Non altrimenti era per accadere anche a Giove, se Cibele, sua madre, artifiziosamente nol avesse serbato in vita. […] La vita di queste dipendeva dall’ esistenza di certe quercie, cosicchè mancando queste, anche quelle Ninfe perivano. Cibele atterrò la quercia ; a cui era affissa la vita di Sangaride ; e questa più non esistette. […] Si celebravano da donne nobili e di onesta vita, e due di loro ciascun giorno venivano scelte a presiedervi. […] Avvenne, che Carpo cadde nel prodetto fiume, e vi perdette la vita.
E con questo sacrificio si credeva l’uomo quasi rinascere a novella vita, e però non poteva ripetersi che dopo venti anni. […] Da’ Greci dicevasi Ζευς, che pur significa l’aria forse da ζαν, vivere, perchè Giove dona a tutti la vita. […] Omero chiama Selli o Elli i Sacerdoti di quest’oracolo, che menavano vita austerissima. […] C. erano quasi dimenticati, o almeno assai rari ; ed egli fu che li richiamò a nuova vita più di quattro secoli dopo la guerra di Troia. […] Infermatosi a morte Admeto, Alceste l’amò tanto che per lui si offrì generosamente a perder la vita.
Ogni uomo era in tutela di un Dio particolare che chiamavasi Genio, e che Io accompagnava in tutta la vita. […] Le varie vicende dell’ umana vita erano anch’ esse raccomandate a particolari Divinità, di cui basterà accennare la principali. […] L’ ufficio loro si era il filar la vita degli uomini. […] Tre giudici, Minosse, Radamanto ed Eaco, esaminavano la vita de’ trapassati, e giusta il merito assegnavan loro il premio o la pena. […] Ma infelici a cagione di Fedra furono gli ultimi anni della sua vita.
Dopo aver detto che un Genio particolare presiedeva alla vita di ciascuna persona e l’accompagnava e dirigeva dalla culla alla tomba, considerando l’indole diversa degli uomini, o buona o rea, furono indotti a credere che esistessero Genii buoni e benefici e Genii maligni e malefici, che fossero in lotta tra loro per avere il predominio sul mondo in generale e sugli esseri umani in particolare271). […] Il popolo generalmente considerava questi Dèmoni o Genii come Dei che regolassero le vicende della vita degli uomini ; e dagli effetti li distingueva in agatodèmoni e in cacodèmoni, cioè in buoni e in cattivi spiriti. […] Platone così parla dei Dèmoni nel Convito : « Essi sono esseri intermediarii fra gli Dei e i mortali ; ed è loro ufficio l’interpretare e il recare agli Dei ciò che viene dagli uomini, e a questi ciò che vien dagli Dei ; …. poichè la Divinità non ha comunicazione diretta cogli uomini, ma soltantò per mezzo di Dèmoni. » E altrove aggiunge : « Ogni mortale alla sua nascita è affidato ad un dèmone particolare che lo accompagna sino alla fine della sua vita. » Conoscendo questi ufficii attribuiti anche dal divino Platone ai Dèmoni, non dee recar maraviglia che Filone, filosofo alessandrino, ma di stirpe ebraica, asserisse che i Dèmoni dei Greci equivalevano a quelli che Mosè chiama Angeli 273) ; ed Apuleio lasciò scritto che corrispondono ai Genii dei Latini. […] La vita futura sarà uno stato di rimunerazione secondo le opere di ciascuno. » Sembran parole copiate da qualche libro di Teologia cristiana ! […] Quando poi i Pagani divenner Cristiani, confusero i Genii buoni cogli Angeli, e i cattivi coi Diavoli 277), trovandovi grandissima rassomiglianza quanto alle attribuzioni e agli effetti sulla vita degli uomini.
Se poco hanno avuto da inventare e da raccontarci i mitologi sulla vita semplice e monotona che attribuirono a questa Dea, molto ci hanno narrato gli storici romani sulla importanza del culto di Vesta e dell’ufficio delle Vergini Vestali in Roma. […] Ma però in compenso e premio di una vita esemplare e dell’esatto adempimento dei loro ufficii e voti, si accordavano alle Vestali molti e singolari privilegi. […] Assuefatte perciò sin da bambine ad una vita così dignitosa, splendida e principesca non deve recar maraviglia che ben poche vi rinunziassero in più matura età, e che fosse stimato di cattivo augurio il sottoporsi o alla patria potestà degli agnati, o alla perpetua tutela e al predominio di un marito quanto si voglia illustre e discreto. Ignare o immemori degli usi di famiglia, difficilmente potevano adattarvisi e non rimpiangere l’impareggiabil condizione di vita a cui avevano rinununziato.
Il campo era un tempio, e quanto più la vita guerriera teneva occupati i Romani, tanto più le credenze del politeismo signoreggiavano ne’loro cuori, di cui formavano continuamente o la speranza o lo spavento. La vita civile de’Romani non era men piena di cerimonie politiche a un tempo e religiose. […] Altri s’accomodavano ad un culto senza doveri, e ad una vita piena di passioni e di godimenti : il vecchio politeismo formava ancora la base della società romana : i suoi templi e i suoi idoli erano per tutto innanzi agli sguardi ; i suoi poeti signoreggiavano la serva fantasia. […] In che modo di questo ci fate rei, che pure con voi viviamo, che abbiamo il vitto ed il vestire stesso e le medesime necessità della vita ? Perciocchè nè siamo Bracmani, nè Ginnosofisti degl’Indi, abitatori delle selve, o staccati dalla vita comune.
Il racconto della sua vita è un misto di favole e di fatti storici. […] Allora per vendicare la morte dei compagni rischiò la propria vita combattendo con quel drago che era sacro a Marte, e con sforzi prodigiosi lo uccise. […] La qual metamorfosi sta a significare che egli si ritirò insieme colla moglie dalla vita pubblica e finì oscuramente i suoi giorni.
La prima, cioè la verga sola, significava l’ufficio che aveva Mercurio di condurre le anime dei morti al regno di Plutone, e richiamarle alla vita secondo la dottrina della Metempsicosi, ossia della trasmigrazione delle anime155 ; la seconda, ossia la verga coi serpenti, indicava che questo Dio consideravasi allora come ambasciatore di pace ; e perciò il caducèo era il distintivo che i Pagani davano ai loro ambasciatori : ora è divenuto il simbolo del Commercio, che è arte di pace, e prospera utilmente per tutti soltanto in tempo di pace156. […] Attribuirono a Mercurio anche i primi incentivi alla vita sociale e all’incivilimento, asserendo che egli avesse dirozzati i popoli selvaggi col canto e coll’uso dei giuochi ginnastici, esercizii tanto pregiati dagli Antichi160. […] Noi avremo occasione più volte di rammentare fatti mirabili compiutisi coll’assistenza e col favore di Mercurio, narrati splendidamente dallo stesso Omero : qui basterà parlare di due soli che si riferiscono alla vita privata di questo Dio.
Si potrebbe disputare a lungo sulla greca etimologia di queste due parole, se si trattasse di filologia ; ma in mitologia possiamo starcene tranquillamente alla opinione di quegli antichi mitologi, i quali dicono che Apollo significa unico, e Febo luce e vita 105). Questi nomi appellano evidentemente e principalmente alle proprietà distintive del sole, di essere egli nel nostro sistema planetario il solo astro che dà luce e vita ad ogni mortal cosa. […] Ma Plutone re delle regioni infernali che vedeva togliersi le sue prede, ossia richiamare in prima vita i suoi sudditi, se ne lagnò con Giove ; e questi, non potendo altrimenti impedire ad Esculapio l’esercizio dell’arte medica, lo fulminò per contentar più pienamente il suo fratello Plutone.
Ecco l’origine mitologica delle frasi troncare o recidere lo stame vitale, il fil della vita, ecc. Inoltre per significare le varie vicende della vita di ciascuna persona, le Parche formavano lo stame vitale di lane di diversi colori : il bianco ed il nero (che allora non si sapeva che non fossero colori), indicavano la felicità e la sventura ; il color d’oro e di porpora, le ricchezze e gli onori, ecc. […] Le Furie eran destinate non solo a punire le anime dei malvagi nel Tartaro, ma pur anco a spaventare e perseguitare in vita gli scellerati che avevano commesso i più gravi e nefandi misfatti.
Dal culto dei corpi celesti si passò presto a quello dei corpi terrestri, ossia dei prodotti della terra, e principalmente degli animali ; ed eccoci al Feticismo, che per antichità gareggia col Sabeismo, e fu principalmente professato dagli Egiziani, i quali anche al tempo di Mosè adoravano come loro Dio il bue Api, la qual goffa idolatria fu imitata dagli Ebrei nel deserto col vitello d’oro, che costò la vita, per ordine di Mosè, a tante migliaia di quegli stupidi imitatori del culto Egiziano. […] Ma quando nella pagana religione si giunse ad abusare dell’apoteosi col deificare per vile adulazione i potenti della Terra non solo dopo la loro morte, ma pur anco in vita, si cadde allora nell’abiezione del feticismo, si tolse tutto il prestigio al culto degli altri Dei ; e gli uomini ragionevoli sentirono il bisogno di una religione più pura e più razionale.
La favola si riferisce al destino della vita di Meleagro. […] Quelli che gli apprestavano i suoi affettuosi compagni furono affatto inutili, e la vita del misero Meleagro si estinse allo spengersi dell’ ultima scintilla del tizzo fatale.
Amadriadi poi è un greco vocabolo composto, che significa insiem colla quercia, o come si è detto di sopra, coll’albero ; e davasi questo titolo a quelle Ninfe la cui esistenza era legata alla vita vegetativa di una data pianta ; inaridendosi la quale, oppure essendo recisa o arsa, periva ad un tempo la Ninfa Amadriade. — Questi termini essendo significativi degli attributi speciali di quelle Ninfe a cui erano assegnati, conviene che li tengano a memoria anche coloro che non studiano le lingue dotte, perchè li adoprano non solo i poeti greci e i latini, ma altresì, benchè più di rado, gl’ italiani. […] Bianchi, che fu segretario dell’Accademia della Crusca, così lo spiegò : Le virtù morali sono ninfe nella vita mortale, che abbellano e felicitano, operando, l’umanità ; sono stelle nel Cielo, da cui derivano e dove Dio le premia. » La quale spiegazione dimostra che ad un teologo, e al tempo stesso elegante scrittore, parve opportunamente adoprata in verso e in prosa la parola Ninfe anche in argomento religioso.
Nella sua pubblica rappresentanza è una Dea maestosa e benefica ; ma essa pure, nella vita che diremmo privata o domestica, ha i suoi difetti non meno di Giove, sebbene di un altro genere : è superba, dispettosa e vendicativa. […] Il tema più vasto per altro e l’eterno argomento della vita di Giunone è quello delle gelosie, delle stizze e delle persecuzioni di questa Dea.
Il Lete poi aveva il suo corso fra i due dipartimenti del Tartaro e degli Elisii, e le sue acque piacevoli a beversi producevano l’oblio del passato e perfino della propria esistenza ; e queste davansi a bevere a quelle anime, che, secondo la dottrina della Metempsicosi di cui parleremo in appresso, dovevano ritornare nel mondo a dar vita a nuovi corpi. […] Boschetti, giardini, e varii altri divertimenti v’erano come in prima vita, ma però non tutti, come noteremo particolarmente parlando dello stato delle anime dopo la morte : di straordinario e soprannaturale avevan soltanto la prescienza del futuro.
Chi ha veduto qualche automa in azione189, o almeno conosce storicamente il meccanismo e gli effetti maravigliosi di queste macchine ingegnosissime, che sotto forme di uomini o di animali eseguiscono lavori e operazioni proprie soltanto degli esseri animati (e quel che è più, mirabile anche delle persone che ragionano ed hanno studiato una scienza o un’arte), non troverà tanto strano il racconto di Omero, che Vulcano avesse congegnate « …….forme e figure « Di vaghe ancelle tutte d’oro, e a vive « Giovinette simili, entro il cui seno « Avea messo il gran fabbro e voce e vita « E vigor d’intelletto e delle care « Arti insegnate dai Celesti il senno. […] Tranne l’infonder la vera vita e l’intelligenza alla materia bruta (privilegio non accordato all’arte umana), hanno saputo i meccanici fino ab antico formare automi maravigliosi, dalla colomba volante di Archita al giuocator di scacchi del barone di Kempelen.
Fu poi riconosciuto anche dai filosofi che i primi civilizzatori dei popoli si valsero del principio teocratico, facendosi credere o figli degli Dei o interpreti dei supremi voleri di quelli, per rimuovere i primitivi uomini ignoranti e barbari dalla vita selvaggia e brutale e condurli a collegarsi ed unirsi fra loro in un più umano consorzio. […] E passando egli dalle osservazioni generali alle particolari sulla religione dei Pagani, così ne parla nel Cap. 12 : « La vita della religione gentile era fondata sopra i responsi degli Oracoli, e sopra la sètta degli arioli e degli aruspici ; tutte le altre loro cerimonie dipendevano da questi.
La sola Issipile, figlia del re Toante, con pietosa frode salvò la vita a suo padre ; e meritava perciò una miglior sorte di quella che si racconta di essa, poichè giunto in quell’isola insieme cogli altri Argonauti Giasone, « Ivi con segni e con parole ornate « Issifile ingannò la giovinetta, « Che prima tutte l’altre avea ingannate ; » e poi traditane la buona fede la lasciò alle persecuzioni delle sue crudeli compagne, che scoperta la sua pietà filiale, le tolsero il trono e la cacciarono dal regno. […] « E s’io al vero son timido amico, « Temo di perder vita tra coloro « Che questo tempo chiameranno antico. » (Parad.
La favola è questa : Glauco era un pescatore della Beozia, il quale un giorno si accorse che i pesci da lui pescati e deposti in terra sopra l’erba, gustando di quella prendevano un nuovo vigore e quasi una nuova vita, e spiccando un salto ritornavano in mare. […] L’aver provato i mali della vita rende piu compassionevoli per le altrui sventure.
Se negli Dei superiori di cui abbiam parlato in questa prima Parte troviamo personificate le più grandi leggi fisiche e le più notabili idee della vita morale e sociale, procedendo alla seconda Parte vi troveremo l’applicazione di quelle ai casi più speciali ed anche individuali.
Contemporaneamente a queste prime apoteosi sorgeva e ben presto diffondevasi una nuova religione, i cui seguaci destarono l’ammirazione di tutti per la bontà e santità della vita : e questo parve un gran miracolo in mezzo a società così corrotta ; questo richiamò l’attenzione di tutti sulla nuova religione del Cristianesimo, perchè dagli ottimi effetti morali che quella produceva ne’suoi seguaci inducevasi la convinzione che ottime esser dovessero le massime che essa insegnava.
Ma le opinioni e le scoperte dei dotti antichi eran tenute nascoste al volgo, e costituivano la scienza segreta, colla quale cercavano d’imporre rispetto alle moltitudini e di tenerle soggette ; e con false immagini e miracolose, quanto più strane e tanto più credute dagl’ignoranti, li pascevano di vane illusioni e li dominavano, « Forse con intenzion casta e benigna, » per rimuoverli dalla vita selvaggia e vincolarli in un più umano consorzio.
Perciò queste Divinità non erano soltanto astrazioni filosofiche o personificazioni poetiche, ma facevano parte della religione del popolo, e stavano a dimostrare che quando si stabilì il loro culto pubblico e fintantochè si mantenne, il popolo credeva nell’esistenza della Virtù ; e solo dopo le orribili guerre civili, allo spegnersi della repubblica colla vita di Marco Bruto, si udì la bestemmia che egli per disperato dolore proferì nell’atto di uccidersi : « O Virtù, tu non sei che un nome vano !
Gli studii eruditissimi che ora si fanno da’ filologi germanici sulle origini dei miti, potrà dar vita, col tempo, ad una nuova scienza che starà alla Mitologia greca e romana come la Paleontologia alla storia naturale, e che perciò potrà chiamarsi la Paleontologia mitologica.
Tutti però, generalmente, convengono che Prometeo rappresenti l’ingegno umano che inventa le arti utili alla vita (il quale ingegno perciò può dirsi poeticamente una scintilla del fuoco celeste) ; e inoltre la punizione di esso significa le traversie e le persecuzioni immeritate che per lo più si ricevono dai grandi inventori invece del meritato premiò.
Prima di por termine a questo Capitolo convien fare un’altra osservazione generale ; ed è questa : che attribuendosi oltre che una forza straordinaria, anche una lunghissima vita a tutti gli Eroi, non devesi calcolare la loro media e la loro probabile esistenza secondo le moderne tavole di Statistica ; e basta soltanto il sapere quel che dice Omero del Pilio Nestore, il più vecchio dei Duci che andarono alla guerra di Troia, che cioè « Di parlanti con lui nati e cresciuti.
In Roma conservarono più comunemente questo nome di Galli ; e poichè facevano vita comune e non avevano moglie, somigliavano in questo i monaci o frati.
Ma disgraziatamente ci fu tramandato ancora il racconto della vita privata di questo Dio, indegna d’un uomo non che d’un nume.
Avria rapito un forte « D’un altro forte almen l’armi e la vita.
Di Minerva avremo occasione di parlare molte altre volte, ma specialmente raccontando il giudizio di Paride, la guerra di Troia e la vita di Ulisse e di Telemaco.
Credesi che la vita di Sansone abbia dato la idea delle prodezze d’Ercole.
L’adoravano ancora e le facevano splendidissime feste sotto il nome di Tesmòfora, cioè legislatrice, sapientemente considerando quel che anche oggidì ammettono tutti i pubblicisti e gli storici filosofi, che gli uomini solivaghi e nomadi, pescatori e cacciatori conduc endo una vita errante e senza dimora fissa, mal potevano assoggettarsi al consorzio sociale e vincolarsi con leggi ; e che solo allorquando per mezzo dell’agricoltura si fissarono su quei terreni che avevano coltivati, potè cominciare la civil società retta dal Governo e dalle leggi.
Egli afferma che ai timori veri e necessari per la conservazion della vita si aggiungono sempre molti timori vani, da cui tutti gli uomini, chi più, chi meno, sono assaliti ; e quindi nota come immensamente più dannosa di qualunque altra vana paura la superstizione, che veramente, com’ egli dice, non è altro che un terror pànico (quœ vere nihil aliud quam panicus terror est).
Anche Omero, nel libro X dell’Odissea, dice che Eolo « …. de’venti dispensier supremo « Fu da Giove nomato ; ed a sua voglia « Stringer lor puote o rallentare il freno. » Ma gli attribuisce un genere di vita più patriarcale, e gli assegna un soggiorno più poetico ed ameno, quantunque nella stessa regione insulare.
Con la Negromanzia pretendevano di richiamare in vita i morti per consultarli intorno alle eose future.