Inoltre la Mitologia greca e romana è necessaria pure a coloro che non sanno nè le lingue dotte nè le orientali, se voglion leggere e intendere un libro di poesia italiana, poichè tutti i nostri poeti più grandi e più sommi hanno adottate nel loro linguaggio le immagini e le frasi dei poeti greci e latini. […] È da osservarsi peraltro che nè Dante nè gli altri poeti nostri adottarono i più strani, oscuri o assurdi miti dei Greci e dei Latini, e invece hanno preferito e trascelto quelli soltanto che racchiudevano le più belle immagini e i più chiari e notabili simboli dell’antica sapienza. […] E poichè oggidì è riconosciuto e voluto, più che dai programmi governativi, dalla sana opinione pubblica, che non debbano andar disgiunti gli stùdii letterarii dagli scientifici, nè questi da quelli, confido che il mio tentativo di farne conoscere le molteplici relazioni con lo studio della Mitologia non debba essere stimato affatto privo di pratica utilità.
Si vede bene che Virgilio enumera poeticamente i fenomeni fisici che accompagnano lo scoppio del fulmine ; ma non spiega in che consista il fulmine stesso, perchè nè egli, nè Dante, nè alcun dotto dell’antichità o del medio evo poteva saperlo. […] Il nome di Efesto che gli davano i Greci non fu adottato dai poeti latini, nè dagl’italiani ; ma il termine di Vulcano è usato figuratamente anche in prosa in ambedue queste lingue. […] Dai medici son detti automatici quei movimenti che dipendono unicamente dalla organizzazione degli esseri viventi, e nei quali non ha parte alcuna nè potere la volontà, quali sono la respirazione, la circolazione del sangue, il batter dei polsi, ecc.
Perciò non deificarono nè Cadmo, nè Giasone, nè Peleo, nè Ulisse, perchè non eran creduti figli di una Divinità.
XXXVIII Gli Dei Penati e gli Dei Lari Se dovessimo prendere ad esaminare le diverse opinioni degli eruditi intorno a questi Dei, faremmo un lavoro arduo e poco piacevole, e poi senza alcun frutto, perchè non è possibile conciliarle tra loro, nè scuoprire chi meglio abbia colto nel segno. […] E poichè Cicerone, a cui parrebbe che questa squisitezza filologica avesse dovuto importare più che a noi, non vi pensa nè punto nè poco, e ci dice soltanto che la voce Penati deriva da due vocaboli latini usitatissimi (penus e penitus), senza aggiungere che questi fossero d’origine troiana, bisognerà per ora starsene a quel che egli ne scrisse, e credere sulla sua parola che l’etimologia di quel termine fosse latina, e alludesse al vital nutrimento degli uomini dai Penati protetti, ovvero alla parte più interna dei tempii e delle case ove questi Dei erano adorati37. […] Perciò, oltre al distinguer gli Dei Penati dagli Dei Lari, e decider così la question mitologica sulla diversa loro personalità, viene ancora a significare che i primi eran protettori dei diritti del cittadino, ed i secondi di quelli del padre di famiglia ; senza dei quali, come egli sapientemente dichiara, non può esser buona una repubblica, nè ben viversi in essa 39.
E difatti essa personifica le idee e le passioni umane, brillanti e vivissime rende le immagini, nè senza di essa potrebbe la poesia secondo il precetto oraziano avvicinarsi alla pittura. […] Era sì grande il rispetto che avevasi per esse che quasi non osavasi nominarle, nè fissare lo sguardo sopra i loro tempii. […] A sì amabili Divinità non doveano mancare nè templi nè altari. […] Non avevan oro nè fermagli nè cinture e lasciavano ondeggiare il loro velo in balla dei Zefiri, perchè una specie di abito succinto ed incolto piace assai più degli studiati ornamenti ; e nelle opere dello spirito come in tutto il resto un certo che di trascurato è preferibile ad una fredda regolarità. […] Perseo le vinse e tagliò la testa a Medusa, la più eelebre per le sue disavventure, ma la sola che fosse mortale, mentre le sue sorelle non erano soggette nè alla vecchiaia nè alla morte.
Le risposte degli auguri avevano quattro sorgenti primarie : 1° i fenomeni celesti, come i venti, il fulmine, i lampi, le comete e gli ecclissi ; 2° il volo e il canto degli uccelli ; 3° il modo di beccare dei polli sacri a qualche Nume : se non volevano uscir di gabbia nè cibarsi, il presagio era funesto ; se divoravano i grani e raccoglievano quelli sgusciati dal becco, favorevole ; 4° infine gli auguri traevan prognostici da molte altre combinazioni, come dall’arrovesciarsi d’una saliera, da uno starnuto, da uno strepito insolito, da un incendio, da una candela che si spengesse senza motivo apparente, da un topo che rodesse i mobili, dall’incontro di una serpe, di una lepre, di una volpe, ec. ! […] Le principali appo i Greci erano quelle di Adone, di Bacco, di Minerva, di Cerere, nel tempo delle quali era vietata ogni specie di lavoro, nè si potevano far leve di soldati, muover guerre o punire i colpevoli. […] Non poteva salire a cavallo, nè giurare, nè toccar fave od ellera o carne crud[ILLISIBLE] e gli era vietato di veder lavorare la gente ; laonde quando passava per le strade, un araldo lo precedeva per avvisare gli operai che sospendessero i loro lavori.
Ma non è dimostrato nè fisicamente nè moralmente che il mondo invecchi e vada sempre peggiorando : fisicamente subisce continue modificazioni e trasformazioni ; ma chi può asserire e provare che le leggi fisiche vadan sempre perdendo della loro efficacia ? […] In Roma si celebravano nel mese di dicembre le Feste Saturnali in memoria di quel tempo felice sotto il regno di Saturno, in cui non si conoscevano nè servi nè padroni, ma tutti gli uomini erano eguali ed egualmente padroni di tutto, perchè la terra spontaneamente produceva più che abbastanza per tutti senza spesa o fatica di alcuno.
Gea, di ciò sdegnata, poichè ebbe prodotto il ferro, nè formò una falce dentata, ed istigò i figli a vendicarsi del padre. […] Gli altri poeti comunemente contondono Cupidine con Amore, e gli danno per madre Venere, e per padre chi il Cielo, chi Giove, chi Vulcano, chi Marte e chi Mercurio, nè manca pure chi il dice figliodi Venere solamente. […] Allora andò egli solitario i pe’ boschi piangendo continuamente la sua perdita, nè amore, di donna più il potè muovere; di che indispettite le madri de’ Ciconi lo fecero a brani, e il capo ne gettarono nel fiume Ebro. […] Si chiuse egli pertanto nella sua tenda covando il suo sdegno, e protestando di non voler più combattere a favore de’ Greci, nè i consigli di Nestore e le preghiere di Ulisse valsero a rimuoverlo dal suo proponimento. […] Eravi pure in Roma il collegio degli Auguri, nè cosa alcuna di gran momento s’ intraprendeva, prima che questi non avessero deciso se l’ augurio era fausto o infausto.
Le città non aveano mura, perchè non viera a temere di ostile assalto ; nè il suono si udiva di marziali trombe che turbasse i tranquilli sonni e la dolcezza della pace. […] A principio si eleggevano da’ Re, e questi scacciati, dal Pontefice Massimo ; e doveano avere padre e madre viventi (patrimi et matrimi), e non meno di sei, nè più di dieci anni. […] Questo Pluto reputavasi il genio e quasi il presidente delle ricchezze ; e spesso si adopera per le dovizie stesse ; nè deesi confondere con Plutone, Dio dell’Inferno. […] Un greco autore dice elegantemente che il Sonno era nè immortale, nè mortale ; che nè fra’ celesti viveva, nè sulla terra ; ma che nasceva sempre e sempre spariva ; e ch’era invisibile, mentre tutti il conoscono. […] Lo smemorato Oblio sta sulla porta : Non lascia entrar, nè riconosce alcuno, Non ascolta imbasciata, nè riporta, E parimente tien cacciato ognuno.
Avevano i loro templi i loro sacerdoti, i loro sacrifici; il loro corso era sacro, nè era lecito mai passarii senza una preghiera, nè costruirvi ponti o altre opere manuali senza cerimonie d’ espiazione. […] Alla fine Elio che tutto vede e tutto sente, le rivelò la verità, nè tacque che Ade aveva rapito Persefone col consenso di Zeus. […] Assunto l’ ufficio suo, Demofoonte cresceva così presto come fosse Dio, senza gustare latte nè pane. […] Quelli che erano giudicati nè buoni nè cattivi, erano obbligati a rimanere nel prato di Asfodillo, dove, ombre senza sostanza, conducevano un’ esistenza oscura e priva di gioie. […] Allorchè giunse questo momento, non vollero nè il vecchio padre di Admeto nè la madre morire pel figlio, per quanto secondo il corso naturale delle cose non dovesse essere lontana la loro ora; invece la bella e fiorente Alcestide, sebbene affezionatissima a’ suoi due figliuoli, non dubitò accettar la morte per prolungar la vita al marito.
Per gli usi del sacrifizio avea mandato alcuni dei suoi compagni a prender dell’acqua alla fonte che trovassero più vicina, e poi gli altri a sollecitare quei primi ; ma non vedendo tornare nè questi nè quelli, vi andò egli stesso, e vide un orribile drago, custode di quella fonte, che finiva di divorarsi l’ ultimo di essi. […] E quanto alla sua sorella Europa, della quale dicono i Mitologi che ebbe da Giove il privilegio di dare il nome alla terza parte dell’antico continente che noi abitiamo, gli storici non sanno dire nulla di più nè di diverso.
xxi, 46) afferma che nell’alto di quella montagna non ascendevano gli umidi vapori della terra, nè perciò producevansi le meteore acquee, e neppur l’arcobaleno, che si forma nell’aria dopo la pioggia : « Perciò non pioggia, non grando, non neve, « Non rugiada, non brina più su cade « Che la scaletta de’ tre gradi breve ; « Nuvole spesse non paíon, nè rade, « Nè corruscar, nè figlia di Taumante, « Che di là cangia sovente contrade. » Il nome d’Iride è comunissimo nel linguaggio poetico, ed anche in quello scientifico.
Ma oggidì può chiunque sa leggere sapere dai libri di Storia Naturale, o aver sentito raccontare da chi li ha letti, che la vera e propria Balena,231 senza pinna dorsale e con due sfiatatoi, mentre è il più grosso degli animali viventi, non è vero che sia un animale carnivoro, perchè i suoi stromenti masticatorii sono atti appena a maciullare una meschina aringa, e il suo esofago non è più largo di 4 pollici inglesi, ossia dieci centimetri circa ; e quindi non può trangugiare nè uomini nè donne e neppure un bambino appena nato : di fatti suo cibo prediletto sono i molluschi del genere Clio Borealis, non più grossi di un dito, non più lunghi di 2 pollici. […] « Sì che nè più si puon calar di sopra, « Nè alzar di sotto le mascelle orrende.
« Uno sul collo, un altro su la groppa « Percuote, e chi nel petto e chi nell’ala ; « Ma come fera in su un sacco di stoppa, « Poi langue il colpo, e senza effetto cala : « E quei non vi lasciâr piatto nè coppa « Che fosse intatta ; nè sgombrâr la sala « Prima che le rapine e il fiero pasto « Contaminato il tutto avesse e guasto. » (Orl. […] « Ecco l’Arpie che fan l’usanza vecchia : « Astolfo il corno subito ritrova ; « Gli Augelli che non han chiusa l’orecchia, « Udito il suon, non puon stare alla prova ; « Ma vanno in fuga pieni di paura, « Nè di cibo nè d’altro hanno più cura.
I suoi attributi indicano le sue funzioni, Egli è vecchio, perchè da gran tempo creato : L’età sua avanzata non gli scema nè attività, nè le forze. […] L’ampollina al suo fianco ci mostra il corso sempre eguale, e misurato del tempo, ed il serpente, che si morde la coda formando un cerchio, è simbolo dell’eternità, che non ha cominciamento, nè fine. […] Clizia figlia dell’Oceano, che inutilmente amava Apollo, scoverto l’inganno, nè avvertì Oreamo, che infuriato contro sua figlia la fece sotterrare viva ; ma Apollo, che non potè salvarla, la tramutò in una pianta, che dà l’incenso. […] Gli antichi non offrivano voti, nè fabbricavano templi a questa Divinità, perchè la più dura, ed implacabile. […] Spaventati i cavalli a tal vista non sentirono nè la voce, nè la mano d’Ippolito.
» Il maggior pregio di questo libro elementare consiste, a parer nostro, nella distribuzione delle materie, le quali sono ordinate in paragrafi numerati, e non contengono le ripetizioni inevitabili nei così detti Dizionarj della Favola, nè gl’ inconvenienti ormai a tutti noti del metodo per dimande e per risposte. […] È noto che molta dell’ antica sapienza civile e politica è riposta nelle spesso oscure e per noi strane allegorie della favola ; ma l’esporla non sarebbe argomento da libro elementare, nè studio adattato all’età de’ nostri lettori.
Urano dopo aver ceduto il regno ai figli non interloquì nelle vertenze dei medesimi e dei nipoti, nè si occupò di affari di Stato. […] Da noi e presso molti altri popoli è abolito per legge tra i privati o sudditi di uno Stato ; e perciò tutti i figli ed anche le figlie hanno gli stessi diritti alla successione nei beni paterni ; ma si conserva nei regni ereditarii per non cagionare lo smembramento degli Stati nè le guerre di successione.
Si prendevano da famiglie illustri, o almeno civili ed oneste48 : l’età non dovea esser minore di anni sette, nè maggiore di dieci. […] Il che non conferiva di certo alla loro felicità, nè a quella del marito e dei parenti.
Ben io t’affermo « Che nè bellezza gli varrà nè forza « Nè quel divin suo scudo, che di limo « Giacerà ricoperto in qualche gorgo « Voraginoso.
Deor. ci dice che la rappresentavano con una pelle di capra sulle spalle, con un’asta e un piccolo scudo e i calzari rovesciati ; ma che questa non era nè la Giunone Argiva, nè la Giunone Romana.
Era questo il primo fiume che trovavasi nello scendere all’Inferno, e tutto lo cingeva ; e perchè non v’erano ponti, nè l’acqua era sì bassa da poterlo guadare, bisognava necessariamente passarlo in barca. […] In Omero e negli altri poeti greci le idee su tal proposito furono anche più incerte e confuse, e perciò non vi si trova unità nel disegno, nè regolarità nella esecuzione.
Apollo è dunque il simbolo del poetico ingegno, che non si compra coll’oro, nè si usurpa colle brighe e colle consorterie, ma è gratisdato dalla natura e perfezionato dall’arte. […] Il lauro d’allora in poi fu sempre la pianta sacra ad Apollo, che se ne fece una corona di cui portò sempre cinta la fronte ; e i poeti subito lo imitarono, e dopo i poeti anche i generali trionfanti e tutti gl’ imperatori, ancorchè non fossero poeti nè mai stati alla guerra.
« Piante superbe, il melagrano, il pero, « E di lucide poma il melo adorno, « E il dolce fico e la canuta oliva « Gli piegavan sul capo i carchi rami ; « E in quel ch’egli stendea dritto la destra, « Vêr le nubi lanciava i rami il vento264). » Pindaro per altro, secondo l’interpretazione dei moderni grecisti, sembra asserire che Tantalo soffriva quella pena non già nell’Inferno ma nel Cielo, perchè avendo egli gustato il nettare e l’ambrosia, bevanda e cibo degli Dei immortali265), non poteva morire, nè perciò andare al Tartaro. […] È notabile che nell’Inferno dei Pagani le pene non hanno una evidente correlazione ai delitti, nè vi si scorge una opportuna proporzione fra questi e quelle.
I corpi elementari, secondo gli antichi, non erano più di quattro, cioè : terra, aria, acqua e fuoco 3 ; mentre i fisici e i chimici moderni colle loro analisi, ne hanno per ora distinti e caratterizzati più di 60 ; e non si stancano di cercarne, nè disperano di trovarne molti altri.
I Pagani rappresentavano cieco o bendato il Destino, e sordo agli umani lamenti ; ma appunto perchè inesorabile, nessun lo pregava o adorava, nè perciò ebbe mai tempii ed offerte.
Di Vesta Prisca abbiamo parlato abbastanza trattando di Urano ; nè qui, dopo aver notato come distinguevasi essa dalle altre due Dee rappresentanti la Terra, resta altro da aggiungere.
L’appellativo poi di plutoniche derivato dal nome di Plutone dio dell’Inferno sembrerebbe che volesse indicare presso a poco le stesse qualità delle roccie vulcaniche ; ma siccome l’Inferno dei Pagani non consisteva soltant o nel Tartaro, luogo di pena, nè le pene eran tutte di fuoco, perciò i geologi chiamaron plutoniche quelle roccie che erano affini in alcuni dei loro caratteri alle vulcaniche, ma ne differivano in altri, accostandosi più alle materie o roccie sedimentarie.
Nè i Latini, nè gl’Italiani adottarono il nome di Atena dato a Minerva dai Greci ; ma sì il derivativo di Ateneo.
Si affrettò Cerere di ritornar da Plutone ; e mentre sperava di essere stata in tempo per ricondur via la figlia, poichè molti testimoni interrogati rispondevano di non aver veduto nulla, comparve un impiegato infernale, di nome Ascalafo, che asserì di aver veduto Proserpina succhiare alcuni chicchi di melagrana ; nè Proserpina potè negarlo.
Anche Tito Livio racconta molti miracoli nella sua Storia Romana, ma non li garantisce, e aggiunge quasi sempre un si dice, o si crede ; e nella prefazione dichiara esplicitamente che egli non intende di confermarli nè di confutarli12.
Non è tempo perduto, nè fia senza diletto leggerne o rileggerne l’omerica descrizione : « Giungemmo nell’Eolia, ove il diletto « Agl’immortali Dei d’Ippota figlio,42 « Eolo, abitava in isola natante,43 « Cui tutta un muro d’infrangibil rame, « E una liscia circonda eccelsa rupe.