungono inoltre che una gran quantità di stelle cadenti, di cui hanno luogo fiammeggianti pioggie ordinarie circa la metà dell’ agosto e del novembre tutti gli anni, si osserva partirsi di verso la costellazione di Perseo ; e perciò quelle tali stelle cadenti son distinte col nome di Perseidi.

33. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386

Essi commentavano le antiche favole in vece di prestarvi fede ; logoravano il vecchio paganesimo per ringiovanirlo ; non facevano altro che rimescolare il caos delle opinioni senza rinvenire una credenza che potesse rialzare l’intelletto dell’ uomo e affratellare tra loro le nazioni. […] Ai Cristiani si apponeva da’ Gentili questa calunnia, che nelle loro adunanze uccidessero un bambino e sel mangiassero ; calunnia che avea origine da una atorta interpretazione del Sacramento dell’ Eucaristia.

34. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — I. La Cosmogonia mitologica » p. 10

Gli uomini di tutti i tempi, dai più antichi ai più moderni, hanno sempre mostrato curiosità di sapere l’origine di questo mondo, o vogliam dire dell’ universo ; e non solo tutte le religioni antiche degl’idolatri inventarono a modo loro una Cosmogonia, ma spesso anche i poeti e i filosofi ne hanno foggiate diverse l’una più strana dell’altra, a gara coi sacerdoti delle varie religioni1.

35. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2

È noto che molta dell’ antica sapienza civile e politica è riposta nelle spesso oscure e per noi strane allegorie della favola ; ma l’esporla non sarebbe argomento da libro elementare, nè studio adattato all’età de’ nostri lettori.

36. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30

Quando Giove fu adulto, coll’aiuto de’ suoi fratelli Nettuno e Plutone fece guerra allo zio Titano, lo vinse e lo cacciò dal trono e dalle celesti regioni con tutta la famiglia dei Titani ; liberò di carcere i suoi genitori, ma prese per sè il regno del Cielo e diede ai fratelli i regni del Mare e dell’ Inferno.

37. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492

Il culto più antico di cui si trovi memoria negli scrittori fu quello del Sole e della Luna e quindi degli altri Astri ; e questo culto fu chiamato il Sabeismo, perchè ridotto a regolar sistema religioso dai Sabei, antico popolo dell’ Arabia meridionale.

38. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27

Poichè Urano significa Cielo, il suo nome stesso serve a manifestare qual parte dell’ Universo egli rappresenti ; e inoltre l’esser creduto figlio del Giorno e dell’Aria indica l’opinione degli antichi mitologi che il Cielo fosse composto di questi due più leggieri e più puri fra i 4 elementi del Caos.

39. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496

Ma ognuno poi l’interpretava a suo modo e secondo le sue proprie passioni ; e lo spirito di vendetta tanto potente e feroce nei secoli barbari, ben poco perdè della sua forza e della sua intensità nei secoli così detti civili, neppure dopo la promulgazione dell’ Evangelio che santificò il perdono e l’oblio delle offese.

40. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330

Quelli che gli apprestavano i suoi affettuosi compagni furono affatto inutili, e la vita del misero Meleagro si estinse allo spengersi dell’ ultima scintilla del tizzo fatale.

41. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294

v della Repubblica, ov’egli parla, per dirlo colla frase del Romagnosi, dei fattori dell’ Incivilimento.

42. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43

Con questo nome di Rhea la rammenta anche Dante nel Canto xiv dell’ Inferno, ov’egli parla dell’isola di Creta e del monte Ida : « Rhea la scelse già per cuna fida « Del suo figliuolo, e per celarlo meglio, « Quando piangea, vi facea far le grida ; » alludendo evidentemente alla favola già da noi raccontata dell’infanzia di Giove e de’suoi fratelli.

43. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91

Ne parla Omero nel libro xxiv dell’ Iliade ; ne fa molto a lungo la narrazione Ovidio nel libro vi delle Metamorfosi ; e Dante trova il modo di darne un cenno efficace anche nel Purgatorio (Canto xii) dicendo di aver veduto sculto questo fatto in uno dei bassirilievi che rappresentavano esempii di superbia punita : « O Niobe con che occhi dolenti « Vedeva io te segnata in sulla strada « Tra sette e sette tuoi figliuoli spenti ! 

44. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137

Anche Dante ha trovato il modo di rammentarla nel Canto xv del Purgatorio, facendo dire a Pisistrato dalla moglie di lui : « …..Se tu se’ Sire della villa « Del cui nome ne’ Dei fu tanta lite, « Ed onde ogni scienza disfavilla, « Vendica te di quelle braccia ardite, ecc. » Dante inoltre volge ad ornamento del suo divino linguaggio poetico l’origine mitologica dell’ olivo, e considerandolo come simbolo di sapienza, perchè prodotto dalla Dea della sapienza, ne corona la fronte alla sua Beatrice rappresentante la cristiana Teologia.

45. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38

Virgilio nel ii delle Georgiche dopo avere enumerati i pregi dell’ Italia, che dichiara superiori a quelli delle altre regioni del mondo, conchiudendo la saluta con questa apostrofe : « Salve, magna parens frugum, Saturnia tellus, Magna virûm ! 

46. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151

Il Monti ancor giovanissimo intuonò un Cantico adorno di graziose immagini e forme poetiche alla Bellezza dell’Universo, ove, con amplificazione per enumerazion delle parti, fa la rassegna delle più grandi bellezzè che son da ammirarsi nelle opere della creazione ; ed Ugo Foscolo ha detto : « Venere simboleggia la Bellezza dell’ Universo. » Da Venere, considerata come Dea della bellezza, son derivate le parole venustà ed avvenenza 185.

47. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202

xi dell’ Odissea, ed è la seguente : ….« Spento il giorno, e d’ombra « Ricoperte le vie dell’Oceàno, « Toccò la nave i gelidi confini, « La ’ve la gente de’Cimmerii alberga, « Cui nebbia e buio sempiterno involve.

48. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160

Fu primo il Gilbert, medico della regina Elisabetta d’Inghilterra, che sullo scorcio del secolo xvi richiamò di nuovo l’attenzione dei fisici sulle proprietà dell’ ambra gialla, facendo notare del pari che anche altre sostanze potevano acquistare, mediante lo strofinamento, la proprietà di attrarre.

49. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Indice alfabetico » pp. 516-

Ippòna 261 Ippònoo 316 Ippota 297 Iride (dea) 82 Iride (arcobaleno) 83 Iride dell’ occhio 84 Iride (pianeta) 85 Irìditide (malattia) 84 Iside (dea) 81, 507 Ismene 395 Issìone 222 Issìpile 334 Ittiosàuri 101 J Japèto 68 Jùpiter 54 L Làchesi 207 Laio 394 Langìa 335 Laocoonte 139 Laodamia 424 Laomedonte 414 e seg.

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