« Ed una allor n’avean parte polita, « Parte abbozzata, con tre raggi attorti « Di grandinoso nembo, tre di nube « Pregna di pioggia, tre d’acceso foco, « E tre di vento impetuoso e fiero. […] Chi si ricorda che anche Vesta giovane era considerata come Dea del fuoco, non si dovrà maravigliare che due Divinità fossero assegnate dai mitologi a questo elemento, quando pur si rammenti che avevan fatto presiedere alla Terra tre Dee, come notammo nel N° VIII, e trovammo che ciascuna aveva speciali attributi per distinguersi dall’altra. […] Passando ora a parlare dei Ciclopi, dei quali si è fatto un sol cenno col dire che tre di essi, cioè Bronte, Sterope e Piracmone aiutavano Vulcano a fabbricare i fulmini a Giove, noteremo prima di tutto l’etimologia del loro nome, che è composto di due parole greche ciclos (circolo) e ops (occhio), per indicare la straordinaria particolarità a loro attribuita di aver cioè un sol occhio circolare « Di targa e di Febea lampade in guisa « Sotto la torva fronte, » come dice Virgilio. […] A spiegar la favola dell’unico occhio fu detto che i Ciclopi eran soliti di portare in guerra una visiera con un sol foro circolare in direzione degli occhi, uso inventato dai tre aiutanti di Vulcano per ripararsi la faccia nel lavorare i metalli incandescenti.
Cerbero cane con tre teste stava immobile ai di lui piedi. […] Morfeo, Fobetore, e Fantaso, erano i tre figli del Sonno. […] Erano tre Aglaja, Talia, ed Eufrosine. […] Uccise Gerione, che aveva tre corpi. […] Mercurio intanto condusse le tre Dive da questo fortunato pastore.
La terza moglie fu Eurinome figlia dell’ Oceano, che partorì le tre Grazie Aglaia, Eufrosine, e Talia. […] Di là dell’ Acheronte era il cane Cerbero con tre teste, nato da Tifone e da Echina, ch’ era il custode dell’ Inferno. […] Abbattè Gerione figlio di Crisaorre e di Calliroe, che avea tre corpi, e gli tolse le vacche custodite dal cane Orto nato da Tifone e da Echidna. […] A’ conviti che celebravansi dopo i sacrifici presedevano gli Epuloni, che prima furon tre soli, poi cinque, sette, e infine a dieci. […] Presso i Romani la più famosa era la Sibilla Cumana, la quale si disse che offerse al re Tarquinio superbo una raccolta di versi sibillini in nove libri, chiedendone trecento monete d’ oro, che avendole questi ricusato pagarle., ella gettò tre libri sul fuoco, domanda lo stesso prezzo per gli altri sei; che al secondo rifiuto ne gittò sul fuoco tre altri, insistendo a volere il medesimo prezzo pei tre ultimi che rimanevano, e che poi da Tarquinio furono comperati.
Ercole aveva saputo che nella Spagna esisteva un re di statura gigantesca e di forma mostruosa, con tre corpi, tre teste e sei ale ; e più mostruoso era l’ animo suo crudele che dilettavasi di straziare i popoli, e dar, come Diomede, la carni umane in cibo alle sue giovenche. […] Edipo passò di là, e la Sfinge lo fermò e gli diede a indovinar quest’enigma : Qual è quell’animale che la mattina va con quattro piedi, a mezzogiorno con due, e la sera con tre ? […] Quivi egli crebbe ignaro della sua origine, e fu tra i pastori chiamato Alessandro ; ed egli è quel desso che fu eletto per giudice della bellezza delle tre Dee, come dicemmo. […] Poco dopo avvenne (vero o falso che sia) che due grossi serpenti si avvinghiarono a lui e a due suoi figli e li strangolarono tutti e tre. […] Il numero ternario si trova spesso nella Mitologia, incominciando dai tre figli di Saturno, sino alle tre Arpie ora rammentate.
Perseo poi alzò tre altari, uno a sinistra a Mercurio, l’altro a Pallade alla destra, e il terzo nel mezzo a Giove. […] Passati tre giorni, Medea conciliò a Pelia un sonno poco meno che di morte. […] Giove stesso lo costituì giudice delle tre Dee, Giunone, Minerva, e Venere. […] Tutte le Dee da prima lo pretendevano, ma il contrasto finalmente si ridusse tralle sole anzidette tre Divinità. […] Tiene colla destra le tre Grazie, le quali hanno le mani intrecciate a guisa di chi danza.
Aglaia, una delle tre Grazie, 175. […] Esperidi (le tre sorelle). […] Eufrosine, una delle tre Grazie, 175. […] Grazie (le tre), figlie di Venere, 175. […] Talia, una delle tre Grazie, 175.
XL Osservazioni generali Questi tre termini di Semidei, Indigeti ed Eroi si trovano usati talvolta indistintamente l’uno per l’altro, benchè differiscano tra loro non solo etimologicamente, ma pur anco per certe speciali condizioni, che converrà prima di tutto accennare. Semidei, parola latina conservata senza alterazione ortografica nella lingua italiana, è traduzione del greco vocabolo Emitei ; e in tutte e tre le lingue significa evidentemente mezzi Dei, e vi si sottintende e mezzi uomini, non già mezze bestie, come si rappresentavano alcune delle Inferiori Divinità. […] La voce Eroi, divenuta tanto comune in verso e in prosa non solo nelle lingue dotte, ma pur anco nella italiana e nelle altre lingue affini, è di origine greca ; ed i filologi antichi, incominciando da Servio commentator di Virgilio, ne danno tre diverse etimologie,45deducendole da tre diverse accezioni in cui trovasi usata quella voce, cioè di Semidei, di Dei Indigeti, e di uomini divenuti illustri o per dignità o per imprese di sovrumano valore.
Di questi tre distintivi non sarà inutile dar la spiegazione, perchè riesce più concludente. Infatti, essendo il Dio Pane considerato come il protettore dei cacciatori e dei pastori, ed inoltre l’inventore della sampogna, i tre distintivi preaccennati rammentano chiaramente questi tre attributi. […] Questo Dio era adorato principalmente in Arcadia come Dio dei pastori, e da quella regione fu trasportato il suo culto in Italia dall’Arcade Evandro tre secoli e mezzo prima della fondazione di Roma.
Venere era considerata in principio come Dea dell’Amore, e poi le fu aggiunto per questo particolare attributo un figlio chiamato Eros dai Greci e Cupido dai Latini186 ; ed inoltre un corteo di tre figlie col nome a tutte comune di Càriti in greco e di Grazie in latino, e con un altro proprio e particolare a ciascuna di esse, cioè Aglaia, Talìa ed Eufrosine. […] Oltre Cupido, Imene e le tre Grazie si annovera tra i figli di Venere anche Enea. Cupido era creduto figlio di Venere e di Marte ; Imene e le tre Grazie di Venere e di Bacco ; ed Enea di Venere e di Anchise principe troiano. […] Le tre Grazie, di cui l’appellativo stesso spiega l’ufficio o attributo, erano rappresentate come giovanette gentili ed ingenue, nude e abbracciate amorevolmente tra loro, per indicar che le grazie debbono esser naturali e spontanee e che non hanno bisogno di stranieri o compri ornamenti ed aiuti.
Giove ne aveva tre, e Apollo ventidue ; Giunone, Cerere, Mercurio e Plutone ebbero soltanto un oracolo per ciascuno di loro ; delle Divinità inferiori o terrestri, quasi nessuna ebbe oracoli ; e piuttosto preferirono i Pagani di attribuirli a più d’uno degli Eroi o Semidei, come per esempio ad Esculapio, a Trofonio, ad Ercole, ad Amfiarao, ecc. […] Sarebbe perciò troppo lungo discorso e monotono il parlar di tutti particolarmente ; ed io credo che invece basterà descriverne tre o quattro dei principali e più famosi, e passar leggermente sugli altri con qualche osservazione che sia ad essi comune. […] Il più antico di tutti gli Oracoli della Grecia, secondo Erodoto, fu quello di Giove in Dodona città dell’Epiro ; e i responsi si deducevano per interpretazione o divinazione in tre modi : 1° dal movimento impresso dal vento alle foglie delle quercie consacrate a Giove ; 2° dal romore dei bacini di bronzo sospesi a contatto fra loro, e ciecamente o a caso percossi ; 3° dal mormorio delle acque di una sacra fontana, modi affatto primitivi e d’immaginaria interpretazione. […] Ha la stessa etimologia la parola orazione, tanto che Cicerone dichiara : « Oracula ex eo ipso appellata sunt, quod inest in his deorum oratio. » In greco avevano due o tre termini che non furono adottati nella lingua italiana, e soltanto da manteion furon composte le denominazioni di Necromanzia e Geomanzia ecc. di cui parleremo altrove.
Il nome di Nettuno, dio e re del mare deriva, come dice Varrone, da un verbo latino (nubere), che significa velare o cuoprire, perchè il mare ricuopre la maggior parte (precisamente tre quarti) della superficie terrestre214). […] Ma tutte presentano presso a poco gli stessi emblemi o distintivi ; il più caratteristico dei quali è il tridente, che consiste in una forca con tre corni o punte ; ed è questo il potente scettro di Nettuno col quale comanda ai flutti e scuote la Terra cagionando terremoti216). […] Queste Ninfe eran distinte in tre classi : Oceanine, o Oceanitidi, Doridi e Nereidi. […] Proteo che si trasforma in tutti gli esseri, ossia corpi dei tre regni della Natura, rappresenta la materia che prende tutte le forme, la qual materia perciò con allusione mitologica elegantemente è chiamata proteiforme.
Assomiglia nel Canto xvii dell’Inferno la sua paura, nello scender su di un alato mostro in un profondo abisso infernale, a quella di Fetonte trasportato in balìa dei cavalli del Sole : « Maggior paura non credo che fosse, « Quando Fetonte abbandonò li freni, « Perchè ’l Ciel, come pare ancor, si cosse115. » Rammenta ancora nel Canto xxix del Purgatorio il lamento della Dea Tellure per gli spaventevoli effetti cagionati ne’suoi tre regni dalle infiammate vampe del Sole, o come egli dice, l’orazion della Terra devota 116 « Quando fu Giove arcanamente giusto. » Queste splendide invenzioni mitologiche, abbellite dalla più splendida poesia greca e latina, hanno sopravvissuto alla distruzione delle religioni, dei popoli, delle favelle e della scienza antica. […] Dopo che i mitologi ebbero considerato Apollo come Dio del Sole, furono indotti a credere che esser dovesse pur anco il Dio della Medicina120), perchè il Sole co’suoi raggi calorifici e chimici infonde qualità medicamentose in molti prodotti dei tre regni della Natura. […] Nella invenzione della discendenza in linea retta di queste tre divinità v’è molta connessione logica di principii scientifici, che esamineremo dopo aver parlato del figlio e della nipote di Apollo secondo la Mitologia. […] Nella invenzione di queste tre Divinità che presiedono alla più felice conservazione degli esseri umani, troviamo un concetto ed un ragionamento che ha la forma di un sillogismo.
— Eccone le differenze : Vesta Prisca fu considerata come la Terra appena separata dal Caos, e perciò priva di piante e di animali ; Cibele poi come la Terra ornata di tutte le produzioni dei tre regni della Natura, animale, vegetale e minerale, e Tellùre come il complesso delle forze fisiche della materia terrestre. Questa triplice distinzione richiama al pensiero l’ipotesi dei geologi e degli astronomi moderni sull’origine della Terra, che cioè essendo essa in principio una massa di materia incandescente, o in fusione ignea, non era atta alla produzione e conservazione dei vegetabili e degli animali ; che in appresso, in centinaia di secoli, a poco a poco raffreddandosi aveva formato la solida crosta del globo terrestre con tutti i diversi suoi strati ; e gradatamente prodotto tutti gli oggetti dei tre regni della Natura nelle diverse e successive epoche geologiche. […] Alcuni autori la chiamano ancora Cibebe, e fanno derivar questo nome da cubo, ossia dado, che è la più salda e stabile figura geometrica, essendo uguale nelle tre dimensioni di lunghezza, larghezza e profondità ; e venendosi perciò a significare la creduta stabilità o immobilità della Terra, a cui presiedeva Cibele.
xxi, 46) afferma che nell’alto di quella montagna non ascendevano gli umidi vapori della terra, nè perciò producevansi le meteore acquee, e neppur l’arcobaleno, che si forma nell’aria dopo la pioggia : « Perciò non pioggia, non grando, non neve, « Non rugiada, non brina più su cade « Che la scaletta de’ tre gradi breve ; « Nuvole spesse non paíon, nè rade, « Nè corruscar, nè figlia di Taumante, « Che di là cangia sovente contrade. » Il nome d’Iride è comunissimo nel linguaggio poetico, ed anche in quello scientifico. […] Basterà che io citi Dante che così la chiama in rima e fuor di rima, come nel seguente esempio : « Nella profonda e chiara sussistenza « Dell’alto lume parvemi tre giri « Di tre colori e di una contenenza ; « E l’un dall’altro come Iri da Iri « Parea reflesso, e il terzo parea fuoco « Che quinci e quindi egualmente si spiri. » (Parad.
Sapendo soltanto che ad Ecate si attribuivano tre teste, una di cavallo, una di cane ed una di leone e, secondo altri, di cinghiale, basta questo perchè tal mostruosa Dea faccia orrore. […] In tempi più civili si rappresentò Ecate con tre faccie, ma tutte di donna ; e questa triplice immagine ponevasi nei trivii, ond’ebbe ancora il nome di Trivia 143. Orazio in tre odi che han per soggetto le streghe e le stregonerie non rammenta mai Ecate, e solo nella Sat. 8 del lib.
« De’violenti il primo cerchio è tutto : « Ma perchè si fa forza a tre persone, « In tre gironi è distinto e costrutto. « A Dio, a sè, al prossimo si puone « Far forza ; dico in loro ed in lor cose, « Come udirai con aperta ragione. » Procede infatti con lo stesso metodo a render ragione delle diverse categorie di dannati che egli ha posti in tre diversi cerchi, gironi o bolge infernali sottoponendoli con giusta proporzione a pene diverse per qualità o intensità.
I sacerdoti Egiziani dopo tre anni lo annegavano in un lago, e poi dicevano che era morto o perduto ; di che facevasi un gran lutto con gemiti e pianti da tutto il popolo ; ma dopo tre giorni, avendo già pronto un altro bove simile, dicevano che si era ritrovato o era risuscitato ; e il popolo ne faceva maravigliosa festa.
Dice Ugo Foscolo che « Fidia vantavasi di aver dedotto la statua di Giove Olimpio da tre versi di Omero. » E questi tre versi nell’originale greco son quelli di n° 528, 529 e 530, nel i libro dell’ Iliade, che il Monti tradusse così : « Disse, e il gran figlio di Saturno i neri « Sopraccigli inchinò : sull’immortale « Capo del Sire le divine chiome « Ondeggiaro, e tremonne il vasto Olimpo. » 65.
Aggiungono dunque i mitologi che Giove per tre mesi sentì un gran dolor di testa, e non potendo più a lungo tollerarlo, mandò a chiamare Prometeo, o secondo altri, lo stesso Vulcano suo figlio, per farsi spaccare con un ferro tagliente il cranio ; e ne uscì Atena, ossia Minerva. La quale dall’essere stata tre mesi in gestazione nel cervello di Giove fu detta Tritonia.
La statua di Giano con due faccie ponevasi nei bivii, e con quattro nei quadrivii (pei trivii o trebbii essendo riserbata quella di Ecate triforme, ossia con tre faccie). […] Celebre era in Roma il suo tempio, che stava chiuso in tempo di pace ed aperto in tempo di guerra ; il quale in più di settecento anni fu chiuso soltanto, e per poco tempo, tre volte, come sappiamo dalla storia romana.
Peraltro fra i cerchi 6°, 7°, 8° e 9° vi son tre baratri o abissi, nei quali conviene scendere in un modo straordinario e pericoloso per giungere al centro. […] v ; e asserisce che la terra di quelle isole produceva tutto come nell’età dell’oro, senza bisogno di esser coltivata : « Nos manet Oceanus circumvagus : arva, beata « Petamus arva, divites et insulas, « Reddit ubi cererem tellus inarata quotannis « Ét imputata floret usque vinea ; « Mella cavâ manant ex ilice, etc. » e seguita questa enumerazione per una ventina di versi, conchiudendo : « Jupiter illa piæ secrevit littora genti, « Ut inquinavit ære tempus aureum ; — « Ære, dehinc ferro duravit secula : quorum « Piis secunda, vate me, datur fuga. » Questa descrizione di Orazio potrebbe considerarsi come una amplificazione del passo di Esiodo nelle Opere : « Eroi felici, che disgombro il core « D’affanni, in riva all’Ocean profondo « Soggiorno fan nell’Isole beate, « Ove fecondo il suol tre volte l’anno « Dolci dispensa saporite frutta. » Ma anche Plutarco nella Vita di Sertorio dice, che « perfino i Barbari stessi tengon ferma credenza esser ivi il Campo Elisio e quell’abitazione de’beati decantata da Omero. » 236.
Dante asserisce che a tempo suo la Gorgone era già all’Inferno da lunga pezza ; e ci racconta che egli ebbe una gran paura, quando nel far laggiù quel suo celebre viaggio, le tre Furie infernali vedendolo da lontano dall’alto di una torre : « Venga Medusa, sì ‘l farem di smalto, « Gridaron tutte riguardando in giuso ; « Mal non vengiammo in Teseo l’assalto. » E non era un timor panico il suo, perchè Virgilio stesso gli disse tosto : « Volgiti indietro, e tien lo viso chiuso, « Chè se ‘l Gorgon si mostra e tu ‘l vedessi, « Nulla sarebbe del tornar mai suso. » Quanto poi alle belle arti sappiamo che gli antichi rappresentavano la testa di Medusa nell’Egida, e talvolta nell’usbergo della Dea Minerva ; e Cicerone rimprovera a Verre, tra gli altri delitti e sacrilegii, di avere involato una bellissima testa anguicrinita di Medusa, distaccandola dalle porte del tempio di Minerva in Siracusa49. […] Infatti la Cronologia greca più comunemente seguita, ed anche adottata dallo stesso Cantù (Ved. i Documenti alla sua Storia Universale), pone Inaco per primo re d’Argo, e come vissuto più di 1900 anni avanti l’era volgare ; e perciò almeno tre secoli più antico di Mosè.
Contavansi tra’Giudei tre sètte distinte, i Farisei, i Saducei e gli Essenj ; ma nel mentre che i Romani vennero a cinger d’assedio Gerusalemme, queste sètte si fusero in quella degli Zelanti, cioè di coloro che voleano scacciare i Romani o perire sotto le ruine del tempio. […] Non ci volea meno che una moltitudine immensa di solitari sparsi nelle tre parti del mondo, e tutti diretti al conseguimento di un medesimo fine, per conservare almeno quelle scintille che riaccesero presso i moderni la face delle scienze.
Agli antichi Mitologi non bastò l’avere assegnato tre Dee al globo terrestre, come notammo nel N.
Infatti fu dessa la prima a ferire, benchè leggermente, il cinghiale, dopo che questa fiera aveva già fatto strage di tre o quattro cacciatori e di molti cani.
Su questa favola il poeta Eschilo compose tre celebrate tragedie, che facevan seguito l’una all’altra, cioè Prometeo portator del fuoco, Prometeo incatenato e Prometeo liberato. — Di queste esiste soltanto la seconda, cioè : Prometeo incatenato.
Ecco tre esempi che dimostrano il concetto generale di Virgilio, che cioè i Penati fossero gli Dei protettori di Troia e della Troade.
Ma convien notare che tre di questi nomi, cioè il Sole, la Terra e la Luna son sinonimi di Apollo, Vesta e Diana, registrati di sopra tra i consiglieri di Giove ; poichè è avvenuto in tutte le religioni idolatre, che prima si diedero diversi nomi a una stessa divinità secondo i suoi diversi attributi, o poi questi diversi titoli a loro attribuiti furon considerati come rappresentanti altrettante divinità.
Il fiume Acheloo fu battagliero quanto Rodomonte, e osò venir tre volte a singolar tenzone con Ercole per ottenere a preferenza di lui Deianira in isposa.
XVI La dea Latona Parlando del Caos, dissero i mitologi che i 4 elementi di cui esso era composto si divisero ; e divisi che furono, il fuoco, come più leggiero degli altri tre, salì più in alto e venne a formare il Sole, la Luna e le Stelle.
È noto che la parola alfabeto è composta dal nome delle due prime lettere (alfa e beta dell’alfabeto greco ; e che in italiano trovasi anche chiamato l’abbiccì dal nome delle prime tre lettere del nostro alfabeto.
In Roma per altro, la cui fondazione ebbe luogo tre in quattro secoli dopo l’eccidio di Troia, il culto di Marte fu il più solenne e devoto dopo quello di Giove Ottimo Massimo, perchè i Romani oltre al credersi discendenti dai Troiani, tenevan per fermo che il fondatore della loro città fosse figlio di Marte, come narra lo stesso Tito Livio.