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34. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194

« Orlando al lito trasse il pesce orrendo, « Col qual non bisognò più affaticarsi ; « Che pel travaglio e per l’avuta pena « Prima morì che fosse in su l’arena »233. […] Anticamente vi era su quella costa una città chiamata Scilla ; ed ora vi è un paese dello stesso nome, che gli abitanti pronunziano come se si scrivesse Sciglio. […] Il raziocinio che fa Dante su tal proposito è molto notabile, e merita di essere imparato a memoria con le stesse parole dell’autore : « E s’ella d’elefanti e di balene « Non si pente, chi guarda sottilmente « Più giusta e più discreta la ne tiene ; « Chè dove l’argomento della mente « S’aggiugne al mal volere ed alla possa, « Nessun riparo vi può far la gente. » (Inf.

35. (1895) The youth’s dictionary of mythology for boys and girls

Con′sus [Consus]. […] Nes′sus [Nessus]. […] Ny′sus [Nysus]. […] Parnas′sus [Parnassus]. […] Su′ry′a [Surya].

36. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172

Cosi cantò il Chiabrera, v. 46 : « E di nebridi coperto « Nel deserto « Vo’cantar tra le Baccanti. » E il Redi nel Ditirambo di Bacco fa dire a questo Nume : « Al suon del cembalo, « Al suon del crotalo, « Cinte di nebridi, « Snelle Bassaridi, « Su su mescetemi « Di quella porpora, ecc. » I poeti pensarono ancora a dar moglie a Bacco, e inventarono un modo sbrigativo, franco e alla buona, senza tante sicumere e accordature d’orchestra. […] Dante assomigliò la potenza del riso di Beatrice su di lui all’effetto dei fulmini di Giove sopra Semele : « Ed ella non ridea : Ma, s’io ridessi, « Mi cominciò, tu ti faresti quale « Semele fu, quando di cener fessi. » (Parad.

37. (1845) Mythologie de la jeunesse

Beaucoup de fables, sans doute, ont vieilli et ne sauraient se concilier avec l’esprit des croyances chrétiennes ; mais il en est une foule d’autres qui conserveront toujours leur grâce, leur fraîcheur et leur vérité. […] De là le nom de panique donné à cette terreur qui saisit tout à coup sans qu’on en sache la cause. […] Cette princesse, non moins renommée par sa vertu que par sa beauté, sut éluder leurs poursuites par toutes sortes de stratagèmes. […] Il y apprit qu’il n’était pas encore arrivé au terme de ses épreuves ; mais il sut les surmonter toutes par sa prudence et son courage. […] Dans la Fable comme dans l’Histoire sainte, l’époux cède aux instances d’une femme qui a su le séduire.

38. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510

E poi, in quanto al Politeismo dei Romani, aggiungendovisi le tradizioni che l’Arcade Evandro, creduto figlio della Dea Carmenta, venuto nel Lazio prima di Enea, avea fondata la città di Fenèo su quel monte che dal nome di suo figlio Pallante fu detto il Palatino, sarà necessario ammettere che egli avesse introdotto il politeismo greco nel luogo stesso che in appresso fu il centro della nuova città di Romolo : tanto è vero che anche a tempo di Cicerone, com’egli afferma nelle sue lettere, esisteva nel monte Palatino l’antro consacrato da Evandro al culto del Dio Luperco, vale a dire del Dio Pane. […] Quest’atto è anche segno di stare attenti, come abbiamo in Dante : « Perch’io, acciò che ‘l Duca stesse attento, « Mi posi il dito su dal mento al naso. » I Latini poi, e fra questi Catullo, usarono la frase reddere aliquem Harpocratem per significare ridurre qualcuno al silenzio.

39. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137

La statua, opera di Fidia, più non esiste ; del Partenone vi restarono tali avanzi da poter fare su quelli la completa restaurazione dell’edifizio ; e se ne ha il disegno in molte stampe o incisioni. […] : « O folle Aragne, sì vedeva io te, « Già mezza aragna, trista in su gli stracci « Dell’opera che mal per te si fe ! 

40. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54

L’adoravano ancora e le facevano splendidissime feste sotto il nome di Tesmòfora, cioè legislatrice, sapientemente considerando quel che anche oggidì ammettono tutti i pubblicisti e gli storici filosofi, che gli uomini solivaghi e nomadi, pescatori e cacciatori conduc endo una vita errante e senza dimora fissa, mal potevano assoggettarsi al consorzio sociale e vincolarsi con leggi ; e che solo allorquando per mezzo dell’agricoltura si fissarono su quei terreni che avevano coltivati, potè cominciare la civil società retta dal Governo e dalle leggi. […] Dante che ben volentieri riporta nella Divina Commedia anche le punizioni mitologiche dei delitti umani, e specialmente dell’empietà, non avrebbe trascurato di riferire anche questa, se contro i fanciulli insolenti e molesti non ne avesse trovata una più solenne e tremenda nella Bibbia, quella cioè dei fanciulli che per aver beffato il profeta Eliseo della sua calvizie, furono divorati dagli orsi ; e se ne valse per fare una perifrasi dei nome di quel profeta : « E qual colui che si vengiò55 con gli orsi « Vide ’l carro d’ Elia al dipartire, « Quando i cavalli al cielo erti levorsi, « Sì come nuvoletta, in su salire. » Un altro celebre miracolo mitologico attribuito a Cerere è rammentato da molti poeti, e dallo stesso Dante, e perfino dal Giusti ; ed è la punizione dell’empietà di Eresittone.

41. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-

Ma su ciò vedano i Geografi ne quid Respublica detrimenti capiat ! […] Quand’egli dice nel Canto xi dell’Inferno, « Che i Pesci guizzan su per l’orizzonta « E’l Carro tutto sovra’l Coro giace, » accenna con precisione astronomica che eran due ore prima dello spuntar del Sole in quel giorno del mese di marzo che aveva prima indicato, poichè appunto in quell’ora che egli voleva significare appariva la costellazione dei Pesci sulorizzonte, e inoltre la costellazione del Carro, ossia dell’Orsa maggiore giaceva tutta sovra’l Coro, cioè fra settentrione ed occidente, ossia presso a poco a ponente-maestro o nord-ovest, come ora direbbesi.

42. (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423

Non molto lungi eravi un sasso, chiamato Agelasto, ossia tristo, su cui Cerere si riposò stanca e afflitta. […] Alzatisi di mensa i due personaggi, si manifestarono per quelli ch’erano, e seco condussero su per una collina Baucide e Filemone. […] Mentro lo imparavano nel tempio di Giove Statore, cadde un fulmine su quello di Giunone Regina nell’Aventino. […] Su quest’ara non si sacrificavano mai animali vivi(b). […] Ranide spezialmente, Fiale, e Nife allora molto si distinsero ; ma inutilmente, poichè la Dea era dal collo in su più alta di ciascheduna.

43. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-

Nel tempo di questa cerimonia toglievano di su i piedistalli le statue degli Dei, le posavano su letti messi intorno ad una tavola apparecchiata nel tempio, e offrivan loro a spese della Repubblica un lauto pasto.

44. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38

VII Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio Poichè i mitologi, e specialmente i poeti latini, ci raccontano che Saturno esiliato dal Cielo si fermò in Italia alla corte di Giano su quel celebre colle che tuttora chiamasi Gianicolo (abitazione di Giano) ; ed essendo questa la prima volta che noi troviamo un Dio che abita e conversa familiarmente con gli uomini, convien premettere qualche osservazione sull’origine della specie umana. La Mitologia è molto incerta su tal questione, e non la decise mai dommaticamente : lasciò correre diverse opinioni, tra le quali accenneremo per ora quella soltanto che è la più semplice e sbrigativa, e che prima delle altre espone Ovidio nelle Metamorfosi, vale a dire che quel Dio stesso che dal Caos formò l’universo creasse l’uomo di divin seme 26, appellando così principalmente all’anima umana, e facendola di origine divina.

45. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151

Con questo vennero a significare quanto sian condannabili i matrimonii fatti per forza ed a contraggenio ; ma però si estesero tanto ad inventare aneddoti scandalosi su questo tema, che spesso deturpano le più belle poesie dei classici antichi. […] Si aggiogavano al carro di Venere le colombe, perchè sono affettuosissime e feconde ; e la favola aggiunge che erano sacre a questa Dea, perchè fu cangiata in colomba una Ninfa sua prediletta chiamata Peristeria, per un infantile vendetta di Cupido su questa Ninfa che aveva aiutato Venere a vincere una scommessa a chi coglieva più rose.

46. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202

In Omero e negli altri poeti greci le idee su tal proposito furono anche più incerte e confuse, e perciò non vi si trova unità nel disegno, nè regolarità nella esecuzione. […] Se poi si considerano i dati scientifici su cui si fondano i calcoli di centinaia di secoli che passarono dall’una all’altra epoca geologica prima che si compiessero le formazioni delle diverse rocce ; e si riflette filosoficamente che infinite specie di animali terrestri, aquatici ed amfibii, di forze e di forme « Maravigliose ad ogni cor securo, » furon cancellate dal libro dei viventi e fossilizzate dal tempo e dagli occulti agenti chimici sotterranei, avremo anche per la fantasia un campo molto più vasto di quello delle invenzioni mitologiche ; e riconosceremo che la mente dell’uomo non sa immaginare neppur la millesima parte delle maraviglie che la scienza tuttodì va scuoprendo nelle operazioni e nelle leggi della Natura.

47. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160

Altra fiata, il sai, « Volli in tuo scampo venturarmi. […] Sentiamo dunque su questo proposito ciò che ne scriveva il poeta Virgilio, « Che visse a Roma sotto il buono Augusto, » e che Dante chiama suo maestro « E quel savio gentil che tutto seppe. » Nel libro viii dell’Eneide descrive prima la fucina di Vulcano coi Ciclopi suoi garzoni che lo aiutavano a fabbricare i fulmini ; e quindi enumera gli elementi o materie prime di cui li componevano : « …….Stavan nell’antro allora « Sterope e Bronte e Piracmone ignudi « A rinfrescar l’aspre saette a Giove.

48. (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387

Ei piombò su quel mostro, e sì lo trafisse coll’asta, che gli tolse intieramente la vita. […] Filottete poi sulle ceneri d’Ercole aveva ciretto un sepolcro, su cui gli si offerirono molti sacrifizj. […] Neppure potevano avvicinarsi a quel sacro luogo i porci, e su quegli altari ardeva un fuoco perpetuo. […] Il Trojano ne fece esporre il corpo nel suo palagio, e gli alzò un rogo su eui lo ripose il settimo giorno. […] Questa virtù stringe un ramo di timo, su cui vola un’Ape.

49. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114

Su tale argomento basti l’ aver citato i due grandi poeti, padri dell’ italiana poesia : « Degli altri fia laudabile tacere, « Chè il tempo saria corto a tanto suono. » Ad Apollo avvenne ancora un caso opposto, ma non meno funesto. […] « Si rade volte, padre, se ne coglie, « Per trionfare o Cesare o poeta, « (Colpa e vergogna delle umane voglie), « Che partorir letizia in su la lieta « Delfica deità dovria la fronda « Peneia, quando alcun di sè asseta.

50. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103

Considerato Apollo come il Dio del Sole, chi è che non l’abbia veduto dipinto da più o men valenti pittori come un giovane imberbe di bellissime forme, cinto la fronte e il volto di un’aureola di fulgentissimi raggi, su di un cocchio d’ oro e di gemme107), in atto di guidare con mano ferma e sicura quattro focosi destrieri per le vie del firmamento, e circondato da dodici avvenenti ninfe piè-veloci, che intreccian carole intorno al suo carro ? […] Assomiglia nel Canto xvii dell’Inferno la sua paura, nello scender su di un alato mostro in un profondo abisso infernale, a quella di Fetonte trasportato in balìa dei cavalli del Sole : « Maggior paura non credo che fosse, « Quando Fetonte abbandonò li freni, « Perchè ’l Ciel, come pare ancor, si cosse115. » Rammenta ancora nel Canto xxix del Purgatorio il lamento della Dea Tellure per gli spaventevoli effetti cagionati ne’suoi tre regni dalle infiammate vampe del Sole, o come egli dice, l’orazion della Terra devota 116 « Quando fu Giove arcanamente giusto. » Queste splendide invenzioni mitologiche, abbellite dalla più splendida poesia greca e latina, hanno sopravvissuto alla distruzione delle religioni, dei popoli, delle favelle e della scienza antica.

51. (1898) Classic myths in english literature

[Epigraph.] To the Muses. Whether on Ida’s shady brow, Or in the chambers of the East, The chambers of the sun, that now From ancient melody have ceas’d; Whether in Heav’n ye wander fair, Or the green corners of the earth, Or the blue regions of the air, Where the melodious winds have birth; Whether on crystal rocks ye rove, Beneath the bosom of the sea, Wandering in many a coral grove, Fair Nine, forsaking Poetry; How have you left the ancient love That bards of old enjoyed in you! The languid strings do scarcely move, The sound is forc’d, the notes are few! William Blake.

52. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) «  Avviso. per questa terza edizione.  » pp. -

Ma a volere che sia parte proficua della storia dell’umano incivilimento, e che vada immune da qualsivoglia rischio d’ingenerare [ILLISIBLE]nelle menti inesperte dei giovani, è mestieri che la ce[ILLISIBLE]ità dell’idolatria e del politeismo sia posta a confronto della Verità Divina del Cristianesimo, e che sia fatto conoscere il passaggio dalla civiltà antica basata su falsi fondamenti, alla civiltà nuova sostenuta dall’ opera della Redenzione.

53. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254

Andando su queste traccie, riesce più facile o almeno più probabile la spiegazione di molte idee mitologiche degli antichi Pagani ; e facendo tesoro delle interpretazioni che hanno date alle medesime, non solo i nostri poeti, e principalmente l’Alighieri, ma pur anco i filosofi di maggior fama, possiamo almeno conoscere quale opinione avessero dell’antica sapienza contenuta nella Mitologia gli uomini più grandi e più sommi.

54. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492

È decisivo su tal proposito il seguente passo di Cicerone : « Quid Opis ?

55. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320

Su queste stesse idee di Iobate eran fondati nei secoli barbari del Medio Evo i così detti Giudizi di Dio, pretendendosi che la Divinità dovesse sempre intervenire a dar la vittoria all’innocente e a far perdere il reo.

56. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72

Su questa favola il poeta Eschilo compose tre celebrate tragedie, che facevan seguito l’una all’altra, cioè Prometeo portator del fuoco, Prometeo incatenato e Prometeo liberato. — Di queste esiste soltanto la seconda, cioè : Prometeo incatenato.

57. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289

« Iamque tibi, ne vana putes hæc fingere somnum, « Litoreis ingens inventa sub ilicibus sus, « Triginta capitum fetus enixa, jacebit ; « Alba, solo recubans, albi circum ubera nati.

58. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78

Per nove giorni e per nove notti piombarono senza intermissione le acque dirottamente su tutta la Terra ; e per affrettar la pena, anche Nettuno vi si accordò col sollevare dai più bassi fondi i flutti come in una straordinaria marea e spingerli ad invadere le vicine convalli.

59. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91

Ora convien parlare delle Divinità che dirigevano il Sole e la Luna, e parlarne a lungo, prima in generale, e poscia particolarmente, perchè la fantasia dei mitologi e dei poeti non venne meno così per fretta a inventar miti fantasmagorici e dilettevoli su queste due Divinità, alle quali diedero il nome di Apollo e di Diana, che poi identificarono col Sole e colla Luna.

60. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393

. — Il vascello, su cui Danao approdò in Grecia, servi di modello ai greci operaj ; era grandissimo, e spinto da cinquanta rematori.

61. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269

Evandro aveva fissata la sua residenza su quel monte che egli chiamò Palatino dal nome di suo figlio Pallante, ed ove poi fu da Romolo fabbricata l’eterna città.

62. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505

Noi abbiamo già detto nel corso di questa Mitologia che la Ninfa Carmenta era madre di Evandro, e che esulando insieme col figlio venne nel Lazio e fissò la sua dimora su quel monte che poi fu detto il Palatino.

63. (1909) The myths of Greece and Rome

[Frontispiece] A Bacchante. Lord Leighton. By Permission of Heary Graves and Co. Ltd. Preface The myths of Greece and Rome have inspired so much of the best thought in English literature that a knowledge of them is often essential to the understanding of what we read.

64. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85

xxi, 46) afferma che nell’alto di quella montagna non ascendevano gli umidi vapori della terra, nè perciò producevansi le meteore acquee, e neppur l’arcobaleno, che si forma nell’aria dopo la pioggia : « Perciò non pioggia, non grando, non neve, « Non rugiada, non brina più su cade « Che la scaletta de’ tre gradi breve ; « Nuvole spesse non paíon, nè rade, « Nè corruscar, nè figlia di Taumante, « Che di là cangia sovente contrade. » Il nome d’Iride è comunissimo nel linguaggio poetico, ed anche in quello scientifico.

65. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122

Su questo terzo attributo son molto incerti e discordi fra loro i mitologi ; ed urta il senso comune e il buon gusto il sentire che confondessero l’argentea Luna e la svelta saettatrice Diana con la mostruosa Ecate.

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