/ 50
11. (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423

Giove Ammone quanto era venerato nella Libia, alttettanto ne lo era in Afite, città della Tracia, ove avea un maestoso tempio. […] Questa abbajando corse appresso Erigone, e strascinandola per la veste, la condusse, ove Icario era stato gettato. […] Acete poi condusse il naviglio, ove Bacco avea ricercato, e l’onorò co’sacrifizj(d). […] Sperando, che la Dea volesse consolarlo, ritorno, ove giaceva la statua, e la trovò animata. […] Questa Dea ebbe parimenti un tempio in Eritre, nell’Acaja, ove la di lei statua era di straordinaria grandezza.

12. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341

Frisso fu benissimo accolto con quel raro e prezioso animale da Eeta re di quella regione : e volendo mostrarsi grato agli Dei dell’esser giunto a salvamento ove desiderava, offrì loro in sacrifizio quel bravo montone che lo aveva sì ben servito, per appenderne come voto l’aureo vello maraviglioso. […] Il capitan della nave era Giasone, il pilota Tifi, ed a prua stava Linceo di vista acutissima, (come significa il suo nome derivato da lince, per osservare se v’eran sott’ acqua scogli e sirti, ove corresse rischio di frangersi o arrenare la nave. […] Approdati gli Argonauti nella Tracia o bene accolti da Fineo, vollero per gratitudine liberarlo dalle Arpie, ed oltre a cacciarle dalla reggia colle armi, le fecero inseguire per aria da Calai e Zete, figli di Borea, che avevano le ali come il loro padre ; i quali le respinsero fino alle isole Strofadi, ove poi furono trovate da Enea nel venire in Italia, come a suo luogo diremo. Finalmente furono confinate nell’Inferno, ove Dante le trovò a tormentare i dannati per suicidio. […] Perciò dai Latini è spesso indicato col patronimico Æsonides, cioè figlio di Esone, e coll’aggettivo Pagasaeus da Pagasa (ora Armiro,) città marittima della Tessaglia, rammentata anche da Plinio il naturalista, ed ove Valerio Fiacco dice che fu costruita la nave Argo.

13. (1841) Mitologia iconologica pp. -243

L’altro, che credesi edificato da Tazio, stava dentro i recinti della Città, ove tenevansi sovente le assemblee del popolo per importantissimi affari. […] Il secondo fù chiamato Ambarvale da campi, ove celebravasi tal sacra cerimonia, secondo i riti descrittici da Virgilio. […] Fù chiamata Cipria, e Citerea dalle isole, ove recata venne, educata, e distinta. […] E chi in vero per soddisfar le sue brame avrebbe voluto infelicitarsi con lui in quel regno, ove in triste vedute sempre era la mestizia, e l’orrore ? […] Matt. 22. il cardine, ove poggia tutto lo spirituale edificio.

14. (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62

Il più saggio tra tutti i romani, lo immenso Varrone, intende per Plutone l’aria, che sovrasta alla terra, ove tutte le cose vengono generate. […] A Marte era sacro l’avoltoio, chè siffatti uccelli a stormi sogliono volitare per quei campi, ove la guerra fa strage di uomini, e sogliono presagirla col canto di loro. […] Cloacina — Tito Tazio, che regnò una a Romolo, ritrovando un simulacro di una dea in una gran cloaca romana, ed ignorando di chi fosse le diede il nome dal luogo ove fu trovata. I Romani adoravano aucora Venere Cloacina, quasi pugnatrice, derivandone la etimologia dall’antico verbo cluere, che significa pugnare, e le alzarono un simulacro ove fu fatta la pace tra i romani e Sabiri dopo di aver pugnato per le donne rapite. […] In Roma era una porta detta Carmentale dal suo nome, che poi fu nominata scelerata, e vicino a questa un’ara nel Campidoglio, ove ella abbe stanza.

15. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59

Questa significazione è tanto chiara ed evidente, che un dei nostri poeti ha detto : quel Dio che a tutti è Giove, per dire che giova a tutti ; e Dante nel celeberrimo canto VI del Purgatorio, ove rimprovera la serva Italia di dolore ostello, ci presenta questa notabilissima perifrasi : « E se licito m’è, o sommo Giove « Che fosti in terra per noi crucifisso, « Son li giusti occhi tuoi rivolti altrove ? » ove è manifesto che egli chiama sommo Giove Gesù Cristo nel senso etimologico e non mitologico della parola Giove. […] Fu chiamato anche Giove Pluvio 60 perchè i loro fisici lo considerarono come l’etere o l’aria, ove « ……… si raccoglie « Quell’umido vapor che in acqua riede « Tosto che sale dove ’l freddo il coglie. » Considerato Giove come il re del Cielo, aveva lassù la sua reggia, il suo trono, il suo Consiglio di Stato e la sua Corte.

16. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38

Ma qualunque fosse l’origine dell’uomo, secondo i diversi mitologi, convenivano però tutti nell’asserire, che quando Saturno fu esiliato dal Cielo era già la specie umana sparsa in diverse regioni del mondo, e che nel territorio ove ora è Roma esisteva un regno, di cui la capitale era sul monte Gianicolo. […] Questa invenzione è bella e sapiente, e consuona con la dottrina della Bibbia, ove dice che lo spirito di Dio abbandonò il re Saul disobbediente, e subito dopo lo invase lo spirito maligno che lo rese alternativamente malinconico e furibondo. […] Saturno era adorato anche in Grecia e nell’ Oriente ; e aveva un tempio in Roma alle falde del Campidoglio, ove conservavasi il tesoro della Repubblica.

17. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215

X, ove si parla di Proserpina). […] Pluto con la voce chioccia, che parla un linguaggio che non s’intende : « Pape Satan, pape Satan aleppe. » Come già Dio delle ricchezze presiede al cerchio ove son puniti gli avari e i prodighi ; ma Dante e Virgilio mostrano che meritava poco rispetto chiamandolo fiera crudele e maledetto lupo 251. […] « Tutti che lo veggiam, con faccia smorta « In fuga andiamo ove il timor ne caccia.

18. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43

Quello di Cibele è il più noto e comune : derivò dal nome di una città e di un monte omonimo nella Frigia, ove questa Dea fu prima che altrove adorata. […] Aveva poi molti altri nomi, come Berecinzia, Dindimene, Idèa 43, Pessinunzia, dai monti e dai luoghi ove era adorata.

19. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284

Dante allude più d’una volta a questa favola, come, per esempio, nel Canto xxx dell’Inferno, ove un dannato dice ad un altro : « Che s’io ho sete, e umor mi rinfarcia, « Tu hai l’arsura e ‘l capo che ti duole, « E per leccar lo specchio di Narcisso (cioè l’acqua) « Non vorresti a invitar molte parole. » E nel Canto III del Paradiso, descrivendo le anime beate che egli vide nel globo lunare, dice che gli eran sembrate immagini riflesse dall’ acque nitide e tranquille, anzi che esseri di per sè esistenti, conchiudendo con la seguente osservazione tratta dalla favola di Narciso : « Perch’io dentro l’error contrario corsi « A quel che accese amor tra l’uomo e ‘l fonte ; » cioè tra Narciso e l’immagine sua reflessa dall’acqua. […] In Architettura poi sin dal tempo dei Classici greci e latini chiama vasi Ninfèo non solo il tempio sacro alle Ninfe, ma altresì una particolar costruzione architettonica, o fabbrica sui generis, destinata il più spesso ad uso di bagni, annessa ai palazzi e alle ville dei più doviziosi cittadini, ove, oltre le acque scorrenti in ruscelli e zampillanti in fontane (e necessariamente le vasche e i bacini), aggiungevansi per ornamento e statue e vasi e talvolta ancora un tempietto dedicato alle Ninfe.

20. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137

Intendevasi dai Greci per Ateneo un edifizio sacro alla Dea Atena, e destinato ad uso di archivio e di biblioteca, ove i poeti e gli altri greci scrittori depositavano i loro componimenti, come a tempo di Augusto facevasi in Roma nella biblioteca palatina sacra ad Apollo. Chiamavasi pure Ateneo un altro simile edifizio ove adunavansi i dotti per leggere o recitare i loro scritti e disputare di lettere, scienze e filosofia.

21. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143

Dante aveva osservato che gli astri riflettono una luce più rossa quando si vedono sul limite estremo dell’orizzonte, e specialmente dalla parte di ponente, ove son più spessi i vapori dell’atmosfera ; e tanto più questo fenomeno si manifesta nel pianeta di Marte, che per natura sua è sempre più rosso di tutti gli altri. […] Modernamente per altro nei tribunali collegiali si procura che il numero dei giudici sia dispari ; ed in alcune società amministrative o di privati, ove il numero dei votanti è variabile, si accorda nei casi di parità il doppio voto al Presidente.

22. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269

Evandro aveva fissata la sua residenza su quel monte che egli chiamò Palatino dal nome di suo figlio Pallante, ed ove poi fu da Romolo fabbricata l’eterna città. […] « Temer si deve sol di quelle cose « Che hanno potenza di fare altrui male : « Dell’altre no, chè non son paurose, » diceva Dante nella Divina Commedia ; ma non tutti gli uomini e non sempre possono ragionare freddamente e conoscer subito la causa delle cose ; e per casi nuovi o ignorati o non preveduti avviene spesso che si alteri la fantasia, specialmente del volgo, e si tema ove nessuna ragion v’è di temere.

23. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505

Aveva un tempio fuori di Roma, ove si radunava il Senato per dare udienza a quegli ambasciatori che non erano ammessi in città. […] Il Dio Summàno, quantunque avesse un tempio in Roma, da prima nel Campidoglio, e poi, al tempo delle guerre di Pirro, presso il Circo Massimo, ove tutti gli anni si celebrava la detta festa il dì 20 di giugno ; e per quanto questo Nume sia rammentato da molti dei più celebri scrittori Latini, restò peraltro incerto per lungo tempo quale ufficio egli avesse.

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114

« Sai che là corre il mondo ove più versi « Di sue dolcezze il lusinghier Parnaso. » Odesi spesso chiamar estro la poetica ispirazione. […] Ei se ne andò allora in Frigia, ove si mise a fare il muratore ; e insieme con Nettuno fabbricò le mura della città di Troia ; della cui divina origine e costruzione parlano Omero e Virgilio e molti altri poeti ; e noi dovremo discorrerne narrando la famosa guerra troiana e la distruzione di quella antica città.

25. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194

La geografia ci dice che Scilla è una scogliera sulla costa della Calabria ulteriore I228, ove le onde si frangono romoreggiando con un suono che sembra un latrato : quindi la favola dei cani alla cintura di Scilla ; e che Cariddi è un vortice poco distante, sulla opposta costa di Sicilia presso il faro di Messina. […] « E con quella ne vien notando in fretta « Verso lo scoglio, ove fermato il piede, « Tira l’àncora a sè, che in bocca stretta « Con le due punte il brutto mostro fiede.

26. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320

Il Pegaso continuò il volo sino al Firmamento, ove fu cangiato nella costellazione che porta il suo nome, come dicemmo.

27. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496

Questa facoltà poetica di rappresentare con descrizioni o con immagini sculte o dipinte qualunque virtù, qualunque vizio, qualunque idea astratta non è già spenta negli uomini dei nostri tempi ; anzi vedesi sempre rinnuovata non solo nelle moderne poesie, ma pur anco nei monumenti ove le Virtù civili e militari, ed anche le religiose, sono rappresentate per mezzo di figure umane accompagnate da oggetti simbolici che ne suggeriscono il significato ed il nome, senza bisogno di scriverlo sulla base delle medesime o in qualche parte delle loro vesti o dei loro ornamenti.

28. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9

La cognizione di questi simboli è necessaria a qualunque italiano desideri accostarsi « ……….. ove più versi « Di sue dolcezze il lusinghier Parnaso. » Quanto poi alle idee mitologiche dei classici greci e latini riporto nel testo, per chi non conosce le lingue dotte, gli opportuni esempi tratti dalle migliori traduzioni italiane, e registro in nota alcune più speciali citazioni di erudizione linguistica e letteraria a maggiore utilità degli scolari dei ginnasii.

29. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330

Raccontano i Mitologi ed i poeti, e più estesamente di tutti Ovidio nelle Metamorfosi, che quando nacque Meleagro, le Parche comparvero nella stanza ove Altea partorì, e, gettato nel fuoco un ramo d’albero, dissero : « tanto vivrai, o neonato, quanto durerà questo legno ; » e subito dopo disparvero63.

30. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24

Nei moderni ritratti della Fortuna ai frutti ed ai fiori del cornucopia son sostituite le monete d’oro e d’argento ; e i moderni tempii, in cui è esposta l’immagine della Fortuna ad allettamento dei devoti cultori della medesima ; seno i Botteghini del Lotto, ove per altro, se l’aritmetica non falla, è cento mila volte più probabile perdere che guadagnare.

31. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294

E poichè Cicerone, a cui parrebbe che questa squisitezza filologica avesse dovuto importare più che a noi, non vi pensa nè punto nè poco, e ci dice soltanto che la voce Penati deriva da due vocaboli latini usitatissimi (penus e penitus), senza aggiungere che questi fossero d’origine troiana, bisognerà per ora starsene a quel che egli ne scrisse, e credere sulla sua parola che l’etimologia di quel termine fosse latina, e alludesse al vital nutrimento degli uomini dai Penati protetti, ovvero alla parte più interna dei tempii e delle case ove questi Dei erano adorati37.

32. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510

Dal che si deduce che le Divinità adorate allora nel Lazio e nel territorio stesso ove sorse Roma esser dovevano per la massima parte quelle stesse dei Troiani e dei Greci al tempo della guerra di Troia, poichè Omero in tutta quanta l’Iliade ne rammenta sempre almeno le principali, come adorate egualmente da entrambe le nazioni.

33. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91

« Certo non si scotea sì forte Delo « Pria che Latona in lei facesse il nido « A parturir li due occhi del Cielo ; » ove è da notarsi tra le altre belle espressioni l’ardita e sublime metafora di chiamare Apollo e Diana, considerati come il Sole e la Luna, i due occhi del Cielo.

34. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325

Cadmo, dopo averla cercata invano per un anno, trovandosi vicino a Delfo, consultò quel celebre Oracolo per sapere se fosse possibile trovarla, e dove ; ma l’Oracolo non rispose alla sua domanda, e invece gli disse di fabbricare una città ove incontrasse una giovenca smarrita dalla mandra.

35. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393

In un frammento d’Eraclide Pontico è detto : « Omero attesta dalla Tirrenia (Toscana) esser egli venuto in Cefallenia ed Itaca, ove per malattia perdette gli occhi. » (Vedi Mazzoldi, Origini Italiche).

36. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54

Perchè madre Idèa voglia dir Cibele è spiegato all’articolo di questa Dea, ove ho riportato questo stesso verso dell’ Ariosto.

37. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-

Non è tempo perduto, nè fia senza diletto leggerne o rileggerne l’omerica descrizione : « Giungemmo nell’Eolia, ove il diletto « Agl’immortali Dei d’Ippota figlio,42 « Eolo, abitava in isola natante,43 « Cui tutta un muro d’infrangibil rame, « E una liscia circonda eccelsa rupe.

38. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85

Per liberarsi dal quale l’imbestiata e dolente Io fu costretta a gettarsi nel mare, che traversò a nuoto dalla Grecia all’Egitto, ove da quei feticisti egiziani che adoravano le bestie fu ricevuta e adorata come una Dea, e restituita poi da Giove nella primiera forma fu venerata sotto il nome di dea Iside.

39. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122

Quindi alcuni mitologi e poeti preferirono di sostituire ad Ecate la Dea Proserpina moglie di Plutone e regina dell’Inferno ; e lo stesso Dante seguì tale opinione ; poichè nel farsi predire da Farinata degli Uberti (nel C. x dell’Inferno) il suo esilio, e indicarne l’epoca fra circa 50 mesi lunari, esprime queste idee con frasi mitologiche nel modo seguente : « Ma non cinquanta volte fia raccesa « La faccia della Donna che qui regge « Che tu saprai quanto quell’arte pesa ; » ove apparisce manifestamente che l’ufficio di Proserpina e non di Ecate è accomunato da Dante con quel della Luna144.

40. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151

Il Monti ancor giovanissimo intuonò un Cantico adorno di graziose immagini e forme poetiche alla Bellezza dell’Universo, ove, con amplificazione per enumerazion delle parti, fa la rassegna delle più grandi bellezzè che son da ammirarsi nelle opere della creazione ; ed Ugo Foscolo ha detto : « Venere simboleggia la Bellezza dell’ Universo. » Da Venere, considerata come Dea della bellezza, son derivate le parole venustà ed avvenenza 185.

41. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202

La reggia e la residenza di Plutone non era negli Elisii. ma nel Tartaro, ove più si manifestava il bisogno di raffrenar coll’impero sovrano le anime dei malvagi, e vegliar che i suoi ministri non mancassero al loro dovere di tormentare i dannati.

42. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68

Esce talvolta « Da questo monte all’aura un’atra nube « Mista di nero fumo e di roventi « Faville, che di cenere e di pece « Fan turbi e groppi, ed ondeggiando a scosse « Vibrano ad ora ad or luride fiamme, « Che van lambendo a scolorar le stelle ; « E talvolta le sue viscere stesse « Da sè divelte, immani sassi e scogli « Liquefatti e combusti al Ciel vomendo, « Infin dal fondo romoreggia e bolle79). » E Dante gareggiando col maestro, e, com’è suo stile, distinguendosi da esso e da qualsivoglia altro scrittore per insuperabile concisione, accenna con un solo verso l’opinione mitologica e dà la spiegazione della causa de’ vapori sulfurei dell’Etna, dicendo nel Canto iv del Paradiso, che la bella Trinacria, cioè la Sicilia, caliga, ossia cuopresi di caligine, fra Pachino e Peloro (ove appunto è situata l’Etna), « Non per Tifeo, ma per nascente zolfo. » Vedano ora i moderni geologi e chimici (se pure taluno di loro ha tempo di studiare il Dante), come il nostro divino poeta parlava cinque in sei secoli fa, secondo le loro odierne teorie ed analisi chimiche, accennando che lo zolfo nasce e si forma nei sotterranei abissi dei vulcani, e ne vengon tramandate le esalazioni nell’aria circostante ai crateri.

43. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131

Dante a cui nulla sfugge, e che ovunque stenda la mano o colorisce o scolpisce, nel descrivere il cerchio del Purgatorio ove son puniti gl’invidiosi, ci narra che ei vide « Il livido color della petraia, » e più oltre « ………ombre con manti Al color della pietra non diversi, » e udì « Voce che giunse di contro dicendo : « Io son Aglauro che divenni sasso ; » e seppe così valersi incomparabilmente della pagana Mitologia, per ornamento del linguaggio poetico anche nel Purgatorio cristiano, apostolico, romano163.

44. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278

Il Dio Termine aveva in Roma una cappella a lui sacra nel tempio di Giove Capitolino, il quale era situato, come affermano gli archeologi, ove ora esiste la chiesa di Ara Coeli.

45. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252

Gli Oracoli si rendevano in un sotterraneo del tempio, inaccessibile a tutti i profani, ed ove ammettevasi soltanto qualche devoto che ne avesse ottenuto dai sacerdoti il permesso.

/ 50