Psiche suol essere effigiata qual leggiadrissima giovane colle ali di farfalla. […] Coronide figliuola di Flegia dopo essere stata per alcun tempo ad Apollo fedele, ad esso antepose il giovine Ischi. […] Fu amata perdutamente da Glauco, il quale ricorse a Circe per ottenere da lei qualche incantesimo, onde essere da Scilla riamato. […] Cene figlia di Elato ottien da Nettuno di essere cangiata in maschio. […] Pittagora narra essere l’ anima di Euforbo troiano ucciso da Menelao in lui trasmigrata.
Ed ecco in qual modo : Nato appena il figlio, invece di essere ucciso immediatamente nella reggia, fu esposto in un lontano bosco, perchè lo divorassero le fiere, ed appeso per un piede a un ramo d’albero. […] Pelope senza essere scoraggiato da sì funesti esempi, lasciò la Frigia sua patria, e volle tentare anch’egli il periglioso arringo ; ma cercò di uscirne vittorioso colla frode e col tradimento. […] Tutto il suddetto Canto xxvi è mirabile in ogni sua parte, e non merita meno di quelli della Francesca da Rimini e del Conte Ugolino di essere studiato e imparato a memoria. […] Il prodigio di cui Enea fu testimone in Tracia è il primo non solo cronologicamente, ma pur anco per la sua importanza, poichè fu creduto degno di essere imitato dall’Alighieri, dall’Ariosto e dal Tasso. […] Non si deve dunque cercarne la spiegazione nel soprannaturale, che può essere oggetto di fede nelle idee religiose, non già di ragionamento nelle scienze umane.
Se la vittima doveva essere trascinata per forza all’altare, se sfuggiva di mano al conduttore, se schivava il colpo, e via discorrendo, erano cattivi prognostici ; e se il sangue sgorgava in maggior copia del so[ILLISIBLE]o, era indizio di prossimi e inevitabili guai. Quanto alla fiamma, perchè fosse buono il presagio, doveva elevarsi presto, impetuosa, a piramide, ed essere trasparente, senza molto crepitare, senza fumo, ec. […] Ancorchè la storia nol dica, possiamo tener per fermo che il rimedio deve essere stato peggiore del male. […] Cieco doveva sempre essere il povero popolo.
Questi nomi appellano evidentemente e principalmente alle proprietà distintive del sole, di essere egli nel nostro sistema planetario il solo astro che dà luce e vita ad ogni mortal cosa. […] Ma questa invenzione, benchè sembri intesa a significare i crepuscoli e le aurore boreali, ebbe poca fortuna ; nè i più celebri poeti, e tanto meno i pittori, la stimarono degna di essere imitata o copiata. […] Merita di essere imparata a mente la bellissima descrizione della reggia del Sole nel 2° lib. delle Metamorfosi, che comincia così : « Regia Solis erat sublimibus alta columnis, « Clara micante auro, flammasque imitante pyropo, « Cujus ebur nitidum fastigia summa tegebat. […] Orazio nel Carme secolare, indica chiaramente con una sola strofa saffica tutti i principali attributi di questo Dio, fra i quali quello importantissimo di essere il nume dell’arte salutare : « Augur et fulgente decorus arcu « Phœbus, acceptusque novem Camœnis, « Qui salutari levat arte fessos Corporis artus.
IV Una Divinità più potente di Giove Ammessi più Dei, ne vien di conseguenza che nessuno di essi può essere onnipotente, ma ciascuno ha un potere limitato e temperato dalle speciali attribuzioni degli altri. […] Ma ogni essere ragionevole sente la dignità dell’umana natura e riconosce in sè questa ingenita forza e facoltà di prestare o negare liberamente il suo assenso ; e sotto questo rapporto suol dirsi che si può esser liberi anche nella schiavitù. […] Ma se non è accettabile il concetto pagano che la Fortuna sia un essere soprannaturale esistente sin dalla origine del mondo o degli angeli (tra le altre prime creature), quando però ivi si afferma che « Colui lo cui saver tutto trascende, (cioè Dio) « Ordinò general ministra e duce « Che permutasse a tempo li ben vani « Di gente in gente e d’uno in altro sangue « Oltre la difension de’ senni umani, » s’intende facilmente che con questo linguaggio poetico si vogliono significare le occulte disposizioni della Provvidenza, imprevedibili ed inevitabili dai mortali.
Metempsicòsi è parola greca che significa trasmigrazione delle anime ; questa dottrina suppone che le anime degli estinti, dopo essere state un certo numero di anni (che i più fissano a mille) negli Elsii o nel Tartaro, ritornino in questo mondo, entrando nei corpi non solo degli uomini nascituri, ma pur anco dei bruti254. […] Inoltre lo stesso poeta alla solita pena di Tantalo aggiunge il timore continuo di essere schiacciato da una rupe che sta sempre per cadergli addosso, e il tormento di sapere che egli è immortale, e che perciò la sua pena durerà eternamente. […] Perciò fu punito nel Tartaro col perpetuo timore di essere schiacciato da un masso che gli pendea sulla testa.
IV che, ammessi più Dei, nessuno di loro poteva essere onnipotente, perchè il poter di ciascuno era limitato dalle speciali attribuzioni degli altri ; e se ciò era vero per gli Dei Superiori e per lo stesso Giove, come ci è accaduto di narrare più volte, tanto più è presumibile e conseguente per gli altri Dei che furon detti e considerati Inferiori. […] Senza occuparci della distinzione che fanno i canonisti della Simonia a pretio, a precibus, ab obsequio, ci contenteremo della definizione che ne dà l’Alighieri pel 1° capo, cioè per la Simonia a pretio : « O Simon Mago, o miseri seguaci, « Che le cose di Dio, che di bontate « Deono essere spose, e voi rapaci « Per oro e per argento adulterate, « Or convien che per voi suoni la tromba, « Perocchè nella terza bolgia state. » 6.
E se un Nume non è perfetto, può egli essere un Dio ? […] Dicemmo, parlando di Mercurio, che i mercanti romani, secondo quel che afferma Ovidio nei Fasti, pregavano questo Dio a proteggerli nell’ingannare il prossimo senza essere scoperti, e a potersi godere tranquillamente il frutto delle loro ruberie.
Onde, essendo che gli uomini odiano senza che ad essi noto sia che cosa sia quella che hanno in odio, non può egli essere che essi medesimi odiino ciò che non debbono ? […] Di questo alcuno non si vergogna, alcuno non si pente, se non di non essere stato per lo passato Cristiano. […] Se non che, secondo la dottrina nostra, si stima più lecito l’essere ucciso che l’uccidere.
Sappiamo infatti anche dagli storici essere stata comune opinione che quegli stessi idoli degli Dei Penati venuti da Troia fossero custoditi dalle Vestali in luogo nascosto ai profani insieme col Palladio, sacre reliquie troiane, che nessun vide giammai, ma nella cui esistenza tutti credevano ; — e quando si tratta di credere, non v’è bisogno di dimostrazione ; sola fides sufficit. […] ,i) : « Dum meus exiguo luceat igne focus. » Nella corruzione della lingua latina focus cominciò ad essere usato invece di ignis, e foculare invece di focus.
Ma più frequentemente per Natura s’intende l’essenza degli oggetti esistenti, o vogliam dire il complesso di tutte le qualità o caratteri distintivi di qualunque essere creato tanto fisico, quanto morale o intellettuale12. […] ii dei Principii di scienza nuova : « Quindi tanti Giovi che fanno maraviglia a’filologi ; perchè ogni nazione gentile n’ebbe uno, de’quali tutti gli Egizi per la loro boria dicevano il loro Giove Ammone essere lo più antico, sono tante Istorie fisiche conservateci dalle favole, ecc. ecc. » Fortunatamente in progresso di tempo di tutti quei Giovi, Mercurii, Ercoli ecc., se ne fece un solo Giove, un solo Mercurio, un solo Ercole ecc., vale a dire si attribuirono ad un solo tutti gli uffici e le imprese degli altri loro omonimi.
Raccontano dunque i poeti che l’esule Saturno, dopo essere andato errando per l’orbe terrestre, venne per nave sul Tevere29), e fu accolto ospitalmente dal re Giano ; che il territorio di quel regno in memoria di Saturno fu da prima chiamato terra Saturnia, e poi Lazio, termine che derivando dal verbo latino latère significa nascondiglio, perchè vi si era nascosto, ossia rifugiato, quel Dio30. […] Suppongono alcuni che, dopo essere stata la Giudea conquistata da Pompeo conoscessero i dotti, specialmente del secolo d’Augusto, i racconti biblici ; e sebbene non si trovi mai rammentata la Bibbia negli scrittori di quell’epoca, si sa per altro di certo anche da Orazio, che molti Ebrei (o come li chiamavano allora Giudei, perchè appartenenti al regno di Giuda), si erano trasferiti ad abitare e far loro arti in Roma ; e che si mantenevano sempre scrupolosi osservatori del giorno di sabato.
Eran tutti però molto alti e grossi, talchè da lontano tra la caligine infernale li aveva presi per torri, quantunque non apparissero che per metà, cioè dai fianchi in su ; e Virgilio lo disingannò dicendogli : « Acciò che il fatto men ti paia strano, « Sappi che non son torri, ma giganti. » Per quanto Dante ci confessi sinceramente ch’egli ebbe una gran paura al primo vederli, non lasciò per questo di guardarli bene e di misurarne a occhio le dimensioni ; e a forza di perifrasi e di confronti ci fa capire che quelli che vide dovevano essere alti in media più di venticinque braccia, ossia circa quattordici metri ciascuno, e di grossezza proporzionati all’altezza come nella specie umana. […] Chiunque legge con attenzione e riflette su quel che ha letto, quntunque egli sia nuovo alle scienze, pure facendo uso soltanto del lume naturale della ragione, dirà a sè stesso o a qualche chimico : Ma dunque se dite che v’è lo zolfo nativo, parrebbe che vi dovesse essere anche lo zolfo non nativo, ossia procurato con mezzi artificiali per l’industria dell’uomo !
Convenne far diverse fermate per prender, come suol dirsi, paese, ossia per avere a mano a mano opportune notizie riferibili al luogo e allo scopo del loro viaggio, ed anche per rinnovare le loro provvisioni da bocca, perchè Ercole, oltre ad essere il più forte e robusto eroe, era anche il più gran divoratore, e mangiava per cinquanta, bevendo ancora in proporzione ; e perciò gli avevan messo il soprannome di Panfago, che vuol dir mangia-tutto. […] Ad essere infestato da tali mostri era condannato dagli Dei Fineo re di Tracia in punizione delle sue crudeltà verso i proprii figli, e vi fu aggiunta pur anco la cecità.
I discorsi aggiunti dunque in Appendice a questo trattato di Mitologia sono opportuno avviamento a tale studio importantissimo, e vogliono essere meditati accuratamente.
Par dunque che gli Antichi ammettessero la generazione spontanea degli Dei dalla materia, come i naturalisti moderni ammettono la generazione spontanea di certi insetti ed altri animaluzzi ; e che i mitologi andassero anche più oltre del Darwin e compagni antropologi ; poichè mentre questi suppongono la successiva trasformazione della materia nei diversi esseri organizzati, compreso l’uomo (il quale perciò verrebbe ad essere una scimmia perfezionata), quelli facevano nascere ad un tratto dagli elementi del Caos gli stessi Dei, come nascono da un giorno all’altro i funghi dalla terra.
La spiegazione più plausibile che suol darsi della Chimera è questa : che invece di essere un mostro fosse un monte ignivomo della Licia, nella parte più alta del quale soggiornassero i leoni, a mezza costa le capre selvagge e alle falde i serpenti.
E poichè oggidì è riconosciuto e voluto, più che dai programmi governativi, dalla sana opinione pubblica, che non debbano andar disgiunti gli stùdii letterarii dagli scientifici, nè questi da quelli, confido che il mio tentativo di farne conoscere le molteplici relazioni con lo studio della Mitologia non debba essere stimato affatto privo di pratica utilità.
Ciò dispiacque ai suoi zii, mal tollerando che una donna con tal distintivo di onore potesse vantarsi di essere stata più valente degli uomini ; e volevano toglierle quell’insigne trofeo62.
E per quanto possa questo vocabolo sembrare a primo aspetto sinonimo di quello di Semidei, non v’è compresa per altro come necessaria la condizione che uno dei genitori debba essere una Divinità.
Parrebbe dunque che l’argomento delle Ninfe dovesse essere esaurito.
Diremo per lo meno che qui è davvero applicabile la massima attribuita da Fedro a Giove : « Nisi utile est quod facimus, stulta est gloria. » Non è per verità molto utile neppure il conoscere quali furono le lettere inventate da Palamede, e quelle aggiunte da Simonide, mentre le altre furono attribuite a Cadmo ; tutt’ al più può essere una curiosità letteraria il sapere questa opinione degli Antichi : ma fu una vera pedanteria e ridicolezza il pretendere di distruggere il vocabolo alfabeto adottato nella lingua latina e in tutte le più colte lingue moderne, con tutti i suoi derivati e composti (alfabetico, alfabetare, analfabeta ecc.) per sostituirvene un altro di nuova formazione o etimologia.
Ma vero fondatore di quella città è detto dalla storia essere stato Sisifo, figlio di Deucalione (altri dice d’Eolo), capo dei Sisifidi che tennero lo stato finché non furono cacciati dai Pelopidi.
Si affrettò Cerere di ritornar da Plutone ; e mentre sperava di essere stata in tempo per ricondur via la figlia, poichè molti testimoni interrogati rispondevano di non aver veduto nulla, comparve un impiegato infernale, di nome Ascalafo, che asserì di aver veduto Proserpina succhiare alcuni chicchi di melagrana ; nè Proserpina potè negarlo.
Quantunque abbiamo trovato prima d’ora, e troveremo anche in appresso, qualche Divinità che, a giudicarne dalla forma, si prenderebbe piuttosto per un mostro di natura che per un essere soprannaturale, il Dio Pane richiama maggiormente la nostra attenzione per gli uffici che gli furono attribuiti, e per quanto ragionan di lui non solo i poeti, ma anche gli storici e i filosofi.
Malcontenta era sì, ma non rassegnata, come ben si capisce da questi versi ; e Giove faceva di certo ogni suo volere, ma non senza disturbi ed impacci per parte di Giunone ; la quale, superba e invidiosa com’era, fremeva all’idea di potere essere ripudiata, e che un’altra divenisse regina degli Dei.
Siccome gli Antichi credevano che alcuni dei loro più famosi eroi, Teseo, Ercole, Orfeo, Ulisse ed Enea in corpo e in anima, ossia da vivi, fossero andati a visitar questi luoghi, e ritornati ne avessero raccontato mirabilia, i poeti impadronendosi di questa popolare credenza vi trovarono un vasto campo libero ed aperto alla loro immaginazione, che percorsero a briglia sciolta, e senza paura di essere smentiti da chi, dopo la morte, nulla vi avesse trovato di quel che essi dicevano.
Ma gl’ignoranti intendevano questi furti alla lettera ; col rubare accortamente senza essere scoperti, non credevano di far male, poichè imitavano un Dio e si stimavano da lui protetti.
Questo Dio è rappresentato in pittura e in scultura come un uomo robusto e con folta barba, ma non però tanto brutto quanto dicono i poeti ; e il difetto di essere zoppo da un piede è appena accennato.