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12. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325

Cadmo, dopo averla cercata invano per un anno, trovandosi vicino a Delfo, consultò quel celebre Oracolo per sapere se fosse possibile trovarla, e dove ; ma l’Oracolo non rispose alla sua domanda, e invece gli disse di fabbricare una città ove incontrasse una giovenca smarrita dalla mandra. Dove ei la incontrò, ivi la uccise, offrendola in sacrifizio ai Numi per implorarli favorevoli alla nuova città che dovea fabbricare. […] Da quella strana sementa vide Cadmo con sua gran maraviglia uscir poco dopo una quantità di uomini armati che si misero subito a combattere fra loro, finchè i più rimasero estinti, e i soli cinque sopravvissuti lo aiutarono a fabbricare la città. Questa fu da prima chiamata Cadmea dal nome di Cadmo, e poi Tebe, conservandosi però sempre il nome di Cadmea alla fortezza che fu primamente il nucleo della città. […] Ma per quanto avesse Cadmo strettissima parentela coi principali Dei, poichè Giove era suo genero, Venere e Marte suoi suoceri e Bacco suo nipote, oltre il proprio merito di fondatore di una illustre città, non ostante non fu felice, e neppure i suoi discendenti.

13. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137

Dante rammenta Pallade come Dea della guerra nel Canto xii del Purgatorio : « Vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte « Armati ancora in mezzo al padre loro « Mirar le membra de’giganti sparte. » E nel Canto ii del Paradiso nomina Minerva come Dea della sapienza : « Minerva spira e conducemi Apollo. » Questa Dea ricevè dai Greci anche il nome di Atena che alludeva all’origine ed alla mitologica denominazione della famosa città d’Atene. Narrano di concerto i mitologi ed i poeti greci che la loro antica città di Atene, prima di aver ricevuto questo nome, era detta città Cecropia, perchè costruita o rifabbricata ed ampliata da Cecrope ; e quindi Cecropidi gli abitanti. […] Minerva dunque che in greco chiamasi Atena diede il suo stesso nome a quella prediletta città ; e i cittadini di essa favoriti e protetti dalla Dea della sapienza inventarono le scienze e le arti, e divennero il popolo più civile165 e ingegnoso che sia mai esistito166. […] Anche nell’antichissima città di Troia aveva un tempio ed una celebre statua che i Romani pretendevano salvata da Enea e trasportata in Italia, e che fosse quella stessa che essi facevano gelosamente custodire nel tempio di Vesta come pegno della salvezza di Roma. […] Tanto è vero che qualunque più illustre città moderna non ambisce un maggior titolo d’onore che di esser chiamata l’Atene di quella nazione a cui appartenga.

14. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386

I vecchi odj tra le città rivali erano sepolti sottò il comune servaggio ; ma disputavasi ancora pel possesso di un tempio, o d’un terreno consacrato. […] Gli Egizj avevano sotto ogni guisa di simboli raffigurate le loro divinità : di qui ne venne la tradizione che essi adorassero le cipolle ed i gatti, e che s’armassero città contro città per vendicare le ingiurie fatte ad alcuna di queste innumerabili divinità. […] Vociferano che la città è assediata e circondata ; e che nei campi e nell’isole e ne’ castelli ogni sesso, ogni condizione, ogni età, ogni grado a questa setta se ne passi ; e se ne attristano come d’un grave danno ; e ad ogni modo, questo vedendo, non si fanno a considerare, se questo mai fosse un bene occulto, non essendo loro lecito di sospettare più rettamente e più da vicino scrutinare. […] Noi siamo di jeri, e pur abbiamo ripieno tutte le case vostre, le città, l’isole, i castelli, tutti i luoghi di vostra dipendenza, le congreghe, gli eserciti stessi, le tribù e le decurie, il palazzo, il senato, il fòro. […] Di presente avete meno nemici per la moltitudine dei Cristiani quasi tutti vostri cittadini, anzi quasi cittadini di tutte le città.

15. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510

I Romani infatti che per ordine di tempo comparvero gli ultimi nella scena politica del mondo antico e costituirono l’ultima e al tempo istesso la più potente monarchia prima che sorgesse il Cristianesimo, portarono già radicato negli animi loro e impiantarono officialmente nella loro città, sin dalla sua fondazione, il Politeismo Troiano e Greco. Racconta lo stesso Tito Livio che i Troiani profughi dalla loro città distrutta dai Greci vennero in Italia seguendo il loro Duce Enea principe troiano, creduto figlio di Venere e di Anchise ; che Enea fece alleanza con Latino re dei Latini e ne sposò la figlia Lavinia ; che Ascanio figlio di Enea e di Creusa fondò Alba Lunga ; che dalla dinastia dei re Albani discesi in linea retta da Enea, nacque il fondatore di Roma a cui si attribuì per padre il Dio Marte. […] E poi, in quanto al Politeismo dei Romani, aggiungendovisi le tradizioni che l’Arcade Evandro, creduto figlio della Dea Carmenta, venuto nel Lazio prima di Enea, avea fondata la città di Fenèo su quel monte che dal nome di suo figlio Pallante fu detto il Palatino, sarà necessario ammettere che egli avesse introdotto il politeismo greco nel luogo stesso che in appresso fu il centro della nuova città di Romolo : tanto è vero che anche a tempo di Cicerone, com’egli afferma nelle sue lettere, esisteva nel monte Palatino l’antro consacrato da Evandro al culto del Dio Luperco, vale a dire del Dio Pane. […] La base adunque della religione dei Romani era il politeismo dei Troiani e dei Greci già professato da Romolo e dai suoi compagni prima di fabbricare la città di Roma.

16. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393

Fabbrica una piccola città, detta Cecropia, che fu poi l’Acropoli (città alta). Quindi le dodici borgate che Teseo riuni in una sola città, col nome d’Atene. — Instituzione del Senato e dell’Areopago. […] Ma vero fondatore di quella città è detto dalla storia essere stato Sisifo, figlio di Deucalione (altri dice d’Eolo), capo dei Sisifidi che tennero lo stato finché non furono cacciati dai Pelopidi. […] Otto città si disputarono la gloria d’avergli dato i natali : Smirne, Rodi, Colofone, Salamina, Chio, Argo, Atene e Cuma.

17. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424

Delfo, città, 122. […] Efeso, città e tempio, 143. […] Eleusi, città, 60. […] Micene, città fabbricata da Perseo, 363. […] Olimpia, tempio, 81. — città, 671.

18. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294

Virgilio che nell’Eneide ha eternato co’suoi impareggiabili versi le origini mitologiche del popolo romano secondo le più comuni credenze antiche, fa derivare da Troia gli Dei Penati ; e da quel che egli ne scrive s’intende chiaramente che questi erano speciali Dei protettori della città, poichè fa dire ad Enea dall’ombra di Ettore, che Troia affida ad esso i suoi Penati ; e inoltre gli comanda che cerchi loro altre terre, erga altre mura 32. […] Vero è che lo stesso poeta aggiunge che i Penati avevano special culto anche nella reggia di Priamo : « Era nel mezzo del palagio all’aura « Scoperto un grande altare, a cui vicino « Sorgea di molti e di molt’anni un lauro « Che co’rami all’altar facea tribuna, « E coll’ombra a’Penati opaco velo35. » Ma se il capo dello Stato onorava di un culto speciale gli Dei protettori della sua città e del suo regno, questo fatto non toglie agli Dei Penati il loro carattere generale e il loro principale ufficio, che essi non avrebber perduto ancorchè in ogni famiglia avessero ricevuto un simil culto. Infatti non è proibito nemmeno nella religion cristiana l’eriger private cappelle in onore del santo patrono della città o dello Stato. […] « Io fui della città che nel Battista « Cangiò ’l primo padrone ; ond’ ei per questo « Sempre coll’arte sua la farà trista. » (Inf.

19. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252

Delfo (oggi Kastri), città della Focide nell’Acaia, situata fra il monte Cirfide e il monte Parnaso, conteneva fra le sue mura il tempio e il famosissimo oracolo di Apollo. […] Credevasi che Apollo colà avesse ucciso il serpente Pitone che infestava quei luoghi ; e che perciò in origine la città di Delfo fosse detta Pito, donde l’appellativo di Pitio o Pizio dato ad Apollo, di Pitici o Pizii ai giuochi in onore di esso, di Pizia o Pitonessa alla sacerdotessa che invasata dal Nume proferiva mistiche parole, interpretate dai sacerdoti come responsi di Apollo. […] Il più antico di tutti gli Oracoli della Grecia, secondo Erodoto, fu quello di Giove in Dodona città dell’Epiro ; e i responsi si deducevano per interpretazione o divinazione in tre modi : 1° dal movimento impresso dal vento alle foglie delle quercie consacrate a Giove ; 2° dal romore dei bacini di bronzo sospesi a contatto fra loro, e ciecamente o a caso percossi ; 3° dal mormorio delle acque di una sacra fontana, modi affatto primitivi e d’immaginaria interpretazione. […] i, notando i pregi per cui distinguevansi diverse città della Grecia, rammenta che Delfo era illustre per l’oracolo di Apollo : « Laudabunt alii claram Rhodon, aut Mitylenen, « Aut Epheson bimarisve Corinthi « Mœnia, vel Baccho Thebas, vel Apolline Delphos « Insignes, aut Thessala Tempe. » 284.

20. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43

Quello di Cibele è il più noto e comune : derivò dal nome di una città e di un monte omonimo nella Frigia, ove questa Dea fu prima che altrove adorata. […] S’interpetrò che si dovesse far venire a Roma la Dea Cibele adorata in Asia nella città di Pessinunte. […] La veste ornata di piante e di animali indicava il carattere distintivo di Cibele, che presiedeva alla terra divenuta fertile e abitabile ; la corona di torri significava che quella Dea avesse insegnato agli uomini a fortificar le città ed i castelli ; il disco o tamburo, dicevano gli Antichi, che era il simbolo dei venti che spirano sopra la Terra ; e le era sacro il leone come il re degli animali terrestri.

21. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505

Si tenevano tutti custoditi con molta cura, e solo una volta all’anno nel mese di marzo i sacerdoti del Dio Marte li portavano per le vie della città cantando e saltando secondo il rito. […] Sotto questo titolo erano considerati i protettori della città. […] Aveva un tempio fuori di Roma, ove si radunava il Senato per dare udienza a quegli ambasciatori che non erano ammessi in città.

22. (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62

È per questo che al concetto dell’ Ente sottentò quello degli esistenti, e gli esistenti furono deificati, e soprattutto coloro, cui la utilità pubblica andò debitrice di singolari servigii, di ritrovati necessarii alla vita, di conquiste, di vittorie, di trionfi, a cui tengono dietro la gloria e lo splendore delle genti, di fondazioni di città, di conduzioni di colonie, onde nascono le aggregazioni degli uomini, il culto civile, le dovizie dell’agricoltura, del commercio, lo splendore delle scienze e delle lettere, le scoperte di terre e di oceani remoti e sconosciuti, chiamandovi il traffico, quando l’ebbero disgombrati dalla orridezza di natura, che li circondava, e tutelati da mostri, che vi avevano disteso antico impero. […] Cibele — Questa Diva nacque in mente de’Greci per rappresentarsi un tipo di coloro, che radunando gli uomini in uno, prima dispersi nella gran selva della terra, fondarono città e borgate, e fecero nascere lo incivilimento ove prima non’era che fierezza ed un vivere da selvaggio. […] Le si mettevano sul capo alcune torri, e chiavi in mano, per indicare con quelle le aggregazioni degli uomini, che sursero in città fortificate e poste sotto la protezione de’fondatori, con queste le dovizie che la terra racchiude nel suo seno nello inverno e fuori tragge nella estate. […] « Cibele, ei dice(1), o Berecintia, la terra colta, e perciò si pinge assisa sopra un leone, ch’è la terra selvosa, che ridussero a coltura gli eroi…. detta gran madre degli Dei, e madre detta ancora de’giganti, che propriamente così furono detti nel senso di figliuoli della terra : talchè è madre degli Dei, cioè de’giganti, che nel tempo delle prime città si arrogarono il neme di Dei : e le è consacrato il pino, segno della stabilità, onde gli autori de’popoli stando fermi nelle prime terre fondarono le città, Dea delle quali è Cibele. […] Cadmo — Narra la favola, che Cadmo nel fabbricare la città di Tebe, mandando i suoi compagni alla fonte di Dirce, per cavarne acqna, li vide divorati da un Dragone, che egli uccise, e seminandone i denti, ne nacquero uomini armati, che poscia si uccisero fra loro, pochi in fuori, che ebbero parte a fabbricar la città.

23. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194

« Bastiti, e batti a terra le calcagne ; « Gli occhi rivolgi al logoro che gira « Lo rege eterno con le rote magne. » I mitologi pretendevano ancora di sapere i nomi delle Sirene, e ne rammentano tre, cioè Lisia, Leucosia e Partenope ; ed aggiungono che la sirena Partenope andò a morire sulla costa del Tirreno dove fu poi fabbricata una città che in memoria di lei ebbe il nome di Partenope o Partenopea, e che in appresso rifabbricata fu detta, come dicesi ancora, Napoli, che significa città nuova. […] Anticamente vi era su quella costa una città chiamata Scilla ; ed ora vi è un paese dello stesso nome, che gli abitanti pronunziano come se si scrivesse Sciglio.

24. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215

Dante usò più volte la parola Dite come sinonimo di Plutone, denominando città di Dite la città del fuoco (di cui abbiam detto nel Cap. precedente) : e poi da Virgilio poeta pagano facendo chiamar Dite il gran diavolo Lucifero242. […] Plutone nel poema sacro di Dante non poteva trovar posto come re dell’Inferno, perchè anche questo dipende dal re dell’Universo che in tutte parti impera, secondo le espressioni di Dante stesso ; ma abbiamo già veduto di sopra che il poeta si valse di uno dei nomi di Plutone, di quello cioè di Dite, per darlo alla città del fuoco ed allo stesso Lucifero.

25. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59

Giove fu detto Olimpico non solo perchè credevasi che spesso abitasse sul monte Olimpo, ma ancora perchè era adorato in Olimpia città dell’ Elide nel Peloponneso ; presso la qual città (alla distanza di un miglio e mezzo) sorgeva il magnifico tempio del Nume, e facevansi ogni 4 anni i celebri giuochi detti appunto perciò Olimpici.

26. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143

In Roma per altro, la cui fondazione ebbe luogo tre in quattro secoli dopo l’eccidio di Troia, il culto di Marte fu il più solenne e devoto dopo quello di Giove Ottimo Massimo, perchè i Romani oltre al credersi discendenti dai Troiani, tenevan per fermo che il fondatore della loro città fosse figlio di Marte, come narra lo stesso Tito Livio. […] E inoltre Dante ricorda che Firenze, quand’era pagana, aveva per suo protettore Marte, che cangiò nel Battista, allorchè divenne cristiana, facendo dire (nel Canto xiii dell’Inferno) a quell’anima, che fe gibetto a sè delle sue case : « Io fui della città che nel Batista « Cangiò il primo padrone, ond’ei per questo « Sempre coll’arte sua la farà trista. » E-aggiunge che vi rimaneva ancora a quel tempo sul ponte vecchio l’antica statua un po’guasta del Dio Marte : « E se non fosse che sul passo d’Arno « Rimane ancor di lui alcuna vista, « Quei cittadin che poi la rifondarno « Sovra ’l cener che d’Attila rimase178 « Avrebber fatto lavorare indarno. » A Marte era sacro il gallo, animale vigile e pugnace, emblema della vigilanza e del coraggio necessario nelle battaglie.

27. (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-

Tarquinio il superbo le istituì per assuefare tutti i popoli latini a tener Roma in conto di città più ragguardevole e di capo luogo del Lazio, sì rispetto alla religione che alla politica. […] Lustrazioni, cerimonie sacre unite ai sacrifizj ; ed avevano per iscopo di purificare i campi, gli eserciti, i greggi, gl’ individui, le città, i templi, le case, ec.

28. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122

Questo secondo tempio esisteva ancora quando l’apostolo Paolo andò a predicare il cristianesimo agli Efesii ; e poichè egli voleva abolire il culto di Diana, poco mancò che non fosse massacrato dagli orefici di quella città, che guadagnavano molto vendendo tempietti d’argento fatti ad imitazione di quello di Diana Efesina146. […] Ed ora dove sorgeva quel tempio e la stessa popolosa città di Efeso, che a tempo dell’imperator Teodosio II fu sede di due Concilii Ecumenici, non trovasi che qualche lurida capanna mezzo sepolta in una pianura paludosa da cui sollevansi esalazioni deleterie dell’organismo vitale !

29. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278

Questa placida Dea, come la chiama Tibullo19, e queste rozze e semplici cerimonie sarebbero rimaste ignote o presto obliate, se non fosse avvenuto che nel giorno stesso di quella festa avesse Romolo incominciato la fondazione di Roma, tracciando coll’aratro la prima cinta dell’eterna città. […] Aveva culto pubblico soltanto in Lampsaco, città dell’Asia Minore presso l’Ellesponto, e perciò i poeti lo appellano Lampsaceno e Nume Ellespontiaco ; ed eragli immolato l’asino, vittima che si credeva a lui gradita, in soddisfazione di uno sfregio che egli ricevè dall’asino di Sileno, quantunque la pena ricadesse sugli altri asini innocenti22.

30. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Indice alfabetico » pp. 516-

Titèa 26 Titòne 414, 419 Tizio 226 Toante 448 Tomi (città) 343 Triforme (dea) 114 e seg. […] Trofonio 484 Troia (città) 412 e seg.

31. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114

Ei se ne andò allora in Frigia, ove si mise a fare il muratore ; e insieme con Nettuno fabbricò le mura della città di Troia ; della cui divina origine e costruzione parlano Omero e Virgilio e molti altri poeti ; e noi dovremo discorrerne narrando la famosa guerra troiana e la distruzione di quella antica città.

32. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341

« Subito il paladin dietro lor sprona ; « Volando esce il destrier fuor della loggia, « E col castel la gran città abbandona, « E per l’aria, cacciando i mostri, poggia. […] Perciò dai Latini è spesso indicato col patronimico Æsonides, cioè figlio di Esone, e coll’aggettivo Pagasaeus da Pagasa (ora Armiro,) città marittima della Tessaglia, rammentata anche da Plinio il naturalista, ed ove Valerio Fiacco dice che fu costruita la nave Argo.

33. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231

Ma questa predica è inutile nell’Inferno ; e perciò Dante non ha imitato in questo il suo Maestro, ed ha fatto di Flegia un nocchiero della palude che cinge la città di Dite. […] Fissò il suo soggiorno in Crotone città della Magna, Grecia, ed ivi ebbe molti discepoli, e costituì la famosa scuola dei Pitagorici, nella opinione dei quali acquistò egli tanta autorità, che tutte le sue asserzioni erano stimate verità indubitabili.

34. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496

Gli stessi Baccanali introdotti in Roma da un Greco di oscura nascita (Grœcus ignobilis, come dice Tito Livio) e vituperosamente celebrati in adunanze clandestine furono legalmente perseguitati dal Console Postumio, e quindi proibiti dal Senato l’anno 566 dalla fondazione della città, e 186 anni avanti Gesù Cristo.

35. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330

Non molto lungi dalla città v’era la folta selva Calidonia, da cui usciva il cinghiale per devastare ed uccidere, ed ivi tornava ad imboscarsi ; ed era impresa pericolosissima l’andare ad assaltarlo là dentro.

36. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308

E quanto alla sapienza di quell’epoca ottennero lode sopra gli altri i fondatori delle religioni e delle città.

37. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54

Inventarono i Greci che Cerere avesse prima che agli altri insegnato l’agricoltura a Trittolemo figlio di Celeo re d’ Eleusi, (antica città greca fra Megara e il Pireo), e che questi sul carro di Cerere tirato da draghi volanti avesse percorso gran parte della terra per insegnar quell’arte agli altri popoli.

38. (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269

Evandro aveva fissata la sua residenza su quel monte che egli chiamò Palatino dal nome di suo figlio Pallante, ed ove poi fu da Romolo fabbricata l’eterna città.

39. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151

Di Enea figlio di Venere e di Anchise dovremo parlare a lungo nella celebre guerra dei Greci contro la città di Troia, e nelle origini mitologiche del popolo romano.

40. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202

Oltre i quattro fiumi dell’Inferno Pagano, cioè l’Acheronte, lo Stige, il Flegetonte e il Cocìto si trovano nell’ Inferno di Dante cascate d’acqua, paludi, pantani, un gran lago gelato, argini, ponti, torri, un castello « Sette volte cerchiato d’alte mura, « Difeso intorno da un bel fiumicello, » e finalmente, tralasciando ogni altra singolarità, la città di Dite, ossia del fuoco con mura ferruginose, e dentro, invece di case, cassoni di ferro rovente, pieni di dannati.

41. (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68

Il teatro della guerra fu dunque nella Grecia continentale sui confini della Macedonia colla Tessaglia ; e l’immane combattimento ebbe il nome di pugna di Flègra 74) dalla prossima antica città di questo nome, poi chiamata Pallène.

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