Il numero degli Eroi, de’quali fa menzione spezialmente l’ Istoria Greca, è pressochè infinito. […] Plinio ne fa la descrizione (c). […] E’cieca, perchè questo Vizio facilmente fa perdere il lume della ragione. […] Quella risveglia l’incostanza del Giuoco ; questo indica il mal uso, che si fa da’ Giuocatori, del tempo. […] La colonna, indizio di forza e di grandezza, fa conoscere, che il ricco può essere potente, e acquistarsi gloria di grande.
Scaligero non fa alcuna distinzione tralle Feste Ambarvali e le Amburbie (g). […] Tralle Feste di Giove si fa menzione della Bufonia, così detta, perchè si celebrava dagli Ateniesi col sacrifizio di molti buoi (d). […] Plutone porta in capo un elmo ammirabile, perchè esso fa scorgere tutti gli oggetti, senzachè chi ne usa, sia dagli altri veduto(a). […] Plinio fa menzione del nome di Cloacina(b). […] Fu detta Ambologera, ossia che allontana la vecchiaja, in quanto che ella fa ringiovinire in certa guisa quelli, che anche vecchi divengono amanti(b).
Le venivano offerte qualche volta delle vittime umane ; Ifigenia tra i Greci ne fa prova. […] Si fa anche marito della Notte da cui si vuele abbia avuto il Giorno. […] Si fa calvacare alcune volte su di un delfino per indicare che il suo potere si estende fino sui mari. […] Gli si fa tenere da altri una tazza d’oro ed un piatto di frutti. […] Si fa l’inventore auche dei canti lamentevoli.
Allora comincia una guerra sterminatrice : non si perdona nè a sesso nè ad età ; le pubbliche piazze, le vie, le campagne, e persino i luoghi più deserti, si coprono di stromenti da tortura, di eculei, di roghi ; i giuochi si frammettono al macello ; da tutte parti s’accorre a goder dello spettacolo dell’agonia e della morte degli innocenti sgozzati ; e il barbaro grido : I Cristiani alle fiere, fa fremer di gioja una moltitudine ebbra di sangue. […] Vinti dall’esempio di nazioni intiere soggiogate prima di loro, cadono pur essi a piè del Cristianesimo, che in premio del pentimento lor promette l’immortalità, e già fa lor copia della speranza. […] La natura ogni opera biasimevole fa che sia accompagnata dal timore e dal rossore di chi la commette. […] Ma non fia mai che una setta, che ha del divino, con fuoco umano vendichi i suoi torti, e che si dolga di soffrire quel male, il quale fa prova della sua virtù. […] Nel celebrare i misteri di Bacco secondo l’antica usanza fa d’uopo d’arrolare una legione di cuochi.
Per Saturno poi si è inteso colui, che presiede al tempo, e ne regola il corso, ingiungendoglisi questo nome dal divorare, che fa degli anni, quod saturatur annis. […] A Marte era sacro l’avoltoio, chè siffatti uccelli a stormi sogliono volitare per quei campi, ove la guerra fa strage di uomini, e sogliono presagirla col canto di loro. […] Sotto l’altro aspetto poi non sfugge a colui che vi pone mente di confonderlo col sole, rispondendo per un traslato allegorico le dodici fatiche a lui attribuite al passar che fa questo pianeta maggiore in ciascun segno dello Zodiaco, ossia costellazioni. […] A rafforzare quanto finora abbiamo detto, qui esporremo in iscorcio ad una ad una le XII. fatiche di Ercole, per compararle con il cammino, che il Sole fa di mese fu mese pe’dodici segni dello Zodiaco. […] — E chiedendogli di additargli la cagione, perchè egli solo tra celesti sia un Nume, che vede di avanti e di dietro ; e fingendo di comparirgli Giano innanzi tra un torrente di luce, che irradiò tutta la casa, e lo riempì di terrore, così gli fa raccontare la sua istoria — Giù, Vate operoso, il timore ; odi le mie voci, ed apprendi da me stesso ciò, che desideri sapere.
Ma Omero fa raccontare a Vulcano stesso che il trattamento brutale di esser precipitato dal Cielo in Terra (per la qual caduta divenne zoppo) lo ricevè essendo già adulto, e non da Giunone, ma da Giove, poichè il poeta così introduce Vulcano a parlar colla madre : « …….Duro egli è troppo « Cozzar con Giove. […] Si chiamava Mulciber (a mulcendo ferro) dall’ammollire il ferro ; e perciò potrebbe tradursi a parola il fonditore ; ma il vero fonditore è il fuoco, e non l’artefice che fa le forme e vi versa il metallo fuso e liquefatto dal fuoco. […] Lemno era un’isola vulcanica : ecco perchè per l’appunto la favola fa cadere e adorare Vulcano in quest’isola ; e per lo stesso motivo pone le sue fucine sotto il monte Etna ed altri monti vulcanici : e quindi aggiunge che le eruzioni vulcaniche son le fiamme e le scorie di queste fucine metallurgiche, e i crateri sono i camini delle medesime.
Talvolta gli scultori pongono le figure dei Satiri per cariatidi ; della qual parola dà una bella spiegazione l’Alighieri nella seguente similitudine : « Come per sostentar solaio o tetto « Per mensola talvolta una figura « Si vede giunger le ginocchia al petto, « La qual fa del non ver vera rancura « Nascere a chi la vede ; così fatti « Vid’io color, quando presi ben cura. » Due Satiri posti per cariatidi si vedono in Firenze nella facciata di un antico palazzo ora appartenente alla famiglia Fenzi. […] Poco o nulla hanno scritto di lui i Classici latini ; e tra i Greci, dopo Esiodo che creò questo bel tipo di maldicente, gli fece le spese Luciano ne’suoi dialoghi a schernire gli Dei ; ma gli fa dire tante freddure che sono una miseria e uno sfinimento a sentirle. […] Orazio, in tutta la Satira 8ª del i libro fa raccontare alla statua stessa di Priapo, fatta di fico, l’origine sua e le sconce prodezze con cui spaventò le streghe Canidia e Sagana mentre facevano un incantesimo negli Orti esquilini, posti sotto la sua guardia e custodia.
« Quel si vede ondeggiar ; quei par che inciampino ; « Quel con un cembal bee ; quegli altri ridano ; « Qual fa d’un corno, e qual della man ciotola ; « Qual move i piedi in danza, e qual si ruotola. […] Cosi cantò il Chiabrera, v. 46 : « E di nebridi coperto « Nel deserto « Vo’cantar tra le Baccanti. » E il Redi nel Ditirambo di Bacco fa dire a questo Nume : « Al suon del cembalo, « Al suon del crotalo, « Cinte di nebridi, « Snelle Bassaridi, « Su su mescetemi « Di quella porpora, ecc. » I poeti pensarono ancora a dar moglie a Bacco, e inventarono un modo sbrigativo, franco e alla buona, senza tante sicumere e accordature d’orchestra. […] Egli dice nel Canto xxv del Purgatorio : « Guarda il calor del Sol che si fa vino, « Misto all’umor che dalla vite cola. » Lo stesso Galileo 300 anni dopo non aggiunse nulla di più alla formula di Dante col dire che il vino è un composto di umore e di luce.
Ma questo racconto è un mito, ossia un simbolo del Tempo che produce e distrugge tutte le cose ; e politicamente significa che l’ambizione del regno fa porre in non cale e violare anche i più stretti vincoli del sangue22. […] Il Monti fa dire ad Aristodemo, nella tragedia di questo nome : « Che l’uomo ambizioso è uom crudele.
Dante stesso fa dire a Virgilio esservi « ……. chi creda « Più volte il mondo in caos converso, » cioè ritornato nella prima mistura e confusione di tutti i suoi elementi2. […] Qual fosse questo Dio non lo sa, poichè poco dopo soggiunge : qualunque degli Dei foss’egli stato (quisquis fuit ille deorum) ; e nei Fasti fa dire al dio Giano che gli antichi lo chiamavano il Caos, e che poi si trasformò in membra e aspetto degni di un nume (Fasti, i).
In tutto questo racconto mitico Giove non fa più la figura del Dio che giova, del Dio benefico, ma quella d’invidioso, maligno e malefico. […] Se Giove in questo mito, sì riguardo a Prometeo che a Pandora e al genere umano, non fa la più bella figura, come abbiam notato di sopra, nei suoi doveri poi, che diremmo domestici, vale a dire di marito e di padre, è anche più biasimevole.
Virgilio che nell’Eneide ha eternato co’suoi impareggiabili versi le origini mitologiche del popolo romano secondo le più comuni credenze antiche, fa derivare da Troia gli Dei Penati ; e da quel che egli ne scrive s’intende chiaramente che questi erano speciali Dei protettori della città, poichè fa dire ad Enea dall’ombra di Ettore, che Troia affida ad esso i suoi Penati ; e inoltre gli comanda che cerchi loro altre terre, erga altre mura 32.
La più bella e sublime immagine della potenza di Giove, e della dipendenza della Terra dal Cielo e dal supremo suo Nume, fu ideata da Omero, attribuendone l’invenzione a Giove stesso, che il poeta sovrano fa così favellare agli altri Dei : « D’oro al cielo appendete una catena, « E tutti a questa v’attaccate, o Divi, « E voi Dee, e traete. […] Dante nel primo Canto del Paradiso invocando Apollo dio della poesia, lo chiama padre ; e il Tasso ad Erminia fuggente fra l’ombrose piante fa chiamar padre il vecchio e saggio pastore che ella trovò in un casolare in mezzo alle selve.
A questa favola allude Dante nel Canto xii del Paradiso coi seguenti versi : « A guisa del parlar di quella vaga (la Ninfa Eco) « Ch’amor consunse come Sol vapori ; » e fa questa similitudine per dar la spiegazione che quando compariscono nel Cielo due Iridi, o come dice Dante : « Due archi paralleli e concolori « Nascendo di quel d’entro quel di fuori, » ciò avviene per riflessione dei raggi della luce, come il parlar dell’ Eco per riflessione del suon della voce. […] Tant’è vero che Dante l’assegnò perfino alle Virtù Cardinali, che sotto forma ed abito femminile accompagnavano Beatrice ; e fa dire alle medesime nel canto xxxi del Purgatorio : « Noi sem qui Ninfe e nel Ciel semo stelle : « Pria che Beatrice discendesse al mondo.
È celebre la descrizione che ne fa Virgilio nel vi libro dell’Eneide, che Annibal Caro tradusse così : « Ciò fatto, ai luoghi di letizia pieni, « All’amene verdure, alle gioiose « Contrade de’felici e de’beati « Giunsero alfine. […] Orazio ne fa poeticamente una splendida descrizione nell’ Ode 16ª del lib.
Ma non potè vincere quella di Siringa figlia del fiume Ladone, la quale da lui fuggendo in riva al fiume paterno fa cangiata, in un cespo di canne; e dal suono che queste, fecero tra lor percosse ci prese poscia l’ idea di formar la zampogna onde fu l’ inventore. […] Omero però nell’ Iliade lo dipinse come uno de’ migliori suoi difensori, e lo fa venire alle mani prima con Achille, e poscia con Diomede; sebbene inferiore all’ uno e all’ altro, fu poi salvato nel primo caso da Nettuno, e nel secondo da Venere. […] Tisbe tornando al concertalo luogo, e vedendo trafitto Piramo, uccide anche essa colla medesima spada, e il loro sangue fa che i fruiti del gelso, dapprima bianchi, diventin neri. […] Apollo gli fa sorgere l’ orecchie d’ asino. […] È preso dagli Argivi e tratto in giudizio ma Ercole fa che nell’ urna dei giudici i calcoli diventino tutti bianchi, e con ciò a lui favorevoli.
XI) che agli Dei davasi il titolo di Padre in segno di affettuosa venerazione ; e l’Oceano lo merita al par di Giove, e pei grandi benefizii che arreca agli uomini colle innumerevoli e maravigliose produzioni ; ed anche, secondo la Mitologia, pel gran numero dei suoi figli, che Esiodo fa ascendere a 6000 ; cioè 3000 fiumi e 3000 ninfe Oceanine. […] Perciò il Tasso fa dire da Erminia al pietoso pastore che piangeva al suo pianto : « oh fortunato, « Che un tempo conoscesti il male a prova, « Se non t’invidii il Ciel sì dolce stato, « Delle miserie mie pietà ti mova. » E quindici secoli prima, Virgilio con maggiore efficacia ed eleganza, avea posto sulle labbra di Didone quell’affettuosissimo verso : « Non ignara mali, miseris succurrere disco. » 223.
Apollo rappresenta il principio generale delle forze della natura, che sono il primo e più sicuro fondamento della conservazione della salute ; Esculapio la scienza medica che fa l’applicazione delle cognizioni teoriche all’arte salutare, ed Igiea la conseguenza che ne deriva, che è la più felice e la più durevole conservazione della salute. […] « Argenti bifores radiabant lumine valvæ : « Materiem superabat opus. » Tutti i poeti italiani hanno imitato o tradotto quest’ultimo celebrato emistichio, presso a poco come ha fatto l’Ariosto : « Chè vinta è la materia dal lavoro. » Messer Lodovico però gareggia non pur con Ovidio, ma collo stesso Omero a costruir palagi magnifici senz’ altra spesa che di parole e d’opera d’ inchiostro e può meritamente esclamare di quello che egli fa trovare ad Astolfo nel mondo della luna, « (Che più di trenta miglia intorno aggira), « O stupenda opra, o Dedalo architetto !
« De’violenti il primo cerchio è tutto : « Ma perchè si fa forza a tre persone, « In tre gironi è distinto e costrutto. […] Egli finge che sia Virgilio che gli dà tale spiegazione da lui richiesta : « Filosofia, mi disse, a chi la intende, « Nota non pure in una sola parte, « Come natura lo suo corso prende « Dal divino intelletto e da sua arte : « E se tu ben la tua Fisica note, « Tu troverai non dopo molte carte, « Che l’arte vostra quella, quanto puote, « Segue, come il maestro fa ’l discente, « Sì che vostr’arte a Dio quasi è nipote.
Perciò Dante fa dire al poeta Stazio nel C.
Il duello che usa tuttora è un avanzo dei secoli barbari, e fa una gran tara alla tanto vantata civiltà moderna.
Quindi scienze fisiche e scienze naturali sono espressioni etimologicamente equivalenti, come periferia e circonferenza, perifrasi e circonlocuzione ; mentre scientificamente ai dì nostri stanno a significare due diverse e distinte parti di studio delle cose naturali10 Ci fa saper Cicerone che gli antichi filosofi consideravano la Natura come il principio e la causa efficiente di tutte le cose fisiche ; e perciò usavano questo termine come sinonimo di Dio.
Nell’Eneide parla divinamente nel suo linguaggio originale, come lo fa parlare Virgilio27.
Ne parla Omero nel libro xxiv dell’ Iliade ; ne fa molto a lungo la narrazione Ovidio nel libro vi delle Metamorfosi ; e Dante trova il modo di darne un cenno efficace anche nel Purgatorio (Canto xii) dicendo di aver veduto sculto questo fatto in uno dei bassirilievi che rappresentavano esempii di superbia punita : « O Niobe con che occhi dolenti « Vedeva io te segnata in sulla strada « Tra sette e sette tuoi figliuoli spenti !
Dante rammenta la favola di Siringa nel Canto xxxii del Purgatorio ; e, com’è suo stile di esser concisissimo e presentare al lettore più idee che parole, qui è più conciso che altrove, poichè con una sola similitudine e in soli due versi e mezzo, riunisce due miti, ed allude evidentemente al racconto che ne fa Ovidio nel lib.
Egli infatti colle indicazioni astronomiche ci fa conoscere non solo i giorni del suo viaggio allegorico, ma pur anco le ore diverse di quei giorni.
Molti altri nomi ed attributi eran dati a questa Dea ; e l’etimologia dei primi fa conoscere la specialità dei secondi.
Plutarco fa derivare questo nume a pileo, pilamines ; altri a flammeo capitis indumento.
Il Monti ancor giovanissimo intuonò un Cantico adorno di graziose immagini e forme poetiche alla Bellezza dell’Universo, ove, con amplificazione per enumerazion delle parti, fa la rassegna delle più grandi bellezzè che son da ammirarsi nelle opere della creazione ; ed Ugo Foscolo ha detto : « Venere simboleggia la Bellezza dell’ Universo. » Da Venere, considerata come Dea della bellezza, son derivate le parole venustà ed avvenenza 185.
La borsa poi, piena di danari, alludeva evidentemente alle umane contrattazioni, poichè il danaro è il rappresentante di tutti gli oggetti godevoli, o, come dice l’inglese Hume, è l’olio che fa girar facilmente e senza attrito le ruote della gran macchina sociale.
Nel parlare del dualismo egli fa le seguenti osservazioni storiche e filosofiche : « Nell’ordine fisico la riflessione filosofica vide la produzione e la distribuzione, la luce e le tenebre, il caldo e il freddo ; nell’ordine morale la virtù e il vizio, l’amore e l’odio ; nell’ordine intellettuale l’errore e là verità.